Sentenza n.50 del 1985

 CONSULTA ONLINE 

 

SENTENZA N. 50

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 263 bis e 263 ter del codice di procedura penale e 25 legge 12 agosto 1982 n. 532 promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa l'8 gennaio 1983 dal Tribunale militare di Bari nel procedimento penale a carico di Gaetani Luis Rafael, iscritta al n. 334 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 260 dell'anno 1983;

2) ordinanza emessa il 23 febbraio 1983 dal Tribunale militare di Bari nel procedimento penale a carico di Ruccolo Claudio,iscritta al n. 689 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39 dell'anno 1984.

Visti gli atti d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 12 dicembre 1984 il Giudice relatore Ettore Gallo;

udito l'avvocato dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con due successive ordinanze, l'una pronunciata l'8 gennaio 1983 (n. 334/83) nel procedimento penale contro Gaetani Luis Rafael, imputato del delitto di mancanza alla chiamata (art. 151, comma primo c.p.m.p.); l'altra emessa il 23 febbraio stesso anno (n. 689/83) nel processo penale contro Ruccolo Claudio, imputato di diserzione (art. 148, n. 1 c.p.m.p.), il Tribunale militare di Bari sollevava questione di legittimità costituzionale degli artt. 263 bis e 263 ter cod. proc. pen. (così come introdotti dagli artt. 7 e 8 della l. 12 agosto 1982 n. 532) nonché dell'art. 25 della legge ora citata, nella parte in cui non prevedono l'applicabilità, e i modi della stessa, al rito militare dell'istituto del riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, in relazione agli artt. 3, comma primo e 24, comma secondo Cost.

Le ordinanze danno atto che nell'un procedimento (n. 334) il Procuratore militare aveva emesso ordine di cattura il 25 maggio 1982, non eseguito perché l'imputato risultava emigrato all'estero, e che il difensore aveva richiesto la revoca dell'ordine, incontrando, però, il negativo parere del P. M. in data 5 gennaio 1983: dopodiché gli atti erano stati trasmessi al Tribunale. Nell'altro procedimento, poi (n. 689/83), il P. M. aveva emesso ordine di cattura il 24 dicembre 1982, anche questo ineseguito perché l'imputato era emigrato in Canada. L'avviso di deposito dell'ordine era stato notificato in Cancelleria e al difensore nominato dall'ufficio. Ma solo il 16 febbraio 1983 era pervenuta alla Procura militare un'istanza di revoca sottoscritta da altro avvocato non ancora nominato di fiducia, perché la nomina pervenne soltanto il 19 successivo. Anche questa istanza seguiva la stessa sorte dell'altra.

Osserva la motivazione che la legge istitutiva del riesame di merito dei detti provvedimenti, da parte di un organo giurisdizionale collegiale, nulla dice circa l'applicabilità del nuovo istituto al rito militare. Il Giudice remittente é, però, convinto che sia pressoché impossibile allo stato renderlo applicabile per via interpretativa.

In proposito, fa rilevare che dal complesso delle disposizioni si arguisce facilmente che la volontà del legislatore mira ad assicurare di regola una netta "diversità" fra il cosiddetto "Tribunale della libertà" e quello del dibattimento. Al contrario, la struttura dei tribunali militari non consente l'attuazione di nessuna delle regole finalizzate a garantire quella "diversità". Né poi il Tribunale militare potrebbe convocarsi nei termini di legge, né sono previste dall'Ordinamento Sezioni feriali.

In tali condizioni, e sussistendo nell'art. 261 c.p.m.p. una generale norma di rinvio alle disposizioni della legge processuale penale comune, viene a verificarsi ai danni dell'imputato militare una situazione di effettiva e non giustificata disparità e una grave menomazione del suo diritto di difesa.

É intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato la quale chiede che la questione sia dichiarata infondata.

Sostiene, infatti, l'Avvocatura che le norme denunziate sono pienamente applicabili al rito militare, e le difficoltà rappresentate sono facilmente superabili. Si tratterebbe, insomma, di situazione analoga a quella dei tribunali minorili, per i quali la Cassazione ha affermato l'applicabilità delle nuove norme. In realtà, non esiste nella legge - secondo l'Avvocatura - una proclamata incompatibilità dei giudici del riesame a partecipare al dibattimento.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le due ordinanze del Tribunale di Bari sollevano la stessa questione di legittimità costituzionale: i due giudizi possono essere, perciò, riuniti e decisi con unica sentenza.

