Sentenza n.100 del 1987

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SENTENZA N. 100

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Antonio LA PERGOLA, Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

        ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4 d.l. 27 febbraio 1982 n. 57 (Disciplina per la gestione stralcio dell'attività del Commissario per le zone terremotate della Campania e della Basilicata), nel testo modificato dalla l. di conversione 29 aprile 1982 n. 187, promosso con ordinanze del Tribunale amministrativo regionale della Campania, emesse il 1ø giugno 1982 su ricorso di Esposito Raffaella c. Comune di Napoli ed altri (reg. ord. n. 632/1982), l'8 giugno 1982 (sez. Salerno) su ricorso di Russo Liliana ed altra c. Comune di Nocera Inferiore (n. 714/1982), il 1ø giugno 1982 su ricorso di Cecere Pietro c. Comune di Calvi ed altro (n. 539/1983), il 28 novembre 1984 su ricorso della s.p.a. Somal c. Comune di Napoli ed altro (n. 481/1985), pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 357 del 1982, 74 e 322 del 1983, 293-bis del 1985;

Visto l'atto di costituzione di Russo Liliana nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 27 gennaio 1987 il Giudice relatore Francesco Saja;

Udito l'avv. Carmine Cosentino per Russo Liliana e l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri;

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso del 1ø aprile 1981 Esposito Raffaella impugnava davanti al Tribunale amministrativo regionale della Campania un decreto con cui il Sindaco di Napoli aveva requisito un fabbricato, di proprietà della stessa ricorrente, al fine di sistemarvi famiglie colpite dal terremoto del 23 novembre 1980: i vizi di legittimità venivano indicati dalla Esposito nell'erronea indicazione del proprietario dell'immobile, nel difetto di motivazione, nella sproporzione tra la durata biennale della requisizione ed il motivo contingibile e urgente, nella estensione a vani non abitabili del fabbricato, nell'omessa indicazione dei beneficiari.

Nel corso del procedimento il Tribunale con ordinanza del 1ø giugno 1982 (reg. ord. n. 632 del 1982) rilevava che l'art. 4 del sopravvenuto d.l. 27 febbraio 1982 n. 57 convertito con modificazioni nella l. 29 aprile 1982 n. 187, disponeva doversi considerare legittimi, ancorché difformi dalle vigenti norme, comprese quelle procedurali, i provvedimenti amministrativi emessi per le zone terremotate della Campania e della Basilicata tra il 23 novembre 1980 e il 31 ottobre 1981 "purché diretti a realizzare l'attività di soccorso, ad assicurare servizi necessari per la collettività e a soddisfare esigenze primarie dei cittadini nelle zone colpite dagli eventi sismici".

Il Tribunale osservava ancora che tale norma sottraeva al giudice adito qualsiasi esame così del merito come della legittimità dei provvedimenti impugnati.

Tanto premesso, il collegio rimettente dubitava che l'art. 4 cit. contrastasse con l'art. 3 Cost., per il deteriore ingiustificato trattamento riservato ai destinatari dei detti atti amministrativi rispetto alla generalità dei cittadini; con gli artt. 24 e 113 Cost., per l'esclusione della tutela giurisdizionale; con l'art. 42 Cost., per l'eccessiva compressione della proprietà privata immobiliare.

2. - Analoga questione di legittimità costituzionale veniva sollevata dal medesimo Tribunale con ordinanza dell'8 giugno 1982, emessa su ricorso di Russo Liliana e Adriana contro il Comune di Nocera Inferiore (reg. ord. n. 714 del 1982). Qui la Sezione di Salerno indicava come norma di riferimento solo l'art. 113 Cost.; del 1ø giugno 1982 emessa su ricorso di Cecere Pietro contro il Comune di Calvi (reg. ord. n. 539 del 1983); del 28 novembre 1984, emessa su ricorso della s.p.a. Somal contro il Comune di Napoli (reg. ord. n. 481 del 1985).

3. - In tutti i giudizi interveniva la Presidenza del Consiglio dei ministri, la quale affermava l'infondatezza delle questioni, trattandosi di norme giustificate dalle straordinarie ed urgenti necessità provocate dalle note calamità pubbliche, e comunque non preclusive del controllo giurisdizionale limitato alla sussistenza dei presupposti indicati dalla norma impugnata.

