Sentenza n.216 del 1987

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SENTENZA N. 216

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Antonio LA PERGOLA, Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi promossi con ricorsi delle regioni Lombardia e Toscana notificati il 22 marzo e 15 maggio 1985, depositati in Cancelleria il 30 marzo e 21 maggio 1985 ed iscritti ai nn. 14 e 20 del Registro 1985, per conflitti di attribuzione sorti a seguito del decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste 2 gennaio 1985 recante "Modalità di applicazione del regime d'aiuto alla produzione dell'olio d'oliva previsto dai regolamenti C.E.E. n. 2261/84 del 17 luglio 1984 e n. 3061/84 del 31 ottobre 1984" e della circolare del Ministero del lavoro e delle previdenza sociale in data 4 marzo 1985, prot. OAPL/II.1927/7 "Fondo Sociale Europeo - domande di saldo e restituzione di contributi".

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 10 dicembre 1986 il Giudice relatore Ugo Spagnoli;

Uditi gli avv.ti Gualtiero Rueca e Maurizio Steccanella per la Regione Lombardia e l'avv.to Antonio Ragazzini per la Regione Toscana e l'Avvocato dello Stato Ivo M. Braguglia per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso notificato il 22 marzo 1985, la Regione Lombardia ha proposto conflitto di attribuzioni nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in ordine al Decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste 2 gennaio 1985 (pubblicato nella "Gazzetta Ufficiale" n.17 del 21 gennaio 1985), concernente "modalità di applicazione del regime d'aiuto alla produzione dell'olio d'oliva previsto dai regolamenti (CEE) numero 2261 del 17 luglio 1984 e n. 3061/84 del 31 ottobre 1984".

Premessa una sintetica esposizione della dettagliata disciplina contenuta nel decreto, la ricorrente rileva che con essa tutti i poteri discrezionali di determinazione ed erogazione degli aiuti, di sospensione di questi e di revoca del riconoscimento dei frantoi sono riservate ad organi statali (Ministero ed A.I.M.A.), mentre le regioni sono ignorate come livelli istituzionali ed alcuni loro uffici sono utilizzati per adempimenti istruttori ed esecutivi.

Al riguardo, la Regione assume in via principale che tale materia rientra nella propria competenza, ai sensi degli artt. 6, primo comma, 66 primo e secondo comma, lett. c ) ed e) e 67 d.P.R. n. 616 del 1977, con i quali sono in particolare devoluti alle regioni "gli interventi di incentivazione e sostegno della cooperazione" ed "ogni altro intervento sulle strutture agricole anche in attuazione di....regolamenti comunitari, ivi compresa l'erogazione di incentivi e contributi". Né d'altra parte il decreto potrebbe giustificarsi come atto di indirizzo e coordinamento delle attività regionali: sia perché non é stato adottato secondo le competenze e le procedure previste dall'art. 3 della legge n. 382 del 1975; sia perché non si fonda su alcuna previsione di legge che disciplini i fini e i criteri per l'esercizio di tale ipotetica attività di indirizzo; sia infine perché il provvedimento non contiene affatto indirizzi per un'attività destinata ad essere svolta dalle Regioni, ma la disciplina puntuale di un'attività amministrativa attribuita allo Stato o ad enti statali (l'A.I.M.A.), nell'ambito della quale gli uffici regionali, come si é detto, dovrebbero svolgere meri compiti istruttori ed esecutivi.

Anche ove, poi, si ritenesse che la materia in questione sia riservata allo Stato in quanto attiene non a interventi relativi alla produzione agricola ma a "interventi di interesse nazionale per la regolazione del mercato agricolo" (art. 71, lett. b), d.P.R. n. 616 del 1977), la ricorrente assume, in via subordinata, che il provvedimento sarebbe parimenti illegittimo e lesivo dell'autonomia regionale. Utilizzando gli uffici regionali, per compiti istruttori, come apparati esecutivi del Ministero e dell'A.I.M.A., esso darebbe infatti luogo ad una di quelle forme di "codipendenza funzionale tra uffici dello Stato e delle regioni" che l'art.1, terzo comma, n. 2, della legge n. 382 del 1975 ha inteso escludere. Lo Stato avrebbe semmai, in ipotesi, potuto disporre - ma con legge: art. 118, secondo comma, Cost. - una delega a favore delle regioni: ma in tal caso avrebbe dovuto configurarla come attribuzione di funzioni amministrative sia pure nell'ambito di direttive statali, e non realizzando - come ad avviso della ricorrente fa il decreto - un'anomala ipotesi di avvalimento di uffici regionali da parte dello Stato, priva di fondamento legislativo (e perciò di criteri legislativamente stabiliti) e non basata su accordi con le regioni interessate.

