Sentenza n.401 del 1987

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SENTENZA N. 401

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Dott. Francesco SAJA , Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 423, primo comma, del Codice della Navigazione, promosso con ordinanza emessa il 15 maggio 1986 dalla Corte di Appello di Catania nel procedimento civile vertente tra S.p.A. Traghetti delle Isole Eolie e Cerra Rosario ed altro, iscritta al n. 644 del registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 54/1ø s.s. dell'anno 1986;

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 29 settembre 1987 il Giudice relatore Gabriele Pescatore;

Udito l'Avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un giudizio per il risarcimento dei danni per la perdita di un autocarro e delle merci da esso trasportate, in conseguenza dell'affondamento di una nave traghetto in servizio tra Milazzo e Lipari, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso contro una sentenza della Corte d'Appello di Messina, che aveva ritenuto ammissibile nella fattispecie il concorso, tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del vettore. La causa veniva rinviata alla Corte d'Appello di Catania con la enunciazione del principio secondo il quale "nel trasporto marittimo di cose il vettore armatore risponde del fatto dei preposti a titolo di colpa contrattuale, secondo le disposizioni degli artt. 422 e 423 cod. nav...". Si escludeva, dunque, la possibilità di concorso dell'azione contrattuale con l'azione risarcitoria aquiliana ai sensi dell'art. 274, cod. nav. e 2049 cod. civ.. Tali norme non erano ritenute invocabili dal creditore della prestazione di trasporto, in quanto riconosciute operanti solo nei confronti dei terzi estranei a tale rapporto.

Il giudice di rinvio rilevava, poi, che, essendo mancata la dichiarazione di valore dei beni imbarcati, alla fattispecie doveva applicarsi il principio fissato nel primo comma dell'art. 423 cod. nav., secondo il quale per ogni unità di carico il risarcimento non può essere superiore a lire duecentomila.

Peraltro, ritenendo che l'anzidetta disposizione contrasti con gli artt. 3 e 42 Cost., con ordinanza 15 maggio 1986 ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 423 cod. nav., nella parte in cui, in mancanza di dichiarazione del valore della merce caricata, prevede la su detta limitazione della responsabilità del vettore.

Secondo il giudice a quo tale norma violerebbe l'art. 3 Cost. in quanto "non tiene conto della diversa capacità di reddito, in dipendenza della diversità delle condizioni economiche dei creditori della prestazione di trasporto"; ciò porterebbe ad una ingiustificata disparità di trattamento degli stessi ai fini del risarcimento dei danni. La norma violerebbe, inoltre, l'art. 42 Cost., stante la sostanziale irrisorietà della misura del risarcimento previsto, rimasta inalterata dal 1954, rispetto alla quale non sarebbe congruo rimedio la possibilità, prevista dallo stesso art. 423 cod. nav., di dichiarare all'atto dell'imbarco il valore della merce.

2. - Dinanzi a questa Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, ed ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata.

In riferimento all'art. 3 Cost., l'inammissibilità é connessa alla irrilevanza della dedotta disparità di trattamento tra creditori, non considerando la norma le condizioni economiche di essi. Comunque, la questione, secondo l'Avvocatura generale dello Stato, sarebbe infondata sotto tutti i profili prospettati, poiché l'art. 423 c.nav. non attua alcuna discriminazione e connette al solo comportamento dell'interessato, che abbia scelto di non dichiarare il valore delle merci trasportate, la limitazione di responsabilità prevista. Pertanto la soluzione normativa, che assicura la salvaguardia della pretesa risarcitoria attraverso lo strumento della dichiarazione di valore, sarebbe idonea a soddisfare le esigenze di tutela del danneggiato.

Considerato in diritto

3. - Le questioni di costituzionalità sollevate dalla Corte di appello di Catania si collegano strettamente con il principio fissato dalla Cassazione, rinviando a quel giudice, che esclude il concorso della responsabilità contrattuale del vettore marittimo con la "diversa" forma di responsabilità extracontrattuale, ai sensi degli artt. 274 c. nav. e 2049 c. civ.

