Sentenza n.146 del 1985

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SENTENZA N. 146

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 49 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia del 27 marzo 1968, n. 20 (Legge elettorale regionale), promosso con ordinanza emessa il 9 giugno 1983 dal Tribunale di Udine nel procedimento penale a carico di Bertossi Paolo ed altri, iscritta al n. 673 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18 dell'anno 1984.

Visto l'atto di costituzione di Bertossi Paolo, nonché l'atto di intervento della Regione Friuli-Venezia Giulia;

udito nell'udienza pubblica del 5 febbraio 1985 il Giudice relatore Giovanni Conso;

uditi l'avv. Carlo Pedroni per Bertossi Paolo e l'avvocato Gaspare Pacia per la Regione Friuli-Venezia Giulia.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso del procedimento penale a carico di Bertossi Paolo ed altri, imputati del reato di cui agli artt. 476, 479, 482 e 485 cod. pen., il Tribunale di Udine, premesso che i fatti addebitati dovevano ritenersi "apparentemente" integrativi della fattispecie prevista dagli artt. 13 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), 49 L.c. 27 marzo 1968, n. 20 (rectius, legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 27 marzo 1968, n. 20), 100 del Testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati approvato con d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, ha ritenuto "rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 5, 25 e 117 della Costituzione, la questione di legittimità dell'art. 49 L.v. 20/1960" (rectius, legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 27 marzo 1968, n. 20), "nella parte in cui prevede sanzioni penali", questione che ha sollevato con ordinanza del 9 giugno 1983.

Secondo il giudice a quo, la Regione Friuli-Venezia Giulia con la norma impugnata - il cui precetto stabilisce che "per le elezioni dei consiglieri regionali si osservano... le leggi per l'elezione della Camera dei deputati" - avrebbe operato "una scelta di politica criminale optando fra diverse leggi statali la sanzione penale da applicare alla fattispecie criminosa" oggetto del giudizio in corso, così esercitando, in violazione dei parametri sopra indicati, "poteri in materia esclusivamente riservata allo Stato".

La realizzazione delle indicate violazioni costituzionali sarebbe comprovata dal fatto che l'art. 90 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), richiamato, per le elezioni dei consigli regionali delle regioni a statuto normale, dall'art. 1, ultimo comma, della legge 17 febbraio 1968, n. 108 (Norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a statuto normale), "prevede, per fatti identici a quelli previsti dall'art. 100 T.U. 361/1957, una pena da 2 a 5 anni di reclusione, nonché la prescrizione dell'azione penale in anni 2". Donde la violazione dell'art. 3 Cost., per la disparità del trattamento d’identici fatti di reato a seconda che siano commessi nel territorio della Regione Friuli-Venezia Giulia o in altra regione (purché) a statuto ordinario.

La questione viene sollevata, conclude il Tribunale, "non potendo stabilire se, nel caso in esame, debbono applicarsi le norme di cui al combinato disposto degli artt. 49 l.v. 20/1968 e 100 T.U. 361/1957 oppure quelle di cui agli artt. 1 l. 108/1968 ed art. 9 D.P.R. 570/60".

L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 18 del 18 gennaio 1984.

Nel presente giudizio si sono costituiti la parte privata Bertossi Paolo, rappresentata e difesa dall'avv. Carlo A. Pedroni, ed il Presidente della Giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia, rappresentato e difeso dall'avv. Gaspare Pacia.

La difesa del Bertossi, dopo aver svolto considerazioni adesive alla ordinanza di rimessione, ha precisato il contenuto delle denunce d'illegittimità costituzionale, nel senso che esse devono essere intese sotto un duplice profilo: come violazione dell'art. 13 dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia "per eccesso dai limiti dell'attribuzione di potestà legislativa, con contestuale violazione dell'art. 25, secondo comma della Costituzione per arrogazione di potestà legislativa da parte dell'ente regione in materia penale rigidamente riservata alla legislazione dello Stato"; come violazione dell'art. 3 Cost., perché sarebbe attribuita "senza alcun giustificato motivo, una diversa sanzione penale ad un falso elettorale in elezioni riguardanti enti della medesima natura (regioni) a seconda della ubicazione territoriale della commissione del falso stesso" e ciò malgrado il reato sia stato commesso sempre sul territorio dello Stato "uno e indivisibile".

Nel suo atto di intervento e deduzioni la difesa del Presidente della Giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia ha chiesto, invece, che la questione sia dichiarata manifestamente infondata in quanto "in fattispecie molto simili... esaminata e decisa almeno due volte", nel senso della non fondatezza, dalla Corte (sentenze n. 104 del 1957 e n. 142 del 1969).