Il D.M. impugnato - osserva ancora la Regione in una memoria aggiunta - presuppone l'applicabilità della (non più vigente) disciplina anteriore al detto d.P.R. (artt. 6 e 8 D.L. 21 novembre 1967, n. 1051, convertito in l. 18 gennaio 1968, n. 10), la quale assegnava compiti istruttori ed esecutivi agli ispettorati provinciali dell'alimentazione e prevedeva che l'A.I.M.A. impartisse istruzioni e potesse avvalersi di questi.

Analoghe facoltà non spetterebbero invece alla stregua della nuova normativa, la quale ha trasferito alle regioni i suddetti ispettorati e ripartito tra A.I.M.A. e regioni gli interventi per la regolazione del mercato agricolo (artt. 71, lett. b) e 77, lett. b) d.P.R. n. 616 del 1977 e n. 13 dell'allegata tab. A): tant'é vero che la legge 14 agosto 1982, n. 610, che ha riordinato l'A.I.M.A., non ha più previsto la facoltà dell'A.I.M.A. medesima di avvalersi degli uffici periferici divenuti regionali, ed ha invece previsto la possibilità da parte della stessa di "avvalersi della collaborazione delle Regioni stipulando con esse apposite convenzioni di durata anche pluriennale" (artt. 3, lett. e). Inoltre, anche ammesso che si tratti di funzioni delegate, queste non potrebbero essere frammentate tra A.I.M.A. e uffici regionali, né lo Stato potrebbe disporre circa l'organizzazione di questi per l'esercizio delle funzioni delegate.

Il decreto sarebbe infine - secondo la ricorrente - lesivo del principio di cui all'art.81, quarto comma, Cost. (nonché dell'art. 27 legge n. 468 del 1978), e dell'autonomia finanziaria, organizzativa e di spesa della Regione, in quanto da un lato addossa alle regioni nuovi compiti, senza preoccuparsi dell'onere che ciò comporta - ed in particolare impone loro (art. 20, secondo comma) la costituzione di "nuclei di accertamento" composti da funzionari regionali o di enti dipendenti o vigilati dalla Regione, disciplinandone la composizione - e d'altro lato omette di prevedere qualsiasi forma di rimborso o di concorso dello Stato nel relativo onere.

2. - Il costituito Presidente del Consiglio dei ministri, oltre ad adombrare un'ipotesi di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse della regione Lombardia - e ciò in dipendenza della modestia della sua produzione olearia - ne deduce comunque l'infondatezza sostenendo che trattasi di materia che attiene ad "interventi di interesse nazionale per la regolazione del mercato agricolo", rimasta nella competenza dello Stato, ai sensi dell'art.71 lett. b) del cit. d.P.R. n. 616 del 1977.

L'aiuto comunitario all'olio d'oliva, - attuato attraverso la concessione di un'integrazione di prezzo o aiuto alla produzione dell'olio di oliva di cui ai regolamenti CEE richiamati nelle premesse del decreto e dei quali questo fa applicazione costituirebbe infatti un vero e proprio intervento di regolazione del mercato olivicolo di interesse nazionale, mirante ad integrare quella parte di reddito che il produttore olivicolo non può ricavare direttamente dal mercato, con funzioni di sostegno del produttore, del prodotto e del mercato nazionale e comunitario.

Il decreto impugnato, perciò, costituirebbe attuazione degli obblighi imposti a fini di regolazione del mercato dalla normativa comunitaria: obblighi che vanno adempiuti uniformemente, senza discriminazioni e con la garanzia di un equo reddito per tutti i produttori olivicoli su l'intero territorio nazionale.

Quanto alle altre censure mosse dalla Regione, il resistente precisa che, quanto ai compiti istruttori, il decreto (art. 20) richiama quelli attribuiti ad uffici ministeriali periferici dalla normativa anteriore al decentramento regionale, individuando per chiarezza, - e salva diversa determinazione delle regioni - gli uffici regionali da essi derivati (art. 8). Si tratterebbe, nella specie, di funzioni amministrative delegate ex art. 77 lett. b) d.P.R. 616/77, in quanto concernenti interventi per la regolazione dei mercati non riservati all'A.I.M.A. né attuabili da organi statali periferici o dalla stessa A.I.M.A., rispetto ai quali non avrebbe "senso rilevare un difetto di previsione di spesa (che peraltro é sempre stata sostenuta)".

Quanto, infine, ai "nuclei di accertamento", essi - assume il resistente - esistono già da tempo e le spese per il loro funzionamento fanno carico all'A.I.M.A. (art. 17 D.M. 12 dicembre 1982); e comunque la loro costituzione sarebbe giustificata ai sensi dell'ultimo comma del citato art. 77, concernente la collaborazione delle regioni per la repressione delle frodi nel settore.

