Sentenza n.292 del 1985

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SENTENZA N. 292

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 77 in relazione all'art. 53 della legge 24 novembre 1981 n. 689 (modifiche al sistema penale) promossi con ordinanze emesse l'8 giugno 1982 dal Pretore di Pizzo, il 23 novembre 1982 dal Pretore di Portogruaro, l'11 gennaio 1983 dal Pretore di Thiene, il 12 gennaio 1983 dal Pretore di Recanati, il 16 gennaio 1983 dal Pretore di La Spezia, il 21 gennaio 1983 dal Pretore di Genova, il 17 marzo 1983 dal Pretore di Lugo, il 18 aprile 1983 dal Pretore di Oristano (n. 2 ord.), il 18 aprile 1983 dal Pretore di Gavirate, l'11 marzo 1983 dal Pretore di Ginosa, il 5 maggio 1983 dal Pretore di Livorno, il 16 maggio 1983 dal Pretore di Legnano, il 21 aprile 1983 dal Pretore di Trebisacce, il 14 ottobre 1983 dal Pretore di Bergamo, il 13 ottobre 1983 dal Tribunale di Vigevano, il 12 dicembre 1983 dal Pretore di Montecchio Emilia, il 15 dicembre 1983 dal Pretore di Livorno, l'11 luglio 1983 dal Tribunale di Forlì, il 12 gennaio 1984 dal Pretore di Sondrio, il 21 dicembre 1983 dal Tribunale di Modena, il 16 gennaio 1984 dal Pretore di Poggibonsi, il 16 dicembre 1983 dal Pretore di Torino, il 23 novembre 1983 dal Pretore di Catanzaro, il 10 gennaio 1984 dal Pretore di Camposampiero (n. 3 ord.), il 2 febbraio 1984 dal Pretore di Acqui Terme, il, 6 febbraio 1984 dal Pretore di Gavirate, il 21 gennaio 1984 dal Pretore di Mantova, il 18 ottobre 1983 dal Pretore di Fidenza, il 10 febbraio 1984 dal Pretore di Gubbio, il 23 febbraio 1984 dal Tribunale di Padova, il 27 febbraio 1984 dal Pretore di Mantova, il 7 giugno 1983 dal Pretore di Grumello del Monte (n. 3 ord.), il 23 marzo 1984 dal Tribunale di Bari, il 18 aprile 1984 dal Pretore di Livorno, il 21 febbraio 1984 dal Pretore di Palmi, il 12 novembre 1983 dal Pretore di Portoferraio, il 10 aprile 1984 dal Pretore di Camposampiero (n. 2 ord.), il 13 aprile 1984 dal Pretore di Padova, il 28 aprile 1984 dal Pretore di Rimini, il 31 maggio 1984 dal Pretore di Acqui Terme, il 31 gennaio 1984 dal Pretore di Ortona, il 12 giugno 1984 dal Pretore di Camposampiero, il 5 giugno 1984 dal Pretore di Camposampiero, il 6 giugno 1984 dal Pretore di Mortara, il 22 maggio 1984 dal Pretore di Camposampiero (n. 2 ord.), il 9 novembre 1984 dal Pretore di Città di Castello, il 2 luglio 1984 dal Pretore di Ragusa, iscritte rispettivamente al n. 592 del registro ordinanze 1982, ai nn. 69, 181, 235, 292, 308, 390, 489, 490, 491, 493, 500 e 559 del registro ordinanze 1983; ai nn. 33, 73, 92, 102, 137, 223, 224, 283, 320, 355, 360, 371, 372, 373, 443, 445, 469, 471, 493, 517, 555, 577, 578, 579, 580, 808, 824, 839, 855, 856, 877, 930, 948, 962, 972, 973, 993, 1021, 1228, 1340 del registro ordinanze 1984 e n. 37 del registro ordinanze 1985, e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 46, 184, 225, 212, 232, 253, 301, 308, 336 dell'anno 1983 e nn. 155, 162, 190, 197, 218, 245, 252, 259, 266, 287, 294, 307, 321, 335 dell'anno 1984 e nn. 7 bis, 13 bis, 19 bis, 34 bis, 25 bis, 32 bis, 74 bis, 125 bis dell'anno 1985.

