Sentenza n.618 del 1987

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SENTENZA N. 618

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Dott. Francesco SAJA , Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 46, 51, 152 e 160 della legge 11 luglio 1980, n. 312 ("Nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato"), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 12 febbraio 1981 dal Tribunale amministrativo regionale per il Molise sul ricorso proposto da Martino Sandro ed altri contro il Ministero della pubblica istruzione ed altri, iscritta al n. 471 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 297 dell'anno 1981;

2) n. 2 ordinanze emesse il 2 dicembre 1981 e l'11 gennaio 1984 dal Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, sede di Bologna, sui ricorsi proposti da Mistroni Mauro e Benini Diana ed altri contro il Ministero della pubblica istruzione ed altri, rispettivamente iscritte al n. 713 del registro ordinanze 1982 e n. 433 del registro ordinanze 1984 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 67 dell'anno 1983 e n. 273 dell'anno 1984;

3) ordinanza emessa il 23 giugno 1986 dal Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, sede di Parma, sui ricorsi riuniti proposti da Procopio Francesca ed altri contro il Ministero della pubblica istruzione ed altri, iscritta al n. 670 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 56, prima Serie speciale, dell'anno 1986;

Visti gli atti di costituzione di Gargano Giacomo, di Mistroni Mauro e Raccamarich Bruno, di Masi Galli Liliana ed altri e di Baldoni Giovanni ed altri nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 13 ottobre 1987 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola;

Uditi gli avvocati Mario Sanino per Mistroni Mauro e Raccamarich Bruno, Mario Angelici per Masi Galli Liliana ed altri e per Baldoni Giovanni ed altri e l'Avvocato dello Stato Mario Imponente per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.1. - Con ordinanza del 12 febbraio 1981 il Tribunale amministrativo regionale per il Molise (r.o. n. 471/1981), sul ricorso proposto dal prof. Martino Sandro ed altri docenti di istituti di istruzione secondaria del Molise, contro il Ministero della pubblica istruzione ed altri, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione, degli artt. 46, ultimo comma, e 51, primo, secondo e quinto comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312, nella parte in cui prevedono, ai fini economici, una valutazione delle anzianità maturate dagli insegnanti degli istituti di istruzione secondaria anteriormente al 1ø giugno 1977 diversa da quella stabilita per le anzianità maturate a far tempo da tale data.

Secondo il giudice a quo, la differente valutazione delle anzianità opererebbe una discriminazione illogica e ingiustificata per due ragioni: in primo luogo perché nel pubblico impiego la carriera é determinata soprattutto dall'anzianità di servizio e in secondo luogo perché col sistema della legge n. 312 del 1980 si verifica l'appiattimento, al di fuori di ogni criterio di proporzionalità, del trattamento economico spettante al docente con una maggiore anzianità di servizio rispetto al trattamento del docente con minore anzianità: quest'ultimo non risente (qualora sia entrato in carriera dopo il 31 maggio 1977) o, se nominato prima di questa data, risente in misura minore quella "falcidia nella valutazione degli effetti economici del servizio svolto" che il docente più anziano subisce avendo una più estesa prestazione di servizio compresa in epoca anteriore al 1ø giugno 1977.

L'ulteriore sospetto di illegittimità costituzionale della normativa in questione con il secondo comma dell'art. 38 della Costituzione é quindi sostenuto dal giudice a quo mediante il rilievo che l'illogica decurtazione del trattamento economico di attività di taluni docenti, operata nelle norme impugnate, si riflette in modo automatico sulla entità del trattamento pensionistico, commisurato all'importo del trattamento in servizio e spettante al momento del collocamento a riposo. Tale riduzione, argomenta il giudice a quo, incide negativamente sulla "adeguatezza" dei mezzi finanziari che il costituente ha inteso garantire al lavoratore per fronteggiare le esigenze di vita, nei casi di invalidità e vecchiaia.

1.2. - Intervenuta in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura dello Stato, osserva che il trattamento economico di cui alla legge n. 312 del 1980 é scaturito dagli accordi con le organizzazioni sindacali come previsto dall'art. 9 della legge n. 382 del 1975 e quindi sulla base del "principio che il trattamento economico può essere fissato per contratto e può, quindi, variare a seconda dei criteri emergenti nella contrattazione senza regole rigide per tutti i lavoratori dipendenti, non modificabili nel tempo", tant'é che il nuovo contratto sindacale stipulato il 16 gennaio 1981 coi sindacati della scuola "prevede meccanismi di inquadramento diversi dal maturato economico", che danno "peso più diretto alle anzianità di servizio secondo il principio enunciato nell'art. 152 della legge 312/1980".