Alla fattispecie (danni per perdita di un autocarro e della relativa merce in un trasporto marittimo da Milazzo a Lipari, effettuato con nave traghetto), la Cassazione ritenne applicabile l'art. 423 c. nav., che limita il risarcimento dovuto dal vettore, per ciascuna unità di carico, a lire duecentomila (art. 423 c. nav. cit., come modificato dall'art. 2 l. 16 aprile 1954, n. 202).

Nell'attuale testo la norma così dispone: "Il risarcimento dovuto dal vettore non può, per ciascuna unità di carico, essere superiore a lire duecentomila o alla maggior cifra corrispondente al valore dichiarato dal caricatore anteriormente all'imbarco. Il valore dichiarato dal caricatore anteriormente all'imbarco si presume come valore effettivo delle cose trasportate fino a prova contraria; ma il vettore, ove provi che la dichiarazione é inesatta, non é responsabile per la perdita o per le avarie delle cose trasportate ovvero per ritardo, a meno che venga provato che l'inesattezza non fu scientemente commessa".

L'ordinanza sospetta di incostituzionalità tale disciplina, sotto diversi profili, in riferimento agli artt. 3 e 42 Cost. (cfr. n. 7).

4. - Ai fini di precisare la sfera di operatività dell'art. 423 c. nav., appare opportuno considerarne la genesi e l'evoluzione.

La norma deriva dalla corrispondente disciplina (art. 4) della convenzione di Bruxelles 25 agosto 1924. Questa convenzione recepì l'ampia elaborazione contenuta nelle c.d. Regole dell'Aja (1921) e costituì il momento attuativo della tendenza diretta a contenere l'introduzione, nelle polizze di carico, di clausole di esonero o di limitazione della "responsabilità" del vettore.

La convenzione, mentre stabiliva la nullità di tali clausole (art. 3 n. 8), fissava il limite massimo del risarcimento in 100 sterline oro per collo o unità o l'equivalente in altra moneta (artt. 4.5, 9, primo comma), alla stregua di una valutazione "usuale" delle merci e delle relative perdite e danni.

Il caricatore aveva titolo all'integrale risarcimento se dichiarava anteriormente alla caricazione (e inseriva in polizza) la natura e il valore delle merci (art. 4.5, primo comma, convenz. cit.).

Naturalmente, all'aumento dell'entità del risarcimento finiva per corrispondere un aumento di nolo, in conseguenza anche della maggiore incidenza dell'assicurazione nel costo della prestazione del vettore.

Tale il sistema della convenzione di Bruxelles del 1924, che é alla base della normativa dell'art. 423 c. nav. (cfr. Relaz. ministeriale a questo codice: nn. 252 e 253).

L'evoluzione della disciplina uniforme fu contrassegnata dalla sostituzione della sterlina oro col franco Poincaré (unità di conto consistente in 65,5 milligrammi d'oro con 900/1000 di fino) e con la fissazione dell'importo massimo del risarcimento in diecimila franchi per collo o unità ovvero in trenta franchi per chilogrammo di peso lordo per le merci perdute o danneggiate, applicandosi l'uno o l'altro limite, se più elevato ((Protocollo di Bruxelles 23 febbraio 1968, art. 2 lett. a)) . Successivamente (Protocollo di Bruxelles 21 dicembre 1979, entrato in vigore per l'Italia il 22 novembre 1985) al franco Poincaré furono sostituiti come unità di conto i diritti speciali di prelievo, che erano stati già introdotti dalle Regole di Amburgo del 31 marzo 1978.

In base all'artt. 2.1 e 2 del Protocollo di Bruxelles del 1979, infatti, l'entità del risarcimento viene commisurata a 666,67 diritti speciali di prelievo per "package or unit" ovvero - se più favorevole - a 2 di tali diritti per chilogrammo di peso della merce perita o danneggiata.

In ogni caso resta elemento costante del sistema risarcitorio uniforme la facoltà del caricatore di dichiarare la natura e il valore delle merci, con i già segnalati riflessi sul limite del debito del vettore (cfr. Protocollo di Bruxelles del 1979 cit., art. 2.1, lett. a).

Queste modificazioni della normativa uniforme non diminuiscono l'attualità delle considerazioni contenute nella relazione ministeriale al codice della navigazione.

