Sentenza n. 54 del 1983

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SENTENZA N. 54

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Prof. Livio PALADIN

         Dott. Arnaldo MACCARONE

         Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Vittorio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Prof. Giovanni CONSO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale:

a) della legge approvata il 10 aprile 1975 e riapprovata il 23 gennaio 1976 dal Consiglio regionale dell'Umbria, recante "Anticipazioni finanziarie relative a provvidenze statali e comunitarie in materia di agricoltura";

b) della legge approvata il 17 dicembre 1975 e riapprovata il 26 febbraio 1976 dal Consiglio regionale della Campania, recante "Variazioni al bilancio per l'anno finanziario 1975 - Quarto provvedimento";

c) della legge riapprovata il 31 marzo 1977 dal Consiglio regionale della Valle d'Aosta, recante "Apertura di credito su mandato a favore dell'Ente ospedaliero regionale ed integrazione delle leggi regionali 19.2.1975, n. 4, e 29.12.1975, n. 52";

d) della legge approvata l'11 maggio 1978 e riapprovata il 24 giugno 1978 dal Consiglio regionale del Friuli - Venezia Giulia, recante "Speciale finanziamento dell'art. 39 della legge regionale 6 settembre 1974, n. 47 e successive modifiche ed integrazioni ed assegnazioni di un contributo una tantum per i lavoratori delle autolinee";

e) dell'art. 1 e dell'art. 4, comma secondo, del disegno di legge n. 641, approvato dall'Assemblea regionale della Regione Sicilia il 3 agosto 1979, recante "Provvidenze per i sali potassici".

Giudizi promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana con ricorsi rispettivamente notificati l' 11 febbraio e il 17 marzo 1976, il 21 aprile 1977,l'11 luglio 1978 e l'8 agosto 1979, depositati in cancelleria il 20 febbraio e il 27 marzo 1976, il 29 aprile 1977, il 18 luglio 1978 e il 13 agosto 1979, iscritti ai nn. 8 e 14 del registro ricorsi 1976, al n. 10 del registro ricorsi 1977, al n. 18 del registro ricorsi 1978 e al n. 20 del registro ricorsi del 1979 e dei quali é stata data notizia nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 78 e 105 del 1976, n. 127 del 1977 e n. 208 del 1978 e n. 230 del 1979.

Visti gli atti di costituzione delle Regioni Umbria, Campania, Valle d'Aosta, Friuli - Venezia Giulia e Sicilia;

udito nell'udienza pubblica del 28 aprile 1982 il Giudice relatore Antonio La Pergola;

uditi gli avvocati dello Stato Giorgio Azzariti e Paolo D'Amico per il Presidente del Consiglio dei ministri;

uditi l'avv. Fabio Dean, per la Regione Umbria, l'avv. Giuseppe Abbamonte, per la Regione Campania, l'avv. Gustavo Romanelli, per la Regione Valle d'Aosta, l'avv. Gaspare Pacia per la Regione Friuli - Venezia Giulia, e l'avv. Giuseppe Fazio, per la Regione Sicilia.

Ritenuto in fatto

1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha prodotto ricorso contro il Presidente della Regione Umbria per sentir dichiarare l'illegittimità costituzionale della legge regionale approvata il 10 aprile del 1975 e riapprovata il 23 gennaio 1976, recante "Anticipazioni finanziarie relative a provvidenze statali e comunitarie in materia di agricoltura".

Secondo l'Avvocatura generale dello Stato, nell'impugnato testo normativo é indicata una mera partita di giro, non la fonte di copertura delle spese relative alle dette anticipazioni: il che implicherebbe l'inosservanza dell'art. 81 Cost.

La Regione Umbria, costituitasi nel presente giudizio, deduce l'infondatezza della questione, rilevando, fra l'altro, come gli organi regionali hanno a suo tempo chiarito, di fronte ai rilievi formulati dal Commissario del Governo, che la semplice aleatorietà del momento del recupero non intacca la sicurezza del finanziamento, con il quale si provvede alla copertura delle spese previste. Osserva inoltre la Regione che la legge umbra n. 12 del 1975 aveva adottato in una precedente occasione analogo meccanismo di spesa, senza che il Governo sollevasse dubbi di costituzionalità.