L'Avvocatura rileva inoltre che per il triennio 1976-1979, alla cui contrattazione si riferisce la legge n. 312 del 1980, l'inquadramento per "maturato economico" ha inteso trasferire nel nuovo ordinamento le varie posizioni precedentemente maturate per cercare di garantire "un uguale aumento retributivo per tutti come entità monetaria ed evitare tra i più giovani e i più anziani divaricazioni, che sarebbero derivate dall'effetto moltiplicatore della valutazione delle anzianità nel nuovo ordinamento". In altri termini, argomenta l'Avvocatura, la legge n. 312 del 1980 non ha modificato l'anzianità ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza, anche se "può risultare che il criterio adottato ha rallentato e compresso per fasce le precedenti progressioni".

Del resto, osserva l'Avvocatura, un effetto automatico delle anzianità non vigeva neppure anteriormente alla legge n. 312 del 1980: raggiunto il parametro terminale vi era luogo solo all'aumento periodico biennale dello stipendio iniziale del parametro in godimento, in misura spesso molto inferiore alle differenze tra parametri. D'altronde, che l'anzianità abbia avuto un riconoscimento assai limitato é dimostrato dalla valutazione solo parziale del servizio preruolo anche nella legislazione concernente il personale della scuola. Senza dire che il legislatore, nell'ambito della sua discrezionalità può, oltre tutto d'accordo con le organizzazioni sindacali, introdurre un sistema che ritenga più conforme alle esigenze particolari di un certo momento storico.

Quanto al preteso contrasto con l'art. 3 della Costituzione, l'Avvocatura non vede alcuna disparità di trattamento, in quanto l'anzianità, precedente o successiva al giugno 1977 é soggetta ad uguale disciplina per tutti coloro che versano nella stessa condizione: "non vi é un'anzianità che - con i medesimi presupposti - sia valutata più di un'altra, ma vi é, invece, un'anzianità che - a parità di presupposti - é trattata in maniera uniforme.

Circa l'asserito contrasto degli artt. 46 e 51 della legge n. 312 del 1980 con il secondo comma dell'art. 38 della Costituzione, nega l'Avvocatura che la riduzione degli effetti dell'anzianità anteriore al giugno 1977 incida negativamente sull'adeguatezza dei mezzi finanziari garantiti costituzionalmente al lavoratore per le esigenze di vita nei casi di invalidità e vecchiaia. Infatti, se si pensa che le norme in questione hanno arrecato vantaggi economici per tutti, in maggiore o minore misura, é chiaro che l'incidenza sul trattamento pensionistico e previdenziale é decisamente migliorativa. A maggior ragione, il giudizio sull'adeguatezza del trattamento di quiescenza alle singole esigenze della vita si può legare al trattamento economico e non al computo di una maggiore o minore anzianità: la pretesa dei ricorrenti, cioè, - conclude l'Avvocatura chiedendo declaratoria di infondatezza della questione di legittimità costituzionale - riguarda l'ipotetica violazione dell'art. 3 della Costituzione e non la tutela del lavoratore a rapporto cessato.

1.3. - Nell'interesse del ricorrente, il prof. Abbamonte nelle sue deduzioni insiste per la declaratoria di illegittimità costituzionale degli artt. 46 e 51 della legge n. 312 del 1980: per violazione dell'art. 3 della Costituzione sotto il duplice profilo dell'eguaglianza di trattamento di situazioni diseguali e della irragionevolezza e incoerenza legislativa, nonché per contrasto col combinato disposto degli artt. 3, 36 e 38, secondo comma, della Costituzione.

2.1. - Il Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, sede di Bologna, con ordinanza del 2 dicembre 1981 (r.o. n. 713/1982), sul ricorso proposto dal prof. Mistroni Mauro contro il Ministero della pubblica istruzione ed altri, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, con riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, degli artt. 51, primo, secondo e quinto comma, e 152 della legge 11 luglio 1980, n. 312, nei limiti in cui essi prevedono, ai fini economici, una valutazione delle anzianità maturate dagli insegnanti degli istituti di istruzione secondaria anteriormente al 1ø giugno 1977, diversa da quella stabilita per le anzianità maturate a far tempo da tale data.

