Sentenza n. 88 del 1986

 

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SENTENZA N. 88

ANNO 1986

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente  

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL’ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 49, secondo comma, del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765 (Disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali), come modificato dall'art. 6 d.l.C.p.S. 25 gennaio 1947, n. 14, promosso con ordinanza emessa il 22 giugno 1978 dal Pretore di Palermo sui ricorsi riuniti proposti da SO.CHI.MI.SI. c/INAIL iscritta al n. 521 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24 dell'anno 1979;

visti gli atti di costituzione della SO.CHI.MI.SI e dell'INAIL, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 18 febbraio 1986 il Giudice relatore Giuseppe Ferrari;

udito l'avv. Pasquale Napulitano per l'INAIL.

Ritenuto in fatto

1. - Con più decreti ingiuntivi il Pretore di Palermo ha intimato a tale Società Chimica Mineraria Siciliana (SO.CHI.MI.SI.) il pagamento a favore dell'Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL) di somme relative a premi assicurativi non corrisposti, calcolati sulla base del d.m. 3 novembre 1962.

In sede di opposizione ai decreti ingiuntivi, la Società ha eccepito, fra l'altro, l'incostituzionalità dell'art. 49 r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, che autorizza la formazione e l'approvazione dei decreti ministeriali in base ai quali vengono fissati i premi assicurativi, e dell'art. 40 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali) che dispone in senso analogo.

Il Pretore, constatato che i crediti vantati dall'INAIL si fondavano sul d.m. 3 novembre 1962, approvato sulla base della normativa contenuta nell'art. 49 r.d. n. 1765 del 1935, come modificato dall'art. 6 del d.l.C.p.S. 25 gennaio 1947, n. 14, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 49, secondo comma, del r.d. n. 1765 del 1935, per violazione degli artt. 23 e 35 Cost..

L'art. 49 cit. stabilisce, al secondo comma, che le tariffe dei prezzi e dei contributi dovuti dai datori di lavoro "debbono essere determinate in modo da comprendere l'onere finanziario previsto corrispondente al periodo di assicurazione".

A giudizio del Pretore, la cennata disposizione viola l'art. 23 Cost., in quanto non contiene quegli elementi e criteri, atti a delimitare la discrezionalità dell'Ente impositore relativamente alla determinazione dei presupposti soggettivi ed oggettivi della prestazione e alla sua misura (Così come richiesto dalla giurisprudenza della Corte costituzionale relativa all'art. 23). Ed invero, l'art. 49, secondo comma, nello stabilire che le tariffe dei prezzi e dei contributi siano determinate in modo da comprendere l'onere finanziario previsto corrispondente agli infortuni del periodo di assicurazione, sembra fissare solo - a garanzia dell'Ente - un limite minimo, lasciando una assoluta discrezionalità per la determinazione della misura massima delle tariffe. Né sarebbe impossibile interpretare l'impugnata disposizione nel senso che l'onere finanziario corrispondente agli infortuni del periodo di assicurazione costituisce anche il limite massimo cui devono essere commisurate le tariffe dei prezzi e dei contributi, non essendo il termine "comprendere", contenuto nel citato articolo, sinonimo del termine "corrispondere". La riprova di ciò risiederebbe, secondo il Pretore, nella formulazione contenuta nell'art. 40 del T.U. n. 1124 del 1965 che, nel sostituire l'art. 49 del r.d. n. 1795 del 1935, vi ha innovato prevedendo che "la tariffa stabilisce tassi di premio corrispondenti al rischio medio nazionale delle singole lavorazioni assicurate".

La nuova formulazione del T.U., che stabilisce un limite massimo, avrebbe avuto - secondo l'autorità rimettente - un immediato effetto pratico: l'abbattimento delle misure dei premi dal 252 per mille dei salari fissato nel decreto del 1962 al 150 per mille fissato nel d.m. 10 settembre (rectius: dicembre) 1971.

D'altra parte, proprio il potere discrezionale attribuito dall'art. 49, secondo comma, all'INAIL senza fissazione di un limite massimo delle tariffe finirebbe per ostacolare e scoraggiare il lavoro e le attività industriali, costituendo Così violazione dell'art. 35 Cost..

L'ordinanza, ritualmente notificata alle parti, é stata iscritta al n. 521 del registro ordinanze del 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 24 del 24 gennaio 1979.

2. - Nel procedimento instaurato con la suddescritta ordinanza si sono costituite la parte privata SO.CHI.MI.SI., rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni e Luigi Maniscalco Basile e l'INAIL, rappresentato e difeso dagli avvocati Vincenzo Cataldi e Francesco Hernandez; é intervenuto, per mezzo dell'Avvocatura dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri.

