Sentenza n.48 del 1986

 

 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N. 48

ANNO 1986

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente  

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL’ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 71, quarto comma, del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417 (Norme sullo stato giuridico del personale docente, direttivo ed ispettivo della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato) promosso con ordinanza emessa in data 8 maggio 1978 dal T.A.R. per le Marche sul ricorso proposto da Marchi Moretti Anna e/ Provveditore agli studi di Pesaro e Urbino e altro, iscritta al n. 505 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17 dell'anno 1979.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 22 gennaio 1986 il Giudice relatore Giuseppe Ferrari.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza in data 8 maggio 1978 il Tribunale amministrativo regionale delle Marche ha sollevato, su istanza di parte, in riferimento all'art. 76 Cost., sotto il profilo dell'ecesso rispetto alla delega disposta con la legge 30 luglio 1973, n. 477, questione di legittimità costituzionale dell'art. 71, quarto comma, del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, nella parte in cui, nell'ambito della disciplina del trasferimento d'ufficio del personale docente e di quello direttivo della scuola per incompatibilità ambientale, prevede la possibilità che il direttore didattico, il preside o il provveditore agli studi (se si tratti - come nella specie - di personale direttivo) disponga la sospensione provvisoria dal servizio ove ricorrano ragioni di particolare urgenza.

2. - Premesso che la ricorrente, preside di un istituto professionale alberghiero, aveva impugnato, sotto vari profili, il provvedimento con il quale il Provveditore agli studi aveva disposto la sua sospensione dal servizio per incompatibilità ambientale, nonché il decreto ministeriale di convalida del suddetto provvedimento, il giudice a quo dubita anzitutto che lo stesso potere di sospensione, seppur provvisoria, dal servizio rientri, in quanto tale, nella previsione della legge di delegazione n. 477 del 1973, il cui art. 4, n. 11, terzo comma, testualmente dispone: "particolari garanzie dovranno essere previste per i trasferimenti di ufficio che potranno essere disposti solo per soppressione di posto o per accertata incompatibilità di permanenza nella scuola o nella sede". La rimozione, quand'anche temporanea, dall'attività direttiva o didattica - si afferma in ordinanza - é strutturalmente e funzionalmente differenziata dal trasferimento d'ufficio: la prima, invero, priva addirittura il soggetto dell'esercizio delle mansioni, con effetti negativi di intensità maggiore rispetto a quelli del trasferimento, che comunque assicura al dipendente la permanenza del proprio ius in officio, pur se in altro istituto o in altra sede. Non può dunque sostenersi che la sospensione, prevista dal decreto delegato, ma non dalla legge di delegazione, possa ricomprendersi nel trasferimento d'ufficio quale mezzo interinale e strumentale preordinato ad un fine unitario. Né varrebbe obbiettare che essa era contemplata nella previgente legislazione relativa ai direttori d'istituto ed ai docenti (artt. 26, r.d. 6 maggio 1923, n. 1054 e 123, r.d. 27 novembre 1924, n. 2367), posto che proprio l'omessa menzione della sospensione in sede di delega avvalora l'ipotesi di una volontà tendente alla sua soppressione, attese anche le finalità della riforma, intese ad un maggior rispetto della libertà d'insegnamento garantita dall'art. 33 Cost..

3. - Ma l'eccesso rispetto alla delega - continua il giudice a quo - sussisterebbe, comunque, anche sotto diverso profilo. Le "particolari garanzie" imposte dalla legge di delegazione non possono ritenersi integrate dalle ulteriori previsioni della disposizione denunciata, la quale prosegue stabilendo che "il provvedimento va immediatamente comunicato per la convalida all'autorità competente a disporre il trasferimento d'ufficio. In mancanza di convalida, ed in ogni caso di mancanza di presentazione della richiesta di parere dell'organo collegiale competente, nel termine di 10 giorni dall'adozione, il provvedimento di sospensione dal servizio é revocato di diritto". Parere e convalida si configurano, infatti, come fasi proprie dell'esercizio del potere amministrativo e, dunque, interne allo svolgimento della funzione; non anche esterne, in funzione della protezione del dipendente, al quale - secondo la ratio della norma di delega - avrebbe dovuto essere assicurato il diritto di difesa di fronte ad atti sicuramente pregiudizievoli anche della propria dignità, "quantomeno attraverso la conoscenza dei fatti e la possibilità di controdedurre".