Tale normativa, comportante un appiattimento degli stipendi, contraddice l'art. 50 della stessa legge n. 312 del 1980, che stabilisce il trattamento economico delle varie qualifiche nel rigoroso rispetto del principio dell'anzianità di servizio, prevedendo classi e aumenti periodici di stipendio in relazione all'anzianità. L'appiattimento retributivo derivante dall'applicazione del sistema del "maturato economico" violerebbe il principio dell'equa retribuzione in rapporto alla quantità e qualità del lavoro svolto essendo l'anzianità pregressa essa stessa quantità di lavoro che, attraverso l'esperienza acquisita dal docente, influirebbe sulla stessa qualità delle prestazioni.

Inoltre il sistema del "maturato economico" produrrebbe discriminazioni anche nell'ambito del personale che ha già maturato anzianità alla data del 1ø giugno 1977, in quanto si determinerebbe una perdita di anzianità variante da fascia a fascia di inquadramento ed anche in relazione alle singole anzianità. Infine se il trattamento di quiescenza é commisurato all'ultimo stipendio percepito, calcolato sulla base dell'anzianità di servizio, accade che, in base al sistema convenzionale di anzianità di cui all'art. 51, il personale al quale é stata decurtata l'effettiva anzianità di servizio otterrà una posizione notevolmente ed ingiustamente inferiore a quella che otterrà il personale entrato in servizio successivamente al 1ø giugno 1977. Questa disparità di trattamento é ribadita dall'art. 152 che, pur rimediando in parte alla distorsione operata dal sistema introdotto dall'art. 51 (con la previsione di una futura disciplina dell'eventuale maggiore anzianità rispetto a quella conferita in livelli retributivi a termini della legge n. 312), si limita irrazionalmente a salvaguardare l'anzianità solo per il personale entrato in servizio dopo il 1ø giugno 1977, mentre, per il personale in servizio a tale data é assicurata una nuova disciplina a partire dal triennio 1979-1981.

Né, ad avviso del giudice a quo il problema appare risolto dall'entrata in vigore del d.P.R. 271 del 1981, la cui operatività non si estende al periodo anteriore al 1ø febbraio 1981.

2.2. - Intervenuta in giudizio in rappresentanza e difesa del Presidente del Consiglio dei ministri, l'Avvocatura dello Stato reitera le argomentazioni in diritto già svolte avverso l'ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per il Molise (su cui v. retro, n. 1. 2).

2.3. - Nelle deduzioni di costituzione la difesa della parte ricorrente insiste nel chiedere la declaratoria di illegittimità costituzionale delle norme impugnate sia in riferimento all'art. 3 della Costituzione (nel senso accolto nell'ordinanza del giudice a quo), sia in riferimento agli artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione (profilo, quest'ultimo, escluso dall'ordinanza del giudice remittente).

3.1. - Con ordinanza dell'11 gennaio 1984, il Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, sede di Bologna (r.o. n. 433/1984), sui ricorsi riuniti proposti da Benini Diana ed altri contro il Ministero della pubblica istruzione ed altri, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 36, primo comma, 38, secondo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, degli artt. 46, 51, 152 e 160 della legge 11 luglio 1980, n. 312, nei limiti in cui prevedono, ai fini economici, una valutazione delle anzianità maturate dagli insegnanti delle scuole statali anteriormente al 1ø giugno 1977 diversa da quella stabilita per le anzianità maturate successivamente. E ciò soprattutto per i riflessi che il sistema instaurato dalle indicate norme comporta per il trattamento di quiescenza del personale collocato a riposo nel periodo tra il 1ø giugno 1977 e il 1ø aprile 1979.