Visti gli atti d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 ottobre 1985, il Giudice relatore Ettore Gallo.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Il Pretore di Portogruaro con ord. 23 novembre 1982 (n. 69/83), il Pretore di Recanati con ord. 12 gennaio 1983 (n. 235/83), il Pretore di La Spezia con ord. 16 febbraio 1983 (n. 292/83), il Pretore di Lugo con ord. 17 marzo 1983 (n. 390/83), il Pretore di Oristano con due ordinanze 18 aprile 1983 (nn. 489, 490/83), il Pretore di Gavirate con ord. 18 aprile 1983 (n. 491/83) ed altra 6 febbraio 1984 (n. 445/84), il Pretore di Ginosa con ord. 11 marzo 1983 (n. 493/83), il Pretore di Livorno con ord. 5 maggio 1983 (n. 500/83), con altra 15 dicembre 1984 (n. 137/84) e ulteriore altra 18 aprile 1984 (n. 808/84), il Pretore di Trebisacce con ord. 21 aprile 1984 (n. 33/84), il Pretore di Bergamo con ord. 14 ottobre 1983 (n. 73/84), il Tribunale di Vigevano con ord. 13 ottobre 1983 (n. 92/84), il Pretore di Montecchio Emilia con ord. 12 dicembre 1983 (n. 102/84), il Tribunale di Forlì con ord. 11 luglio 1983 (n. 223/84), il Pretore di Sondrio con ord. 12 gennaio 1984 (n. 224/84), il Pretore di Poggibonsi con ord. 16 gennaio 1984 (n. 320/84), il Pretore di Torino con ord. 16 dicembre 1983 (n. 355/84), il Pretore di Catanzaro con ord. 23 novembre 1983 (n. 360/84), il Pretore di Camposampiero con tre ordinanze datate 10 gennaio 1984 (nn. 371-372-373/84), con altre due datate 10 aprile 1984 (nn. 855-856/84), ulteriori due datate 22 maggio 1984 (nn. 1021, 1228/84), e infine ancora due datate rispettivamente 12 e 6 giugno 1984 (nn. 972- 973/84), il Pretore di Mantova con due ordinanze datate rispettivamente 21 gennaio e 27 febbraio 1984 (nn. 469, 555/84), il Pretore di Fidenza con ord. 18 ottobre 1984 (n. 471/84), il Pretore di Gubbio con ord. 10 febbraio 1984 (n. 493/84), il Tribunale di Padova con ord. 23 febbraio 1984 (n. 517/84), il Pretore di Grumello con tre ordinanze datate 7 giugno 1983, ma pervenute alla Corte il 24 maggio 1984 (nn. 577-578-579/84), il Tribunale di Bari con ord. 23 marzo 1984 (n. 580/84), il Pretore di Portoferraio con ord. 12 novembre 1983, ma pervenuta alla Corte il 19 giugno 1984 (n. 839/84), il Pretore di Padova con ord. 13 aprile 1984 (n. 877/84), il Pretore di Rimini con ord. 28 novembre 1984 (n. 930/84), il Pretore di Ortona con ord. 31 gennaio 1984 (n. 962/84), il Pretore di Mortara con ord. 6 giugno 1984 (n. 993/84), il Pretore di Ragusa con ord. 2 luglio 1984, pervenuta il 23 gennaio 1985 (n. 37/85), sollevavano tutti la medesima questione di legittimità costituzionale dell'art. 77 legge 24 novembre 1981 n. 689 in relazione all'art. 53 stessa legge, con riferimento all'art. 3 Cost.. Rappresentavano i detti giudici che la mancata previsione della possibilità di applicare sanzione sostitutiva alla pena pecuniaria, tanto a richiesta dell'imputato quanto d'ufficio, e ciò sia nel caso che la fattispecie comminasse soltanto una pena pecuniaria, sia nell'ipotesi in cui, prevista in via alternativa a quella detentiva, il giudice decidesse, però, d'irrogare in concreto quella pecuniaria, integrava una situazione di ingiustificata disparità rispetto a coloro che, meritevoli di pena detentiva (e perciò autori di fatto più grave), potevano ottenere la sostituzione.