La SO.CHI.MI.SI. ha insistito per la declaratoria di incostituzionalità, svolgendo sostanzialmente le stesse argomentazioni riportate nell'ordinanza di rimessione; e sostenendo che, anche a voler intendere il richiamo (contenuto nella norma impugnata), alla necessità di coprire l'onere previsto come una delimitazione, nel massimo come nel minimo, del potere impositivo dell'Istituto, sussisterebbe ugualmente la denunciata illegittimità costituzionale perché il limite sarebbe semplicemente globale e mancherebbe ogni garanzia in ordine ad una equa ripartizione dell'onere tra le varie categorie di contribuenti. In quanto, da ultimo, alla violazione dell'art. 35 Cost., basti considerare che l'attività imprenditoriale é anche essa una forma di lavoro che l'impugnata norma, consentendo una tariffa esosa, considera con disfavore.

3. - L'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro ha sostenuto l'infondatezza della questione, in quanto nella disposizione non mancherebbero quei "criteri idonei a delimitare la discrezionalità dell'ente nell'esercizio del potere", la cui previsione, secondo l'insegnamento della Corte costituzionale, rende legittimo, ai sensi dell'art. 23 Cost., il potere impositivo dell'Ente.

Secondo l'INAIL, infatti, le norme che disciplinano il potere impositivo dell'ente determinano direttamente i soggetti passivi delle prestazioni economiche; fissano la base per stabilire l'ammontare dei premi, i quali debbono essere determinati in modo da comprendere l'onere finanziario previsto corrispondente agli infortuni del periodo di assicurazione (art. 49, secondo comma, r.d. n. 1765 del 1935 e succ. mod.); indicano la copertura dell'onere finanziario quale fine per il quale può essere esercitato il potere di imporre il pagamento dei premi; stabiliscono che spetta al Consiglio di amministrazione la determinazione delle misure dei premi (art. 9, comma primo, n. 8 del r.d. n. 1033 del 1933, modificato dall'art. 1 del d.l. 13 maggio 1947, n. 438); sottopongono al controllo dello Stato l'esercizio da parte dell'Istituto del potere di determinare la tariffa (che deve essere approvata con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale); prevedono una serie di controlli sull'operato dell'Istituto e una serie di garanzie dei soggetti tenuti al pagamento dei premi.

Per quanto attiene alla censura rivolta contro l'art. 49, secondo comma, del r.d. n. 1765 del 1935, essa sarebbe, secondo l'INAIL, totalmente infondata, in quanto vi é assoluta corrispondenza tra "onere finanziario previsto corrispondente agli infortuni del periodo di assicurazione" e coacervo dei premi, che costituiscono nient'altro che il fondo necessario per fronteggiare i rischi di un determinato periodo; l'articolo 49, secondo comma, nel richiamare l'onere finanziario previsto, fisserebbe, cioé, il limite massimo dei premi assicurativi; l'eventuale eccesso dell'imposizione darebbe Così luogo a vizio impugnabile davanti all'autorità giudiziaria competente.

La corrispondenza dei premi all'onere finanziario determinato dai rischi medi nazionali delle lavorazioni - corrispondenza prevista dall'art. 40, comma terzo, del T.U. n. 1124 del 1965 - era d'altra parte già stabilita nello stesso d.m. 3 novembre 1962.

Relativamente alla violazione dell'art. 35 Cost., l'INAIL si limita ad osservare, richiamando la giurisprudenza della Corte, che la norma ha carattere di enunciazione di principio, o, comunque, direttivo o programmatico, costituendo previsione introduttiva delle più dettagliate disposizioni del Titolo III della Costituzione; in ogni caso il diritto alla tutela del lavoro si realizza anche attraverso la previsione dei contributi previdenziali.

4. - A mezzo dell'Avvocatura dello Stato, si é costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo il rigetto della questione.

Dopo aver notato che la norma attributiva del potere impositivo all'INAIL é l'art. 9 del r.d. n. 1033 del 1933 (modificato dall'art. 1 del d.l. n. 438 del 1947), il Presidente del Consiglio osserva che la giurisprudenza della Corte costituzionale relativa all'art. 23 Cost. non richiede che sia "necessariamente specificato il limite massimo della prestazione imponibile", ma che "nella legge siano indicati criteri idonei e sufficienti a delimitare la discrezionalità dell'ente impositore in modo che sia preclusa la possibilità di un esercizio arbitrario del potere attribuitogli" (Corte Cost., sentenza n. 67 del 1973).