Il giudice a quo condivide i dubbi di costituzionalità già espressi con le ordinanze del Tribunale amministrativo regionale per il Molise (r.o. 471/1981: v. retro, n. 1) e del Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, sede di Bologna (r.o. 713/1982: v. retro, n. 2), ma ne estende la portata affermandone altresì il contrasto con l'art. 36, primo comma, e con l'art. 38, secondo comma, della Costituzione, ritenendo che il meccanismo retributivo introdotto dalla legge n. 312 del 1980 ha contraddetto notevolmente il principio sancito nell'art. 36 della Costituzione, per cui il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro, qualità su cui non può non incidere l'anzianità del lavoratore stesso che con gli anni affina la sua capacità lavorativa e grazie all'esperienza acquisita migliora il livello delle sue prestazioni. Del resto - argomenta il giudice a quo - ciò da sempre é stato riconosciuto nel quadro dei principi che reggono l'impiego pubblico ove non solo sono previste con carattere di generalità progressioni economiche connesse esclusivamente al progredire dell'anzianità nel servizio, ma é stata anche riconosciuta preminenza nella funzione al lavoratore anziano, quindi maggior rilievo della di lui prestazione nei confronti della prestazione degli altri lavoratori addetti allo stesso servizio. Tali distorsioni della legge n. 312 sono state peraltro denunciate, ad avviso del giudice a quo, dalla stessa legge che illogicamente all'art. 152 afferma che l'eventuale anzianità rispetto ai livelli retributivi sarà disciplinata successivamente, a partire dal triennio 1979-1981.

Riaffermato, aderendo sostanzialmente alle argomentazioni dell'ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per il Molise (retro, n. 1), il contrasto delle norme denunciate col secondo comma dell'art. 38 della Costituzione, il giudice a quo solleva quindi il rilievo di contrasto delle medesime norme con l'art. 97 della Costituzione, dal cui dettato discende che la pubblica Amministrazione non può senza validi motivi sacrificare interessi di singoli o di ristretti gruppi sociali.

La Corte costituzionale (sent. n. 161 del 21 luglio 1982) ha insegnato - argomenta il giudice a quo - che, tra le norme occorrenti ad assicurare il buon andamento e l'imparzialità dell'Amministrazione vanno ricomprese anche quelle relative al trattamento economico dei pubblici dipendenti: quest'ultimo conclude il giudice a quo richiamando l'art. 97 della Costituzione nel nostro sistema determina direttamente il trattamento di quiescenza dei pensionati della pubblica Amministrazione.

3.2. - L'Avvocatura dello Stato, intervenendo in rappresentanza e difesa del Presidente del Consiglio dei ministri, fa richiamo alle cosiderazioni giuridiche già svolte nei giudizi di cui alle ordinanze del Tribunale amministrativo regionale per il Molise e del Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, sede di Bologna (r.o. 471/1981 e 713/1982, di cui retro nn. 1 e 2), limitandosi a precisare che l'asserzione del giudice a quo dell'irragionevolezza dell'art. 51 della legge n. 312 del 1980 per negato riconoscimento dell'anzianità pregressa é apodittica; vero é - secondo l'Avvocatura - che l'anzianità ha una sua rilevanza, sia pure limitata, anche nel sistema della legge n. 312 del 1980. Circa l'asserita violazione degli artt. 36 e 38 della Costituzione, l'Avvocatura si richiama alle argomentazioni delle precedenti ordinanze di rimessione che esclusero che la legge n. 312 del 1980, non riconoscendo l'anzianità pregressa, contrastasse con le suddette norme costituzionali.

Quanto al richiamo dell'art. 97 della Costituzione, l'Avvocatura ritiene impossibile collegare il buon andamento dell'Amministrazione a un più accentuato riconoscimento degli effetti economici.

3.3. - Sono state presentate varie deduzioni di costituzione nell'interesse dei ricorrenti.

4.1. - Con ordinanza del 23 giugno 1986, il Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia- Romagna, sede di Parma (r.o. n. 670/1986), ha sollevato sui ricorsi riuniti proposti da Procopio Francesca ed altri numerosi docenti e non docenti di scuole delle province di Parma e Reggio Emilia, contro il Ministero della pubblica istruzione ed altri, questione di legittimità costituzionale, con riferimento agli artt. 3, primo comma, 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione, degli artt. 51, primo, secondo e quinto comma, e 152 della legge 11 luglio 1980, n. 312, nei limiti in cui prevedono, ai fini economici e pensionistici, una valutazione delle anzianità maturate dal personale insegnante e non insegnante della scuola e degli istituti di istruzione statale anteriormente al 1ø giugno 1977 diversa da quella stabilita per le anzianità a far tempo da tale data.

L'ordinanza sostanzialmente ricalca le precedenti ordinanze (v. sopra, nn. 1, 2 e 3).

4.2. - L'Avvocatura dello Stato, intervenuta in rappresentanza e difesa del Presidente del Consiglio dei ministri, fa riferimento agli interventi relativi alle altre ordinanze, per chiedere che sia dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale.