Sarebbe d'altronde innegabile che la sospensione dall'esercizio delle funzioni didattiche e direttive comporta, come ritenuto anche dal Consiglio di Stato (cfr. sez. VI, 5 giugno 1973, n. 242 e 19 aprile 1974, n. 148), conseguenze marcatamente lesive, sotto l'aspetto sostanziale addirittura più gravi di quelle che derivano da provvedimenti di natura sanzionatoria di carattere disciplinare, quali ad esempio la censura, per irrogare la quale é tuttavia necessaria la preventiva contestazione degli addebiti. La circostanza che anche in sede disciplinare sia possibile la sospensione cautelare senza preventiva contestazione degli addebiti - si conclude in ordinanza - lungi dall'infirmare le raggiunte conclusioni, se mai le rafforza, giacché mentre in quella sede la contestazione é prevista nel successivo giudizio sanzionatorio, nel caso in esame ad essa non si fa luogo neppure nel procedimento di trasferimento vero e proprio che segue il provvedimento di sospensione provvisoria. Da qui la prospettata violazione dell'art. 76 Cost. che impone che la disposizione delegata sia aderente ai principi, criteri ed oggetto definiti dalla norma delegante.

4. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto in giudizio tramite l'Avvocatura dello Stato, ha chiesto che la sollevata questione di legittimità costituzionale venga dichiarata infondata, negando che il "sistema" cui ha dato luogo l'art. 71 del d.P.R. n. 417 del 1974 in ordine al trasferimento d'ufficio per incompatibilità ambientale non corrisponda al requisito delle "particolari garanzie" imposte dall'art. 4, n. 11, terzo comma, della legge n. 477 del 1973. Il parere vincolante del competente "consiglio di disciplina" costituirebbe la più alta delle garanzie, qual é il giudizio dei pari. Garanzia che non sarebbe riconosciuta a nessun altro impiegato dello Stato, posto che il parere del Consiglio di Stato in caso di ricorso straordinario al Capo dello Stato é bensì obbligatorio, ma non vincolante.

D'altro canto - continua l'Avvocatura - esistono situazioni nelle quali l'esigenza di provvedere all'allontanamento dalla scuola della persona da trasferire poi d'ufficio presenta caratteristiche di tale urgenza (nel caso in esame per perfezionare l'iter accorsero circa due mesi), da imporre l'adozione del provvedimento della sospensione provvisoria. Provvedimento che - a pena di decadenza - va immediatamente comunicato per la convalida all'autorità competente a disporre il trasferimento d'ufficio, in ordine al quale va anche richiesto, nel brevissimo termine di dieci giorni, il parere del collegio competente a pronunciarsi in merito. Tutto ciò, relativo a fattispecie del tutto diversa dalla sospensione dal servizio "che può essere disposta unicamente quando vengano svolti accertamenti circa responsabilità per delitti o per illeciti disciplinari di consistente rilievo", non può non considerarsi in linea con le particolari garanzie che, comunque, nella loro concreta determinazione, la legge di delegazione ha rimesso al legislatore delegato; ed, ovviamente, con le caratteristiche imposte dalla natura delle situazioni.

In definitiva - si afferma ancora in atto d'intervento - il giudice a quo dubita che l'amministrazione, pur restando responsabile del buon andamento e dell'efficienza della scuola, abbia la potestà di disporre l'esecuzione immediata del primo atto nel quale si concreta ogni trasferimento - l'allontanamento dalla scuola a qua - prima dell'individuazione della scuola ad quam, benché possano darsi situazioni clamorose da fronteggiare con urgenza assoluta.

5. - Quanto, infine, all'addotta carenza di tutela del dipendente, non ammesso a controdedurre prima che il provvedimento di sospensione venga adottato, si osserva che la previsione di un contraddittorio rituale precluderebbe l'adozione sollecita di un provvedimento in ipotesi indispensabile; e che "il contraddittorio serve quando sia da deliberare un provvedimento definitivo, con effetti permanenti, non quando si tratti di deliberare l'esecuzione provvisoria della prima parte del provvedimento definitivo... che l'impiegato ha diritto di contestare con tutti i mezzi che l'ordinamento gli mette a disposizione".

Considerato in diritto

1. - Tanto la legge 30 luglio 1973, n. 477, recante "delega al Governo per l'emanazione di norme sullo stato giuridico del personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della scuola materna, elementare, secondaria e artistica dello Stato", quanto il consecutivo d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, recante "norme sullo stato giuridico del personale docente, direttivo ed ispettivo" delle suddette scuole, prevedono il trasferimento d'ufficio, oltre che "per soppressione di posto", anche "per accertata incompatibilità di permanenza nella scuola e nella sede". Solo il decreto delegato, (art. 71, u. comma) invece, prevede anche la sospensione dal servizio nelle more del trasferimento d'ufficio. In ciò consisterebbe l'eccesso di delega, che il T.A.R. delle Marche ha denunciato a questa Corte.

