Ordinanza n.176 del 1985

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ORDINANZA N. 176

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 60 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto) promossi con le seguenti ordinanze:

1) due ordinanze emesse il 7 dicembre 1978 dalla Commissione tributaria di primo grado di Modena sui ricorsi proposti dalla Ditta G.O.R.T., iscritte ai nn. 974 e 975 del registro ordinanze 1979 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 57 dell'anno 1980;

2) ordinanza emessa il 24 ottobre 1980 dalla Commissione tributaria di primo grado de L'Aquila sul ricorso proposto da D'Ippolito Oliviero, iscritta al n. 472 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 297 dell'anno 1981;

3) ordinanza emessa il 5 dicembre 1981 dalla Commissione tributaria di primo grado di Alessandria sul ricorso proposto da Passalacqua Giorgio, iscritta al n. 29 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 129 dell'anno 1982.

Udito nella camera di consiglio del 16 aprile 1985 il Giudice relatore Francesco Saja.

Ritenuto che nel corso di due procedimenti iniziati con ricorsi dell'impresa GORT e relativi ad accertamento per imposta sul valore aggiunto, la Commissione tributaria di primo grado di Modena, con ordinanze del 7 dicembre 1978, motivate in modo identico (reg. ord. n. 974 e 975 del 1979), sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 60 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 nella parte (secondo comma, n. 1) in cui esso dispone che, se il contribuente propone ricorso contro l'accertamento, il pagamento dell'imposta o della maggiore imposta dev'essere eseguito per un terzo dell'ammontare accertato dall'ufficio entro sessanta giorni dalla notificazione dell'avviso di accertamento;

che secondo la Commissione la norma impugnata, in quanto sostanzialmente fondata sul principio del solve et repete - già oggetto delle sentenze n. 21 e 79 del 1961 di questa Corte - sembrava contrastare con gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione;

che in queste due sentenze la Corte aveva ritenuto che il detto istituto - canonizzato negli artt. 6, secondo comma, l. n. 2248 del 1865 all. E (sent. 21/1961), 149 r.d. n. 3269 del 1923, 52; secondo comma, l. n. 762 del 1940, 24, terzo comma, l. n. 1424 del 1940 (sent. 79/1961) - contrastasse con l'art. 3 Cost. per la disparità di trattamento fra contribuente in grado di pagare immediatamente e contribuente non abbiente, nonché con gli artt. 24 e 113 Cost., in quanto menomava la tutela giurisdizionale dei cittadini;

che analoga questione veniva sollevata dalla Commissione tributaria di primo grado de L'Aquila con ordinanza del 24 ottobre 1980 (reg. ord. n. 472 del 1981), emessa nel corso del giudizio iniziato da D'Ippolito Oliviero, nonché dalla Commissione tributaria di primo grado di Alessandria con ordinanza del 5 dicembre 1981 (reg. ord. n. 29 del 1982), emessa nel corso del giudizio iniziato da Passalacqua Giorgio;

che la Presidenza del Consiglio dei ministri interveniva nelle tre cause, osservando che la norma impugnata non condizionava la proponibilità del ricorso giurisdizionale al pagamento dell'imposta, e perciò costituiva espressione non già del principio del solve et repete bensì di quello di esecutorietà degli atti amministrativi, attenuato, anzi, dalla parzialità e gradualità dell'obbligazione tributaria;

che le parti private non si costituivano.

Considerato che per l'analogia delle questioni i giudizi vanno riuniti;

che l'art. 60 d.P.R. n. 633 del 1972, disponendo il pagamento graduale dell'imposta accertata nel corso del procedimento giurisdizionale, com'é manifesto, non pone alcuna condizione di procedibilità all'azione giudiziaria ma costituisce espressione del principio della normale esecutorietà dei provvedimenti amministrativi, la cui non contrarietà agli artt. 3, 24 e 113 Cost. é stata espressamente affermata da questa Corte con le sentenze n. 21 del 1961 e n. 63 del 1982, nonché con le ordinanze nn. 168 e 367 del 1983;

che nella sent. n. 63/1982 la Corte ha anche osservato come l'effettività della tutela giurisdizionale, di cui agli artt. 24 e 113 Cost., non postuli la necessaria anticipazione dell'efficacia di una sentenza eventualmente favorevole attraverso la sospensione del provvedimento amministrativo esecutivo, ma comporti soltanto la concreta possibilità della soddisfazione della giusta pretesa del contribuente, che é assicurata attraverso la successiva reintegrazione del suo patrimonio.

Visti gli artt. 26 l. 11 marzo 1953 n. 87 e 9 delle Norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi,

dichiara manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 60 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 Cost. dalle Commissioni tributarie di primo grado di Modena, L'Aquila e Alessandria con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 maggio 1985.

Guglielmo ROEHRSSEN - Francesco SAJA

Depositata in cancelleria il 25 maggio 1985.