Considerato in diritto

1. - Le quattro ordinanze - del Tribunale amministrativo regionale per il Molise del 12 febbraio 1981, del Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, sede di Bologna, del 2 dicembre 1981 e dell'11 gennaio 1984, del Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, sede di Parma, del 23 giugno 1986 - pongono identiche questioni, che vengono decise con unica sentenza.

2. - Viene chiesto a questa Corte se contrastino con gli artt. 3, primo comma, 36, primo comma, 38, secondo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, gli artt. 46, 51, primo, secondo e quinto comma, 152 e 160 della legge 11 luglio 1980, n. 312, nella parte in cui prevedono, ai fini economici, una valutazione delle anzianità maturate dagli insegnanti delle scuole statali anteriormente al 1ø giugno 1977 diversa da quella stabilita per le anzianità maturate successivamente a tale data, applicandosi per le prime il criterio cosiddetto del "maturato economico", per le seconde il computo dell'anzianità effettiva; per gli effetti che siffatto sistema instaurato dalle norme denunciate comporterebbe per il trattamento di quiescenza del personale collocato a riposo nel periodo tra il 1ø giugno 1977 e il 1ø aprile 1979.

3. - I giudici a quibus ritengono che il principio di eguaglianza di cui all'art. 3, primo comma, della Costituzione, sia violato in entrambi i precetti in esso contenuti, vale a dire di trattare in modo eguale l'eguale, e in modo diverso il diseguale.

Infatti, sotto il primo profilo dell'eguaglianza trattata in maniera diseguale, gli insegnanti, che non hanno carriera ma solo progressione per anzianità, permanendo per tutta la durata del servizio nella qualifica funzionale conseguita mediante la nomina al tipo di scuola prescelto, sarebbero dal legislatore discriminati irragionevolmente con una diversa valutazione delle loro anzianità, a seconda che esse maturino prima o dopo il dies del 31 maggio 1977.

Sotto il secondo profilo, del trattamento non proporzionato a situazioni diseguali, il docente dotato di maggiore anzianità, maturata prima del 31 maggio 1977, verrebbe a trovarsi in situazione deteriore rispetto al docente con minore anzianità, ma entrato in carriera dopo o poco tempo prima la data anzidetta, dal momento che il legislatore, negandogli il computo dell'anzianità effettiva, per applicargli il criterio del maturato economico, gli falcidia il tempo del servizio prestato.

4. - La questione non é fondata.

Il trattamento economico previsto dalla legge 11 luglio 1980, n. 312 ("Nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato") é stabilito sulla base di accordi formati con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su scala nazionale, secondo il disposto dell'art. 9, primo comma, della legge 22 luglio 1975, n. 382 ("Norme sull'ordinamento regionale e sulla organizzazione della pubblica amministrazione").

Questa contrattazione - per l'ampiezza ed articolazione dei contenuti - limita la discrezionalità del legislatore ed esclude in linea generale che questa siasi esercitata arbitrariamente e al di fuori di quella ragionevolezza che é richiesta dal valore costituzionale di eguaglianza, di cui all'art. 3, primo comma, della Costituzione.

Quanto alle differenziazioni rilevabili sul piano temporale nella specie: prima e dopo il dies del 31 maggio 1977 - é insegnamento costante di questa Corte che "non può contrastare con il principio di uguaglianza un differenziato trattamento applicato alla stessa categoria di soggetti, ma in momenti diversi nel tempo, perché lo stesso fluire di questo costituisce di per sé un elemento diversificatore" (sentt. Corte cost. nn. 57/1973, 92/1975, 138/1977, 65/1979, 138/1979, 122/1980).

É stato altra volta utilizzato da questa Corte l'argomento ad absurdum che, essendo connaturale alla generalità delle leggi una demarcazione temporale, "potrebbe dubitarsi della legittimità costituzionale di ciascuna di esse perché la data di entrata in vigore, fissata dal legislatore secondo la specifica previsione costituzionale (art. 73, ultimo comma, Cost.), discrimina tra situazioni identiche o semplicemente analoghe in ragione del mero dato cronologico" (sent. n. 322/1985).

La diversa valutazione delle anzianità per il discrimine temporale fissato dal legislatore nello impugnato art. 46 della legge n. 312 del 1980, convenzionale prima del dies, effettiva dopo, non appare pertanto confliggere con il principio costituzionale di eguaglianza.

