Sentenza n.245 del 1985

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SENTENZA N. 245

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti promossi con ricorsi della Regione Emilia-Romagna, notificati il 7 e 16 luglio 1981, depositati in cancelleria il 16 e 24 luglio dello stesso anno, ed iscritti ai nn. 30 e 33 del registro 1981, per conflitti di attribuzione sorti a seguito del telegramma del Direttore generale del tesoro del 9 maggio 1981 e del decreto del Ministro per il tesoro del 5 maggio 1981 relativi il primo all'applicazione dell'art. 35 della legge n. 119 del 30 marzo 1981, il secondo alla determinazione delle modalità di funzionamento del conto corrente e delle contabilità speciali intestate alle Unità Sanitarie Locali.

Udito nell'udienza pubblica del 25 giugno 1985 il Giudice relatore Livio Paladin;

uditi l'Avv. Alberto Predieri per la Regione ricorrente e l'Avv. dello Stato Paolo Vittoria per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ricorso notificato il 7 luglio 1981, la Regione Emilia-Romagna ha promosso conflitto di attribuzione avverso il telegramma del 9 maggio precedente, per mezzo del quale il Direttore generale del tesoro, con riferimento alla delibera n. 36/1246 della Giunta regionale (concernente la determinazione delle quote del fondo sanitario spettanti alle Unità sanitarie locali), invitava il Presidente della Giunta stessa a riprodurre gli elementi indicati nel decreto del Ministro del tesoro previsto dal penultimo comma dell'art. 35 della legge finanziaria n. 119 del 1981, già comunicati con circolare n. 88438 del 5 maggio 1981 ed ha quindi coinvolto nell'impugnativa anche questo ultimo atto.

Secondo la ricorrente, se già la previsione di un decreto ministeriale - contenuta nel citato art. 35 - poteva apparire lesiva della riserva di legge stabilita dall'art. 119 Cost., a maggior ragione sarebbero viziati i provvedimenti in esame: i quali violerebbero appunto, sia sul piano contenutistico sia per la loro forma, la riserva costituzionalmente imposta, "pretendendo di dettare una normativa che é di dettaglio e che comprime l'autonomia organizzatoria e di tesoreria regionale, nonché... le competenze legislative attribuite alle regioni dalla legge cornice 833/1978", e particolarmente dall'art. 50 della legge stessa. Ed il vizio sarebbe aggravato dalla circostanza che gli atti impugnati risultano emessi da un organo incompetente (il Direttore generale del tesoro) o in veste diversa (circolare al posto del decreto) da quella indicata nel detto art. 35.

Per contro, il costituito Presidente del Consiglio dei ministri ha preliminarmente svolto un duplice motivo d’inammissibilità del ricorso. Da un lato, cioé, gli atti in questione - entrambi successivi al provvedimento previsto dal penultimo comma dell'art. 35 (adottato con d. min. 5 maggio 1981) - non sarebbero idonei a produrre una concreta lesione delle rivendicate attribuzioni regionali. D'altro lato, la ricorrente non porrebbe un autonomo problema d'invasione dell’autonomia organizzatoria della Regione, ma ripresenterebbe la questione di legittimità costituzionale della stessa legge n. 119, già sollevata da un precedente ricorso dell'Emilia-Romagna.

Nel merito, comunque, il ricorso risulterebbe infondato, per le ragioni già dedotte dall'Avvocatura dello Stato in replica alla ricordata impugnativa principale dell'art. 35 della legge n. 119.

2. - Con ricorso notificato il 16 luglio 1981, l'Emilia-Romagna ha quindi promosso un altro conflitto di attribuzione, avverso il predetto d. min. 5 maggio 1981, contenente "determinazione delle modalità di funzionamento del conto corrente e delle contabilità speciali intestate alle unità sanitarie locali"; ed ha reiterato, in relazione a tale provvedimento, le medesime censure sostanziali già formulate avverso la circolare ministeriale esplicativa del decreto stesso ed il ricordato telegramma del Direttore generale del tesoro.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, costituitosi anche in questo giudizio, ha riproposto a sua volta la seconda delle predette eccezioni d'inammissibilità del conflitto, in quanto inficiato dall'irrituale introduzione di un'impugnativa concretamente rivolta avverso l'art. 35 della legge n. 119 del 1981; ed ha quindi richiesto, in via subordinata, il rigetto del ricorso.

 

Considerato in diritto

 

1. - I due ricorsi proposti dalla Regione Emilia-Romagna sono accomunati dal fatto di concernere la prima applicazione dell'art. 35 della legge 30 marzo 1981, n. 119, in tema di tesorerie e di finanziamento delle unità sanitarie locali; ed a ciò si aggiunge che gli atti impugnati mediante il primo ricorso, cioé il telegramma 9 maggio 1981 del Direttore generale del tesoro e la circolare 5 maggio 1981, n. 88438, della stessa direzione (successivamente pervenuta alla Regione), sono strettamente connessi - come si precisa nel seguito della presente sentenza - all'ultimo fra gli atti dei quali é richiesto l'annullamento, vale a dire al decreto 5 maggio 1981 del Ministro del tesoro, sulla "determinazione delle modalità di funzionamento del conto corrente e delle contabilità speciali intestate alle unità sanitarie locali". Pertanto, i due giudizi si prestano ad essere riuniti e congiuntamente decisi.

