Sentenza n. 241 del 1983

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SENTENZA N. 241

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Dott. Michele ROSSANO

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

          Avv. Alberto MALAGUGINI

          Prof. Livio PALADIN      

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 25 della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento) promosso con ordinanza emessa il 20 maggio 1977 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto da Spagnol Pietro ed altro, iscritta al n. 223 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 186 del 1978;

udito, nella pubblica udienza del 10 maggio 1983, il Giudice relatore Michele Rossano.

Ritenuto in fatto

Con sentenza 5 marzo 1974 il Pretore di Thiene dichiarò Spagnol Pietro e Scalabrin Renato, amministratori della società a responsabilità limitata La Silicea Veneta, colpevoli della contravvenzione di cui agli artt. 9 e 36 r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604 (T. U. delle leggi sulla pesca) e successive modifiche, per avere versato rifiuti industriali in acque pubbliche senza il permesso della Giunta Provinciale, e della contravvenzione di cui agli artt. 6, comma primo, e 33, comma terzo, stesso decreto n. 1604 del 1931 per aver scaricato in acque pubbliche sostanze dannose per la fauna acquatica; e condannò ciascuno di essi alla pena complessiva di lire 100 mila di ammenda.

Avverso tale sentenza proposero appello gli imputati con atto 6 marzo 1974, chiedendo al Tribunale di Vicenza, in parziale riforma della sentenza impugnata, di assolverli dalla contravvenzione di cui agli artt. 6 e 33 r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604, perché il fatto non costituisce reato o, in subordine, per insufficienza di prove.

Con sentenza 21 settembre 1976 il Tribunale di Vicenza confermò la sentenza del Pretore di Thiene, rilevando, con riferimento alle norme della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), entrata n vigore nel corso del procedimento, che gli appellanti non avevano presentato, nel termine prescritto, la domanda di autorizzazione prevista dall'art. 15, comma secondo, lett. a), stessa legge e, quindi, non potevano giovarsi del disposto dell'art. 25 legge medesima, che condizionava la non punibilità dei fatti connessi con l'inquinamento, previsti come reati da precedenti disposizioni di legge, all'osservanza delle prescrizioni di cui al citato art. 15.

Avverso tale sentenza proposero ricorso per cassazione gli imputati, sollevando la questione di legittimità costituzionale dell'art. 25 legge n. 319 del 1976 in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

Con ordinanza 20 maggio 1977 la Corte di Cassazione dichiarò non manifestamente infondata e rilevante ai fini della decisione la questione di legittimità costituzionale dell'art. 25 legge n. 319 del 1976 in riferimento agli artt. 3 e 32 della Costituzione.

L'ordinanza é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 186 del 5 luglio 1978.

Nel giudizio davanti a questa Corte non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri e non si sono costituite le parti.

Considerato in diritto

1. - La Corte di Cassazione ha ritenuto rilevante ai fini della decisione e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 25 legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento), precisando, nella motivazione della ordinanza, che i ricorrenti, nel sollevare la questione, avevano richiamato erroneamente l'art. 24 invece dell'art. 32 della Costituzione. Ha dato per pacifico che i due ricorrenti, se fossero stati ancora amministratori della soc. La Silicea Veneta, avrebbero avuto il diritto di chiedere, ai sensi della vigente legge n. 319 del 1976, l'autorizzazione amministrativa e, quindi, di ottenere l'applicazione della scriminante prevista dall'art. 25 della stessa legge. Ha affermato che il menzionato art. 25 era in contrasto con gli artt. 3 e 32 della Costituzione perché riservava un trattamento diverso ai ricorrenti dato che costoro, non essendo più legali rappresentanti della soc. La Silicea Veneta, non avevano la possibilità di chiedere l'autorizzazione prescritta dalla nuova legge n. 319 del 1976, e, quindi, di avvalersi dell'esimente prevista dallo stesso art. 25.

La questione é inammissibile.

L'impugnato art. 25 legge 10 maggio 1976, n. 319, introduce, con il comma terzo, una speciale causa di non punibilità per coloro che abbiano commesso i fatti di inquinamento di cui all'art. 1, lett. a), previsti come reato da precedenti disposizioni di legge, qualora siano osservate le norme e prescrizioni di cui all'art. 15, comma secondo, lettere a) e b) ed allo stesso art. 25. L'art.15, comma secondo, lettere a) e b), prescrive che gli interessati devono chiedere l'autorizzazione entro due mesi e il rinnovo dell'autorizzazione entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge.

L'art. 25 impone a coloro che effettuano scarichi già esistenti l'adozione delle misure necessarie ad evitare un aumento anche temporaneo dell'inquinamento e l'osservanza delle prescrizioni stabilite dalle regioni, dagli enti locali e dalle autorità sanitarie.

Nell'ordinanza di rinvio della Corte di Cassazione é dato per pacifico che i due ricorrenti non rivestono più la qualifica di amministratori della soc. La Silicea Veneta. Pertanto, gli stessi si trovano nella impossibilità giuridica di proporre la domanda di autorizzazione, che é prevista dalle norme sopra richiamate e costituisce il presupposto per l'applicazione della speciale causa di non punibilità introdotta dalla norma impugnata. Ora non é consentito a questa Corte di integrare la casistica, prevista dalla norma impugnata e dalle disposizioni da essa richiamate, al fine di rendere applicabile l'esimente anche a quanti non hanno più il potere di compiere quelle particolari attività sopra precisate, che giustificano la previsione dell'esimente stessa (cfr. sentenza di questa Corte n. 12 del 1972).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 25 legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento) proposta dalla Corte di Cassazione, con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 32 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 1983.

Leopoldo ELIA -  Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI -  Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 15 luglio 1983.