Tali criteri direttivi risultano - secondo il Presidente del Consiglio - sufficientemente determinati nell'art. 49, secondo comma, del r.d. n. 1765 del 1935 che - secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione - va interpretato nel senso che il complesso dei premi e dei contributi costituisce esattamente il fondo necessario per fronteggiare l'onere finanziario previsto corrispondente ai rischi di un determinato periodo. Non vi sarebbe, quindi, anche in relazione ai numerosi adempimenti tecnici relativi alla determinazione delle tariffe, alcun potere discrezionale dell'ente.

Né ha alcun pregio - secondo il Presidente del Consiglio - l'argomento deducibile dal terzo comma dell'art. 40 del T.U. n. 1124 del 1965, che, prevedendo che "la tariffa stabilisce tassi di premio corrispondenti al rischio medio nazionale delle singole lavorazioni", si limita a svolgere in modo più esplicito quanto previsto dal secondo comma dell'art. 39, facendo riferimento ad una formulazione già utilizzata nel d.m. 3 novembre 1962 (di approvazione delle tariffe). Ed in ordine, infine, alla censura formulata in riferimento all'art. 35 Cost., questo esprimerebbe una mera norma programmatica.

5. - Alla pubblica udienza, la difesa dell'INAIL, assenti quella della SO.CHI.MI.SI. e l'Avvocatura dello Stato, ha riproposto l'eccezione di cessazione della materia del contendere, concludendo in via subordinata per la declaratoria d'infondatezza della questione di legittimità costituzionale.

Considerato in diritto

1. - In accoglimento delle richieste avanzate dall'Istituto nazionale contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), il Pretore di Palermo emetteva due decreti ingiuntivi il 13 agosto 1975 ed altri due l'8 aprile 1976, intimando alla Società chimica mineraria siciliana (SO.CHI.MI.SI.) di corrispondere all'INAIL varie somme (rispettivamente, di L. 185.972.011, 1.527.110, 111.116.380 e 382.200) per premi non versati relativamente agli anni dal 1967 al 1975, nonché per addizionali, rivalse, penalità ed interessi legali. Avverso i suddetti decreti ingiuntivi la società intimata proponeva opposizione ed in tale sede, su sollecitazione della SO.CHI.MI.SI., il Pretore di Palermo, con ordinanza emessa il 22 giugno 1978 (r.o. n. 521 del 1978), sollevava, in riferimento agli artt. 23 e 35 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 49, secondo comma, regio decreto 17 agosto 1935, n. 1765 (disposizioni per l'assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali), come modificato dall'art. 6 decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 25 gennaio 1947, n. 14 (provvedimenti per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali).

2. - L'impugnato art. 49 r.d. n. 1765 del 1935, dopo avere statuito nel primo comma che "le tabelle dei coefficienti per il calcolo dei valori capitali attuali delle rendite di inabilità e di quelle a favore dei superstiti", da adottarsi dall'INAIL, vanno sottoposte all'approvazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, prescrive nel secondo comma che "le tariffe dei premi e dei contributi debbono essere determinate in modo da comprendere l'onere finanziario, previsto corrispondente agli infortuni del periodo di assicurazione". E con riguardo alla controversia che ha originato la questione in esame, le tariffe per l'industria esercente attività di estrazione dello zolfo erano state determinate, sulla base delle tabelle dei coefficienti adottate il 15 marzo 1960, con delibera del consiglio di amministrazione dell'INAIL 24 ottobre 1962, approvata con decreto ministeriale il 3 novembre dello stesso anno.

3. - Ad avviso del giudice a quo, la disposizione di cui al trascritto secondo comma sarebbe costituzionalmente illegittima. L'art. 23 Cost., infatti, stabilisce che "nessuna prestazione... patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge", la quale può, sl', demandare l'esercizio di tale potere alla pubblica amministrazione, purché stabilisca elementi e criteri che indichino i presupposti, sia soggettivi che oggettivi, la misura della prestazione, i controlli. A sua volta, questa Corte ha costantemente precisato - e l'ordinanza invoca all'uopo numerose sentenze, facendo proprie affermazioni ivi contenute - che la legge la quale imponga una prestazione patrimoniale é legittima, soltanto qualora contenga i criteri ed i limiti idonei a circoscrivere l'esercizio del potere impositivo.