2. - Entrambi i ricorsi vanno però dichiarati inammissibili, in base a due diversi ordini di considerazioni.

a) Relativamente alla circolare ed al telegramma della Direzione generale del tesoro, la Regione assume che essi invadano l'ambito di sua competenza, introducendo una normativa di dettaglio in un campo già disciplinato dalla legge regionale n. 22 del 1980, e comunque contrastino con la legge n. 119, sostituendosi al decreto ministeriale previsto dall'art. 35 (del quale la stessa ricorrente afferma - nel primo ricorso - di non avere preso alcuna conoscenza).

A questo riguardo, tuttavia, s'impongono i seguenti rilievi. In primo luogo, il decreto ministeriale cui si riferiscono tanto il telegramma quanto la circolare risulta pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 maggio 1981: cioé in un momento di molto precedente la proposizione del ricorso. In secondo luogo, la Giunta dell'Emilia-Romagna, all'atto di sollevare il relativo conflitto, decideva "di ottemperare per il momento alle suddette istruzioni": il che potrebbe far dubitare dell'attualità dell'interesse a ricorrere. In terzo luogo, l'Avvocatura dello Stato ha formalmente eccepito in un duplice senso l'inammissibilità del ricorso medesimo: da un lato, poiché il telegramma impugnato si limita a richiamare le disposizioni del previo decreto ed invita la Regione ad osservarle, senza dunque comportare "una lesione concreta della sfera della competenza regionale in materia di organizzazione finanziaria"; d'altro lato, poiché la circolare presenta anch'essa "natura e funzione meramente esplicativa delle disposizioni contenute nel decreto ministeriale citato".

Tali eccezioni sono comunque risolutive. Entrambi gli atti impugnati adempiono, in altre parole, la mera esecuzione del contemporaneo o preesistente decreto 5 maggio 1981 del Ministro del tesoro. Ed é solo nei confronti di quest'ultimo provvedimento che può dunque ammettersi, in via di principio, un regolamento di competenza suscettibile di essere risolto dalla Corte.

b) Senonché lo stesso Decreto ministeriale viene impugnato dal secondo ricorso regionale in termini tali da far escludere - come ha messo in luce l'Avvocatura dello Stato - che ne derivi "alcun apporto novativo o modificativo" di quanto già disposto dall'art. 35 della legge n. 119.

Vero é che l'atto in questione é stato emanato sulla base del penultimo comma del predetto articolo: il quale demanda ad appositi decreti del Ministro del tesoro il compito di stabilire "le modalità di funzionamento del conto corrente e delle contabilità speciali" intestate alle U.S.L. (come appunto risulta dal titolo del decreto stesso). Ed il conto del quale si tratta é quello in cui l'art. 35, quinto comma, impone l'accreditamento, mediante prelievo dai conti intestati alle corrispettive Regioni, degli importi destinati alle U.S.L. per ogni trimestre, in base al penultimo comma dell'art. 51 della legge istitutiva del servizio sanitario nazionale; dopo di che le varie sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, dando sempre applicazione ai provvedimenti regionali di riparto dei fondi disponibili, accreditano a loro volta le quote spettanti alle Unità - sulla base del sesto comma dell'art. 35 - "ad apposite contabilità speciali".

Ora, su tutta questa normativa la Corte si é già pronunciata, mediante la sentenza di rigetto n. 162 del 1982: con cui si é respinta - fra l'altro - un'impugnativa proposta in via principale dalla stessa Regione Emilia-Romagna, precisando che il "meccanismo" or ora descritto "non viola l'autonomia costituzionalmente garantita alle Regioni, in quanto resta integro il potere di ripartire le risorse finanziarie disponibili tra le diverse destinazioni"; ed aggiungendo che "l'aver il legislatore creato un più stretto coordinamento temporale fra il momento del prelievo dalla Tesoreria Centrale e il momento della spesa effettuata dagli organi erogatori del servizio sanitario risponde alla esigenza obiettiva, nell'interesse dell'intera comunità nazionale, di un opportuno coordinamento del flusso della spesa sanitaria con quello delle entrate destinate a fronteggiarla".

Ma la prima e fondamentale doglianza prospettata dal ricorso in esame non fa che ribadire i motivi già ritenuti infondati dalla citata decisione della Corte. Non a caso, la ricorrente avverte in modo espresso che le denunce mosse con riguardo all'impugnato decreto ministeriale "coincidono... nella sostanza" con quelle già rivolte a sostenere l'illegittimità dell'art. 35 della legge n. 119. E dunque s'impongono - a più forte ragione - le conclusioni raggiunte dalla sentenza n. 28 del 1979, nel senso che non é ammissibile un conflitto con cui si risollevi la medesima questione già proposta nei confronti della disciplina legislativa di base, senza che sia ravvisabile la necessaria distinzione fra il tema del conflitto stesso e quello del previo giudizio di legittimità costituzionale.

Né, d'altra parte, le conclusioni mutano quanto all'ulteriore motivo di ricorso, con cui si sostiene la violazione della riserva di legge regionale, stabilita dall'art. 33 della legge 19 maggio 1976, n. 335. Infatti, la ricorrente non precisa - altro che in via vagamente esemplificativa - in che termini si sarebbe concretato l'asserito vizio.

 

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibili i ricorsi per conflitto di attribuzione, proposti dalla Regione Emilia-Romagna in relazione al decreto 5 maggio 1981 del Ministro del tesoro, alla circolare 5 maggio 1981, n. 88438, ed al telegramma 9 maggio 1981 del Direttore generale del tesoro.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 ottobre 1985.

Guglielmo ROEHRSSEN - Livio PALADIN

Depositata in cancelleria il 29 ottobre 1985.