Collegando la disciplina posta dalla normativa nazionale alle origini e alle finalità di quella uniforme, l'anzidetta relazione sintetizza nel modo seguente le linee di funzionamento del sistema di limitazione del risarcimento dovuto dal vettore marittimo di cose: inammissibilità di una riduzione del limite; efficacia semplicemente presuntiva della dichiarazione di valore compiuta dal caricatore; conseguenza di una dichiarazione scientemente inesatta.

Si riconnette alle norme relative un benefico risultato "in quanto le controversie erano fortissime al riguardo della validità delle clausole limitative di polizza. La limitazione legale e l'orientamento univoco delle alterazioni contrattuali per i casi considerati normali (e quindi sottoposti in pieno al regime dell'art. 423) sono destinate ad eliminare radicalmente ogni incertezza". Anche per i casi in cui fosse ammessa la piena derogabilità di tale regime, l'interprete avrebbe agevolmente individuato il criterio al quale attenersi nel giudicare la validità delle clausole. Tale criterio non poteva essere più rigoroso di quello che il legislatore aveva fatto proprio nello statuire una limitazione di pieno diritto; e "poiché questa limitazione prescinde da ogni discriminazione nella causa della responsabilità, ne sarebbero risultate indipendenti anche le clausole limitative contrattuali, sempre che fossero collegate soltanto ad un equilibrio delle prestazioni, implicito nel libero gioco della domanda e dell'offerta del servizio" (cfr. Relazione ministeriale cit., n. 253).

5. - Il contenuto dell'art. 423 c. nav. (limitazione del risarcimento dovuto dal vettore; possibilità di deroga a tale limitazione attraverso la dichiarazione di valore) trova, dunque, la sua ragione sostanziale nell'"equilibrio delle prestazioni, implicito nel libero gioco della domanda e dell'offerta del servizio". L'entità del risarcimento é in funzione del costo dell'operazione di trasporto: il vettore, conoscendo, attraverso la dichiarazione del caricatore, l'effettivo valore della merce, é posto al corrente dell'entità della sua eventuale obbligazione risarcitoria e può perciò adeguare ad essa il nolo. Sì che l'operatività del limite é in funzione di un atto di autonomia di uno dei soggetti del rapporto (caricatore), libero di scegliere tra risarcimento non limitato (con maggiorazione del nolo) e risarcimento indicato nella prima parte del primo comma dell'art. 423 c. nav. (con conseguente minor incidenza del corrispettivo).

L'effetto sostanziale della dichiarazione di valore consiste nella determinazione convenzionale dell'ammontare dei danni risarcibili, in sostituzione dell'indennizzo legale. La limitazione concerne l'obbligazione e tocca la sfera risarcitoria della responsabilità, in quanto, per il conseguimento della somma limitata, il patrimonio del vettore é assoggettato nella sua interezza all'azione esecutiva (artt. 2740, 2910 c. civ.).

6. - Si é già osservato che la inserzione nell'operazione di trasporto della dichiarazione di valore si riflette sul costo dell'operazione stessa e si é fatto riferimento al ruolo svolto in materia dall'assicurazione, evitando, peraltro, di assimilare la dichiarazione ad una "forma" o "modalità" di assicurazione della merce, accessoria al contratto di trasporto marittimo. É, infatti, da escludere che la dichiarazione ponga in essere automaticamente un rapporto assicurativo. Il ricorso a tale rapporto non é peraltro precluso a ciascuna delle parti e, segnatamente, al caricatore. In mancanza, l'uso, che pur si é fatto, del termine assicurazione può valere soltanto a descrivere la funzione economica della dichiarazione, che realizza una maggiore "copertura" del caricatore, determinando l'aumento dell'ammontare dei danni risarcibili rispetto alla quantificazione legale di essi.

7. - Le considerazioni fin qui svolte valgono a collocare in un quadro ben definito le censure di costituzionalità, mosse dall'ordinanza di rimessione al sistema risarcitorio ex art. 423 cod. nav.

La mancata considerazione, nella determinazione del limite del risarcimento, "della diversa capacità di reddito, in dipendenza della diversità delle condizioni economiche dei creditori della prestazione di trasporto" non determina - al contrario di quanto ritiene il giudice a quo - violazione dell'art. 3 Cost.