L'istituto della sospensione - Così nell'ordinanza - si differenzia nettamente, "in linea strutturale e funzionale", dall'istituto del trasferimento d'ufficio: l'uno, infatti, "toglie lo jus in officio e priva dell'esercizio delle mansioni", l'altro "non toglie il predetto diritto di cui é assicurata la continuazione", sicché "gli effetti del primo provvedimento, seppur limitati nel tempo, hanno una intensità negativa maggiore di quelli del secondo". E la mancanza di qualsivoglia cenno alla sospensione nella legge di delega - osserva ancora il giudice a quo -, raffrontata alla esplicita previsione che di essa si rinviene nella legislazione anteriore, "avvalora l'ipotesi di una volontà tendente alla soppressione e non alla conservazione" dell'istituto in discorso, che perciò illegittimamente il legislatore delegato avrebbe ripristinato.

2. - La questione non é fondata.

2.1. - Per quanto concerne i trasferimenti d'ufficio, la legge di delegazione (art. 4, n. 11, terzo comma) si limita a prescrivere che essi "potranno essere disposti solo per soppressione di posto o per accertata incompatibilità di permanenza nella scuola e nella sede" e che "dovranno essere previste" "particolari garanzie". Null'altro risulta stabilito al riguardo nella legge; tanto che il giudice a quo nell'evidente impossibilità di reperirvi alcun principio o criterio direttivo di cui denunciare la violazione, fa richiamo alla "libertà di insegnamento garantita dall'art. 33 della Costituzione", cui peraltro non si comprende come possa attribuirsi idoneità a sorreggere le doglianze sulla sospensione. Dalla rilevata stringatezza della disposizione di cui al menzionato art. 4 e dall'assenza in essa di puntuali vincoli si deduce che il legislatore delegante, nell'affidare al legislatore delegato il compito di disciplinare il trasferimento d'ufficio, ha posto il solo limite della previsione di "particolari garanzie". E già questa considerazione mostra quanto sia piuttosto semplicistico ritenere che la sospensione sia implicitamente vietata, solo perché non esplicitamente facoltizzata.

2.2. - In attuazione della suddetta delega, il legislatore delegato ha stabilito gli organi competenti a disporre il trasferimento d'ufficio per incompatibilità e previsto varie ipotesi, precisi termini e precise garanzie. Esso ha, insomma, procedimentalizzato l'istituto, conferendo alla relativa disciplina, non solo articolazione e compiutezza, ma anche logicità. Si deve, infatti, riconoscere - limitando la rilevazione al punto che qui interessa - che rientrano nella logica dell'istituto, in quanto corrispondono a due distinti gradi di incompatibilità, le due distinte specificazioni - che ricorrano "ragioni di urgenza" o "di particolare urgenza" -, e le due distinte conseguenze che vi vengono correlate, cioé, il trasferimento "anche durante l'anno scolastico", nell'un caso, la "sospensione dal servizio", nell'altro caso. Le considerazioni testé esposte consentono di dire che la sospensione, volta com'é ad impedire che il trasferimento, cioé il fine con esso perseguito - l'allontanamento dalla scuola o dalla sede - sia ritardato e, quindi, in concreto reso inoperante pur quando ragioni di particolare urgenza ne impongano l'immediata applicazione, ha carattere anticipatorio. Stante allora il rapporto che risulta legare l'un istituto all'altro - e lo stesso giudice a quo afferma che essi sono "geneticamente connessi" -, non può sostenersi che l'impugnato decreto presidenziale, integrando la disciplina del trasferimento d'ufficio per incompatibilità con la sospensione d'urgenza, abbia innestato alcunché di estraneo rispetto al trasferimento in parola, dovendosi viceversa riconoscere che esso ha semplicemente esplicitato ciò che era già implicito nella legge di delegazione e che perciò non si configura la denunciata violazione di questa. Ed é appena il caso di accennare che, poiché il rapporto di impiego é fuori discussione, non ha pregio, sotto il profilo concettuale, l'affermazione secondo cui la sospensione "toglie lo jus in officio".

