Sentenza n. 215 del 1986

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SENTENZA N. 215

ANNO 1986

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Antonio LA PERGOLA. Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL’ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. da 51 a 60 della legge 22 aprile 1941 n. 633 (Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 7 dicembre 1978 dal pretore di Brescia nel procedimento penale a carico di Bernardini Dario ed altri, iscritta al n. 240 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 133 dell'anno 1979; 2) ordinanza emessa il 5 luglio 1979 dal pretore di Torino nel procedimento penale a carico di Nava Antonio ed altri, iscritta al n. 819 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15 dell'anno 1980; 3) due ordinanze emesse il 19 ottobre 1983 dal pretore di Novara nei procedimenti penali riuniti a carico di Settembri Mariano e Baldi Aldo, iscritte ai nn. 500 e 501 del registro ordinanze 1984 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 218 dell'anno 1984.

Visti gli atti di costituzione della SIAE nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 24 giugno 1986 il Giudice relatore Francesco Saja;

uditi gli avvocati Salvatore Pastore e Astolfo di Amato per la SIAE e l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Bernardini Dario e Galeri Fulvio venivano tratti a giudizio davanti al Pretore di Brescia per avere, quali responsabili di un'emittente radiofonica privata, diffuso dai propri locali composizioni musicali incise su disco senza avere conseguito la preventiva autorizzazione della SIAE, rappresentante dell'autore (reato previsto e punito dall'art. 171, primo comma, lett. b, 1. 22 aprile 1941 n. 633).

Nel corso del procedimento il Pretore, con ordinanza del 7 dicembre 1978 (reg. ord. n. 240 del 1979), sollevava questione di legittimità costituzionale degli articoli contenuti nella sezione IV, capo IV, titolo I (51 e segg., relativi alle opere radiodiffuse) 1. cit. in riferimento al principio d'eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. Ricordàti gli artt. 52, 55 e 60 1. cit., il Pretore si riferiva in particolare all'art. 59, secondo cui "la radiodiffusione delle opere dell'ingegno dai locali dell'ente esercente il servizio della radiodiffusione é sottoposta al consenso dell'autore a norma delle disposizioni contenute nel capo terzo di questo titolo: ad essa non sono applicabili le disposizioni degli articoli precedenti, salvo quelle dell'art. 55". Il giudice interpretava questa norma nel senso che il consenso dell'autore fosse bensì necessario per la diffusione delle opere eseguite direttamente nei locali dell'ente esercente, ma non occorresse per la diffusione di quelle incise su disco o nastro, sempreché l'autore stesso avesse consentito alla incisione, ai sensi dell'art. 61. Per "ente esercente" doveva intendersi soltanto la RAI, e perciò alle emittenti private non potevano applicarsi per analogia gli articoli citati, stante il loro carattere derogatorio: ne derivava una differenza di trattamento tra emittente pubblica e quelle private, onde il Pretore impugnava gli artt.51 e segg. 1. cit. in quanto non estendevano alle radioemittenti private il ricordato regime derogatorio al diritto d'autore.

2. - La stessa questione di legittimità costituzionale veniva sollevata dal Pretore di Torino con ordinanza del 5 luglio 1979 (reg. ord. n. 819 del 1979), emessa nel corso del procedimento a carico di Nava Antonio, e dal Pretore di Novara con ordinanze del 19 ottobre 1983 (reg. ord. nn. 500 e 501 del 1984), emesse nel corso dei procedimenti a carico di Baldi Aldo e di Settembri Mariano.

3. - La Presidenza del Consiglio dei ministri, intervenuta in tutti i giudizi, eccepiva anzitutto l'inammissibilità della questione, osservando che oggetto della censura di incostituzionalità avrebbero dovuto essere, caso mai, le norme generali, ossia quelle che vietavano la radiodiffusione delle opere dell'ingegno senza il consenso dell'autore, e non già le norme derogatorie, ossia gli artt. 52,55 e 60 1. n. 633 del 1941, denunciati dalle ordinanze di rimessione.