La dichiarazione di incostituzionalità veniva invece chiesta dalle Russo.

Considerato in diritto

1. - Va preliminarmente disposta la riunione dei processi relativi alle ordinanze in epigrafe, con cui il giudice a quo (TAR della Campania) dubita della legittimità costituzionale della medesima disposizione di legge sotto profili sostanzialmente coincidenti.

2. - La norma censurata fa parte della complessa legislazione emanata in occasione dei due gravi terremoti che nel novembre 1980 e nel febbraio 1981 colpirono vaste zone della Campania e Basilicata. Si tratta precisamente dell'art. 4 d.l. 27 febbraio 1982 n. 57, come convertito in l. 29 aprile 1982 n. 187, il quale dispone che "gli atti e i provvedimenti amministrativi adottati... fra il 23 novembre 1980 ed il 31 ottobre 1981, si considerano legittimi, anche se difformi dalle norme in vigore, incluse quelle che regolano la competenza o disciplinano le procedure, purché diretti a realizzare l'attività di soccorso, ad assicurare servizi necessari per la collettività o a soddisfare esigenze primarie dei cittadini nelle zone colpite dagli eventi sismici".

Secondo il giudice a quo (chiamato a decidere sulla legittimità di alcune requisizioni di immobili, temporaneamente assegnati alle persone rimaste senza tetto e della cui disciplina soltanto la Corte deve occuparsi), la norma suddetta: a) esclude ogni tutela giurisdizionale, ponendosi pertanto in contrasto con gli artt. 24 e 113 Cost.; b) crea una irrazionale disparità di trattamento per le regioni considerate dalla suddetta legislazione (Campania e Basilicata) rispetto al rimanente territorio nazionale, con la conseguente violazione dell'art. 3 Cost.; c) disconosce la garanzia costituzionale della proprietà privata, violando in tal modo l'art. 42, secondo comma, della Carta fondamentale.

3. - Relativamente alla prima censura, che involge una questione di particolare delicatezza, é opportuno chiarire il contenuto precettivo della norma impugnata anche sulla base della giurisprudenza amministrativa, la quale, se pure esigua, risulta tuttavia la sola esistente sulla materia.

In proposito é bene rilevare anzitutto che la previsione legislativa non concerne l'intero arco di tempo relativo alla situazione di emergenza causata dalle due gravissime scosse telluriche che colpirono le regioni anzidette; né tanto meno riguarda il tempo necessario alla conseguente ricostruzione (la quale é ancora in corso, come si deduce dal recente d.l. 28 febbraio 1986 n. 48 convertito in l. 18 aprile 1986 n. 119). Essa venne invece dal legislatore limitata e circoscritta alla prima fase dell'emergenza stessa, ossia a quella fase in cui più acuto fu il dramma delle popolazioni colpite e più viva quindi la necessità di immediato soccorso. Coerentemente a ciò, gli atti considerati dalla disposizione in esame sono esclusivamente quelli adottati, nell'immediatezza dei due sismi, al fine di provvedere in via d'urgenza alle fondamentali e improcrastinabili esigenze di sussistenza dei cittadini sui quali si era abbattuto il disastro tellurico. La norma non concerne pertanto gli atti con effetti esplicantisi oltre il periodo considerato e, in particolare, non é riferibile alle ordinanze emanate bensì tra il 23 novembre 1980 e il 31 ottobre 1981, ma dirette a produrre conseguenze permanenti o definitive (come quelle prese in esame da qualche decisione giudiziaria e relative all'individuazione e all'occupazione di aree da espropriare in quanto destinate a sede degli insediamenti residenziali di cui al titolo VIII l. 14 maggio 1981 n. 219).

4. - Sotto altro profilo, la ricordata giurisprudenza ha rilevato come il legislatore abbia inteso operare nel pieno rispetto dei precetti costituzionali, sicché la norma stessa va interpretata al lume e secondo il contenuto di essi, fra i quali, trattandosi di requisizioni, assume particolare rilievo quello dettato dall'art. 42, secondo comma, sulla tutela della proprietà privata.