2. - Altro ricorso del Presidente del Consiglio é proposto nei confronti del disegno di legge approvato dal Consiglio regionale della Campania il 17 dicembre 1975 e recante: "Variazioni al bilancio per l'anno finanziario 1975". Il suddetto disegno era rinviato dal Governo al Consiglio regionale e da quest'organo riapprovato il 26 febbraio 1976. La variazione introdotta nel bilancio del 1975 consiste in un aumento di 25 miliardi, relativamente sia allo stato di previsione dell'entrata, sia a quello della spesa. La difesa dello Stato afferma che l'impugnato disegno di legge manca di indicare la copertura della maggiore spesa così prevista, con il risultato di disattendere la prescrizione dell'art. 81 Cost.. La violazione di tale norma risulterebbe non solo dal testo normativo in questione, ma dalla relazione illustrativa e dalla lettera del Presidente della Giunta, in cui si dà conto dell'urgenza del provvedimento adottato e si indicano i mezzi per far fronte alla spesa che ne sarebbe derivata. Deduce infatti l'Avvocatura che, a parte il rilievo che la spesa non può trovare copertura in atti diversi dalla legge, la Regione ha qui inteso disporre di somme, la cui erogazione non era stata nemmeno promossa con alcuna iniziativa dei competenti organi statali. Nella specie si avrebbe così l'aspettativa di una copertura futura ed eventuale e non quella, sostanziale ed attuale, prescritta ai sensi dell'invocato disposto della Costituzione.

La Regione Campania, costituitasi in giudizio, osserva che il provvedimento di variazione del bilancio indica i mezzi della relativa copertura. Comunque, agli organi legislativi non sarebbe precluso di far riferimento ad entrate future, ai fini che contempla l'art. 81 Cost. . Inconferente, si osserva poi, é il richiamo del quarto comma di tale statuizione da parte del Governo, dal momento che ivi si fa riferimento a leggi diverse da quelle di bilancio e queste ultime formano invece oggetto della previsione del terzo comma dell'art. 81. In una memoria aggiuntiva prodotta in prossimità dell'udienza, la Regione ha successivamente osservato che la copertura finanziaria della maggiore spesa era offerta dall'art. 14 della legge n. 386 del 1974, concernente l'istituzione del fondo nazionale ospedaliero: del quale, si dice, era stato alla Regione Campania assegnato, per l'anno 1975,il 20%, pari a 40 miliardi; la spesa prevista dal disegno impugnato, di soli 25 miliardi, sarebbe quindi risultata largamente coperta. Quanto al disposto del quarto comma dell'art. 81, che viene in rilievo nella specie, la Regione deduce che esso non implica la necessità di accompagnare l'introduzione di nuovi oneri con quella di nuove entrate. Il legislatore potrebbe infatti far fronte alle spese attraverso fondi derivanti da entrate già previste dalla legislazione in vigore; nel caso in esame, i mezzi della copertura sarebbero previsti nella citata legge n. 386, nella quale si ravvisa quindi il titolo giustificativo del disegno impugnato. Nessun rilievo avrebbe invece la materiale detenzione da parte della Regione delle somme ad essa assegnate ai sensi della legge statale.

3. - Il Presidente del Consiglio ha proposto ricorso contro il Presidente della Regione Valle d'Aosta, deducendo l'incostituzionalità del disegno di legge, riapprovato dal Consiglio regionale il 31 marzo 1977, recante "Apertura di credito su mandato a favore dell'ente ospedaliero regionale, ad integrazione delle leggi regionali 19 febbraio 1975, n. 4 e 29 dicembre 1975, n. 52". Il disegno impugnato autorizza l'apertura di un credito di due miliardi; l'art. 2 fa riferimento, da un lato all'adeguamento della quota del fondo ospedaliero spettante alla Regione per gli anni 1975/76 - adeguamento, però, approvato solo dal CIPE - e, dall'altro, a varie fonti di finanziamento, che non sarebbero state adeguatamente specificate.

La Regione Valle d'Aosta, costituitasi in giudizio, deduce che il disegno impugnato é compatibile con l'art. 81 Cost. . In una memoria aggiuntiva prodotta in prossimità dell'udienza, si soggiunge che il finanziamento regionale riguardava l'unico ospedale regionale valdostano di pertinenza dell'Ordine Mauriziano; a seguito di una controversia instaurata avanti al giudice amministrativo, il Consiglio di Stato ha confermato l'annullamento del provvedimento del Presidente della Regione, che aveva istituito il suddetto ente ospedaliero regionale. Di conseguenza, l'ospedale é attualmente gestito in regime commissariale, mentre il futuro assetto dell'ente é oggetto di trattative in corso tra Regione e Ordine Mauriziano.