3. - In riferimento alla nuova disciplina del Fondo Sociale Europeo adottata con il regolamento CEE n. 2950/83 del 17 ottobre 1983 - concernente l'applicazione della decisione 83/516 CEE del Consiglio relativa ai compiti del Fondo Sociale Europeo - il Ministero del lavoro e della previdenza sociale ha, con circolare del 4 marzo 1985 (prot. n. OAPL/II/1327/7), emanato alcune istruzioni in ordine alla procedura nazionale da seguire nelle richieste di pagamento del saldo del contributo concesso a favore delle azioni ammesse al finanziamento da parte del Fondo.

Detto regolamento dispone tra l'altro, all'art. 5, n. 4, che "le domande di pagamento del saldo (dei contributi concessi ai sensi dei nn. 1 e 2 dello stesso articolo) contengono una relazione particolareggiata sul contenuto, i risultati e gli aspetti finanziari dell'azione considerata" e che "Lo Stato membro certifica l'esattezza di fatto e contabile delle indicazioni contenute nelle domande di pagamento".

In riferimento a ciò, la circolare precisa che le richieste di pagamento del saldo del contributo concesso devono pervenire al Ministero "debitamente certificate dalla Regione competente", aggiungendo, altresì, che "unicamente per gli Enti di diritto pubblico, in relazione alle azioni di portata nazionale o quantomeno pluriregionale per le quali é stato a suo tempo effettuato il raggruppamento delle relative domande di contributo autorizzate dalle competenti Regioni, é ammessa la presentazione della domanda di saldo direttamente a questo Ministero".

"In tali casi, per ovvie ragioni di snellezza amministrativa, lo scrivente si riserva di procedere alla certificazione prescritta dalla normativa comunitaria dopo aver effettuato verifiche per campione rappresentativo alle quali saranno come per il passato associate le Regioni interessate".

4. - In riferimento alle ora precisate parti della circolare in questione, la regione Toscana, con ricorso notificato il 15 maggio 1985, ha proposto conflitto di attribuzioni contro lo Stato.

Le attività amministrative connesse all'applicazione dei regolamenti CEE in tema di istruzione professionale e di interventi del Fondo Sociale Europeo in ordine a tale materia spettano - si sostiene nel ricorso - alle regioni, in virtù degli artt. 117 e 118 Cost., 6, 35 segg. d.P.R. 616/77 (concernenti, rispettivamente, le competenze relative all'applicazione dei regolamenti CEE ed alla materia dell'istruzione professionale).

Spetterebbe di conseguenza alle Regioni, e soltanto ad esse, certificare l'esattezza di fatto e contabile delle domande di saldo relative ai contributi del Fondo Sociale Europeo. In tal senso, del resto, sarebbe stata sempre interpretata la predetta norma del regolamento CEE, come confermato da quanto disposto alle lett. b ) e d) dell'art. 13 della legge regionale toscana 21 febbraio 1985, n. 16.

La possibilità per gli enti di diritto pubblico di presentare direttamente al Ministero del lavoro le domande di saldo, e la possibilità di questo di procedere alla prescritta certificazione - tanto più in quanto preceduta da controlli non ordinari ma per campione, inidonei a garantire parità di trattamento tra i soggetti ammessi al finanziamento - comporterebbe perciò una lesione delle competenze delle Regioni, non attenuata dall' "associazione" di queste al controllo (peraltro solo eventuale), in quanto non sostitutiva del potere diretto di certificazione.

Tale lesione non potrebbe d'altra parte, ad avviso della ricorrente, giustificarsi con l'attribuzione al Ministero del lavoro - ad opera della legge quadro in materia di formazione professionale (l. 21 dicembre 1978, n. 845) - delle competenze in tema di "rapporti con il Fondo Sociale Europeo" e di "inoltro alla Comunità Economica Europea... dei progetti formativi ammessi al concorso dei fondi comunitari" (art. 18, lett. c ) e g), dovendo tali norme intendersi come relative al solo aspetto esterno del rapporto comunitario ed al semplice inoltro dei progetti.

Né, ad avviso della ricorrente, il problema si sposta per il fatto che la circolare faccia riferimento alle "azioni di portata nazionale o quantomeno pluriregionale", dal momento che tale qualificazione non trova alcuna base normativa in fonti statali o regionali o comunitarie e contrasta, comunque, con il fatto che le domande di contributo vengano in ogni caso autorizzate dalle singole Regioni.

5. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi, ha sostenuto che la generica previsione di cui all'art. 6 d.P.R. 616/77 (su cui la Regione fonda il ricorso) é superata dalla più recente l. 845/1978, le cui previsioni - art. 18, lettere c ) e g); art. 24, primo comma ("... presentazione... tramite il Ministero... dei progetti di formazione...") - presupporrebbero che tra l'attività regionale e la presentazione agli organismi comunitari la legge quadro abbia voluto inserire un livello di "controllo" di competenza statale; e ciò anche in ragione dell'attribuzione al Ministero del lavoro della gestione della spesa pubblica nel settore, sotto il profilo finanziario-contabile (artt. 25 e 27).

