Sentenza n.208 del 1984

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SENTENZA N. 208

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv Albero MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 58, comma secondo, all. A, e art. 53, commi ottavo e nono, all. A, del r.d. 8 gennaio 1931, n. 148 ("Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione") promosso con l'ordinanza emessa il 15 ottobre 1976 dal pretore di Potenza nel procedimento civile vertente tra Santarsiero Angelo e S.p.A. SITA iscritta al n. 103 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 107 dell'anno 1977.

Visto l'atto di costituzione della S.p.a. SITA nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Udito nell'udienza pubblica del 26 aprile 1983 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen.

Uditi l'avvocato Rosario Flammia per la Società SITA e l'Avvocato dello Stato Renato Carafa per il Presidente del Consiglio dei ministri

Ritenuto in fatto

Con ordinanza 15 ottobre 1976 il pretore di Potenza ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 58, comma secondo, all. A. al R.D. 8 gennaio 1931, n. 148, nella parte in cui devolve alla cognizione del giudice amministrativo il sindacato sulla legittimità del procedimento di irrogazione delle sanzioni disciplinari per i dipendenti da aziende autoferrotranviarie, in quanto tale normativa determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento fra i dipendenti delle aziende autoferrotranviarie in concessione e quelli degli enti pubblici economici, sottoposti, anche relativamente al sindacato sulla irrogazione delle sanzioni disciplinari, alla giurisdizione ordinaria ex artt. 429 e 409 c.p.c..

In via subordinata, per ipotesi che detta questione sia dichiarata non fondata, il pretore ha sollevato poi questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 24, primo comma, e 113, primo e secondo comma, Cost. dell'art. 53, comma nono, all. A al R.D. n. 148 del 1931, nella parte in cui non prevede, in relazione alla ipotesi di mancata o tardiva presentazione da parte del dipendente delle giustificazioni la possibilità di impugnativa del provvedimento di "opinamento" delle sanzioni disciplinari.

Secondo il giudice a quo l'art. 53, comma nono suddetto, escludendo la possibilità d'impugnare dinanzi al Consiglio di disciplina i provvedimenti di "opinamento" di sanzioni disciplinari del direttore dell'azienda, divenuti definitivi a norma del comma ottavo dello stesso articolo, escluderebbe anche l'impugnativa di tali provvedimenti dinanzi al giudice amministrativo, presupponendo tale impugnativa, la decisione del Consiglio di disciplina. Ciò comporterebbe la violazione "dell'art. 113, primo e secondo comma, Cost., ove all'atto di opinamento voglia attribuirsi natura di atto amministrativo in senso lato", ovvero dell'art. 24, primo comma, "ove al medesimo voglia attribuirsi natura di atto privato: infatti per il semplice decorso di un termine brevissimo (5 gg.) e prescindendo dalla congruità o meno del medesimo al fine di approntare delle valide giustificazioni, la mancata e tardiva presentazione di queste ultime preclude alla parte la possibilità di far valere qualsiasi impugnativa avverso il provvedimento di opinamento".

Il pretore, infine, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 24, comma secondo, Cost. dell'art. 53, comma ottavo, all. A al R.D. n. 148 del 1931, "nella parte in cui prevede che il provvedimento di opinamento della sanzione disciplinare diventi definitivo e conseguentemente non impugnabile anche per la mancata presentazione delle giustificazioni da parte dell'interessato nel termine di gg. 5 per causa a lui non imputabile".

Tale norma violerebbe il diritto di difesa, nella parte anzidetta e la questione di costituzionalità di essa sarebbe rilevante giacché l'attore del giudizio a quo, nel momento in cui gli fu irrogata la sanzione, era in stato di custodia preventiva.

E intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri deducendo l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 58, comma secondo, all. A, R.D. 8 gennaio 1931, n. 148, sotto il profilo che rientra nella discrezionalità del legislatore stabilire forme diverse di tutela giurisdizionale in relazione alla varietà dei rapporti giuridici e determinare a quali "organi di giurisdizione spetti di annullare gli atti della P.A. nonché le modalità e gli effetti dell'esercizio del potere giurisdizionale".

Quanto alla questione relativa all'art. 53, commi ottavo e nono, del suddetto R.D., l'Avvocatura dello Stato ha dedotto l'infondatezza, dovendosi ritenere che la mancata impugnazione del provvedimento irrogativo della sanzione disciplinare in sede amministrativa, lo renda definitivo ma pur sempre impugnabile dinanzi al giudice amministrativo.

Dinanzi a questa Corte si é costituita pure la SITA, chiedendo parimenti che le questioni siano dichiarate infondate.

Considerato in diritto

1. - L'ordinanza di cui in epigrafe sottopone a questa Corte, in sostanza, due questioni di legittimità costituzionale.