4. - Un quarto ricorso riguarda il provvedimento legislativo approvato dal Consiglio della Regione Friuli - Venezia Giulia in data 11 maggio 1978, riapprovato il 24 giugno 1978 e recante "Speciale finanziamento dell'art. 39 della legge regionale 6 settembre 1974, n. 47 e successive modifiche ed integrazioni, ed assegnazione di un contributo una tantum per i lavoratori delle autolinee". Il provvedimento impugnato prevede una spesa di un miliardo e mezzo, relativa all'erogazione di contributi della Regione, in favore di aziende concessionarie di servizi di linea extraurbani, nonché l'erogazione alle medesime imprese della somma forfetaria di lire seicentomila, comprensiva degli oneri previdenziali ed assistenziali a carico dei datori di lavoro per ciascun dipendente, riguardo al periodo 1 gennaio 1976 - 31 dicembre 1977.

Per far fronte ai relativi oneri finanziari viene istituito nello stato di previsione dell'entrata del piano finanziario per gli esercizi 1978 - 1981 e del bilancio per l'esercizio 1978 un capitolo recante "Assegnazioni dello Stato sul fondo nazionale dei trasporti", con lo stanziamento per l'esercizio 1978, di 2.075 milioni.

La difesa dello Stato rileva che il fondo nazionale dei trasporti non era stato ancora costituito, né era stata fissata la sua dotazione: di qui la dedotta violazione del quarto comma dell'art. 81 Cost. .

La Regione Friuli - Venezia Giulia, costituitasi davanti a questa Corte, deduce l'infondatezza della questione.

5. - Il Commissario dello Stato per la Regione siciliana impugnava il disegno di legge n. 641, approvato dall'Assemblea regionale il 3 agosto 1979. In tale disegno é previsto l'incremento del fondo di dotazione dell'ente Minerario Siciliano per il triennio 1979/1981 nella misura di lire 35 miliardi, così destinati: 26 miliardi, di cui due per il 1979, alla ristrutturazione dell'attività produttiva dei sali potassici, e nove miliardi, nell'anno 1979, per concorrere con gli altri azionisti della ISPEA (S.p.A.) alla copertura delle perdite della società medesima, quali risultavano al 31 dicembre 1978. L'onere di 11 miliardi, relativo all'esercizio 1979, é coperto dall'avanzo finanziario, accertato con il rendiconto consuntivo della Regione per il 1978. Il restante onere di 24 miliardi, relativo agli esercizi 1980 e 1981, avrebbe dovuto trovare riscontro nel bilancio regionale pluriennale, ai sensi dell'art. 1, quarto comma, della legge regionale n. 47 del 1977. Senonché, si soggiunge, tale bilancio, approvato il 3 agosto 1979, non prevedeva alcuna copertura della spesa relativa alla ristrutturazione ed al risanamento dell'attività produttiva nel settore dei sali potassici.

Non soccorrerebbero infatti a tal riguardo i mezzi finanziari individuati al cespite 05 - 02 - 01 - 01 del bilancio pluriennale, in quanto essi derivano dal fondo di solidarietà nazionale e devono perciò essere adoperati esclusivamente per gli scopi previsti dall'art. 38 dello Statuto della Regione, al perseguimento dei quali fa riferimento l'art. 7 della stessa legge di bilancio pluriennale. Resta pertanto escluso, ad avviso del ricorrente organo statale, che la Regione, da un canto riaffermi, nell'art. 7 della suddetta legge, l'attuazione dell'art. 38 dello Statuto, e dall'altro deroghi la norma statutaria con il provvedimento legislativo impugnato. Gli interventi previsti dal bilancio pluriennale con riguardo alle infrastrutture coprirebbero, del resto, un'area diversa, rispetto a quella in cui s'inquadra il piano di ristrutturazione. Difettando, così, la prevista copertura della spesa, vi sarebbe violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione.

La difesa della Regione Sicilia, costituitasi nel giudizio di costituzionalità, rileva che il Commissario dello Stato non ha considerato valido, ai fini della copertura finanziaria, il riferimento al bilancio pluriennale regionale. Tale bilancio, si osserva poi, é stato tuttavia approvato in base al disposto del quinto comma dell'art. 1 della legge regionale n. 47 del 1977, che recepisce nell'ordinamento regionale siciliano quanto dispone per le Regioni ordinarie il quarto comma dell'art. 1 della legge n. 335 del 1976. Secondo quest'ultima norma il bilancio pluriennale regionale "costituisce sede per il riscontro della copertura finanziaria di nuove o maggiori spese stabilite da leggi della Regione a carico di esercizi futuri".

Le censure formulate dal Commissario dello Stato - deduce ancora la difesa della Regione - discendono dall'erroneo concetto che il ricorrente ha degli interventi nel settore estrattivo, ai quali fa riferimento il bilancio pluriennale. La norma regionale é impugnata sull'ingiustificato assunto che la ristrutturazione, ivi contemplata, non possa includere alcuna infrastruttura o alcun opus che sia il risultato di un'attività umana.

