Sentenza n. 107 del 1983

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SENTENZA N. 107

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Prof. Livio PALADIN

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata il 15 febbraio 1979 e riapprovata il 22 novembre 1979 dal Consiglio regionale della Lombardia recante "Aggregazione della Borgata Nuova Curnasco e di alcune aree limitrofe site in comune di Treviolo al Comune di Bergamo", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 20 dicembre 1979, depositato in cancelleria il 29 dicembre 1979, iscritto al n. 25 del registro ricorsi 1979 e del quale è stata data notizia nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15 del 16 gennaio 1980.

Visto l'atto di costituzione della Regione Lombardia;

udito nell'udienza pubblica dell'8 marzo 1983 il Giudice relatore Livio Paladin;

uditi l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il ricorrente, e l'avv. Umberto Pototschnig, per la Regione.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso notificato il 20 dicembre 1979, il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato la legge regionale lombarda approvata il 15 febbraio e riapprovata il 22 novembre 1979 (per l'"aggregazione della Borgata Nuova Curnasco e di alcune aree limitrofe, site in Comune di Treviolo, al Comune di Bergamo"), assumendone il contrasto con l'art. 133 della Costituzione.

 

Il ricorso premette che, stando agli stessi lavori preparatori della legge impugnata. risulta che essa "deriva da due diversi progetti di legge regionale": l'uno relativo alla sola borgata "Nuova Curnasco", l'altro coinvolgente "alcune aree ad essa limitrofe".

Anche nella relazione alla legge in esame si riconosce - secondo l'Avvocatura dello Stato - che le due aggregazioni conseguentemente disposte dal Consiglio regionale lombardo rispondevano e rispondono ad esigenze diverse. E, così pure, il Consiglio comunale di Treviolo ed il Consiglio provinciale di Bergamo hanno espresso in proposito - a quanto deduce il ricorso - pareri differenziati: favorevole, circa la prevista aggregazione della Borgata "Nuova Curnasco"; contrario, in antitesi all'avviso del Comune di Bergamo, circa le aree limitrofe in discussione.

Senonché le popolazioni rispettivamente interessate sono state consultate per mezzo di un unico referendum, svoltosi il 13 ottobre 1978: così violando - sostiene il ricorso - l'art. 25, quarto comma, della legge regionale n. 26 del 1973, come modificato con legge regionale n. 12 del 1977, per cui "al referendum indetto... per il mutamento della circoscrizione comunale partecipano soltanto gli elettori... di quella frazione o borgata o porzione di territorio che verrebbe trasferita dall'uno all'altro comune". In effetti, l'uso della congiunzione "o" starebbe a significare che "la proposta da sottoporre a referendum deve riguardare il trasferimento dall'uno all'altro comune o di una frazione o di una borgata o di una porzione di territorio, restando rispettivamente distinto, nei singoli casi, il corpo elettorale interpellato". E la violazione della predetta disciplina regionale si risolverebbe in un superamento dei "limiti posti alla competenza della Regione dal secondo comma dell'art. 133 Cost.", dal momento che, nella specie, le popolazioni interessate al trasferimento delle aree adiacenti alla borgata "Nuova Curnasco" non sarebbero state legittimamente sentite: "non solo perché" - si conclude - "gli abitanti di quella frazione... non sono stati interpellati in modo da far risultare chiaramente la loro volontà, ma anche perché non sono stati in alcun modo valutati i pareri degli organi rappresentativi" del Comune di Treviolo e della Provincia di Bergamo.

2. - Costituitasi in giudizio, la Regione Lombardia ha chiesto la reiezione del ricorso, per l'infondatezza della questione sollevata.

Secondo la Regione, non varrebbe argomentare che, nella specie, i referendum da svolgere dovevano essere due: sia perché la legislazione locale non lo richiederebbe affatto (altro essendo il senso del richiamato art. 25, quarto comma); sia perché la necessità di consultazioni distinte potrebbe al più sostenersi nel caso di trasferimento di territori non contigui, ma non certo in un caso riguardante territori finitimi, come quelli in discussione. Né si potrebbe assumere che sia stata omessa ogni valutazione dei pareri espressi dagli organismi rappresentativi delle popolazioni interessate, in quanto lo smentirebbero formalmente i lavori preparatori della legge impugnata; e la circostanza che poi tali pareri siano stati parzialmente disattesi sarebbe comunque giustificata dal loro carattere non vincolante. In realtà - conclude la Regione - sotto la veste di una pretesa violazione dell'art. 133 Cost., il ricorso avrebbe inteso censurare nel merito la legge impugnata: il che potrebbe se mai rilevare in sede politica, ma non sul terreno di un giudizio di legittimità costituzionale.

In vista della pubblica udienza, la parte resistente ha inoltre depositato una memoria, con cui si prospettano - in particolar modo - alcune eccezioni d'inammissibilità del ricorso.

La prima delle censure in esame, riguardando la pretesa necessità di una duplice e distinta consultazione delle popolazioni, si risolverebbe infatti nella denunzia di un "cattivo uso del potere di indizione del referendum (cioè di un atto preparatorio della legge), che non può avere" - si osserva - "riflessi diretti sulla conformità della legge all'art. 133 della Costituzione", stante che le "popolazioni interessate" sarebbero state comunque "sentite" (esprimendo, a forte maggioranza, un voto favorevole alla proposta); senza dire che sarebbe assurdo dover smembrare "all'infinito" il territorio da distaccare e da riaggregare, per svolgere consultazioni distinte in ogni porzione di esso. Del pari, sarebbe inammissibile la seconda censura, concernente l'inadeguata valutazione di alcuni pareri degli organismi rappresentativi, perché "rivolta, non alla legge in quanto tale, ma alla sua motivazione, quale desumibile esclusivamente dagli atti preparatori". "Il giudice delle leggi" non potrebbe, cioè, "spingere il suo sindacato sino al punto da valutare la sufficienza od insufficienza della loro motivazione, sostituendosi in definitiva all'organo legislativo".