Del resto - argomenta il resistente - mentre é attribuita in materia alle regioni l'attività istruttoria, i provvedimenti di concessione dei contributi sono di competenza dello Stato, e sarebbe perciò illogico negare a questo qualsiasi potere di controllo.

Considerato in diritto

1. - I conflitti oggetto del presente giudizio sono stati originariamente ricompresi in un procedimento più ampio, contraddistinto dalla presenza - nei diversi conflitti all'esame - di provvedimenti di attuazione di Regolamenti della Comunità Economica Europea.

Successivamente separati - per ragioni procedurali - i due conflitti possono, per il permanere, per quanto li concerne, delle originarie motivazioni, essere decisi con un'unica sentenza.

2. - Il primo conflitto - sollevato dalla regione Lombardia nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri - ha come oggetto il decreto del Ministro dell'Agricoltura e delle Foreste 2 gennaio 1985 concernente "Modalità di applicazione del regime di aiuto alla produzione dell'olio di oliva previsto dai regolamenti (CEE) n. 2261/84 del 17 luglio 1984 e n. 3061/84 del 31 ottobre 1984". Afferma la Regione ricorrente che il decreto, attribuendo al Ministero e all'A.I.M.A. (Azienda di Stato per gli Interventi nel Mercato agricolo) l'esclusiva titolarità dei poteri di determinazione e di erogazione degli aiuti nonché di quello di revoca del riconoscimento dei frantoi e di sospensione degli aiuti, sarebbe lesivo della competenza e dell'autonomia regionale in quanto:

a) la materia cui il provvedimento fa riferimento rientrerebbe nell'ambito della competenza regionale di cui al primo comma dell'art. 66 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 (produzione agricola, raccolta, conservazione, trasformazione e commercio dei prodotti agricoli da parte di imprenditori agricoli singoli o associati), al secondo comma di detto articolo, lettera c) (interventi di incentivazione e sostegno della cooperazione e delle strutture associative per la coltivazione, la lavorazione e il commercio dei prodotti agricoli) e lett. e) (ogni altro intervento sulle strutture agricole anche in attuazione di direttive e regolamenti comunitari, ivi compresa l'erogazione di incentivi e contributi), e di cui all'art. 67 dello stesso d.P.R. n. 616 del 1977 (impianti non di interesse nazionale per la raccolta, conservazione, lavorazione, trasformazione e vendita di prodotti agricoli e zootecnici);

b) nel caso in cui si ritenesse che la materia cui si riferisce il decreto sia riservata allo Stato in quanto attinente non ad interventi relativi alla produzione agricola ma ad interventi di interesse nazionale per la regolazione del mercato agricolo (art. 71, lett. b), d.P.R. n. 616 del 1977) egualmente il provvedimento sarebbe illegittimo e lesivo dell'autonomia regionale, in quanto, pretendendo di imporre agli uffici della Regione lo svolgimento di compiti istruttori nell'ambito di funzioni in ipotesi statuali utilizzandoli come apparati esecutivi del Ministero e dell'A.I.M.A. realizzerebbe un anomalo caso di "avvalimento" di uffici regionali da parte dello Stato senza alcun fondamento legislativo né previo accordo con la Regione. Inoltre, accollando spese ed oneri alla Regione, chiamata in particolare a costituire nuclei di accertamento composti da funzionari regionali o di enti dipendenti o vigilati dalla Regione, senza alcuna previsione di rimborso (o di concorso nei relativi oneri) da parte dello Stato, il decreto ministeriale sarebbe lesivo del principio di cui all'art. 81, quarto co., Cost. e dell'autonomia finanziaria, organizzativa e di spesa della Regione.

2.1. - Il ricorso per conflitto di attribuzione così proposto dalla regione Lombardia, certamente ammissibile per l'esistenza di un effettivo interesse (anche se la quantità di olio d'oliva che vi si produce non é rilevante) deve, nel merito, ritenersi non fondato.

Va innanzitutto sottolineato che i regolamenti cui il decreto impugnato ha dato attuazione hanno disciplinato per la campagna di commercializzazione 1984-85 il regime di aiuti alla produzione di olio d'oliva introdotto sin dal primo provvedimento comunitario (regolamento n. 136/66 del 22 settembre 1966) in relazione alla esigenza di una particolare regolamentazione del mercato del predetto prodotto. Detto regime é finalizzato ad assicurare un volume sufficiente di offerta di olio d'oliva nel mercato comunitario e a garantire un reddito adeguato ai produttori, mediante la erogazione di un contributo integrativo tale da colmare le differenze rispetto ai prezzi degli oli importati da Paesi terzi e far fronte così alla concorrenza di questi. Le misure in tal modo previste non costituiscono incentivi di carattere sociale, limitati a determinate regioni, ma strumenti di regolazione del mercato comunitario dell'olio d'oliva nel quadro di una più generale regolamentazione dei mercati nel settore dei grassi. I regolamenti comunitari cui fa riferimento il decreto impugnato hanno in particolare stabilito nuove norme per la realizzazione di questo regime a partire dal 1984-85, disciplinando una serie di aspetti della complessa procedura necessaria per la erogazione degli aiuti, ivi compreso il sistema di controlli.