Ad avviso della Regione, l'attività di ristrutturazione comporterebbe infatti, e necessariamente, la creazione di nuove strutture e nel settore minerario si concreterebbe nella realizzazione di opere, il cui piano, in base all'art. 2 del disegno di legge impugnato, va approvato dal Governo regionale, previo parere della Giunta per le partecipazioni regionali, in conformità di quel che prevede, per i piani economici, appunto l'art. 38 dello Statuto.

Del resto - rileva la Regione - i dubbi sul significato di una statuizione legislativa non possono determinare l'insorgere di questioni di costituzionalità, quando della norma possa darsi un'interpretazione, come nella specie, conforme al dettato costituzionale, che secondo i principi va allora accolta, ad esclusione di qualsiasi altra.

Comunque il combinato disposto del capoverso dell'art. 1 e del secondo comma dell'art. 4 del disegno impugnato, sancirebbe l'interpretazione autentica di quale contenuto abbia il cespite del bilancio in questione, in quanto l'uno e l'altro precetto emanano dal medesimo organo, sempre nell'esercizio della funzione legislativa.

6. - All'udienza pubblica del 28 aprile 1982 l'Avvocatura dello Stato e la difesa delle Regioni resistenti hanno ribadito le conclusioni già prese. Per quel che riguarda, in particolare, la questione proposta dal Commissario dello Stato, ai sensi dell'art. 27 dello Statuto speciale per la Sicilia (vedi sopra n. 5), l'Avvocatura ha innanzitutto prospettato alla Corte la possibilità di una pronunzia che dichiari la cessazione della materia del contendere. Tale soluzione, ha precisato la difesa dello Stato, andrebbe infatti adottata se si ritiene applicabile alla specie la decisione resa in altra occasione dalla Corte (sentenza 142/78), nella quale la cessazione della materia del contendere é fatta discendere dalla circostanza che la legge siciliana, contenente le disposizioni impugnate dallo Stato era stata promulgata dal Presidente regionale in pendenza del relativo giudizio, escludendo dal testo promulgato la parte gravata da censura. La Regione conveniva sulla necessità di definire questo preliminare profilo della specie. La cessazione della materia del contendere é stata prospettata, nel corso della medesima udienza, sia dall'Avvocatura, sia dalla difesa della Regione Friuli - Venezia Giulia, con riguardo alla questione concernente la legge regionale approvata il 24 giugno 1978 (v. sopra n. 4), sotto il riflesso che le disposizioni ivi poste, e oggetto del presente giudizio, sono state modificate da una successiva legge regionale, non impugnata dallo Stato.

Considerato in diritto

1. - Le controversie di cui é investita la Corte concernono, per asserita violazione dell'art. 81 Cost., disegni di legge approvati dagli organi legislativi di varie Regioni: Umbria, Campania, Valle d'Aosta, Friuli - Venezia Giulia e Sicilia.

I relativi giudizi sono riuniti e definiti con unica sentenza, data l'identità del precetto costituzionale che con tutti i ricorsi in esame si assume leso.

2. - Le proposte questione di legittimità vanno dichiarate fondate con riguardo ai disegni di legge approvati dai Consigli regionali dell'Umbria, della Campania e della Valle d'Aosta. Soccorrono in questo senso le considerazioni seguenti.

2.I - Il disegno di legge umbro autorizza (all'art. 1) la Giunta regionale all'anticipazione di somme a favore di certe categorie di aziende agricole, in riferimento a provvedimenti formali delle competenti autorità, di provvidenze e contributi previsti in fonti statali e comunitarie (legge dello Stato 18 aprile 1974 n. 118, regolamenti comunitari nn. 1353/73, 1821/73, 2502/74 e le direttive CEE nn. 159/72, 160/72 e 161/72), nonché a favore dei beneficiari del regime di aiuti del Fondo europeo di orientamento e garanzia in agricoltura, Sezione orientamenti, dove si tratti di realizzare progetti per i quali sia intervenuta decisione favorevole della Commissione delle Comunità Europee.