Va subito, però, rilevata l'inammissibilità della questione proposta con ordinanza 8 gennaio 1983 (n. 334/83). Risulta, infatti, dalla motivazione che il provvedimento restrittivo della libertà personale era stato emesso il 25 maggio 1982. Ma l'art. 32 della l. 12 agosto 1982 n. 532 avverte che le disposizioni riguardanti le richieste di riesame si applicano esclusivamente ai provvedimenti emanati successivamente all'entrata in vigore della legge, che - com'é noto - essendo stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 14 agosto 1982 n. 223, é entrata in vigore il 29 agosto successivo.

Il Tribunale, pertanto, benché abbia sollevata la questione nel gennaio 1983, non avrebbe mai potuto dare applicazione alla legge impugnata nei confronti di un ordine di cattura emesso tre mesi prima.

2. - Va, invece, esaminata nel merito la questione sollevata coll'ordinanza 23 febbraio 1983 (n. 689 Reg. ord. 1983).

Effettivamente, se la legge de qua fosse inapplicabile al rito dei tribunali militari, si determinerebbe una situazione di grave disparità a danno dei cittadini sottoposti alla giurisdizione militare in tempo di pace, giacché soltanto a questi resterebbe precluso il riesame nel merito dei provvedimenti restrittivi della libertà personale. Trattamento differenziato sicuramente incompatibile con i principi di cui agli artt. 3, comma primo, e 24, comma secondo, Cost.

Ma alla Corte non sembra che nella realtà si verifichi la detta situazione.

Intanto, non può essere evidentemente ostativo il fatto che la legge nulla espressamente disponga circa l'applicabilità del nuovo istituto al rito militare, giacché - come ricorda la stessa ordinanza di rimessione - provvede in proposito il principio generale sancito dall'art. 261 c.p.m.p., che estende le norme processuali ordinarie ai procedimenti davanti ai tribunali militari.

Orbene, le ragioni tutte indicate dall'ordinanza quali insuperabili ostacoli che renderebbero virtualmente inapplicabile la legge, sono in realtà soltanto difficoltà di fatto che non possono escluderne in assoluto l'operatività.

In proposito, l'argomento centrale addotto dal giudice a quo é rappresentato dal rilievo secondo cui, mentre l'art. 25 della legge prevede che i provvedimenti per il riesame siano attribuiti ad una o più sezioni penali del Tribunale, la cui composizione é indicata nelle tabelle formate ogni anno dal Consiglio Superiore della Magistratura, con predeterminazione dei magistrati titolari e supplenti, tutto questo sarebbe irrealizzabile nei Tribunali militari. A parte, infatti, - si sostiene - che l'art. 263 ter affida la competenza ai Tribunali che hanno sede nei capoluoghi di provincia, mentre i Tribunali militari sono tutti situati nei detti capoluoghi, resta comunque l'impossibilità di costituire più Sezioni data la loro struttura, e anche perché prevalentemente vengono assegnati ai Tribunali un solo Presidente ed un solo giudice togato: il che comporta altresì che non si possano formare tabelle per la composizione delle Sezioni, né predeterminare i magistrati che vi sono assegnati.

Secondo l'ordinanza essendo la normativa manifestamente orientata a "cercare" di assicurare una diversità fra il giudice competente per il riesame e quello del dibattimento, renderebbe ancora più evidente l'impossibilità per i Tribunali militari di adeguarsi al precetto della legge.

In realtà, lo stesso Tribunale di Bari si rende conto che il legislatore non ha comminato alcuna espressa incompatibilità in proposito, e che la situazione non trova peraltro alcun riferimento nelle ipotesi generali previste dall'art. 61 cod. proc. pen., cui rimanda l'art. 288 c.p.m.p.

Ben é vero che la legge si é ciononostante correttamente preoccupata di predisporre meccanismi atti a privilegiare, per quanto possibile, una qualche diversità di magistrati fra le due competenze, e persino un loro avvicendamento annuale: senza, però, che l'impossibilità di osservare tali disposizioni ordinamentali implichi anche l'impossibilità di applicare la legge. Basti considerare che anche davanti ai Tribunali ordinari dei piccoli capoluoghi di provincia quella situazione di difficoltà tende a verificarsi, tanto che il Consiglio Superiore della Magistratura ha avvertito al punto c) del paragrafo 2 dei "Criteri generali per la formazione delle tabelle di composizione degli uffici giudiziari", che la diversità fra i giudici del riesame e quelli del giudizio é un'opportunità da osservarsi nei limiti del possibile, quando l'organico lo consenta.

