Sentenza n.8 del 1985

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SENTENZA N. 8

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 51 e 53 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), promosso con ordinanza emessa il 5 luglio 1982 dal TAR per il Lazio sul ricorso proposto da VIP-MACEF contro Ministero Industria, Commercio e Artigianato, iscritta al n. 826 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 53 dell'anno 1984.

Visto l'atto di costituzione della VIP-MACEF nonché l'atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 27 novembre 1984 il Giudice relatore Livio Paladin;

uditi l'avv. Aldo Piras per la VIP-MACEF e l'Avvocato dello Stato Stefano Onufrio per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza emessa il 5 luglio 1982 (ma pervenuta alla Corte il 17 ottobre 1983) il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 51 e 53 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, per asserita violazione degli artt. 117 e 97 della Costituzione.

Adito dall'associazione VIP-MACEF - che impugnava un provvedimento ministeriale declinante la competenza dello Stato ad autorizzare l'organizzazione di due mostre internazionali presso l'Ente fiera di Milano - il giudice a quo ha ritenuto, in effetti, che lettera e spirito del predetto decreto n. 616 concorrano nel senso che spetti alle Regioni il potere di autorizzare fiere e mercati a qualsiasi livello, riservando allo Stato unicamente la qualificazione delle fiere stesse, nonché la formazione e la tenuta del calendario fieristico. Così disponendo, però, il legislatore delegato avrebbe contraddetto la sentenza n. 138/1972 di questa Corte, non assicurando più la necessaria tutela degli interessi nazionali presenti in materia. Quanto alle manifestazioni aventi carattere internazionale, la competenza regionale andrebbe infatti esclusa "in radice", dato che i provvedimenti da emanare in tal campo inciderebbero sui "rapporti che lo Stato italiano intrattiene con gli Stati esteri"; né basterebbe lasciare allo Stato la potestà di decidere in ordine al tempo ed al luogo delle manifestazioni stesse, poiché l'autorizzazione regionale allo svolgimento di fiere del genere sarebbe comunque produttiva - secondo il giudice a quo - di "effetti che coinvolgono l'intera collettività nazionale". Pertanto gli artt. 51 e 53 del d.P.R. n. 616 verrebbero a porsi in contrasto con l'art. 117 Cost. E non varrebbe nemmeno ipotizzare che le funzioni in esame siano state invece delegate alle Regioni, in base all'art. 118, secondo comma, poiché, in questo caso, il legislatore delegato avrebbe pur sempre violato l'art. 97 della Costituzione, non prevedendo "un modulo organizzativo idoneo a garantire il buon andamento e l'imparzialità dell'Amministrazione".

2. - Si é costituita nel presente giudizio la ricorrente associazione VIP-MACEF, aderendo senz'altro alle tesi del giudice a quo.

Per contro, l'intervenuto Presidente del Consiglio dei ministri ha chiesto che la Corte concluda nel senso della non fondatezza. Dopo aver escluso che le norme impugnate abbiano semplicemente disposto una delega di funzioni amministrative statali alle Regioni, l'Avvocatura dello Stato ha sostenuto l'esigenza di affrontare il problema sulla base dell'art. 50 d.P.R. n. 616, in cui si definisce la materia delle "fiere e mercati" come attinente "allo sviluppo economico delle rispettive popolazioni" e con ciò stesso si fa intendere che il trasferimento in questione é stato operato "in quanto" e "per tutto quanto" interessa lo sviluppo medesimo: ferma restando, al di là di questi aspetti, la competenza dello Stato, tuttora esercitabile in applicazione del r.d.l. 29 gennaio 1934, n. 454. Da ciò un "criterio composito" che presiederebbe "alla ripartizione di competenza (tra Stato e Regioni) relativamente alle fiere internazionali": poiché allo Stato stesso spetterebbe, in questo quadro, "il provvedimento - ampiamente discrezionale - di ammissione di una fiera con la qualifica di internazionale"; mentre, "una volta assicurata, con tale atto..., l’imprescindibile tutela degli interessi nazionali", ben potrebbe subentrare - secondo l'Avvocatura - la competenza delle Regioni per ogni aspetto "caratterizzato dalla più immediata, diretta e circoscritta attinenza allo sviluppo economico della singola Regione".