Nella specie, viceversa, risulterebbe prevista la misura minima della prestazione, non anche quella massima, e la omessa previsione di questa, cioé di alcun criterio idoneo a determinarla, da parte del legislatore renderebbe illimitata la potestà dell'ente previdenziale e del Ministero, in quanto li facoltizzerebbe a stabilire la misura massima con assoluta discrezionalità, offendendo così la riserva di legge di cui all'art. 23 Cost. e disattendendo l'interpretazione di questa Corte. E non sarebbe possibile - osserva ancora il giudice a quo - interpretare la disposizione impugnata "nel senso che l'onere finanziario corrispondente agli infortuni del periodo di assicurazione costituisca non soltanto il limite minimo, ma anche il limite massimo, cui dovevano essere commisurate le tariffe dei premi e dei contributi", giacché "il termine " comprendere " non é sinonimo di "corrispondere", né esprime l'obbligo di un'eguaglianza tra tariffe ed onere finanziario". Del resto - soggiunge l'ordinanza -, la prova della fondatezza della denunciata illegittimità é offerta dallo stesso legislatore, che ha modificato la disposizione del 1935 con l'art. 40, terzo comma, d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali). Tale articolo, infatti, prescrivendo che "la tariffa stabilisce tassi di premio nella misura corrispondente al rischio medio nazionale delle singole lavorazioni assicurative", ha introdotto un criterio che si pone come limite all'ente impositore nella determinazione della misura massima: il criterio, cioé, che questa corrisponda al rischio medio nazionale, con conseguente preclusione per l'INAIL di fissare tassi superiori di premio. E proprio in applicazione e per effetto di tale criterio, la misura dei premi e dei contributi nelle lavorazioni di estrazioni dello zolfo é scesa dal 252 per mille al 150 per mille dei salari.

Sarebbe, insomma, sulla base dell'impugnata disposizione del 1935, poi modificata nel 1965, che l'INAIL ha potuto stabilire premi maggiori di quelli occorrenti per coprire i rischi. E tale maggiorazione - si afferma da ultimo in ordinanza -, poiché "lungi dal tutelare il lavoro e le attività industriali, finisce in concreto con l'ostacolarlo e scoraggiarlo", violerebbe altresì l'art. 35 Cost..

4. - Preliminare all'esame del merito é la eccezione di cessazione della materia del contendere, proposta dalla difesa dell'INAIL con la memoria depositata nell'imminenza della discussione orale della causa. Ivi si sostiene che la lite si sarebbe estinta in pendenza del giudizio costituzionale, dato che "a seguito della legge regionale siciliana 28 dicembre 1979, n. 256 (art. 18) nonché della legge statale n. 155 del 1981 (condono delle sanzioni in materia di pagamento contributi e premi assicurativi), i crediti dell'Istituto sono stati onorati". Vero é - si soggiunge - che, a sensi dell'art. 22 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, "le norme sulla... estinzione del processo non si applicano ai giudizi davanti alla Corte costituzionale neppure nel caso in cui, per qualsiasi causa, sia venuto a cessare il giudizio rimasto sospeso davanti all'autorità giurisdizionale, che ha promosso il giudizio di legittimità costituzionale", ma vero altresl' che trattasi di "una norma interna di carattere di regolamentazione processuale", che non può "superare il disposto della legge", la quale richiede che le questioni di legittimità costituzionale siano rilevanti, prima che non manifestamente infondate. E la Corte nel caso di specie, non potrebbe, in conseguenza delle leggi testé menzionate, non rinviare la questione al giudice a quo per il riesame della rilevanza, stante che questa va valutata, al pari di quanto accade nell'ipotesi di jus superveniens, "al momento della decisione di costituzionalità".

L'eccezione va rigettata. Le norme integrative per i giudizi davanti a questa Corte sono, come del resto esplicitamente dice lo stesso titolo dell'atto normativo in parola, svolgimento ed integrazione della l. 11 marzo 1953, n. 87 (norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale e successive modificazioni), la quale a sua volta é svolgimento ed integrazione delle leggi costituzionali 9 febbraio 1948, n. 1 (norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie d'indipendenza della Corte costituzionale) e 11 marzo 1953, n. 1 (norme integrative della Costituzione concernenti la Corte costituzionale). E come la suddetta legge ordinaria, disponendo (art. 23) che, per potersi sollevare questione di legittimità costituzionale, occorre che "il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione" di essa, ha introdotto il requisito della rilevanza, che non era previsto, né dalla Costituzione, né dalle due summenzionate leggi costituzionali, Così l'art. 22 delle norme integrative adottate da questa Corte ha coerentemente statuito su un tema non previsto dalla legge n. 87 del 1953, cioé in ordine agli effetti dell'estinzione del processo sui giudizi rimasti sospesi davanti al giudice che ha promosso il giudizio di legittimità costituzionale.