D'altra parte, non é nemmeno esatto che la struttura organica dei Tribunali militari non consenta la costituzione di più Sezioni, visto che l'ordinamento giudiziario militare di pace prevede, invece, esplicitamente all'art. 8, comma terzo, che con decreto presidenziale possa essere disposto il funzionamento di più Sezioni; e contempla, anzi, nello stesso comma e nel successivo, i modi per il loro funzionamento e per l'assegnazione dei procedimenti. Articolo che non é stato abrogato espressamente dalla l. 7 maggio 1981 n. 180 (che ha apportato modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace), né può essere ritenuto incompatibile con l'art. 2 della citata legge che, adeguando la composizione del Tribunale militare a quello ordinario, prescrive tuttavia che "il Tribunale militare é formato da un magistrato militare d'appello, che lo presiede, e da più magistrati militari di tribunale o di appello".

Le sollevate obiezioni, pertanto, rappresentano mere difficoltà di fatto, non diverse da quelle che si verificano nei tribunali ordinari, e non tali da rendere impossibile l'applicazione della legge.

3. - Ancora di minore consistenza sono poi gli ulteriori rilievi, concernenti sia la mancanza di una sezione feriale nei Tribunali, sia l'impossibilità di poter provvedere entro i termini brevissimi dettati dalla legge.

Sul primo punto, va ricordato che la citata legge di modifica dell'ordinamento giudiziario militare prevede nell'art. 15 i modi per la formazione delle piante organiche degli uffici giudiziari militari e, in genere, i provvedimenti per i trasferimenti dei magistrati militari: provvedimenti che sono adottati, in via amministrativa, con decreto presidenziale su proposta del Ministro della Difesa, sentito lo speciale Comitato sostitutivo dell'organo di autogoverno fino a quando quest'ultimo non sarà costituito. Esistono, quindi, nella legge gli strumenti anche per costituire le Sezioni feriali e, frattanto, se del caso, per adottare eventuali provvedimenti di supplenza attraverso reciproci turni fra tribunali finitimi. Analogamente, del resto, a quanto suggerisce la Corte di Cassazione per rendere operativa la legge anche in altro settore.

Quanto al secondo rilievo, l'ordinanza non motiva, né peraltro lo propone in relazione al precedente; ché anzi, da esso lo distingue mediante l'espressione "... e perché".

É pensabile, tuttavia, che il Tribunale militare di Bari intendesse riferirsi ad un argomento frequentemente utilizzato da altre magistrature militari, secondo cui la difficoltà di convocare dai vari reparti il giudice militare non togato non consentirebbe di rispettare il ristretto termine di tre giorni (prorogabile a sei), imposto dalla legge denunziata per la decisione sul riesame.

Ma é questo sicuramente il più fragile dei rilievi, ove si consideri che, à sensi dell'ultimo comma dell'art. 2 della l. 7 maggio 1981 n. 180, i giudici non togati, estratti a sorte ogni sei mesi, distintamente per ciascun bimestre successivo, durano in funzione due mesi. Il giudice in funzione, pertanto, può essere agevolmente convocato anche ad horas, dato che l'art. 8, ultimo comma, dell'Ordinamento Giudiziario militare (articolo non abrogato) sancisce la "precedenza del servizio della giustizia militare"; e, in ogni caso, esiste la disponibilità di ben due supplenti per ogni giudice estratto (art. 2, ultimo comma, ultimo inciso l. 7 maggio 1981, n. 180).

Non sussistono, dunque, né incompatibilità, né assolute impossibilità che rendano inapplicabili le norme denunziate al rito militare: e conseguentemente non ha fondamento, nei sensi di cui s'é detto, la sollevata questione di legittimità costituzionale. É auspicabile, tuttavia, che opportune misure organizzative vengano adottate per facilitare il superamento delle prospettate difficoltà.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riuniti i giudizi, dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 263 bis e 263 ter cod. proc. pen. nonché dell'art. 25 della l. 12 agosto 1982 n. 532, sollevata dal Tribunale militare di Bari con ordinanza 23 febbraio 1983 (n. 689 Reg. ord. 1983) con riferimento agli artt. 3 comma primo e 24 comma secondo della Costituzione;

dichiara inammissibile la stessa questione sollevata dal predetto Tribunale con ordinanza 8 gennaio 1983 (n. 334 Reg. ord. 1983) con riferimento agli stessi parametri.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 febbraio 1985.

Leopoldo ELIA - Ettore GALLO

Depositata in cancelleria il 22 febbraio 1985.