Comunque, secondo la Regione, l'art. 25 Cost. porrebbe soltanto una riserva "relativa" di legge statale: una legge regionale, la quale si limiti ad introdurre una norma di rinvio ad una disciplina penale imposta da leggi dello Stato "si muove", quindi, "sicuramente nello spazio che codesto tipo di riserva lascia libero al Legislatore locale e, persino, all'Autorità amministrativa".

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Tribunale di Udine sottopone a giudizio di legittimità costituzionale l'"art. 49 L.v. 20/1968" (rectius, legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 27 marzo 1968, n. 20) "nella parte in cui prevede sanzioni penali", per contrasto con gli artt. 3, 5, 25 e 117 della Costituzione. Più precisamente, come sottolinea la motivazione dell'ordinanza de qua, a venire in discussione é il primo comma del suddetto art. 49 ("Salve le disposizioni della presente legge, per le elezioni dei Consiglieri regionali si osservano, in quanto applicabili, le leggi per l'elezione della Camera dei Deputati"), nella parte in cui recepisce le sanzioni penali - e, prima ancora, i relativi precetti - previste, al momento attuale, dal Testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei Deputati, di cui al d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361.

2. - Peraltro, la premessa da cui prende l'avvio l'iter argomentativo dell'ordinanza di rimessione é formulata in termini tali da richiedere un'attenta considerazione del requisito della rilevanza. La questione di legittimità viene, infatti, sollevata per il fatto che, ad avviso del giudice a quo, i comportamenti addebitati agli imputati integrano "apparentemente" la fattispecie prevista "dal combinato disposto dell'art. 3 della legge 31.1.1963 n. 1, art. 49 l.v. 27.3.1968 n. 20 ed art. 100 T.U. 30.5.1957 n. 361". L'incertezza connaturata all'uso dell'avverbio "apparentemente" esclude che, nel caso di specie, il giudice a quo si sia trovato di fronte all'ineludibile necessità di fare applicazione della norma sottoposta al vaglio di questa Corte. Né tale incertezza viene superata nel prosieguo della motivazione. A ribadirla e rafforzarla si aggiunge, anzi, la dichiarata impossibilità di "stabilire se, nel caso in esame, debbono applicarsi le norme di cui al combinato disposto degli artt. 49 l.v. 20/1968 e 100 T.U. 361/1957 oppure quelle di cui agli artt. 1 l. 108/1968 e 90 d.P.R. 570/1960".

3. - La questione, così come prospettata, é inammissibile.

Ancora di recente, questa Corte ha avuto modo di precisare che al giudice a quo non é consentito di esprimersi "in forma dubitativa sulla norma da applicare", dovendo il giudizio di legittimità costituzionale "essere chiesto e pronunciato non in via astratta o ipotetica, ma solo rispetto ad una disposizione che il giudice di merito ritiene di dovere applicare" (sentenza n. 182 del 1984). In altre parole, "il requisito della rilevanza implica necessariamente che la questione dedotta abbia nel procedimento a quo un'incidenza attuale e non meramente eventuale: solo quando il dubbio investa una norma dalla cui applicazione il giudice ordinario dimostri di non poter prescindere, si concretizza il fenomeno della pregiudizialità e trova posto la sospensione del procedimento" (sentenza n. 300 del 1983).

Per giunta, la particolarità del caso risulta tale che qui non viene soltanto in gioco l'esigenza di prevenire l'eventualità che la Corte abbia a pronunciarsi inutilmente. A causa della prospettata alternativa tra l'applicazione del combinato disposto degli "artt. 49 l.v. 20/1968 e 100 T.U. 361/1957" e l'applicazione del combinato disposto degli "artt. 1 l. 108/1968 e 90 d.P.R. 570/1960", l'incertezza sulla norma da applicare in concreto potrebbe riverberarsi anche sul tipo di petitum avuto di mira dal giudice a quo, quasi che alla richiesta declaratoria di illegittimità dell'art. 49 della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 27 marzo 1968, n. 20, si dovesse accompagnare, per coprire il conseguente vuoto, l'estensione del trattamento predisposto dagli artt. 1 della legge 13 febbraio 1968, n. 108, e 90 del d.P.R. 15 maggio 1960, n. 570, per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a statuto ordinario. Una risposta del genere esulerebbe chiaramente dai poteri di questa Corte.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 49 della legge della Regione Friuli- Venezia Giulia 27 marzo 1968, n. 20 (Legge elettorale regionale), "nella parte in cui prevede sanzioni penali", sollevata, in riferimento agli artt. 3, 5, 25 e 117 della Costituzione, dal Tribunale di Udine con ordinanza del 9 giugno 1983.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 maggio 1985.

Leopoldo ELIA - Giovanni CONSO

Depositata in cancelleria il 9 maggio 1985.