Sentenza n.28 del 1984

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SENTENZA N. 28

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

         Dott. Aldo CORASANITI,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 73, primo comma, del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827 (sul perfezionamento e coordinamento legislativo della Previdenza Sociale), promosso con ordinanza emessa il 27 gennaio 1976 dal tribunale di Reggio Emilia nel procedimento civile tra Piazzi Donato e l'INPS, iscritta al n. 446 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 218 del 1976. Visti gli atti di costituzione di Piazzi Donato e dell'INPS e l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella pubblica udienza del 7 giugno 1983 il Giudice relatore Avv. Oronzo Reale;

uditi l'avv. Giacomo Giordano per l'INPS e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Donato Piazzi, dipendente dell'impresa edile Sanauro, aveva ottenuto l'integrazione salariale a carico della Cassa integrazione guadagni dall'11 novembre 1972 al 10 marzo 1973.

Il 26 marzo 1973 il Piazzi aveva ripreso il lavoro presso la stessa impresa ed aveva chiesto all'INPS la corresponsione dell'indennità di disoccupazione dal 10 al 26 marzo. L'INPS aveva accolto tale domanda a partire dal 18 marzo, in relazione alla norma dell'art. 73 del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, il quale stabilisce che la detta indennità venga corrisposta "a decorrere dall'ottavo giorno successivo a quello della cessazione dal lavoro".

Essendo stata rigettata dal pretore di Reggio Emilia la domanda del Piazzi che l'indennità gli venisse corrisposta per l'intero periodo di disoccupazione, il tribunale di Reggio Emilia in sede di appello ha sollevato con ordinanza 27 gennaio 1976 (n. 446 del reg. ord. 1976) questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 73 del citato decreto n. 1827 del 1935, cioè della norma in virtù della quale l'indennità di disoccupazione gli era stata riconosciuta solo a decorrere dall'ottavo giorno successivo a quello della cessazione dal lavoro.

Il tribunale infatti ritiene che tale norma contrasti con l'art. 38 della Costituzione "in quanto priva il lavoratore, disoccupato involontario, dal giorno successivo a quello della cessazione dal lavoro, in via assoluta, di qualsiasi erogazione previdenziale, là dove esigenze di vita esigono, inderogabilmente, puntuale soddisfacimento".

Si costituivano tanto il Piazzi che l'INPS e spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato.

La difesa del Piazzi aderiva sostanzialmente alle tesi del tribunale, osservando che il periodo di carenza previsto dal denunciato art. 73 non svolgerebbe " una ragionevole ed apprezzabile funzione propria della forma previdenziale in relazione alle sue finalità, né che possa ritenersi giustificata da motivi di ordine tecnico. Non va confuso infatti il problema di eventuali esigenze di accertamento sulla effettiva sussistenza dello stato di disoccupazione e sul suo carattere volontario che sono indipendenti dal diritto all'indennizzo solennemente sancito dall'art. 38 della Costituzione".

Un secondo aspetto di illegittimità sarebbe da ricomprendersi nel primo e riguarderebbe "il diritto alla indennità stessa in tutti i casi in cui il lavoro non venga prestato e manchi la retribuzione".

Con memoria presentata per l'udienza il Piazzi ha ribadito le argomentazioni portate a sostegno della fondatezza della questione.

Più articolata é la difesa dell'INPS; a suo avviso é erronea la parificazione della situazione del dipendente licenziato a quella del dipendente sospeso dal lavoro per riconosciute difficoltà della azienda ed in attesa di ripresa della attività lavorativa.

La sospensione non incide sui diritti del lavoratore relativi alla durata ed alla continuità del rapporto, che deve ritenersi sussistente ed effettivo nel periodo di sospensione, sino al formale licenziamento che deve essere motivato.

In tal senso si é pronunciata la Cassazione, statuendo che in ipotesi di sospensione di lavoro oltre i quindici giorni é il lavoratore che ha diritto a rescindere il contratto; e in tal senso é il contratto collettivo dell'industria edile che prevede che nelle brevi interruzioni del lavoro l'imprenditore sia tenuto alla retribuzione.