Non si realizza infatti la supposta ingiustificata disparità di trattamento delle categorie di caricatori, poiché la misura del risarcimento, anche in mancanza di limite, é sempre obiettivamente determinata e non rileva in alcun modo la diversità di condizione economica del caricatore; essa é estranea al meccanismo di formazione del nolo e di determinazione del risarcimento.

Inoltre, il sistema di risarcimento congegnato dall'art. 423 c. nav., lascia larga operatività all'autonomia dell'utente con riguardo all'interesse che egli "dichiari" di avere al carico, specificandone il valore, anteriormente all'imbarco. E, sotto questo aspetto, mentre risulta irrilevante la "diversa capacità di reddito, in dipendenza della diversità delle condizioni economiche dei creditori della prestazione di trasporto" - come, al contrario, assume il giudice a quo - la norma attribuisce un efficace strumento di tutela al soggetto del rapporto considerato più debole (caricatore).

Quanto alla prospettata violazione dell'art. 42 Cost., é da osservare che le garanzie, poste da questa norma a tutela della proprietà privata, non si estendono alle obbligazioni pecuniarie (Corte cost. 28 aprile 1976, n. 99). Tanto meno l'estensione sarebbe giustificabile, nel caso di obbligazione risarcitoria del vettore marittimo, alla determinazione della quale abbia contribuito la volontà del creditore della prestazione, con un suo atto di autonomia.

8. - Le conclusioni che gli elementi del presente giudizio impongono alla valutazione della legittimità costituzionale della normativa esaminata, non impediscono alla Corte di richiamare l'attenzione del legislatore sul problema del limite da "imporre" all'autonomia privata (art. 1322, primo comma, c. civ.), alla quale é rimessa, in sostanza, nella situazione considerata (cfr. nn. 5 7), la determinazione dell'entità del risarcimento. La materia del trasporto marittimo coinvolge rilevanti interessi, inerenti a diversi settori dell'economia.

Al riguardo, non può sfuggire il rilievo che l'adeguamento del debito del vettore aereo di merci - debito per tanti aspetti omogeneo a quello in esame - é stato oggetto di un'apposita legge (13 maggio 1983, n. 213), che ha sancito il principio del periodico aggiornamento dei limiti di responsabilità stabiliti dal codice della navigazione in materia aeronautica.

La prima applicazione di tale principio é contenuta nel d.P.R. 7 marzo 1987, n. 201, successivo alla sentenza 6 maggio 1985, n. 132

 di questa Corte, in materia di limitazione di responsabilità del vettore aereo nel trasporto internazionale di persone.

Il d.P.R. n. 201/1987, ora ricordato, ha stabilito, tra l'altro, un più adeguato ammontare del limite anteriormente fissato dall'art. 952, primo comma, cod.nav., per il debito del vettore aereo, elevandolo da lire diecimila a lire trentamila per chilogrammo di merce caricata. La fattispecie normativa aeronautica corrisponde integralmente a quella marittima, in quanto prevede anch'essa la facoltà del caricatore di ovviare all'applicazione del limite legale del debito del vettore con la dichiarazione di valore, resa anteriormente alla caricazione.

In questa linea si colloca anche il progetto di legge di delega per il nuovo codice della navigazione (1986), che fissa come principio direttivo quello dell'"adeguatezza" del limite di responsabilità del vettore marittimo, in modo da garantire la congruità del risarcimento (cfr. n. 38 dello schema di disegno di legge).

Si tratta di un complesso di elementi, normativi e giurisprudenziali, concordi nello stabilire l'attualità della linea evolutiva, diretta a inserire nel nostro ordinamento un automatico meccanismo di adeguamento, riferibile anche all'obbligazione risarcitoria del vettore nel trasporto marittimo di cose.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 423, primo comma, c. nav., in riferimento agli artt. 3 e 42 della Costituzione sollevata con l'ordinanza 4 giugno 1986 dalla Corte di appello di Catania (n. 644 Reg. Ord. del 1986).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta l'11 novembre 1987.

 

Il Presidente: SAJA

Il Redattore: PESCATORE

Depositata in cancelleria il 19 novembre 1987.

Il direttore della cancelleria: MINELLI