Nell'apposita norma concernente le modalità e i criteri dell'erogazione (art. 2) é stabilito che, ai fini della garanzia del recupero, le anticipazioni sono concesse previo rilascio, a favore della Regione, di delega a riscuotere le somme spettanti ai beneficiari in base al titolo suddetto; il beneficiario rimane direttamente responsabile della restituzione della somma ricevuta, dandosi obbligo di sottoscrivere apposita convenzione. Le norme finanziarie (cfr. l'art. 3) fissano in L. 1.500.000 il massimo ammontare dell'anticipazione consentita, da imputare, per l'esercizio degli anni 1975 e seguenti, ad un capitolo di nuova istituzione, nella parte uscita del bilancio, mentre é istituito, nella parte entrata del bilancio stesso, il corrispondente capitolo, al quale sono destinate le somme rimborsate.

Il Governo aveva eccepito, in sede di rinvio, che il provvedimento così congegnato non rispondeva ai precetti dell'art. 81 Cost. , nel senso, precisamente, che non veniva indicata, in relazione ai finanziamenti, alcuna fonte immediatamente disponibile, ma si faceva affidamento sul recupero delle somme anticipate, senza tener conto della aleatorietà del momento in cui la previsione dell'entrata avrebbe potuto concretamente operare. Di fronte alla riapprovazione della legge da parte degli organi regionali, l'Avvocatura dello Stato afferma, nel ribadire la lamentata infrazione dell'art. 81 Cost., che ogni finanziamento ed ogni anticipazione ha un suo costo, che non può essere compensato con la mera restituzione della somma anticipata. In luogo dei mezzi per far fronte all'onere assunto - si conclude nel ricorso del Presidente del Consiglio - il legislatore regionale ha qui previsto una mera partita di giro.

Ora, tale ultima conclusione non può essere condivisa dalla Corte, dal momento che, rispetto alla partita di giro in senso proprio, l'Ente regione dovrebbe porsi come debitore e creditore nello stesso momento e per identico ammontare, mentre così non accade nella specie. Resta, però, il decisivo rilievo che l'imputazione al capitolo di entrata dei proventi del recupero non costituisce idonea copertura della spesa. Si tratta, invece, di una soluzione imposta dallo stesso meccanismo dell'anticipazione, perché altrimenti sarebbe stata duplicata la sovvenzione erogata ai beneficiari. La via prescelta nella legge regionale - quella di un'erogazione temporanea, e del connesso riferimento ad altro e successivo provvedimento amministrativo - implica, d'altra parte, la necessaria scissione fra la fase dell'anticipazione e quella del recupero: ed é proprio questo risultato ad offendere l'invocato precetto costituzionale, nonostante le molteplici cautele che la Regione deduce di avere introdotto nel disegno di legge per garantirsi del recupero delle somme anticipate. Infatti, l'anticipazione costituisce pur sempre un nuovo onere a carico del bilancio regionale, e la relativa copertura va reperita, ai sensi dell'art. 81, ultimo comma, Cost. , attraverso i mezzi consueti: cioè con quelle fonti di finanziamento della spesa, che consentono di non alterare nel corso dell'esercizio i dati impostati nel bilancio di previsione.

2.II - Il disegno di legge approvato dal Consiglio regionale della Campania il 26 febbraio 1976, consta di un solo articolo, in cui si dispone che il capitolo, ivi individuato, dello stato di previsione dell'entrata, é, per l'anno finanziario 1975, aumentato dell'importo di lire venticinque miliardi, e che in pari misura é aumentato il corrispondente capitolo dello stato di previsione della spesa. É altresì previsto che la legge, dichiarata urgente ai sensi dell'art. 127, secondo comma, Cost., entri in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nel "Bollettino Ufficiale della Regione Campania". Tale disegno era stato una prima volta approvato dal legislatore campano, ma rinviato dal Governo, con il rilievo che non vi erano indicate le ragioni della prevista variazione di bilancio. In sede di riesame, il Consiglio regionale, prima di riapprovarne il testo, ha richiamato una "relazione illustrativa" ed una lettera del Presidente della Giunta, nella quale sarebbe motivata l'urgenza del provvedimento e indicata la fonte di copertura della conseguente spesa. Nel ricorso successivamente prodotto dal Presidente del Consiglio, la violazione del citato precetto costituzionale é poi dedotta sull'assunto che, alla stregua della costante giurisprudenza di questa Corte, il terzo comma forma sistema con il quarto comma dell'art. 81 Cost.. Di qui si fa discendere che la legge di variazione del bilancio, non importa se della Regione o dello Stato, é istituzionalmente vincolata ad operare nell'ambito dell'ordinamento precostituito dalla legislazione sostanziale: laddove, asserisce l'Avvocatura, l'onere finanziario conseguente all'approvazione dell'impugnato disegno non trae idoneo titolo di copertura dalla previgente normativa. La Regione oppone, dal canto suo, che alla spesa prevista si fa fronte, come risulterebbe dalla relazione e dalla lettera sopra ricordate, con le somme destinate dal Tesoro nazionale ad integrazione del fondo nazionale ospedaliero. Una legge di variazione del bilancio - e tale é quella che qui viene in rilievo - non lede il sistema dell'art. 81 Cost. - si afferma, in sostanza, dalla ricorrente - quando le nuove spese siano coperte con fondi comunque derivanti da entrate già previste dalla normazione in vigore; e si soggiunge che non rileva a tal riguardo se le somme siano, oppure no, già introitate e materialmente detenute dalla Regione. Con riferimento alla specie si assume, va precisato, che l'osservanza del precetto costituzionale sia assicurata grazie al disposto degli artt. 14 e 16 della legge statale n. 386 del 17 agosto 1974, che ha convertito il d.l. 8 luglio 1974, n. 264 e reca: "Norme per l'estinzione dei debiti degli enti mutualistici nei confronti degli enti ospedalieri, il finanziamento della spesa ospedaliera e l'avvio della riforma sanitaria". Queste norme di legge prevedono, fra l'altro, l'istituzione nello stato di previsione della spesa del Ministero della Sanità, a decorrere dall'1 gennaio 1975, di un capitolo denominato "Fondo nazionale per l'assistenza ospedaliera" e destinato al finanziamento della spesa per gli scopi che la legge stessa contempla; dispongono come detto fondo é alimentato, e dettano procedure modalità e criteri con riguardo alla ripartizione del fondo stesso fra le Regioni. I relativi parametri vanno - é ivi stabilito - determinati numericamente per ogni singola Regione, in base agli elementi di valutazione appositamente indicati; le quote da assegnare alle Regioni sono trasferite con decreto del Ministro per la Sanità, di concerto con il Ministro del Tesoro ed il Ministro per il Lavoro e la Previdenza Sociale.