3. - Nella pubblica udienza, l'Avvocatura dello Stato ha chiesto che la legge impugnata venga dichiarata illegittima, nella parte concernente le "aree limitrofe" alla borgata di "Nuova Curnasco" (laddove l'aggregazione della borgata medesima al Comune di Bergamo potrebbe ritenersi rispondente alla volontà delle popolazioni interessate). Quanto, poi, alle eccezioni d'inammissibilità sollevate dalla Regione resistente, esse sarebbero infondate, dal momento che i vizi denunciati comporterebbero una diretta violazione dell'art. 133, secondo comma, della Costituzione.

Per contro, la difesa regionale ha insistito nelle tesi già svolte, sostenendo in particolar - modo che - sulla base della legislazione lombarda - non si poteva non sottoporre ad un solo referendum l'intero progetto di legge ritenuto proponibile dal Consiglio regionale.

Considerato in diritto

1. - Il ricorso introduttivo del presente giudizio censura per un duplice motivo l'impugnata legge della Regione Lombardia, riguardante l'"aggregazione della Borgata Nuova Curnasco e di alcune aree limitrofe, site in Comune di Treviolo, al Comune di Bergamo".

 

Da un lato, l'atto legislativo in questione sarebbe stato approvato in violazione dell'art. 25, quarto comma, della legge regionale 31 luglio 1973, n. 26, come modificato con legge regionale 27 gennaio 1977, n. 12, così violando la stessa previsione dell'art. 133 cpv. Cost., per cui "la Regione sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni": la volontà delle popolazioni non avrebbe potuto, cioè, manifestarsi in modo chiaro e preciso, dal momento che il Consiglio regionale lombardo - con deliberazione del 26 maggio 1977 - ha ritenuto "proponibile" ed ha sottoposto ad un solo referendum l'intero progetto di legge regionale mirante alle predette modificazioni territoriali, anziché disporre l'effettuazione di due consultazioni separate, rispettivamente relative alla sorte della Borgata Nuova Curnasco ed a quella delle "aree limitrofe". D'altro lato, la legge impugnata sarebbe ulteriormente lesiva dell'art. 133 cpv. Cost., poiché il Consiglio regionale lombardo non avrebbe tenuto in debito conto i pareri espressi in proposito dal Consiglio comunale di Treviolo, in data 8 aprile 1976, e dal Consiglio provinciale di Bergamo, in data 14 febbraio 1977: ambedue contrari alla modificazione concernente le "aree limitrofe" in esame e sostanzialmente favorevoli al solo distacco della borgata Nuova Curnasco dal Comune di Treviolo, in vista della sua conseguente aggregazione al Comune di Bergamo.

Senonché, sotto entrambi i profili, il ricorso si dimostra inammissibile.

2. - Quanto al primo motivo, esso non trova alcun riscontro nelle ragioni che hanno ispirato il previo rinvio governativo, disposto ai sensi dell'art. 127, terzo comma, della Costituzione.

Dal testo del telegramma di rinvio, trasmesso alla Regione Lombardia in data 17 marzo 1979, si ricava unicamente che "da parte Consiglio regionale non sunt stati adeguatamente valutati pareri espressi in ordine variazione territoriale da Consiglio comunale Treviolo et Consiglio provinciale Bergamo"; ed é appunto "per tale motivo" che "Governo habet rinviato legge cui trattasi". Ora, una tale censura non preannuncia per nulla quel difetto di consultazione delle popolazioni interessate, per la mancata osservanza della legge regionale n. 12 del 1977, sul quale il ricorrente fa poggiare la gran parte delle proprie argomentazioni; sicché non sussiste, sotto questo aspetto, la necessaria "corrispondenza, sia pure sintetica e nelle linee essenziali, che deve intercorrere" - secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (ribadita, da ultimo, nella sent. n. 212 del 1976) - "tra motivi del rinvio e censure esposte nel successivo ricorso".

3. - Quanto al secondo motivo, esso va dichiarato inammissibile - in accoglimento dell'eccezione sollevata dalla Regione resistente - perché la censura in tal senso proposta non attiene alla legittimità costituzionale della legge impugnata.

Effettivamente, l'inadeguata valutazione dei pareri del Consiglio comunale di Treviolo e del Consiglio provinciale di Bergamo, genericamente lamentata dal citato rinvio governativo, non si risolve in una diretta violazione dell'art. 133 cpv. Cost. (che si limita ad esigere la consultazione delle popolazioni interessate mediante referendum, come la Corte ha precisato nella sentenza n. 204 del 1981); né implica - stando alla stessa impostazione del ricorso - la violazione di alcuna altra norma comunque sopraordinata alla legge regionale in esame. Ed é proprio il ricorso a dare atto che, in sede di modifica delle circoscrizioni comunali, "i pareri dei comuni e delle province sono" - se mai - "obbligatori ma non vincolanti": con la conseguenza che l'apprezzamento di essi da parte del Consiglio regionale sfugge al sindacato di questa Corte.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale della legge della Regione Lombardia approvata il 15 febbraio e riapprovata il 22 novembre 1979 ("Aggregazione della Borgata Nuova Curnasco e di alcune aree limitrofe site in Comune di Treviolo al Comune di Bergamo"), in riferimento all'art. 133, secondo comma, della Costituzione, sollevate con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 marzo 1983.

Leopoldo ELIA– Antonino DE STEFANO - Oronzo REALE – Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO – Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 21 aprile 1983.