Sentenza n.26 del 1986

 

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SENTENZA N. 26

ANNO 1986

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Avv Albero MALAGUGINI

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL’ANDRO,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 11, sesto comma, allegato T all'art. 39 legge 8 agosto 1895, n. 486 ("sui provvedimenti di finanza e di tesoro") promossi con due ordinanze emesse il 17 maggio 1984 dalla Corte di cassazione Sezioni Unite Civili - sui ricorsi proposti dal Banco di Sicilia c/Attinelli Giovanni ed altri e Sillitti Raimondo ed altri, iscritte ai nn. 171 e 172 del registro ordinanze 1985 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 161 bis dell'anno 1985.

Visti gli atti di costituzione del Banco di Sicilia e di Attinelli Giovanni ed altri;

udito nell'udienza pubblica dell'8 gennaio 1986 il Giudice relatore Livio Paladin;

uditi l'avvocato Ferdinando Mazzarella per Attinelli Giovanni ed altri e l'avvocato Renato Scognamiglio per il Banco di Sicilia.

Ritenuto in fatto

1. - Con due ordinanze in data 17 maggio 1984 (emesse su ricorsi per regolamento preventivo di giurisdizione proposti dal Banco di Sicilia, in relazione ad, altrettanti giudizi per riliquidazione di pensione, instaurati, da vari ex dipendenti dell'Istituto, innanzi al Pretore di Palermo, in qualità di giudice del lavoro), l'adita Corte di cassazione a Sezioni Unite ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, sesto comma, all. T all'art. 39 della legge 8 agosto 1895, n. 486, nella parte in cui stabilisce che le controversie in materia di pensioni degli impiegati del Banco predetto " sono escluse dalla giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria ed attribuite alla giurisdizione della Corte dei conti ".

Secondo il giudice a quo, la disposizione impugnata sarebbe priva di adeguata giustificazione e si porrebbe in contrasto con il precetto dell'art. 3 Cost., per le identiche ragioni che già hanno condotto la Corte costituzionale a dichiarare, con sentenza n. 1 del 1984, l'illegittimità dell'analoga deroga alla giurisdizione ordinaria sancita, nel testo originario del citato art. 11, con riguardo alle controversie pensionistiche dei dipendenti del Banco di Napoli; e cioé, in sostanza, per il fatto che l'aggancio fra le pensioni in esame a quelle statali (sub comma primo dello stesso art. 11) - che aveva costituito il presupposto di attribuzione alla cognizione della Corte dei conti delle controversie pensionistiche dei dipendenti dei due Banchi, in quanto omogenee a quelle rientranti nella fondamentale giurisdizione già esercitata dalla stessa Corte in tema di pensioni dei pubblici impiegati - sarebbe ora venuto meno per la ormai attuata privatizzazione del rapporto di impiego dei dipendenti del Banco di Sicilia, che si riflette sul relativo trattamento di quiescenza.

2. - In entrambi i giudizi innanzi a questa Corte si é costituito il Banco di Sicilia, che ha contestato la fondatezza dell'impugnativa depositando in tal senso una memoria difensiva, nella quale si afferma la sussistenza di un sufficiente " grado di omogeneità... tra il regime normativo delle pensioni dei dipendenti del Banco di Sicilia e degli impiegati dello Stato ". Si sono anche costituite talune delle parti del primo processo a quo, che hanno invece concluso per la declaratoria di illegittimità della disposizione censurata, sostenendo - in particolar modo - che le norme sul trattamento di quiescenza degli statali, lungi dal rappresentare la sola o prevalente fonte della disciplina dei rapporti in esame, " servono soltanto ad integrare l'apposita disciplina regolamentare interna ".

Considerato in diritto

La questione di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma sesto, dell'all. T all'art. 39 legge 8 agosto 1895, n. 486, come in narrativa sollevata, é fondata.

La deroga alla giurisdizione ordinaria, in detta norma stabilita, relativamente alle controversie pensionistiche dei dipendenti del Banco di Sicilia, contrasta infatti con il precetto costituzionale dell'eguaglianza per le identiche ragioni che già hanno indotto questa Corte a dichiarare, con la richiamata sentenza n. 1 del 1984, l'incostituzionalità dell'analoga deroga, dalla norma stessa sancita, con riguardo alle cause di pensione dei dipendenti del Banco di Napoli.

Già é stato chiarito che l'originaria giustificazione della norma in esame "andava ricercata all'interno dell'art. 11 dell'all. T ", ricollegando al comma sesto, concernente la particolare giurisdizione attribuita alla Corte dei conti, il comma primo dello stesso articolo, per cui " a cominciare dal 1 gennaio 1896 le pensioni, gli assegni di disponibilità e di aspettativa e le indennità di missione e di trasferta degli impiegati dei due, Banchi di Napoli e di Sicilia saranno regolati dalle disposizioni vigenti per gli impiegati dello Stato ": nel senso che era appunto l'aggancio, in tal modo operato, fra il regime pensionistico del Banco (di Napoli e) di Sicilia ed il trattamento di quiescenza dei dipendenti statali a far considerare la Corte dei conti come il giudice più idoneo ad affrontare controversie che si presentavano omogenee rispetto a quelle ricadenti nella fondamentale giurisdizione già esercitata dalla Corte stessa in tema di pensioni (cfr. sent. n. 1/1984 cit.).

Ciò posto, non v'é dubbio che tale omogeneità con il regime normativo delle pensioni dei pubblici dipendenti sia ora venuta meno nei confronti degli impiegati del Banco di Sicilia non diversamente che nei riguardi di quelli del Banco di Napoli.