Proprio in forza, dunque, delle testé riferite statuizioni, gli organi regionali hanno, in sede di riapprovazione del disegno in esame, ritenuto di poter dedurre che alla Campania dovessero essere assegnati, per l'anno 1975, 40 miliardi di lire, corrispondenti a circa il 20 - 22% del fondo nazionale ospedaliero. La difesa della resistente ne trae ora la conseguenza che la variazione approvata, di venticinque miliardi, risultava largamente coperta. L'assunto va però disatteso. La citata legge statale, ancor quando essa possa esser presupposta come mezzo di copertura dell'onere in questione, attribuisce alla Regione la relativa quota del fondo ospedaliero nazionale solo in seguito all'intervento degli organi centrali, chiamati, sia pure in conformità alle puntuali indicazioni del dettato normativo, al discrezionale esercizio delle rispettive competenze. Una volta esaurita la serie degli adempimenti procedurali, il prescritto decreto ministeriale determina la quota da assegnare alla Regione. Non essendo, nella specie, stato soddisfatto quest'ultimo requisito, risulta ingiustificato il riferimento fatto dalla Regione all'assegnazione suddetta come fonte di finanziamento, precostituita e già operante nell'ordinamento positivo, in relazione all'impugnato provvedimento. In conseguenza, sussiste la dedotta violazione dell'art. 81 Cost.

2.III - Analogo ordine di considerazioni conduce a ritenere la fondatezza della questione che ha per oggetto il disegno di legge approvato dal consiglio regionale della Valle d'Aosta in data 31 marzo 1977, concernente "aperture di credito su mandato a favore dell'ente ospedaliero regionale ad integrazione delle leggi regionali 19 febbraio 1975, n. 4, e 29 dicembre 1975, n. 52". Il provvedimento autorizza la Giunta regionale a contrarre con proprie deliberazioni speciali, e fino alla concorrenza di due miliardi, aperture di credito, che potranno essere utilizzate dall'ente ospedaliero regionale; é altresì detto, nell'art. 2, ultimo comma, del disegno che la "spesa per la copertura degli oneri derivanti dall'utilizzazione dell'apertura di credito é assicurata dall'adeguamento delle quote da assegnare alla Regione per gli anni 1975 e 1976 sul fondo nazionale ospedaliero e da ogni altra fonte integrativa di finanziamento, ivi compreso il ricavato di eventuali mutui passivi, assistiti da garanzia regionale, da contrarre dall'ente regionale ospedaliero della Valle d'Aosta a copertura di tale apertura di credito". L'Avvocatura dello Stato deduce che simili indicazioni non osservano il precetto dell'art. 81 Cost. . Il rilievo era già stato mosso al disegno in esame dal Governo, in sede di rinvio; l'organo regionale aveva, nel riapprovare la legge, replicato che la copertura degli oneri assunti sussisteva, e veniva appunto offerta dalle proposte, sia pure non ufficiali, allora già avanzate dal CIPE, in ordine alle assegnazioni dello Stato al fondo ospedaliero per gli anni 1975 e 1976.