Il decreto del Ministro dell'Agricoltura e Foreste 2 gennaio 1985 contiene disposizioni ritenute necessarie per l'attuazione dei predetti regolamenti comunitari, dirette a stabilire la qualità di olio ammissibile all'aiuto, i criteri di determinazione di questo, i soggetti cui il beneficio compete e la verifica della titolarità, il ruolo delle associazioni e unioni riconosciute, le condizioni per poter beneficiare dell'aiuto, il sistema dei relativi controlli, le modalità per la presentazione della domanda, i tempi e le modalità di pagamento. In particolare, la determinazione degli aiuti e la relativa erogazione vengono riservati al Ministero dell'agricoltura e delle foreste e all'A.I.M.A., che possono controllare i frantoi riconosciuti, revocare il riconoscimento, sospendere gli aiuti.

Ciò premesso, é chiaro che la materia oggetto del decreto impugnato attiene certamente alla regolazione del mercato, prevedendo una integrazione di reddito che il produttore non può ricavare dal mercato e sostenendo così la produzione di olio d'oliva nel nostro Paese. Appare altresì evidente che le misure contenute nel decreto realizzano un intervento d'interesse nazionale diretto a regolare il mercato dell'olio d'oliva, in termini e con contenuto correlato al più generale intervento comunitario. L'interesse nazionale consiste soprattutto nella necessità di predisporre un coordinamento diretto, e di dettare misure che consentano che l'attuazione del regime di aiuti avvenga in condizioni di parità per tutto il territorio nazionale, per quanto riguarda sia i soggetti, che i criteri di determinazione ed erogazione, che i controlli: sì che l'intervento possa realmente corrispondere alle esigenze - comunitarie e nazionali - della regolazione di un mercato di particolare importanza per l'economia italiana; operando in modo uniforme su tutto il territorio ed evitando discriminazioni di qualsiasi genere.

Pertanto la materia regolata dal decreto del Ministro dell'agricoltura e foreste 2 gennaio 1985 é attribuita allo Stato ai sensi dell'art. 71, lett. b), del d.P.R. n. 616 del 1977, e non rientra fra quelle che gli artt. 66 e 67 dello stesso decreto riservano alla competenza regionale; spetta di conseguenza ad organi ed enti statali esercitare le funzioni in esso previste.

2.2. - Neppure hanno fondamento le censure - mosse in via subordinata dalla Regione Lombardia - secondo le quali l'autonomia regionale sarebbe stata lesa dalla imposizione agli uffici della regione di compiti istruttori e di liquidazione nell'ambito di funzioni statali, realizzando così una anomala ipotesi di avvalimento di uffici regionali da parte dello Stato.

L'avvalersi da parte dello Stato di uffici regionali é stato considerato legittimo dalla Corte (sent. n. 35 del 1972), essendosi ritenuto che, se la Regione può disporre ex art. 118, terzo comma, Cost. degli uffici della Provincia, dei Comuni e di altri enti locali, sarebbe assurdo negare allo Stato identica facoltà nei confronti della Regione. D'altra parte - come esattamente si é rilevato in dottrina - le stesse regioni sono in grado di servirsi a loro volta di organi statali quando lo consentano i principi informatori dell'ordinamento vigente (sent. n. 23 del 1957). Deve perciò ammettersi la legittimità di disposizioni che consentono allo Stato, senza utilizzare l'istituto della delega all'Ente di cui al secondo comma dell'art. 118 Cost., di avvalersi di uffici regionali, in quello spirito di necessaria collaborazione tra tutti gli organi centrali e periferici che questa Corte ha giustamente sottolineato nella citata sentenza, e che meglio potrà essere realizzato mediante l'accordo con le regioni medesime soprattutto allorché l'utilizzazione comporti particolari oneri.

Per la stessa ragione deve ritenersi infondata la censura sollevata relativamente alla norma che demanda alle Regioni di costituire nuclei di accertamento composti da funzionari della regione o di enti dipendenti o vigilati da essa.