 

Considerato in diritto

 

1. - Occorre anzitutto ricordare che il giudizio pendente presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio riguarda due mostre a carattere internazionale che avrebbero dovuto svolgersi nei quartieri dell'Ente fiera di Milano, pur non essendo state organizzate dall'Ente medesimo, bensì da una privata associazione quale la ricorrente VIP-MACEF. Nel ricorso proposto da tale associazione - avverso un provvedimento ministeriale che respingeva la domanda della VIP-MACEF, negando che in materia sussistesse la competenza dello Stato - veniva denunciata in primo luogo la violazione degli artt. 51 ss. del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616: i quali non avrebbero trasferito alle Regioni il potere autorizzativo in discussione, dato il disposto dell'art. 53, n. 1, in cui si afferma la perdurante competenza statale circa le funzioni amministrative concernenti "gli enti fiera internazionali di Milano, di Bari e di Verona". E, solo in subordine, si richiedeva che il TAR sollevasse questione di legittimità costituzionale delle norme predette, in quanto tali da non tutelare "il carattere internazionale delle manifestazioni", indipendentemente dalla sede nella quale si svolgano.

Tuttavia, il giudice a quo non ha ritenuto di affrontare preliminarmente lo specifico problema delle manifestazioni fieristiche internazionali occasionalmente organizzate a cura di soggetti diversi dagli enti fiera di Milano, di Bari e di Verona, ma destinate a svolgersi presso gli enti stessi. Ed ha, viceversa, impugnato senz'altro gli artt. 51 e 53 d.P.R. cit., con particolare riferimento alle norme che trasferiscano o deleghino alle Regioni funzioni amministrative in tema di fiere internazionali (ovvero non riservino allo Stato l'intera spettanza delle funzioni medesime).

Così ricostruito, il tema dell'impugnativa si presenta, dunque, alquanto più ampio della controversia in atto fra l'associazione VIP - MACEF e il Ministero dell'industria, commercio ed artigianato. Ma ciò non toglie che si tratti di una questione rilevante ed ammissibile, poiché l'accoglimento di essa toglierebbe qualunque fondamento normativo all'atto ministeriale in esame e ne consentirebbe l'immediato annullamento da parte del TAR, senza che quel giudice fosse comunque tenuto a reinterpretare le norme impugnate.

2. - Nel merito, va premesso che le funzioni amministrative regionali esercitabili in base agli artt. 51 e 53 del d.P.R. n. 616 rappresentano il frutto di un trasferimento, operato nel presupposto che quelle funzioni ricadano in una materia di competenza regionale propria; non già di una delegazione, fondata sul secondo comma dell'art. 118 Cost. e avente per oggetto "altre funzioni amministrative", eccedenti le "materie elencate nel precedente articolo", delle quali lo Stato conservi la titolarità. La lettera dell'art. 51, in cui si fa espresso richiamo alla materia "fiere e mercati", non consente alcun dubbio in proposito; ed un’ulteriore conferma si ricava - ex adverso - dal seguente primo comma dell'art. 52, mediante il quale s'é avuto cura di avvertire esplicitamente che il solo esercizio delle previste funzioni amministrative in tema di "attività commerciali" deve considerarsi "delegato alle regioni". Pertanto, l'unica questione da risolvere nel presente giudizio riguarda l'asserita illegittimità degli artt. 51 e 53 del d.P.R. n. 616, in riferimento all'art. 117 Cost.; mentre non ricorre l'ipotesi, affacciata dal TAR in via subordinata e senza il supporto di adeguate motivazioni, per cui le funzioni regionali concernenti le manifestazioni fieristiche internazionali discenderebbero invece da una delega liberamente disposta con atto legislativo dello Stato, in pretesa violazione dei principi di buon andamento e d'imparzialità. sanciti dall'art. 97 della Costituzione.

3. - La questione non é fondata.