I rilievi della Regione, va tuttavia avvertito, nulla tolgono alla fondatezza della proposta questione. Infatti, come soggiunge la difesa dello Stato, l'ammontare del fondo suddetto, determinato annualmente nella legge di approvazione del bilancio di previsione, non può essere in alcun caso modificato dal CIPE, che di anno in anno deve solo verificarne l'andamento, quindi la sufficienza. A disporre eventuali adeguamenti ed integrazioni del fondo, di cui il CIPE abbia rilevato l'esigenza, provvedono, nell'autonomo esercizio delle rispettive funzioni, Governo e Parlamento, compatibilmente con la possibilità di reperire i mezzi finanziari occorrenti (cfr. artt. 14 e 16 del citato d.l. n. 264/74 e della relativa legge di conversione "legge n. 386 del 1974"). Del resto, la legge impugnata é stata deliberata prima dell'adozione del decreto ministeriale che secondo legge, come sopra si osservava, opera il trasferimento della quota da assegnare alla Regione (cfr. art. 16, ultimo comma, della citata legge n. 386 del 1974). La copertura della spesa, assunta dalla Regione nella specie, viene dunque fatta dipendere da assegnazioni che, quando é stato approvato il disegno di legge, risultavano, per ammissione della stessa resistente, soltanto da proposte ufficiose del CIPE. Così configurata, la previsione della spese non é allora conforme alle prescrizioni dell'art. 81 Cost.. Ai fini della decisione che si adotta, deve aggiungersi, non rileva, d'altronde, quanto la Regione espone, nella memoria aggiuntiva per l'udienza, circa le vicende del provvedimento del Presidente della Regione, istitutivo dell'ente ospedaliero regionale, che la legge in esame contempla.

3. - Dei giudizi riuniti ai fini della presente decisione residuano all'esame della Corte quelli che riguardano i disegni di legge approvati dal Consiglio della Regione Friuli - Venezia Giulia, e dall'Assemblea regionale siciliana. Nell'uno e nell'altro caso, com'è di seguito spiegato, va dichiarata la cessazione della materia del contendere.

3.I - Il provvedimento legislativo del Friuli - Venezia Giulia (disegno di legge n. 424 bis, approvato il 24 giugno 1978 "Speciale finanziamento dell'art. 39 della legge regionale 6 settembre 1974 n. 47 e successive modifiche ed integrazioni ed assegnazione di un contributo una tantum per i lavoratori delle autolinee") prevede l'approvazione in favore di Aziende concessionarie di servizi pubblici di linea extra - urbani, di contributi regionali per un ammontare di 1.500 milioni al fine di far fronte ai maggiori introiti derivanti nell'anno 1978 dall'applicazione integrale dei benefici economici e normativi previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro degli autoferrotranvieri e dalle nuove tabelle d'inquadramento, di cui all'art. 1 della legge 1 febbraio 1978, n. 30; prevede altresì, a favore delle stesse Aziende beneficiarie, l'erogazione della somma forfettaria di lire 600.000, comprensiva degli oneri previdenziali, assistenziali a carico dei datori di lavoro di ciascun dipendente per il periodo 1 gennaio 1976 - 31 dicembre 1977 (art. 2). Gli oneri suddetti ammontano rispettivamente a 1.500 milioni (art. 1) ed a 575 milioni (art. 2) ed hanno, é detto nella legge, carattere di anticipazione di pari quota dell'assegnazione dello Stato alla Regione sul Fondo Nazionale Trasporti. Conseguentemente, si contempla l'istituzione degli appositi capitoli, da un canto nello stato di previsione della spesa del piano finanziario per gli esercizi 1978 - 1981 e del bilancio per l'esercizio finanziario 1978, dall'altro nelle corrispettive voci dello stato di previsione dell'entrata.