Quanto al merito, la Presidenza del Consiglio chiedeva che la questione fosse dichiarata non fondata, siccome basata su un falso presupposto. Non era vero, infatti, che la RAI potesse radiodiffondere dai propri locali opere dell'ingegno incise su disco o su nastro senza il consenso dell'autore, giacché detto consenso era non necessario soltanto per trasmettere le opere di cui ai già citati artt. 52,55 e 60, mentre doveva essere prestato per quelle trasmesse dai locali dello stesso ente (art. 59), se incise su disco o su nastro; ed appunto a tale regola sottostava la RAI mediante convenzioni periodicamente stipulate con la SIAE.

4. - Anche quest'ultima, parte civile nei procedimenti penali a quibus, si costituiva in giudizio, eccependo la non fondatezza della questione con le stesse argomentazioni svolte dalla Presidenza del Consiglio.

La parte rinnovava le proprie deduzioni in un'ampia memoria, depositata in prossimità dell'udienza.

Considerato in diritto

1. - Le quattro ordinanze in epigrafe sottopongono alla Corte l'identica questione di legittimità costituzionale: pertanto i relativi procedimenti vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza. A seguito della disposta riunione, risulta irrilevante che nei giudizi relativi alle ordinanze di rimessione nn. 500 e 501 del 1984 non sia stato osservato da parte della SIAE il termine perentorio stabilito per la costituzione delle parti dagli artt. 251. 11 marzo 1953 n. 87 e 6 delle Norme integrative. Inosservanza derivante dal fatto che la costituzione stessa, avvenuta il 28 settembre 1984, avrebbe dovuto invece essere effettuata entro il 29 agosto dello stesso anno, non potendo applicarsi nel giudizio davanti a questa Corte - com'è ormai giurisprudenza consolidata (sentt. nn. 30 del 1973,174 del 1974,239 del 1982) - le leggi 14 luglio 1965 n. 818 e 7 ottobre 1969 n. 742 sulla sospensione dei termini processuali per ferie.

2. - Osserva poi la Corte che nei giudizi in cui sono state pronunciate le ordinanze di rimessione si procede contro alcuni gestori di radioemittenti private, imputati ex art. 171, primo comma, lett. b, l. 22 aprile 1941 n. 633, per avere radiodiffuso dai locali delle proprie stazioni trasmittenti, senza il consenso dell'autore, opere dell'ingegno altrui e precisamente brani musicali incisi su disco o su nastro. Sull'affermato presupposto che alla RA spetta il potere di diffondere dette opere (dai propri locali) senza bisogno di alcun consenso, i giudici a quibus sostengono che risulta violato il principio di eguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.) in conseguenza dell'asserita diversità della disciplina in materia.

3. - Va preliminarmente osservato che la questione risulta rilevante nei procedimenti penali da cui trae origine, pur essendo punito soltanto con la multa il reato di cui all'art. 171, primo comma, lett. b, cit. 1. n. 633 del 1941, contestato agli imputati. Infatti non può ritenersi che tale illecito sia stato depenalizzato dalla 1. 24 novembre 1981 n. 689, poiché l'art. 32, secondo comma, di quest'ultima dispone che la sostituzione della sanzione amministrativa alla multa o all'ammenda non si applica per i reati punibili nelle ipotesi aggravate con pena detentiva, anche alternativa a quella pecuniaria; il che si verifica nel caso in esame, in quanto il citato art. 171 prevede nel secondo comma un'aggravante, con la comminatoria della reclusione in alternativa alla multa. Né può avere rilievo, secondo il costante orientamento della Corte di cassazione, che nei casi di cui trattasi non risulti contestata la detta circostanza, giacché la suindicata legge, si riferisce, ai fini della depenalizzazione, all'elemento certo e palese dell'astratta fattispecie descritta dalla norma punitiva, in modo che in base ad essa, e indipendentemente dalla peculiarità dei singoli processi e quindi dalla sussistenza o no di circostanze aggravanti, possa con immediatezza procedersi alla qualificazione (penale o amministrativa) dell'illecito ed alla conseguente distribuzione delle competenze.

4. - Secondo la Presidenza del Consiglio la proposta questione sarebbe inammissibile perché le ordinanze di rimessione - lamentando, come già si é accennato, una disparità di trattamento tra RAI ed emittenti private e tendendo ad ottenere da questa Corte una pronuncia tale da escludere la penale responsabilità degli imputati, gestori di tali emittenti - avrebbero dovuto rivolgersi non già contro le norme impugnate, ossia contro le disposizioni (derogatorie) che escludono il consenso dell'autore, bensì contro quelle (generali) che lo richiedono.