Per di più, sempre secondo detta giurisprudenza, la disposizione in esame non comprende atti che importino violazione "dei principi fondamentali e inderogabili concernenti i più importanti istituti giuridici": del che é stata fatta applicazione in una delle fattispecie concrete esaminate, nella quale il giudice amministrativo ha pronunciato l'annullamento di un'ordinanza di requisizione, perché priva del termine finale.

Occorre ancora aggiungere che la norma si riferisce agli atti viziati da "incompetenza", sicché la c.d. sanatoria non comprende i casi in cui il vizio é talmente grave da risolversi nel difetto di attribuzione, il quale si verifica non soltanto in caso di invasione della sfera di competenza di un altro Potere, ma anche in quello dell'esercizio di una potestà amministrativa non spettante al complesso organizzativo in cui l'autorità procedente é inserita.

Va osservato infine che la norma stessa, concernendo soltanto la legittimità amministrativa dell'atto, non menoma affatto la tutela civilistica prevista in via generale dall'ordinamento, sicché la persona la quale ha subito la requisizione conserva inalterato il diritto al congruo indennizzo, il quale, com'é ius receptum, deve corrispondere a un serio ristoro del nocumento subito.

Da quanto sin qui detto discende chiaramente come la norma de qua non operi per tutte le cause di illegittimità, ma soltanto nel circoscritto ambito superiormente delimitato con l'implicita ovvia esclusione, espressamente indicata anche nei lavori preparatori (vedasi la Relazione sulla legge impugnata), dei fatti penalmente illeciti.

5. - Ciò premesso, la Corte deve occuparsi del raffronto tra la norma denunciata e le disposizioni costituzionali di riferimento: l'art. 24, secondo comma, il quale solennemente proclama che la difesa é diritto inviolabile, e l'art. 113, primo comma, che ne costituisce sostanzialmente specifica applicazione, secondo cui contro gli atti della pubblica amministrazione é sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi.

É fuor di dubbio che tali norme, le quali esprimono principi fondamentali del nostro sistema costituzionale, debbano avere, come é stato dalla Corte ripetutamente avvertito, rigorosa applicazione a garanzia delle posizioni giuridiche dei soggetti che ne sono titolari. Tuttavia ciò non significa che il cit. art. 113, interpretato nel suo complesso, intenda assicurare in ogni caso contro l'atto amministrativo una tutela giurisdizionale illimitata e invariabile, essendo invece rimesso al legislatore ordinario, per l'esplicito disposto del terzo comma, di regolare i modi e l'efficacia di detta tutela (cfr. sent. nn. 87 del 1962, 161 del 1971). É indispensabile, però, affinché il ricordato precetto costituzionale possa dirsi rispettato, che la norma, la quale si discosti dal modello accolto in via generale per l'impugnazione degli atti amministrativi, sia improntata a ragionevolezza e adeguatezza.

Da tale principio non si può prescindere neppure nei casi di pubbliche calamità, che non possono mai giustificare l'inosservanza dei precetti costituzionali: ciò importa, tra l'altro, che ai sensi dei citt. artt. 24 e 113 Cost., va assicurata al privato contro gli atti della pubblica amministrazione una tutela la quale, per quanto variamente strutturata in relazione all'eccezionalità degli avvenimenti, sia pur sempre idonea a fornire una congrua garanzia, indefettibile in uno Stato di diritto, contro abusi ed eccessi. Il problema presenta aspetti di particolare delicatezza quando, come nella specie, la legge eccezionale interviene ex post, ossia concerne atti già adottati dalla pubblica autorità. Qui, invero, il controllo di costituzionalità della norma (c.d. di sanatoria) deve essere effettuato con maggior rigore, in quanto, pur non potendosi negare in linea di principio la possibilità di un siffatto intervento legislativo, é pur sempre necessario che esso sia strettamente collegato alle specifiche peculiarità del caso, tali da escludere che possa risultare arbitraria la sostituzione della disciplina generale - originariamente applicabile - con quella eccezionale successivamente emanata: la quale, per intuitive ragioni logiche, non può non essere più restrittiva.