L'Avvocatura dello Stato reputa gli indicati mezzi di copertura "non preesistenti né di sicura previsione", in quanto, essa afferma, il fondo nazionale dei trasporti, la cui istituzione é prevista dall'art. 9 quater della legge 17 marzo 1977 n. 62, che ha convertito con modificazioni il d.l. 17 gennaio 1977 n. 2, non é stato ancora di fatto costituito, né di esso sono state stabilite destinazione e dotazione. Senonché, le previsioni dell'impugnato disegno sono state rivedute dal legislatore del Friuli - Venezia Giulia con la successiva legge regionale 22 novembre 1978 n. 84, che reca altre e diverse norme quanto alla contestata copertura delle spese. Dispone, invero, l'art. 3 di tale legge che all'onere complessivo di 2.075 milioni si fa fronte con la maggiore entrata di pari importo accertata sul capitolo 404 dello stato di previsione dell'entrata del piano finanziario per gli esercizi 1978 - 1981 e del bilancio per l'esercizio finanziario 1978, il cui stanziamento viene elevato di 2.075 milioni per l'esercizio 1978. La spesa complessiva conseguente all'approvazione della legge é poi disposto - ha bensì carattere di anticipazione, ma nei confronti delle "future assegnazioni dello Stato a favore della Regione per finalità analoghe", per modo che, riguardo a detta spesa, trova applicazione il quarto comma dell'art. 11 della legge regionale 19 aprile 1976 n. 12 "Norme finanziarie e di contabilità regionale". Per questo verso, si fa riferimento alla facoltà riconosciuta alla Regione, qualora abbia erogato in un esercizio somme eccedenti quelle ad essa assegnate dallo Stato per uno scopo determinato, di compensare tali maggiori spese con minori erogazioni per lo stesso scopo, nell'esercizio immediatamente successivo. L'anzidetta nuova legge regionale non é stata impugnata dallo Stato e modifica quella oggetto del ricorso in esame proprio sotto i profili investiti dalle censure ivi formulate. É quindi venuta meno la materia del contendere.

3.II - La conclusione testé raggiunta s'impone, per altro verso, in relazione alla controversia concernente la legge siciliana, approvata il 3 agosto 1979 ("Provvidenze per i sali potassici") ed impugnata dal Commissario dello Stato per i motivi riferiti in narrativa: la quale risulta successivamente promulgata dal Presidente regionale (legge 14 settembre 1979 n. 213) e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione (n. 41 del 15 settembre 1979), con l'esclusione, però, delle disposizioni gravate da impugnazione. Come la Corte ha in precedenti pronunzie spiegato (sentenze n. 142/81, n. 13/83), l'atto promulgativo, com'è qui congegnato, non può ricondursi alla speciale facoltà - spettante secondo Statuto al Presidente della Regione siciliana - di porre in vigore le leggi, nei confronti delle quali lo Stato abbia prodotto ricorso. In pendenza del giudizio, la promulgazione deve ubbidire all'esigenza che l'atto di cui si attesta l'avvenuta perfezione e ogni singola statuizione in esso posta, ancorché colpita da censura, acquistino, precisamente, la stessa iniziale efficacia (cfr. sent. 13/1983): nella specie, l'organo della promulgazione ha invece esplicato il potere che ad esso compete, con riguardo a qualsiasi legge regionale, fuori dagli estremi che debbono ricorrere perché possa sussistere la materia del contendere avanti la Corte. Dell'impugnativa proposta dallo Stato il Presidente regionale ha, infatti, tenuto conto al solo fine di scindere le disposizioni censurate rispetto alle rimanenti altre della legge promulgata: ciò nell'evidente presupposto che solo il residuo testo - quello indenne dai rilievi del Commissario dello Stato - fosse assistito dal titolo, che ne giustificava l'entrata in vigore. L'esercizio del potere qui attribuito all'organo esecutivo si é, peraltro, esaurito nell'atto, che tale organo ha già emesso in ordine alla legge dedotta in controversia. Le disposizioni impugnate sono così state espunte dal testo vigente una volta per tutte, senza che sussista la possibilità di una loro successiva ed autonoma promulgazione. Ciò basta - sotto il profilo al quale l'indagine della Corte andava in questa sede limitata - per concludere che nel caso in esame soccorrono i sopra ricordati precedenti giurisprudenziali. Deve quindi pronunziarsi la cessazione della materia del contendere.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l'illegittimità costituzionale:

a) della legge della Regione Umbria 10 aprile 1975, riapprovata il 23 gennaio 1976;

b) della legge della Regione Campania 17 dicembre 1975, riapprovata il 26 febbraio 1976;

c) della legge della Regione Valle d'Aosta 28 gennaio 1977, riapprovata il 31 marzo 1977;

2) dichiara cessata la materia del contendere relativamente ai ricorsi proposti dal Presidente del Consiglio nei confronti della legge della Regione Friuli - Venezia Giulia e dal Commissario dello Stato in ordine agli artt. 1 e 4 del disegno di legge approvato dall'Assemblea regionale siciliana, di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 marzo 1983.

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE – Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Livio PALADIN -  Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Vittorio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Giovanni CONSO .

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 16 marzo 1983.