5. - La questione di legittimità costituzionale di una legge che attribuisca ad un'autorità amministrativa l'esercizio del potere di imposizione é stata ripetute volte affrontata da questa Corte. Sollevata sempre in riferimento al solo art. 23 Cost. - ma anche in riferimento, una volta all'art. 53 (sent. n. 27 del 1979) ed altra volta all'art. 42 Cost. (sent. n. 30 del 1957) -, viene con l'ordinanza in esame proposta dal Pretore di Palermo in riferimento, sia all'art. 23, sia all'art. 35 Cost.. E questa Corte, sin dalla sua prima sentenza in materia (n. 4 del 1957), ha avuto cura di enunciare in linea di principio che la legge la quale conferisca l'esercizio del potere impositivo é conforme a Costituzione, sempre che non lasci all'arbitrio dell'ente o dell'organo impositore la determinazione della prestazione. Più propriamente ha statuito, e ribadito, che l'arbitrio non ricorre neppure nel caso in cui la legge non stabilisca la misura massima della prestazione imponibile, quando contenga l'indicazione di criteri limitativi della discrezionalità dell'organo o ente impositore, cioé tali che, anche se valutati nel loro complesso, risultino idonei alla determinazione della prestazione.

6. - Alla luce della sopra riassunta giurisprudenza, su cui tuttavia il giudice a quo poggia la sua censura, la questione appare destituita di ogni fondamento.

Sembra, infatti, a questa Corte che l'impugnata disposizione - posto pure, contrariamente a quanto sostiene l'Avvocatura dello Stato, che non esprima la misura massima - contiene il criterio idoneo a determinarlo, quale é appunto quello, di indubbio carattere tecnico, consistente nel vincolare l'ente impositore a rapportare, ai fini della determinazione delle tariffe, il coacervo dei premi e dei contributi agli infortuni del periodo di assicurazione, cioé all'andamento infortunistico. Risultando Così delimitata la discrezionalità dell'INAIL, rimane escluso l'arbitrio nell'esercizio del potere impositivo in parola. Tanto più che a sensi del d.l.C.p.S. 13 maggio 1947, n. 438 (composizione e competenza degli organi amministrativi dell'INAIL) spetta al comitato tecnico dell'istituto, composto anche di sette esperti particolarmente competenti nel campo dell'assicurazione (art. 6), oltre che di fare proposte in ordine ai sistemi speciali per la determinazione dei premi e contributi assicurativi per singole categorie professionali, di dare parere sulle modificazioni alla misura dei premi e dei contributi assicurativi, nonché di determinare i criteri per la raccolta e la elaborazione della notizie statistiche in materia (art. 7). Vale ricordare altresl' che la Corte di Cassazione ha ritenuto manifestamente infondata la questione in oggetto. Né vale replicare che la prova dell'asserita violazione dell'art. 23 Cost. sarebbe offerta dallo stesso legislatore, il quale ha modificato la formulazione del secondo comma dell'art. 49 r.d. n. 1765 del 1935, precisando che nell'art. 40, ultimo comma, T.U. delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124) che i tassi di premio vanno stabiliti nella misura corrispondente al "rischio medio nazionale delle singole lavorazioni assicurate". Così disponendo, infatti, nel menzionato decreto presidenziale, il legislatore non ha sostanzialmente modificato la disciplina, giacché si é limitato a riprodurre quanto era già esplicitamente contenuto nel d.m. 3 novembre 1962 (paragrafo 3), che appunto prevedeva la rapportazione dei tassi di premio al "rischio medio nazionale".

In quanto, da ultimo, alla doglianza formulata in riferimento all'art. 35 Cost., trattasi palesemente di censura correlata all'asserita assoluta discrezionalità dell'ente impositore, che pertanto viene travolta unicamente alla censura di violazione dell'art. 23 Cost. che dovrebbe sorreggerla.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 49, secondo comma, r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, come modificato dall'art. 6 d.l.C.p.S. 25 gennaio 1947, n. 14, sollevata con l'ordinanza in epigrafe dal Pretore di Palermo in riferimento agli artt. 23 e 35 Cost..

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 aprile 1986.

 

Livio PALADIN - Antonio LAPERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL’ANDRO – Gabriele PESCATORE

 

Depositata in cancelleria il 14 aprile 1986.