Tali nuclei, nella medesima composizione, erano invero già stati istituiti dall'art. 17 del D.M. 29 novembre 1982: ed avendo essi, alla stregua di tale disposizione, il compito di controllare il rispetto della normativa comunitaria o nazionale in materia di aiuto comunitario alla produzione di olio d'oliva, é agevole inferirne che si é in presenza dell'ipotesi di avvalimento espressamente prevista dall'ultimo comma dell'art. 77 del d.P.R. n. 616 del 1977 ("Lo Stato si avvale anche della collaborazione delle Regioni per la repressione delle frodi nella lavorazione e nel commercio di prodotti agricoli").

Né la ricorrente ha al riguardo ragione di lamentare un preteso accollo di oneri, in quanto il medesimo art. 17 prevede espressamente, all'ultimo comma, che le spese per il funzionamento dei nuclei fanno carico all'A.I.M.A.

3. - Il secondo conflitto (n. 20/85) é stato sollevato con ricorso della regione Toscana nei confronti della circolare del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 4 marzo 1985 prot. n. OAPL/II/1327/7, avente per oggetto "Fondo Sociale Europeo - domande di saldo e restituzione contributi". In essa si fa riferimento alla nuova disciplina del Fondo Sociale Europeo contenuta nel Regolamento CEE n. 2950/83 del Consiglio del 17 ottobre 1983 - a sua volta applicativo della decisione n. 83/516 CEE relativa ai compiti del Fondo stesso - ed in particolare alla procedura concernente l'erogazione, da parte di questo, dei contributi previsti nel regolamento medesimo. L'articolo 5 del Regolamento prevede un sistema di anticipazioni di quote dei contributi concessi, in misura diversa a seconda del tipo di "azione" cui la domanda si riferisce, ed al quarto comma disciplina l'erogazione della restante parte del contributo, stabilendo che "le domande di pagamento del saldo contengono una relazione particolareggiata sul contenuto, i risultati e gli aspetti finanziari dell'azione considerata. Lo Stato membro certifica l'esattezza di fatto e contabile delle indicazioni contenute nelle domande di pagamento".

La circolare impugnata contiene istruzioni dirette a dare adempimento alla normativa comunitaria in ordine al pagamento del saldo, stabilendo in via generale che le relative richieste debbono pervenire al Ministero entro sei mesi dal termine dell'azione, debitamente certificate dalla Regione competente. "Unicamente per gli Enti di diritto pubblico - afferma però nella sua ultima parte la circolare - in relazione alle azioni di portata nazionale o quanto meno pluriregionale per le quali é stato a suo tempo effettuato il raggruppamento delle relative domande di contributo autorizzate dalle Regioni competenti, é ammessa" la presentazione diretta delle domande al Ministero, che "si riserva di procedere alla certificazione prescritta dalla normativa comunitaria dopo aver effettuato verifiche anche per campione rappresentativo alle quali saranno come per il passato associate le Regioni interessate". La Regione ricorrente assume che il contenuto di questa parte della circolare sarebbe lesivo della propria competenza amministrativa in materia di formazione professionale, spettando ad essa soltanto, in virtù degli artt. 117 e 118 Cost., 6, 35 e segg. d.P.R. n. 616 del 24 luglio 1977, certificare la esattezza di fatto e contabile delle domande di saldo relative ai contributi del Fondo Sociale Europeo, e procedere ai relativi controlli, ed essendo priva di base normativa - anche alla stregua della legge quadro in materia (n. 845 del 1978) - l'eccezione relativa alle azioni di portata nazionale e pluriregionale svolte da enti di diritto pubblico.

3.1. - Il ricorso non é fondato.

Occorre innanzitutto considerare che il Fondo Sociale Europeo é essenzialmente - secondo la decisione n. 83/516/CEE che ne definisce i compiti - uno "strumento di politica dell'occupazione", che ha perciò il compito di partecipare al finanziamento di azioni non solo di "formazione professionale" ma anche di "promozione dell'occupazione e di mobilità geografica" (secondo e quinto "considerando"). In questo quadro l'art. 3 della citata decisione distingue due tipi di contributi che possono essere concessi dal Fondo, e cioè: 1) contributi "a favore di azioni realizzate nell'ambito della politica del mercato del lavoro degli Stati membri" le quali "comprendono in particolare quelle destinate a migliorare le possibilità di occupazione per i giovani, specialmente con misure di formazione professionale dopo la conclusione della scuola dell'obbligo": ma anche con altre misure, come quelle che - ai sensi del successivo art. 4 e dell'art. 1 del Regolamento CEE n. 2950/83 - possono riguardare i disoccupati di lunga durata (ad es., versamento di provvidenze per l'assunzione in posti di lavoro supplementari), i minorati (adattamento di posti di lavoro), i lavoratori migranti che mutino luogo di residenza (prestazioni destinate ad agevolare lo spostamento e l'integrazione di costoro e dei loro familiari); 2) contributi "a favore di azioni specifiche realizzate per favorire l'esecuzione di progetti di carattere innovatore", che quindi esulano dalla materia della formazione professionale.