3. - Ma "il suddetto eccesso rispetto alla delega" - recita ancora l'ordinanza - "sussisterebbe pur sempre sotto un diverso profilo". La legge stabilisce, infatti, che per i trasferimenti d'ufficio dovranno essere previste "particolari garanzie", e tuttavia queste - lamenta il T.A.R. delle Marche - "non sono state date dal d.P.R. n. 417 del 1974". La convalida della sospensione da parte dell'autorità competente ed il parere dell'organo collegiale competente, che sono previste dal decreto delegato, non sarebbero configurabili come garanzie - tanto meno come garanzie "particolari" bensì come "momenti procedurali" e "perfezionativi della fattispecie"; le garanzie, "per essere tali, devono essere esterne proiettandosi a protezione del dipendente", cui "doveva essere, perciò, assicurato il diritto di difendersi ..., quanto meno, attraverso la conoscenza dei fatti e la possibilità di controdedurre". E nulla rileverebbe in contrario il fatto che in sede disciplinare la sospensione é disposta "senza preventive contestazioni di addebiti", giacché "queste... ineriscono al conseguente giudizio sanzionatorio", mentre "nell'incompatibilità ambientale... il rapporto tra misura provvisoria e definitiva é del pari carente di garanzie...", sicché "l'effetto conclusivo é sfornito di tutela endoprocedurale al pari di quello provvisorio".

3.1. - I rilievi che il giudice a quo muove direttamente nei confronti della sospensione - ma indirettamente anche nei confronti dello stesso trasferimento d'ufficio per incompatibilità ambientale - risultano, a ben vedere, afferenti, non tanto all'istituto della sospensione in sé, quanto al suo modo di essere. Altro é, infatti, il problema della legittimità dell'asserita ripristinazione dell'istituto de quo nella legislazione sullo stato giuridico del personale docente, direttivo ed ispettivo, altro il problema della legittimità della disciplina ricevuta dall'istituto in sede di attuazione della delega. A rigore, si potrebbe dire che quest'ultimo, contrariamente a quanto ritiene il T.A.R. delle Marche, costituisce una diversa censura, meglio che un diverso profilo.

A parte ciò, i rilievi in discorso trovano smentita nel sistema costruito dal legislatore delegato. É previsto, infatti, un procedimento piuttosto articolato e complesso - e la procedimentalizzazione é di per sé una garanzia -, al quale partecipano, in sede locale, il capo dell'istituto scolastico o il provveditore agli studi, secondo che trattisi di personale docente o direttivo, ed il collegio dei docenti in funzione consultiva; é prescritto che il provvedimento va "immediatamente" comunicato alla autorità competente a disporre il trasferimento, il quale ultimo comporta, se il personale appartiene ai ruoli nazionali l'intervento del Ministro della pubblica istruzione e del consiglio di disciplina del Consiglio nazionale della pubblica istruzione col compito di esprimere un parere addirittura vincolante; é stabilito persino un termine insolitamente perentorio e particolarmente breve, quale é quello di dieci giorni, al cui inutile decorso consegue la revoca "di diritto". Mal si comprende, allora, come possa negarsi che tale disciplina abbia dato vita ad un sistema garantistico.

E solo ad un esame superficiale può apparire che abbia maggior consistenza l'ultimo rilievo, quello che il giudice a quo considera preminente su ogni altro, in quanto concerne l'omessa previsione della contestazione degli addebiti e, quindi, del contraddittorio, che pure rappresenta una delle garanzie fondamentali del diritto di difesa. Senonché, tale omissione non va valutata in astratto, bensì in rapporto alla peculiare fattispecie di che trattasi: la sospensione, non solo é provvedimento caratterizzato dalla provvisorietà - e si é più sopra visto quanto ne sia brevissima la durata -, ma soprattutto, ha per presupposto che "ricorrano ragioni di particolare urgenza". Un'incompatibilità ambientale può attingere tale grado, da richiedere l'immediato allontanamento dalla scuola di chi vi abbia dato causa e, viceversa, l'eventuale contraddittorio vanificherebbe l'istituto della sospensione, precludendo all'autorità di provvedere, proprio quando ne sia particolare l'urgenza. D'altronde, il contraddittorio non é previsto neppure nella sospensione per motivi disciplinari. Senza dire che sovente l'incompatibilità ambientale é alcunché di non scomponibile in distinti fatti che si lascino formulare in distinti capi. E poiché, infine, il provvedimento di sospensione é innegabilmente inteso ad assicurare il buon andamento della scuola, il legislatore delegato non sembra perciò censurabile neppure per la omessa previsione della contestazione degli addebiti.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 71, ultimo comma, del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417 (norme sullo stato giuridico del personale docente, direttivo ed ispettivo della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato), sollevata dal T.A.R. delle Marche in riferimento all'art. 76 della Costituzione con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 marzo 1986.

 

Livio PALADIN - Antonio LAPERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL’ANDRO – Gabriele PESCATORE

 

Depositata in cancelleria il 12 marzo 1986.