Secondo l'ordinanza di rimessione, le norme impugnate non garantirebbero più la necessaria "tutela degli interessi nazionali" ed anzi interferirebbero nella stessa sfera dei "rapporti che lo Stato italiano intrattiene con gli Stati esteri"; sicché ne verrebbe contraddetta l'indicazione offerta dalla sentenza n. 138 del 1972, con cui questa Corte ha affermato che "in base alla Costituzione le attribuzioni legislative e le corrispondenti attribuzioni amministrative delle Regioni hanno ad oggetto solo fiere e mercati di carattere regionale, giacché queste manifestazioni, quando abbiano più vasta dimensione, corrispondono ad interessi sostanziali che fanno immediatamente capo all'intera comunità nazionale ed appartengono, conseguentemente, alla competenza dello Stato". Ma il giudice a quo non ha considerato adeguatamente né la natura dei contrapposti interessi in gioco, né i margini che in tal campo rimangono affidati alla discrezionalità legislativa, né il quadro normativo in cui s'inseriscono le norme impugnate: quadro assai mutato rispetto a quello in cui si collocava il d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 7 (contenente disposizioni sul "trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materie di fiere e mercati e del relativo personale"), sul quale si é pronunciata la predetta decisione della Corte.

Certo, dev'essere tuttora condiviso l'insegnamento basilare della sentenza n. 138 del 1972: ossia che, per tutti i settori elencati dal primo comma dell'art. 117 Cost., "vale la considerazione che, pur nell'ambito di una stessa espressione linguistica, non é esclusa la possibilità di identificare materie sostanzialmente diverse secondo la diversità degli interessi, regionali o sovraregionali, desumibile dall'esperienza sociale e giuridica" (senza di che - aggiungeva la Corte - "fondamentali esigenze dell'intera comunità rischierebbero di restare insoddisfatte"). Ma lo stabilire in quali forme le due specie di interessi debbano venir considerate e reciprocamente armonizzate compete in larga misura alla legge statale ordinaria; cui spetta, in particolar modo, decidere in che limiti ed a quali effetti l'intreccio riscontrabile fra gli interessi nazionali e regionali richieda che vengano introdotti congegni di cooperazione tra le Regioni e lo Stato, anziché separare con nettezza gli oggetti dell'una e dell'altra competenza. L'art. 117 va per questa parte interpretato in collegamento con l'art. 127, ultimo comma, della Costituzione: là dove si dispone che le questioni "di merito per contrasto di interessi" sono risolte dalle Camere e non da questa Corte. Diversamente, il disegno costituzionale delle autonomie regionali non conserverebbe la necessaria elasticità e non potrebbe venire costantemente adeguato - nell'ambito delle stesse materie elencate dall'art. 117 - alle mutevoli esigenze delle popolazioni locali e della collettività nazionale.

Non é dunque pensabile che i due ordini di interessi in esame debbano rimanere - per Costituzione - dimensionati alla stregua di leggi statali ordinarie o di atti legislativi equiparati, previgenti rispetto alla Carta costituzionale: quale sarebbe, nella specie, il r.d.l. 29 gennaio 1934 n. 454, in cui si classificavano le mostre, le fiere e le esposizioni, secondo che avessero carattere locale, provinciale, interprovinciale, nazionale od internazionale. La circostanza che tali norme fossero in vigore nel momento in cui veniva elaborata ed approvata la Costituzione repubblicana e che, in un primo tempo, il d.P.R. n. 7 del 1972 le abbia fondamentalmente assunte a base (pur apportandovi significative deroghe, ai fini del riparto fra le competenze statali e regionali) non implica affatto che le norme stesse debbano considerarsi costituzionalizzate e che il legislatore statale ordinario non possa modificarle, agli effetti previsti dall'art. 117 Cost. Ma in ciò, precisamente, si risolve la nuova disciplina dettata dal d.P.R. n. 616 del 1977 la quale - in sostanza - riduce a tre sole le cinque categorie preesistenti: ponendo in distinta evidenza e riservando allo Stato le funzioni relative agli enti fieristici di Milano, di Bari e di Verona (unitamente alle "esposizioni universali"); suddividendo fra la competenza statale e quella regionale le funzioni relative alle altre manifestazioni fieristiche internazionali; ed attribuendo alle Regioni tutte le funzioni residue, con la conseguenza che le fiere locali, provinciali, interprovinciali e nazionali rimangono in tal senso indifferenziate (salvo il calendario ufficiale di cui al n. 3 dell'art. 53 d.P.R. cit.).