D'altro canto il licenziamento non risultava dagli atti, né poteva essere ritenuto pacifico in ragione del fatto che l'INPS aveva concesso la indennità di disoccupazione. L'esistenza del licenziamento avrebbe dovuto essere controllata dal giudice ai fini della rilevanza.

In mancanza di ciò le questioni dovrebbero giudicarsi inammissibili.

Nel merito, la questione sarebbe infondata: ragionevolmente, infatti, il legislatore ha presunto che nella prima settimana di disoccupazione non sussista lo stato di bisogno che costituisce il presupposto dell'intervento statale. Solo ove lo stato di disoccupazione perduri, da esso si presume discendere lo stato di bisogno, peraltro non in maniera assoluta, atteso che l'art. 77, comma secondo, del R.D.L. n. 1827 del 1935 prevede lo scorrimento del sussidio in relazione al momento della presentazione della domanda, cosa questa che lascerebbe ritenere come il legislatore abbia interpretato il ritardo nella richiesta come carenza dello stato di bisogno. D'altra parte, la norma (art. 129, quinto comma, del R.D.L. n. 1827 del 1935), secondo cui cessa il diritto alla prestazione ove la domanda non sia presentata entro il sessantesimo giorno dall'inizio dello stato di disoccupazione confermerebbe che uno stato di bisogno non possa automaticamente presumersi da quello di disoccupazione.

Si evidenzia altresì l'elevatezza del costo dell'intervento pubblico e l'inadeguatezza dell'onere economico che la collettività dovrebbe sopportare qualora si provvedesse alle complesse procedure previste dalla legge anche per periodi di disoccupazione brevissimi; tale onere appare del tutto inadeguato rispetto a quella che sarebbe l'incidenza del sussidio "nell'economia del disoccupato". La disposizione impugnata corrisponderebbe pertanto a criteri di utilità ed economicità, e perciò di razionalità.

La difesa dell'INPS conclude chiedendo che la Corte decida secondo giustizia.

L'Avvocatura dello Stato osserva come la norma de qua non contraddica al precetto costituzionale di cui all'art. 38 della Costituzione in quanto "tratta in egual modo tutti i disoccupati involontari" ed attua una regolamentazione che non eccede i limiti della ragionevolezza. Il periodo di mancata corresponsione dell'indennità di disoccupazione é infatti particolarmente breve, conforme del resto a quel minimo di durata che lo stesso concetto di disoccupazione comporta.

D'altra parte, il primo ed il secondo comma dell'art. 38 Cost. sono, ad avviso dell'Avvocatura, coordinati tra loro: si assume infatti che la giurisprudenza della Corte ha avuto occasioni per affermare che il secondo comma del citato art. 38 della Costituzione pone un principio generale riguardante tutte le situazioni bisognevoli di prestazioni previdenziali e non esclude che la legge disciplini variamente gli ordinamenti che meglio si adeguano in concreto alle particolarità delle singole situazioni, predisponendo i mezzi finanziari all'uopo necessari.

Si conclude pertanto per la manifesta infondatezza della questione sollevata.

Considerato in diritto

1. - La questione che il tribunale di Reggio Emilia sottopone alla Corte consiste nello stabilire se l'art. 73 del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, per cui " l'indennità di disoccupazione é corrisposta a decorrere dall'ottavo (anziché dal primo) giorno successivo a quello della cessazione dal lavoro", sia in contrasto con l'art. 38 della Costituzione là dove esso proclama il diritto dei lavoratori "che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di... disoccupazione involontaria".

2. - L'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, parte nel giudizio, eccepisce la irrilevanza di tale questione in quanto nella specie non si era verificato, in senso tecnico, il licenziamento del lavoratore, cioè c'era stata solo sospensione, non "risoluzione del rapporto di lavoro da parte dell'impresa (che) dev'essere formale, oltreché motivata"; e cita in proposito la legge 15 giugno (rectius: luglio) 1966, n. 604. Ma l'eccezione é resistita dalla constatazione che tanto l'avvenuto licenziamento non era in discussione, fra il lavoratore e l'INPS, che quest'ultimo aveva regolarmente corrisposto l'indennità di licenziamento a partire dall'ottavo giorno del medesimo.