Questa Corte ha già osservato, proprio in tema di uso da parte del legislatore del criterio c.d. del "maturato economico", che il passaggio da un sistema ad un altro di progressione economica del pubblico impiego - nella specie: dall'ordinamento gerarchico delle carriere a quello delle qualifiche funzionali - "in quanto importa una 'riduzione a omogeneità' di elementi per sé stessi non omogenei (quali sono appunto sia i sistemi in successione, sia i servizi prestati nella vigenza di ciascuno di essi anche nell'ambito della stessa organizzazione), implica una scelta di coefficienti da operare sulla base di numerose variabili, ivi comprese le disponibilità finanziarie, e quindi con ampia discrezionalità".

Né si può "postulare l'illegittimità di qualsiasi regolamentazione transitoria che non si limitasse alla conservazione del trattamento precedente 'ad esaurimento o alla pura e semplice applicazione illimitatamente retroattiva del trattamento nuovo: soluzioni, certo, possibili, ma non imposte dal precetto costituzionale in argomento" (sent. n. 296/1984).

5. - Questa Corte ritiene che la valutazione di risultati utili o dannosi per categorie di soggetti diversificate dalla disciplina del nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato non valga a censurare scelte discrezionali del legislatore, nella insussistenza di tertia comparationis. Non possono infatti essere considerati modelli di riferimento opponibili all'adottato criterio del "maturato economico" le disposizioni: a) dell'art. 51, secondo comma, della legge n. 312 del 1980, che assicura "la ulteriore progressione economica per maturata anzianità"; b) dell'art. 152 della stessa legge, sulla disciplina dell'eventuale maggiore anzianità rispetto a quella conferita nei livelli retributivi con l'inquadramento effettuato; c) dell'art. 3 del d.P.R. 2 giugno 1981, n. 271, circa il riconoscimento dell'anzianità al personale in servizio alla data del 1ø febbraio 1981; d) dell'art. 25 del decreto-legge n. 283 del 1981, convertito in legge n. 432 del 1981, sulla liquidazione della pensione, per il personale collocato a riposo con decorrenza successiva al 1ø febbraio 1981, sulla base dell'intero beneficio derivante dai nuovi stipendi, col riconoscimento delle anzianità; e) dell'art. 26 dello stesso decreto-legge per quanto concerne l'anzianità maturata dal personale della scuola cessato dal servizio dal 1ø aprile 1979; dato che risultano tutti espressione di puntuali ponderazioni del legislatore non generalizzabili né comparabili.

6. - Va invece sottolineato che l'art. 7 della legge 17 aprile 1985, n. 141, disponendo la riliquidazione del trattamento di quiescenza del personale inquadrato a norma degli articoli 4, 46, 101 e 140 della legge n. 312 del 1980, avente titolo al riconoscimento della valutazione dell'intera anzianità pregressa a norma dell'art. 152 della stessa legge, non é ius superveniens che rimuove l'intero sistema della impugnata legge n. 312 del 1980, proprio perché questo permane per la decorrenza dei suoi effetti dal 1ø aprile 1979, mentre quello fa datare i benefici in esso previsti in ragione del 50 per cento a decorrere dal 1ø gennaio 1986 ed interamente dal 1ø gennaio 1987. Trattasi dunque di una normativa che non smentisce il criterio del "maturato economico" adottato dalla legge n. 312 del 1980 ma prosegue coerentemente quella progressiva disciplina del riconoscimento dell'anzianità ai fini del trattamento di quiescenza con la gradualità preannunciata nell'art. 152 di quella stessa legge.

7. - I profili delineati nelle ordinanze di rimessione in relazione agli artt. 36, primo comma, 38, secondo comma, e 97, primo comma, della Costituzione sono da considerarsi collegati in subordinazione a quello primario riferito all'art. 3, primo comma, della Costituzione. La non fondatezza della questione sollevata in ordine al principio di eguaglianza é assorbente rispetto agli altri parametri costituzionali invocati.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Riuniti i giudizi dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 46, 51, primo, secondo e quinto comma, 152 e 160 della legge 11 luglio 1980, n. 312 ("Nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato"), sollevata con ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per il Molise, del 12 febbraio 1981, del Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, sede di Bologna, del 2 dicembre 1981, del Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, sede di Bologna, dell'11 gennaio 1984, del Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, sede di Parma, del 23 giugno 1986, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 36, primo comma, 38, secondo comma, 97, primo comma, della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1987.

 

Il Presidente: SAJA

Il redattore: CASAVOLA

Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1987.

Il direttore della cancelleria: MINELLI