Va però osservato che con la loro impugnativa i giudici a quibus evidentemente vorrebbero che la esclusione della necessità del consenso (esclusione che esse ritengono sussistere nei confronti della RAI anche per le radiodiffusioni di registrazioni su disco o su nastro, effettuate nei locali dell'Ente) sia estesa alle emittenti private, con il conseguente venir meno della fattispecie di reato addebitata agli imputati e l'eliminazione della (ritenuta) irrazionale e ingiustificabile discriminazione. Precisata in tali termini, la questione risulta ammissibile, dato che la natura derogatoria di una norma non impedisce alla Corte di emettere una pronuncia che ne comporti l'estensione, quando ciò serva a ristabilire il principio d'eguaglianza, ossia a rispettare una regola fondamentale del nostro sistema costituzionale: sempreché, beninteso, l'estensione sia il risultato di un procedimento logico necessitato e riferibile al contesto normativo in cui é inserita la norma impugnata, senza alcuna invasione della sfera di discrezionalità riservata al legislatore.

5. - Nel merito la questione non é fondata.

A1 riguardo é decisiva la considerazione che non sussiste il presupposto da cui muovono le ordinanze di rimessione. Invero, é pacifico nella copiosa giurisprudenza ordinaria e particolarmente in quella della Cassazione, con la quale concorda la dottrina, che anche la RAI, per le opere dell'ingegno radiodiffuse dai suoi locali, deve ottenere il consenso dell'autore, com'é espressamente previsto nell'art. 59 della cit. 1. n. 633 del 1941 il quale - al contrario di quanto apoditticamente ritenuto dai giudici a quibus - si riferisce nella sua generale previsione anche alle opere incise su disco o altro strumento meccanico riproduttivo di suoni o di voci.

Le eccezioni alla regola del diritto esclusivo dell'autore alla radiodiffusione, previste a favore dell'emittente pubblica, sono soltanto, come precisa la ricordata giurisprudenza, quelle previste dagli artt. 52 (radiodiffusioni effettuate da teatri, sale da concerto e da ogni altro luogo pubblico), 55 (c.d. registrazioni "effimere", ossia eseguite al fine di radiodiffonderle in differita per necessità orarie o tecniche, con l'obbligo di distruggerle o renderle inservibili dopo l'uso), e 60 (trasmissioni speciali di propaganda culturale ed artistica destinate all'estero).

Al di fuori di tali ipotesi non ne sussistono altre in cui sia consentita la libera utilizzazione radiofonica da parte della RAI; essa, in particolare, deve ritenersi esclusa anche per le radiodiffusioni dai locali dell'Ente di opere registrate.

Né risultano persuasive le affermazioni, peraltro approssimative, di qualche ordinanza, come quella del Pretore di Brescia, che ritiene di poter porre a fondamento del suo assunto l'art. 61 1. cit. Invero il consenso dell'autore alla registrazione su disco fonografico, nastro metallico o altra analoga materia non comporta affatto anche il potere di radiodiffusione, trattandosi di due distinti modi di esercizio del diritto d'autore, sicché l'autorizzazione concernente il primo non comprende necessariamente il secondo: in tali sensi la giurisprudenza ordinaria interpreta pacificamente la disposizione del ricordato art. 61, riguardante appunto la facoltà di registrazione, disposizione che perciò risulta fuor di proposito invocata a sostegno della proposta impugnativa.

Deve pertanto concludersi che la regola applicabile alla fattispecie va individuata esclusivamente nell'art. 591. cit., secondo cui la radiodiffusione delle opere registrate su disco o nastro dai locali dell'Ente esercente il pubblico servizio di radiodiffusione é sottoposta al consenso dell'autore. Non sussiste quindi la denunciata posizione di favore della RAI rispetto alle emittenti private, onde, in difetto del presupposto della dedotta violazione del principio di eguaglianza, la questione sollevata dalle ordinanze in epigrafe risulta priva di giuridico fondamento.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. da 51 a 601. 22 aprile 1941 n. 633 (Protezione del diritto d'autore e di altri diritti Connessi al suo esercizio), sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. dai Pretori di Brescia, di Torino e di Novara Con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1986.

 

Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL’ANDRO – Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA

 

Depositata in cancelleria il 24 luglio 1986.