Nello specificare, poi, le modalità della gestione del Fondo Sociale Europeo, la decisione della Commissione n. 83/673/CEE del 22 dicembre 1983 precisa, tra l'altro (artt. 1, par. 1, e formulario all. 1) che, pur nell'ambito di un'unica richiesta devono essere presentate - affinché "le azioni possano essere valutate con precisione" (secondo "considerando") - separate domande di contributo per ciascuno dei tipi di azione previsti (ad es., formazione e orientamento professionale, ovvero assunzione e sostegno salariale) e per ciascuna categoria di persone beneficiarie (ad es. giovani mancanti di formazione professionale o disoccupati). Peraltro, se l'azione per la quale é presentata la richiesta concerne più regioni o zone, i dati relativi al tipo di azione ed ai modi del suo finanziamento, alla stima del numero dei beneficiari e delle spese previste ed agli organismi presso cui possono effettuarsi i controlli vanno indicati sia globalmente sia separatamente per ciascuna regione o zona. Analoga indicazione - sia complessiva che analitica - deve fornirsi in ordine ai medesimi dati all'atto della presentazione di domande di saldo per azioni concernenti più regioni o zone (art. 1, par. 2 e all.2, punto 10). Anche in tal caso, però, é prevista un'unica certificazione dell'esattezza di fatto e contabile delle indicazioni contenute nella richiesta di pagamento e negli eventuali allegati concernenti le singole regioni o zone (art. 2 e all. punto 18).

Quanto ai controlli sulle azioni ammesse a contributo precedenti il saldo, il Regolamento n. 2950/83 (art. 7), da un lato lascia impregiudicate le modalità dei controlli da parte degli Stati membri, dall'altro prevede che la Commissione possa effettuare verifiche "per sondaggio rappresentativo".

3.2. - Dalla suesposta normativa comunitaria emergono una serie di elementi rilevanti ai fini della decisione.

Innanzitutto, poiché la circolare impugnata concerne l'attuazione di tutta la menzionata normativa comunitaria, é chiaro che le doglianze della regione Toscana non possono intendersi riferite che alle sole azioni ammesse a contributo comunitario concernenti la formazione professionale, e non anche a quelle di promozione dell'occupazione e di mobilità geografica, non essendo queste materie state trasferite alle regioni; sicché ne restano integralmente escluse le azioni concernenti i progetti a carattere innovatore di cui al par. 2 dell'art. 3 della citata decisione 83/516.

In secondo luogo, pur nell'ambito delle azioni di cui al par. 1 del medesimo articolo, l'impostazione comunitaria é nel senso che le misure di formazione professionale non sono che uno dei modi per pervenire a migliorare le possibilità di occupazione: sicché possono darsi azioni che, sul piano del diritto interno, concernono materie di competenza sia regionale (formazione professionale) che statale (politiche dell'occupazione) e che, pur se introdotte con separate domande, sono valutate unitariamente dagli organi comunitari ai fini dell'ammissione a contributo.

In terzo luogo, e pur limitandosi alla sola formazione professionale, é evidente che nell'ottica comunitaria é del tutto normale che possano darsi azioni che investano una pluralità di regioni o zone, tant'é che é in tal caso prescritta un'indicazione complessiva (e non solo analitica) dei dati da valutare e che - ciò che qui più conta - é prevista ai fini del saldo una dichiarazione unica circa l'esattezza di fatto e contabile di essi.

Contrariamente a quanto sostiene la Regione ricorrente, perciò, si giustifica alla stregua della normativa comunitaria tanto l'autonoma considerazione delle azioni di portata nazionale o pluriregionale (che la circolare impugnata peraltro limita a quelle poste in essere da enti di diritto pubblico), quanto il raggruppamento delle relative domande di contributo, perché afferenti ad un'azione unitaria.

Quanto poi ai controlli su tali azioni - di portata nazionale o pluriregionale - si é già visto che la normativa comunitaria da applicare lascia liberi gli Stati membri circa i modi della loro effettuazione, e non preclude perciò che essi possano essere effettuati per campione rappresentativo, così come prevede la circolare impugnata.

Ove si tratti di azioni dello stesso tipo, promosse dallo stesso Ente pubblico in più regioni (o sull'intero territorio nazionale) con modalità analoghe, un siffatto tipo di controllo può ragionevolmente essere ritenuto sufficiente; tant'é che lo stesso metodo é previsto per le verifiche da effettuarsi da parte della Commissione.