Ad avviso del giudice a quo, infatti:

a) - l'art. 58, secondo comma, dell'All. A al r.d. 8 gennaio 1931, n. 148 ("Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione"), violerebbe l'art. 3, primo comma, Cost., in quanto, devolvendo al giudice amministrativo la giurisdizione in tema di sanzioni disciplinari a carico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione, porrebbe in essere una disparità di trattamento fra questi dipendenti ed i lavoratori alle dipendenze di enti pubblici economici, i quali sono soggetti invece alla giurisdizione del giudice ordinario, con tutte le conseguenze di maggior vantaggio per l'attore che il relativo procedimento comporta;

b) - l'art. 53, commi ottavo e nono - nella parte in cui non prevede la possibilità di ricorrere al consiglio di disciplina contro il provvedimento di "opinamento" del direttore della azienda divenuto esecutivo, mentre prevede la definitività del provvedimento di "opinamento", pur quando l'interessato non abbia presentato le sue difese nei termini di legge per causa a lui non imputabile - violerebbe gli artt. 24, primo comma, e 113, primo comma, Cost.: in tal modo sarebbe vietato al dipendente di rivolgersi al giudice amministrativo, giacché tale impugnativa si può svolgere soltanto nei confronti di un provvedimento del consiglio di disciplina.

Le questioni non sono fondate.

2. - Quanto alla prima delle riferite questioni, premesso che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte si ha violazione del principio di uguaglianza solo quando ci si trovi dinanzi a situazioni analoghe, nel caso di dipendenti delle aziende di ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione non può ravvisarsi una situazione di omogeneità con i dipendenti di enti pubblici economici.

Si tratta, infatti, di aziende le quali operano nel settore dei trasporti pubblici a proposito dei quali il legislatore, in considerazione del particolare rilievo che essi hanno per la vita della intera Nazione e della necessità che il loro esercizio sia garantito nel miglior modo possibile ha adottato il regime pubblicistico della concessione, il quale comporta particolari forme di ingerenza della pubblica Amministrazione nel funzionamento delle aziende concessionarie, che operano per il soddisfacimento di interessi pubblici di primaria importanza e, quindi, per conto del soggetto pubblico concedente.

Come conseguenza di questo regime, il legislatore ha ritenuto anche, con il r.d. n. 148 del 1931, di dare allo stato giuridico e, in particolare, alla materia disciplinare del personale delle aziende predette una regolamentazione del tutto speciale, che, per quanto attiene alla parte disciplinare, viene incentrata su un procedimento di carattere amministrativo, il quale, per le sanzioni più rilevanti, sfocia nel giudizio di un organo amministrativo di nomina ministeriale (il consiglio di disciplina).

In specifica connessione con questo regime e con il carattere di atti amministrativi che assumono le pronunce del detto consiglio di disciplina, lo stesso legislatore, dopo avere con il r.d. 30 dicembre 1923, n. 2840, affidato le controversie in tema di rapporto d'impiego alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, nel 1931, con il r.d. n. 148, ha operato una ripartizione: ha, infatti, affidato (art. 10 del r.d.) al giudice ordinario le controversie in genere sul rapporto, ma ha affidato alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo (art. 53 dell'All. al medesimo r.d.) le controversie che possono nascere dalle pronunce del collegio disciplinare.

La giurisdizione del giudice amministrativo pertanto, trova spiegazione nei peculiari caratteri della materia de qua, caratteri i quali hanno indotto il legislatore, nella sua discrezionalità, a preferire la giurisdizione stessa per quel che attiene alle controversie disciplinari.

Una volta prescelta la giurisdizione amministrativa, consegue necessariamente che il procedimento deve seguire le regole proprie di questo tipo di processo, a proposito di che la Corte ritiene opportuno ricordare la propria giurisprudenza, secondo la quale non si può affermare in via di principio che dinanzi al giudice amministrativo il dipendente abbia una tutela meno vantaggiosa di quella che avrebbe dinanzi al giudice ordinario (Sent. n. 140 del 1980; Sent. n. 43 del 1977; Sent. n. 47 del 1976).

3. - Quanto all'altra questione, prospettata dal giudice a quo in via subordinata, la Corte deve rilevare che essa poggia sul presupposto che la pronuncia del consiglio di disciplina costituisca presupposto necessario per poter adire il giudice amministrativo, con la conseguenza che il dipendente rimarrebbe privo di tutela giurisdizionale ove una pronuncia del genere mancasse. Pertanto il giudice a quo é indotto a ritenere illegittime le norme denunciate per non avere introdotto in tutti i casi il ricorso al consiglio di disciplina.

Ma questo presupposto non sussiste.

La giurisprudenza della Corte di cassazione, infatti, é ormai orientata nel senso che l'art. 53 dell'All. A al r.d. n. 148 del 1931 debba essere interpretato nel senso che la giurisdizione del giudice amministrativo sussiste per tutte indistintamente le sanzioni di carattere disciplinare irrogate ai dipendenti in parola, quale che sia l'organo che le ha inflitte e, quindi, anche se non sia intervenuto il consiglio di disciplina. In tal modo ai dipendenti predetti é pienamente assicurata la tutela giurisdizionale, così come é prescritto dagli artt. 24, primo comma, e 113, primo comma, Cost. disposizioni alle quali, del resto, la cennata giurisprudenza si é richiamata.

Ovviamente in queste condizioni non può dirsi che l'intervento del consiglio di disciplina sia indispensabile e che la sua mancanza comporti violazione delle citate norme costituzionali.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 58, comma secondo, All. A al r.d. 8 gennaio 1931, n. 148 ("Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione ") sollevata con ordinanza 15 ottobre 1976 del pretore di Potenza in riferimento all'art. 3 della Costituzione;

2) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 53, commi ottavo e nono, All. A, al r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, sollevata con la stessa ordinanza del pretore di Potenza in riferimento agli artt. 24 e 113 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il l2 luglio 1984.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LAPERGOLA  - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA  - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

 

Depositata in cancelleria il 18 luglio 1984.