La questione può dunque essere affrontata nel merito.

3. - Fin dalla sentenza n. 22 del 1967, la Corte ha affermato che l'art. 38 della Costituzione "pone un principio generale, riguardante tutte le situazioni bisognevoli di prestazioni previdenziali, e pertanto non esclude che la legge disciplini variamente gli ordinamenti che meglio si adeguino in concreto alle particolarità delle singole situazioni, predisponendo i mezzi finanziari all'uopo necessari"; e ciò ha ribadito, fra le altre, testualmente nella sentenza n. 23 del 1973, e nella sentenza n. 160 del 1974, pur escludendo che "l'art. 38 contenga solo un principio di natura politica che esaurirebbe i suoi effetti e la sua portata nell'affermazione del dovere dello Stato a provvedere all'assistenza sociale".

Alla luce di questa valutazione della portata dell'art. 38, secondo comma, della Costituzione, valutazione la quale, al contrario di quanto rileva l'Avvocatura dello Stato, non può essere influenzata dal richiamo al comma primo, come previsione del mantenimento e dell'assistenza per ogni cittadino sfornito di mezzi, quale mezzo sussidiario di garanzia contro la disoccupazione, la Corte ritiene che non possa essere esclusa una certa discrezionalità del legislatore nella scelta dei modi, dei tempi, degli strumenti di applicazione del precetto costituzionale, discrezionalità che, naturalmente, non può giungere fino allo svuotamento e alla elusione in concreto del detto precetto.

Ma a tanto non può ritenersi che pervenga la denunciata disposizione dell'art. 73 del R.D.L. n. 1827 del 1935, stabilendo che la corresponsione della indennità ha inizio a decorrere dall'ottavo giorno di disoccupazione.

Nell'assenza di lavori parlamentari (trattandosi di un decreto legge del 1935) e nel silenzio, per quanto risulta, dei commentatori sul motivo di tale limitazione temporale, é lecito presumere - come la difesa INPS deduce - che essa trovi la sua spiegazione da una parte nella difficoltà e nel costo per l'Istituto, e quindi per la collettività, (sproporzionato rispetto al vantaggio del lavoratore) dell'immediato accertamento del diritto all'indennità in ogni caso di disoccupazione anche di minima durata, dall'altro nella considerazione della presumibile non immediatezza del bisogno per il lavoratore, mentre diminuzione complessiva della indennità non si verifica, essendo sempre eguale la durata della corresponsione sia che essa cominci il primo o l'ottavo giorno del licenziamento.

D'altra parte, l'attribuzione di un significato assoluto e, per così dire, totalizzante al precetto dell'art. 38, secondo comma, della Costituzione, secondo l'opinione del giudice a quo, il quale scrive nell'ordinanza di rimessione che le "esigenze di vita esigono, inderogabilmente, puntuale soddisfacimento", travolgerebbe non solo il termine di decorrenza dell'indennità, ma la durata della sua corresponsione, la sua entità, il suo rapporto col numero dei contributi settimanali versati: tutti limiti che sono nella legge impugnata e in quelle successive che regolano le indennità di disoccupazione e riferibili alla necessaria discrezionalità del legislatore nell'attuazione del precetto costituzionale.

Non può, infine, trascurarsi la considerazione che il legislatore é venuto progressivamente perfezionando gli strumenti di intervento a favore dei lavoratori disoccupati sia con la moltiplicazione delle garanzie contro i licenziamenti individuali, sia con la creazione e il successivo ampliamento delle attribuzioni della Cassa integrazione guadagni, sia con altri provvedimenti a favore della riconversione e ristrutturazione industriale mediatamente diretti a fronteggiare il fenomeno della disoccupazione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 73, primo comma, del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, sollevata, con riferimento all'art. 38 della Costituzione, dal tribunale di Reggio Emilia con ordinanza 27 gennaio 1976 (n. 446 del reg. ord. 1976.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 febbraio 1984.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE  -Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA  -Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI

 

Depositata in cancelleria il 15 febbraio 1984.