A giustificare una disciplina del genere sul piano costituzionale, sta il fatto che gli interessi regionali esistenti in materia non attengono alle sole fiere di livello infraregionale, ma indubbiamente coinvolgono le manifestazioni fieristiche di maggiore importanza, pur non escludendo la compresenza di interessi facenti capo - secondo la terminologia della sentenza n. 138 del 1972 - all'intera comunità nazionale: basta infatti ricordare - per averne la prova - il rilievo che le fiere internazionali presentano ai lini dello sviluppo economico delle popolazioni locali, dell'incremento del turismo di competenza regionale, dello stesso assetto del territorio, per ciò che riguarda la localizzazione e l'urbanizzazione delle aree destinate alle fiere medesime. Non a caso, già nel d.P.R. n. 7 del 1972 si disponeva il trasferimento alle Regioni ordinarie delle funzioni concernenti le fiere internazionali non organizzate "da enti riconosciuti ai sensi dell'art. 2 del regio decreto - legge 29 gennaio 1934, n. 454", e si prevedevano specifici poteri regionali in tema di "riconoscimento di nuovi enti fieristici organizzatori di fiere internazionali", nonché di designazione di componenti i relativi consigli di amministrazione (cfr. gli artt. 1, secondo comma, lett. a, 2, terzo comma, e 3, primo comma). Sicchè per questa parte gli artt. 50 e seguenti del d.P.R. n. 616 del 1977 non hanno fatto altro che integrare il primo trasferimento delle funzioni amministrative statali alle Regioni, in base ai principi direttivi stabiliti dalle leggi 16 maggio 1970, n. 281, e 22 luglio 1975, n. 382, quanto alla necessaria organicità del trasferimento medesimo: principi che la stessa Corte ha valorizzato più volte, sin dalla sentenza n. 39 del 1971, con cui s'é affermata - in vista dell'art. 17 della legge n. 281 - l'esigenza che "alle Regioni siano assegnate per intero le materie indicate nell'art. 117 della Costituzione", assicurando bensì che "lo svolgimento concreto delle funzioni regionali abbia ad essere armonicamente conforme agli interessi unitari della collettività nazionale", ma senza per questo addivenire ad "una preventiva e generale riserva allo Stato di settori di materie".

Né si può dire che le norme impugnate non abbiano tenuto conto degli interessi nazionali. Da un lato, la perdurante potestà ministeriale di qualificazione delle fiere internazionali - che, nella prassi, viene esercitata mediante appositi decreti di riconoscimento, aventi un carattere ampiamente discrezionale, nei quali si fissano o si confermano il luogo ed il tempo di tali manifestazioni, sebbene autorizzate da parte regionale - esclude a priori quell'indiscriminata ed incontrollata proliferazione delle fiere stesse, che il TAR del Lazio vorrebbe evitare mediante la restaurazione d'una integrale competenza dello Stato. D'altro lato, a garantire che non si verifichino estemporanee intromissioni regionali nei rapporti fra l'Italia e gli altri Stati, vale comunque il rimedio previsto dall'art. 4, terzo comma, del d.P.R. n. 616, per cui "le regioni non possono svolgere all'estero attività promozionali relative alle materie di loro competenza se non previa intesa con il Governo e nell'ambito degli indirizzi e degli atti di coordinamento di cui al comma precedente"; ma é significativo che il conseguente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, emesso l'11 marzo 1980, non abbia ritenuto di dettare disposizioni specificamente concernenti le fiere internazionali destinate a svolgersi nel territorio italiano, considerando soltanto la partecipazione regionale ad esposizioni da tenersi in altri Paesi.

Come prospettata dall'ordinanza in esame, l'impugnativa dev'essere dunque respinta; mentre spetta al giudice a quo stabilire quale sia l'incidenza dell'art. 53 n. 1 del d.P.R. n. 616, relativamente alla particolare controversia che ha dato origine al presente giudizio.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 51 e 53 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, in riferimento all'art. 117 Cost., sollevata dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 gennaio 1985.

Leopoldo ELIA -  Livio PALADIN

Depositata in cancelleria il 23 gennaio 1985.