Anche il Banco di Sicilia infatti (Così come il Banco di Napoli) - per costante e consolidata giurisprudenza della Corte regolatrice - ha perduto l'originaria natura di " pubblico stabilimento di credito autonomo " per assumere quella di " ente pubblico economico ": con la conseguenza che il rapporto di impiego dei suoi dipendenti (disciplinato mediante regolamenti aziendali, che in larga misura recepiscono gli accordi sindacali relativi agli istituti di credito) può dirsi allo stato del tutto privatizzato (come conferma la devoluzione delle relative controversie alla cognizione del giudice ordinario). E ciò determina una serie di ripercussioni inevitabili sul regime pensionistico, malgrado il richiamo alle " norme vigenti per gli impiegati dello Stato " tuttora contenuto nell'art. 1 del " Regolamento del trattamento di quiescenza per il personale del Banco di Sicilia " del 28 dicembre 1958.

In effetti, il punto di riferimento già fissato dall'art. 11, comma primo, dell'allegato T é stato ridimensionato in modo radicale. Presentemente, quel disposto continua a trovare applicazione, sia nel senso di precludere il cumulo dei benefici previsti per i dipendenti dello Stato con certi benefici equipollenti, propri dei dipendenti dalla generalità degli istituti di credito, sia nel senso di dare sostegno a determinate pretese dei dipendenti del Banco che non potrebbero venire soddisfatte in base al diritto comune o di offrire lo spunto all'approvazione di ulteriori previsioni legislative, a favore dei dipendenti medesimi (come quella dell'art. 116, comma primo, d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092, per cui " i servizi statali sono ricongiungibili, ai fini del trattamento di quiescenza con il servizio reso in qualità di impiegato del Banco di Napoli o del Banco di Sicilia "). Ma la Corte dei conti ha avvertito che le norme sul trattamento di quiescenza degli statali, lungi dal rappresentare la sola o prevalente fonte, servono soltanto ad integrare l'apposita disciplina regolamentare interna, con la conseguenza che non soltanto l'entità delle pensioni risulta (a seconda dei criteri adottati nei vari periodi) più o meno elevata di quella spettante ai dipendenti dello Stato, ma la stessa base pensionabile ne viene modificata, comprendendo voci che non hanno corrispondenti nelle disposizioni cui rimanda l'art. 11, primo comma, dell'all. T.

Non a caso, lo stesso richiamato art. 1 del Regolamento del Banco fa incondizionatamente " salvo quanto... stabilito nel presente regolamento " e l'art. 3, in tema di determinazione della base pensionabile ribadisce che il relativo disposto (che ingloba, in detta base, indennità di alloggio, di mensa ed altri vari peculiari emolumenti) " sostituisce integralmente la corrispondente norma vigente per la determinazione delle pensioni degli impiegati statali".

Inoltre, il successivo art. 4 dispone, al comma primo, che l'assegno annuo di pensione " é pagabile in 14 rate " e prevede, al comma secondo (che viene in applicazione nei giudizi a quibus), una speciale forma facoltativa di sostituzione parziale della pensione con capitale; l'art. 5 (come integrato dalle delibere del Consiglio di Amministrazione del 19 novembre 1981 e 30 dicembre 1983) a sua volta contempla un " adeguamento pari al 90% della differenza tra l'ammontare delle pensioni in godimento e quelle previste per i parigrado con la medesima anzianità e classe tabellare che cessino dal servizio sotto la data del 31 dicembre "; mentre l'art. 26 riconosce, anche ai fini della quiescenza e del relativo trattamento, " i servizi prestati presso il Banco o Aziende da esso gestite o presso altre Aziende di credito ".

In breve, oltre a garantire che la disciplina pensionistica dei dipendenti del Banco di Sicilia non possa mai risultare peggiore di quella applicabile ai dipendenti dello Stato, il rinvio in questione sembra assolvere fondamentalmente - in concomitanza con i regolamenti aziendali - alla funzione di un moltiplicatore, sia rispetto al regime degli ex dipendenti statali, sia nei riguardi degli stessi pensionati degli altri istituti di credito. Ed é significativo che, nel corso del procedimento di conversione del d.l. n. 162 del 1979, il Governo sia stato impegnato - con un ordine del giorno del Senato - ad eliminare " trattamenti anomali ", ritenuti carenti di giustificazione, come quelli in atto per le pensioni dei dipendenti dei Banchi di Napoli e di Sicilia.

Ai particolari fini dell'attuale giudizio, ciò basta comunque a confermare che nell'ordinamento vigente non é più ravvisabile quel grado di omogeneità tra le pensioni in esame e le pensioni statali, che rappresentava il presupposto della giurisdizione attribuita alla Corte dei conti dalla norma impugnata. Pertanto, l'aver derogato alla regola della giurisdizione ordinaria si rivela ormai privo di un'adeguata ragione giustificativa e risulta in contrasto con l'art. 3 Cost..

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 11, comma sesto, dell'all. T all'art. 39 l. 8 agosto 1895 n. 486, nella parte concernente la giurisdizione della Corte dei conti in ordine alla liquidazione delle pensioni spettanti ai dipendenti del Banco di Sicilia.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 1986.

 

Livio PALADIN - Oronzo REALE - Albero MALAGUGINI - Antonio LAPERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL’ANDRO

 

Depositata in cancelleria il 3 febbraio 1986.