2. - Altri magistrati, peraltro, pur sollevando la stessa questione, proponevano, oltre a quello di cui all'art. 3 Cost., anche profili concernenti ulteriori parametri costituzionali. Così i Pretori di Pizzo Calabro e Città di Castello, rispettivamente con ord. 8 giugno 1982 (n. 592/82) e 9 novembre 1984 (n. 1340/84), facevano riferimento anche agli artt. 24 e 27 Cost.: in particolare il Pretore di Pizzo Calabro riferiva l'art. 24 Cost. al fatto che l'art. 77 della legge prevedeva come vincolante per il giudice il parere contrario del P.M.; ma i Pretori di Legnano, di cui all'ord. 16 maggio 1983 (n. 559/83), e di Palmi, di cui all'ord. 21 febbraio 1984 (n. 824/84), molto più correttamente riferivano quella stessa situazione all'art. 101 secondo comma Cost.

3. - L'art. 27 Cost., comunque, era poi invocato (sempre in una all'art. 3 Cost.) anche dai Pretori di Genova, con ord. 21 gennaio 1983 (n. 308/83) e di Thiene, con ord. 11 gennaio 1983 (n. 181/83), dal Tribunale di Modena con ord. 21 dicembre 1983 (n. 283/84), e dal Pretore di Acqui Terme con due ordinanze, l'una del 2 febbraio 1984 (n. 443/84) e l'altra del 31 maggio stesso anno (n. 948/84). L'art. 27 terzo comma Cost. é stato utilizzato dai remittenti per prospettare, a fianco della disuguaglianza, anche il valore diseducante della norma impugnata che sostanzialmente privilegerebbe l'autore di reati più gravi. Ciò ovviamente nel presupposto che la risocializzazione sia affidata non soltanto all'esecuzione ma anche "al momento legislativo della creazione di un sistema sanzionatorio differenziato" (così in particolare il Pretore di Città di Castello).

L'Avvocatura Generale dello Stato che, in rappresentanza del Presidente del Consiglio, si é costituita nella maggior parte dei giudizi, ha insistito sulla richiesta di sentenza interpretativa di rigetto nei giudizi precedenti alla sent. 148/84 di questa Corte, mentre si é rimessa, per i successivi, a tale sentenza.

 

Considerato in diritto

 

1. - Poiché tutte le ordinanze impugnano la medesima norma e tutte con riferimento all'art. 3 Cost., anche se poi alcune vi aggiungano ulteriori profili, le questioni sollevate possono essere decise con unica pronunzia.

2. - Devono essere, però, preliminarmente esaminate alcune questioni attinenti alla rilevanza. Il Pretore di Montecchio Emilia (n. 102/84) afferma sia la rilevanza della questione, sia la sua non manifesta infondatezza, ma non spende una sola parola di motivazione né sull'una né sull'altra, limitandosi ad indicare esclusivamente le norme impugnate e il parametro costituzionale di riferimento. Anche il Pretore di Padova (877/84), e il Pretore di Livorno nell'ord. 18 aprile 1984 (808/84), omettono su tutto qualsiasi motivazione, ritenendo sufficiente il riferimento a precedenti ordinanze cui rimandano integralmente. Pacifica e costante essendo la giurisprudenza di questa Corte secondo cui le ragioni della rimessione devono risultare dal contesto stesso dell'ordinanza, non essendo consentito motivare per relationem, tutte le tre ordinanze qui in esame devono essere dichiarate inammissibili per assoluta carenza di motivazione.