Una volta che ciò si ammetta, ne discende di conseguenza che possono risultare omessi controlli diretti su azioni promosse in singole regioni. Ma in ciò non può ravvisarsi una lesione delle competenze regionali in materia: sia perché la circolare impugnata prevede espressamente che, per le azioni facenti parte del campione prescelto, siano "associate" al controllo le regioni di volta in volta interessate, il che significa diretta partecipazione di queste alla relativa attività; sia perché l'utilizzazione del metodo del campione rappresentativo non preclude - perché la circolare non lo dice - che per le azioni non facenti parte del campione le regioni, già destinatarie delle domande di contributo, non possono autonomamente svolgere i controlli in questione e far pervenire al Ministero le relative risultanze: sempreché ciò avvenga contemporaneamente o, comunque, siano salvaguardate quelle esigenze di celerità che - ai fini del rispetto delle scadenze fissate dalla normativa comunitaria - sono dalla circolare poste a base dell'utilizzazione del metodo del campione.

Le medesime esigenze di snellezza, d'altra parte, giustificano, nel caso di azioni di portata nazionale e pluriregionale, la presentazione diretta al Ministero delle domande di saldo, posto che a questo compete l'inoltro di esse agli organi comunitari e che ciò può agevolarne un raggruppamento analogo a quello già effettuato per le domande di contributo. Trattandosi semplicemente, in questo caso, di eliminare un passaggio burocratico, non può in ciò ravvisarsi lesione delle competenze regionali.

Quanto al punto - di cui maggiormente la regione Toscana si duole - concernente la spettanza del potere di certificare l'esattezza di fatto e contabile delle domande di saldo, va osservato che tale certificazione, in sé considerata, é incombenza puramente formale, o al più di tipo ragionieristico, posto che il suo aspetto sostanziale risiede nel preventivo controllo su cui essa si basa, e dal quale, per quanto già detto, le regioni non sono affatto escluse.

D'altra parte, ove si consideri che la normativa comunitaria prevede, in caso di azioni interessanti più regioni, una certificazione unica; che inoltre - in caso di controlli a campione - questa non potrebbe certo essere effettuata dalle regioni ove essi non siano stati eseguiti; e che, infine nel caso inverso nessuna delle regioni interessate avrebbe il potere di certificazione per le azioni svolte nelle altre, ne discende che l'attribuzione, in tal caso, del potere di certificazione all'organo centrale non é che la logica conseguenza del sistema congegnato dalla normativa comunitaria.

In ciò non può ravvisarsi un'alterazione della ripartizione interna delle competenze - che esulerebbe dall'ambito di possibile incidenza dei regolamenti comunitari -: sia perché, come si é detto, l'aspetto realmente sostanziale della potestà amministrativa in materia attiene piuttosto ai controlli che non alle certificazioni, mera conseguenza dei primi; sia perché, in caso di certificazioni fondate su controlli a campione - ed in cui quindi l'esattezza di fatto dei dati é accertata in modo diretto solo per i campioni prescelti - la responsabilità nei confronti degli organi comunitari in ordine alla veridicità della certificazione non potrebbe che essere assunta da chi ha non solo partecipato - congiuntamente alle regioni interessate - ai controlli diretti ma, scegliendo il campione, si é assunto l'onere di assicurarne un livello di rappresentatività idoneo a garantire l'esattezza della certificazione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi relativi ai ricorsi per conflitti di attribuzione in epigrafe:

a) dichiara che spetta allo Stato, ai sensi dell'art.71, lett. b), del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, determinare le modalità di applicazione del regime di aiuto alla produzione dell'olio d'oliva previsto dai regolamenti CEE n. 2261/84 del 17 luglio 1984 e n. 3061/84 del 31 ottobre 1984 ed avvalersi, per lo svolgimento dei relativi compiti, di uffici regionali; di conseguenza rigetta il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla Regione Lombardia con atto notificato il 22 marzo 1985 contro il Presidente del Consiglio dei ministri in ordine al decreto del Ministro dell'Agricoltura e delle Foreste in data 2 gennaio 1985 (reg. confl. n. 14/85);

b) dichiara che spetta allo Stato, in caso di azioni di formazione professionale di portata nazionale o pluriregionale poste in essere da enti di diritto pubblico ed ammesse a contributo da parte del Fondo Sociale Europeo ai sensi del Regolamento CEE n. 2950/83 del Consiglio del 17 ottobre 1983, eseguire controlli per campione rappresentativo congiuntamente alle regioni interessate e certificare l'esattezza di fatto e contabile delle indicazioni contenute nelle domande di pagamento del saldo del contributo concesso; di conseguenza, rigetta il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla Regione Toscana con atto notificato il 15 maggio 1985 contro il Presidente del Consiglio dei ministri in ordine alla circolare prot. n. OAPL/II/1327/7 del 4 marzo 1985 del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale (reg. confl. n. 20/85).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 giugno 1987.

 

Il Presidente: LA PERGOLA

Il Redattore: SPAGNOLI

Depositata in cancelleria l'8 giugno 1987.

Il direttore della cancelleria: VITALE