6. - Nella fattispecie ritiene la Corte che tutte le condizioni ora dette possono considerarsi sussistenti e che quindi la norma in esame non risulta in contrasto con i ricordati precetti degli artt. 24 e 113 Costituzione.

Da un lato, a ritenere ciò induce la considerazione che i provvedimenti de quibus sono soltanto quelli adottati in via di estrema urgenza nell'immediatezza dei due movimenti tellurici e diretti a soddisfare, con effetti temporali limitati alla fase più acuta dell'emergenza, le più elementari esigenze di sussistenza dei cittadini colpiti dal disastro (nei casi in esame: assicurare un tetto a chi ne era rimasto sfornito); ed é quindi comprensibile che la gravissima, indifferibile necessità di realizzare lo scopo possa avere indotto a qualche irregolarità nella scelta degli strumenti giuridici.

D'altro lato, ed é quel che più conta, rileva il fatto che la tutela giurisdizionale risulta comunque assicurata relativamente agli elementi fondamentali dell'atto della pubblica amministrazione, in quanto il giudice amministrativo dovrà accertare nel giudizio principale: a) la sussistenza dell'attribuzione del potere di emettere i provvedimenti adottati; b) l'effettiva, reale coincidenza tra lo scopo tipico dell'atto (concernente l'opera di soccorso nei confronti delle persone rimaste senza tetto) e il suo concreto contenuto; c) il rispetto della proprietà privata secondo il disposto dell'art. 42, secondo comma, Cost.; d) l'insussistenza di un contrasto con i profili essenziali dei principali istituti giuridici, rimanendo in ogni caso ferma l'eventuale illiceità penale (nei lavori preparatori si parla appunto di vizi "formali").

Permane inoltre del tutto inalterata l'ordinaria regolamentazione relativa all'indennità diretta a compensare il sacrificio patrimoniale subito.

Tutte le peculiarità ora indicate confortano la conclusione già anticipata, giacché il diritto del proprietario trova una tutela la quale, in relazione alla drammaticità del momento in cui la requisizione avvenne, non può considerarsi né irrazionale né insufficiente.

Ma la Corte non può non avvertire come appaia criticabile il metodo di solito seguito dal legislatore, consistente nell'emanazione di specifici provvedimenti legislativi intesi a far fronte a singole calamità; provvedimenti, purtroppo, per lo più affrettati, approssimativi e lacunosi, e quindi tali da rendere necessaria l'emanazione di successive, farraginose disposizioni integrative e correttive. Per contro, é evidente come sia auspicabile l'emanazione di una normativa organica (sussistono in proposito iniziative legislative all'esame del Parlamento: Camera dei Deputati, Atti nn. 878, 480 e 702A) che possa disciplinare ex novo l'intera materia ed evitare in tal modo delicate situazioni, come quella che ha formato oggetto di questo giudizio.

7. - Per quanto concerne la questione relativa all'art. 3 Cost., é evidente come il riferimento del giudice a quo sia fuor di proposito, essendo palese la profonda eterogeneità tra le due situazioni comparate, relative, l'una, a zone colpite dal sisma e l'altra a zone rimaste invece indenni: e ciò a parte l'ovvio rilievo che le considerazioni sopra svolte varrebbero, mutatis mutandis, anche per la censura ora indicata, al fine di escludere l'irrazionalità della nuova disciplina derogatoria.

Infine, relativamente alla questione concernente l'art. 42 Cost., é stato sopra osservato come la disposizione denunziata non disconosce affatto il precetto costituzionale, il quale pertanto dovrà trovare piena applicazione nei giudizi principali.

In conclusione, sia pure per ragioni diverse, tutte le proposte questioni risultano prive di giuridico fondamento e debbono quindi essere dichiarate non fondate.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi, dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4 d.l. 27 febbraio 1982 n. 57, nel testo modificato dalla l. di conversione 29 aprile 1982 n. 187, sollevate dal Tribunale amministrativo regionale della Campania in riferimento agli artt. 3, 24, 42 e 113 Cost. con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo 1987.

 

Il Presidente: LA PERGOLA

Il Redattore: SAJA

Depositata in cancelleria il 3 aprile 1987.

Il direttore della cancelleria: VITALE