3. - La questione di fondo, sulla sostituibilità della pena pecuniaria, sollevata con riferimento principalmente all'art. 3 Cost., ma da alcuni anche sotto i profili dell'art. 27 Cost. e, da una isolata ordinanza, in riferimento altresì all'art. 24 Cost. é stata già risolta da questa Corte con sent. 24 maggio 1984 n. 148. Pure risolta é stata la questione concernente la violazione dell'autonomia decisionale del giudice a causa di un atto discrezionale e vincolante del Pubblico Ministero, per la quale é stato fatto riferimento tanto all'art. 24 quanto all'art. 101, secondo comma Cost.. In proposito va richiamata la sent. 18 aprile 1984 n. 120 che ha dichiarato la questione non fondata nei sensi di cui in motivazione.

4. - La Corte non trova motivo per discostarsi dalle citate pronunzie. In particolare va detto che la negativa risposta data alla richiesta di sentenza interpretativa di rigetto in ordine alla sostituibilità della pena pecuniaria avanzata dall'Avvocatura Generale nei giudizi precedenti alla sent. 148/84 di questa Corte, ha trovato riscontro anche nel diritto vivente, autorevolmente rappresentato dalle Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione che, con due ordinanze datate 24 marzo 1984 (l'una imp. Florio, l'altra Mattuzzi), ha eliminato il contrasto tra i giudici di merito escludendo categoricamente qualunque possibilità di risolvere il problema attraverso l'interpretazione.

Per il resto, va confermata l'inammissibilità della questione in questa sede a causa delle scelte discrezionali implicite nell'additivo conseguente alla richiesta declaratoria d'illegittimità costituzionale: scelte che competono esclusivamente al legislatore. E ciò per tacere del serio dubbio circa una reale situazione di pretesa ingiustificata disparità di trattamento ove si rifletta al modestissimo vantaggio che il condannabile alla multa riceverebbe dall'ammissione alla procedura (una anomala estinzione del reato, considerata dalla giurisprudenza della Cassazione come sostanziale condanna), per di più contenuto in limiti molto esigui (750 mila lire), sottostando sia al pagamento della somma che alla iscrizione del provvedimento nel certificato penale, a fronte della grave perdita di ogni futura possibilità di fruire della procedura per evitare mesi di reclusione e della pressocché inesistente ipotizzabilità di applicazione di pene accessorie o, addirittura, di misure di sicurezza di conseguenza a condanna per un reato che comporti così tenue pena pecuniaria. Queste osservazioni portano a respingere anche il riferimento all'art. 24 Cost. avanzato dal Pretore di Città di Castello (ord. n. 1340/84), secondo cui il difensore potrebbe essere costretto a chiedere la pena detentiva, pur di ottenere una declaratoria di improcedibilità.

Né può trovare ingresso il profilo riferito all'art. 27 Cost. poiché per constante orientamento di questa Corte esso riserva alla sola fase di esecuzione la finalità rieducativa della pena, accanto a quella ineliminabile di carattere afflittivo.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Riuniti i giudizi, dichiara:

1. - manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 77 in relazione all'art. 53 della legge 24 novembre 1981 n. 689 sollevata dal Pretore di Montecchio Emilia con ord. 12 dicembre 1983 (n. 102/84), dal Pretore di Livorno con ord. 18 aprile 1984 (n. 808/84), dal Pretore di Padova con ord. 13 aprile 1984 (n. 877/84), dal Pretore di Bergamo con ord. 14 ottobre 1983 (n. 73/84) e dal Pretore di Catanzaro con ord. 23 novembre 1983 (n. 360/84);

2. - manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli stessi articoli, nella parte in cui prevederebbero come vincolata al parere del P.M. la pronuncia del giudice, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 101 Cost., dalle ordinanze dei Pretori di Pizzo 8 giugno 1982 (n. 592/82), di Legnano 16 maggio 1983 (n. 559/83) e di Palmi 21 febbraio 1984 (n. 824/84) e già dichiarata non fondata con sent. 120/84;

3. - inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli stessi articoli nella parte in cui non prevedono la sostituibilità della pena pecuniaria, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 27 Cost., dalle altre ordinanze riportate in epigrafe e da quelle citate al n. 2.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 novembre 1985.

Livio PALADIN - Ettore GALLO

Depositata in cancelleria il 15 novembre 1985.