Sentenza n. 46 del 1983

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SENTENZA N. 46

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt.2, 3 e 4 della legge 8 marzo 1968, n. 152, e dell'art. 7 della legge 29 aprile 1976, n. 177 (Indennità premio di fine servizio dei dipendenti dell'INADEL e degli enti locali), promossi con le ordinanze emesse il 21 maggio 1975 dal Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna, il 12 luglio 1978 e il 12 gennaio 1979 dal Pretore di Genova, il 23 febbraio 1979 dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia - sez. staccata di Brescia, il 19 dicembre 1979 dal Pretore di Modena, l'11 dicembre 1979 dal Pretore di Reggio Emilia, il 17 marzo 1980 dal Pretore di Modena, il 22 novembre 1979 dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria (due ordinanze), l'11 aprile 1980 dal Consiglio di Stato - Sez. VI giurisdizionale, il 30 marzo 1981 dal Pretore di Torino e il 13 luglio 1981 dal Pretore di Bassano del Grappa, rispettivamente iscritte al n. 176 del registro ordinanze 1976, al n. 534 del registro ordinanze 1978, ai nn. 212 e 836 del registro ordinanze 1979 ai nn. 132, 171, 413, 439, 440 e 770 del registro ordinanze 1980 ed ai nn. 574 e 691 del registro ordinanze 1981 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 92 del 1976, nn. 24 e 126 del 1979, nn. 22, 124, 138 e 215 del 1980, nn. 13 e 332 del 1981 e n. 26 del 1982.

Visti gli atti di costituzione di Riva Giselda, di Carletti Corrado ed altri, di Mattei Francesca, di Granelli Antonio e dell'INADEL e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 5 maggio 1982 il Giudice relatore Arnaldo Maccarone.

uditi gli avv. Enrico Bastreri per Riva Giselda, Franco Agostini per Carletti Corrado ed altri, Giorgio Iannotta per Granelli Antonio, Celestino Biagini (in sostituzione dell'avv. Giuseppe Guarino) per l'INADEL e l'avvocato dello Stato Paolo D'Amico per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con gli artt. 2, 1 comma, 3 e 4 della Legge 8 marzo 1968 n. 152, furono poste le condizioni minime per il conseguimento, nella forma diretta o indiretta, dell'indennità premio di fine servizio istituita a favore dei lavoratori dipendenti iscritti all'INADEL, indicate nel periodo minimo di iscrizione di due anni e di servizio effettivo variabile da 15 a 25 anni a seconda della causa di cessazione dal servizio. In particolare, con l'art. 2, 1 comma lett. C, veniva previsto il termine di 25 anni di servizio nel caso di dimissioni volontarie del lavoratore; con l'art. 3 veniva disciplinata l'attribuzione della indennità nella forma indiretta con l'esclusione tra l'altro della madre del dante causa anche se vivente a carico; con l'art. 4 si stabiliva, tra l'altro, la misura dell'indennità stessa in un quindicesimo della retribuzione contributiva degli ultimi dodici mesi considerata in ragione dell'80%.

Hanno sollevato la questione di legittimità dell'art. 2, 1 comma, in procedimenti promossi da dipendenti di enti locali iscritti all'INADEL per ottenere il pagamento dell'indennità premio di fine servizio, negata appunto in forza della detta disposizione, per difetto dei requisiti ivi previsti, il Pretore di Genova, nel giudizio fra Dotti Fortunata ed altri contro l'INADEL con ordinanza 12 luglio 1978 e nel giudizio fra Riva Giselda e l'INADEL con ordinanza del 12 gennaio 1979; il TAR della Lombardia nel giudizio fra Mazza Ulrica, l'Ospedale Civile di Iseo e l'INADEL; il Pretore di Modena nel giudizio fra Zanni Giancarlo e l'INADEL con ordinanza 19 dicembre 1979; il Pretore di Reggio Emilia nel giudizio fra Carletti Corrado ed altri e l'INADEL con ordinanza dell'11 dicembre 1979; il Pretore di Modena nel giudizio fra Mattei Francesca e l'INADEL con ordinanza 17 marzo 1980.

Nell'ordinanza 12 luglio 1978 il Pretore di Genova premette che la questione di costituzionalità rivestirebbe carattere pregiudiziale anche perché, ai fini della soluzione, occorre stabilire la natura retributiva o previdenziale dell'indennità premio, a tale giudizio conseguendo l'esclusione o l'affermazione della giurisdizione di esso Pretore in quanto, ove si ammettesse la natura retributiva, oggetto del giudizio sarebbe un rapporto di pubblico impiego, come tale sottratto alla giurisdizione del giudice ordinario, mentre, ove se ne ritenesse la natura previdenziale, si tratterebbe di giudicare in ordine appunto ad un rapporto previdenziale coinvolgente diritti soggettivi e quindi sottoposto alla giurisdizione ordinaria.

Nel merito il Pretore osserva che la norma impugnata, prevedendo le limitazioni ivi elencate circa il diritto all'indennità con particolare riguardo al lungo termine di 25 anni di servizio richiesto per i dimissionari, violerebbe anzitutto l'art. 36 della Costituzione in quanto, se é ben vero che la giurisprudenza della Corte non avrebbe ritenuto applicabili i principi dell'art. 36 stesso alla similare indennità di buonuscita attribuita ai dipendenti statali, appunto escludendone il carattere strettamente retributivo, tuttavia in altre occasioni avrebbe esteso l'applicabilità dei principi stessi alle pensioni ed alle indennità di fine rapporto, per cui occorrerebbe una pronunzia chiarificatrice in materia.

Risulterebbe poi anche violato l'art. 3 Cost. perché le censurate limitazioni indurrebbero un trattamento di sfavore a danno dei dipendenti degli enti locali in rapporto al trattamento goduto dagli altri dipendenti pubblici e privati.

Il Pretore solleva altresì questione di legittimità dell'art. 3 della Legge n. 152 del 1968 osservando che l'attribuzione dell'indennità premio nella forma indiretta ivi prevista con l'esclusione della madre vivente a carico del dante causa si differenzierebbe irrazionalmente da quanto disposto dall'art. 2122 cod. civ. che prevede, invece, la corresponsione dell'indennità ai parenti entro il terzo grado.

Lo stesso Pretore, con l'ordinanza 12/1/1979 ripropone le stesse questioni relative all'art. 2 della legge, aggiungendo che il termine di venticinque anni di cui sopra finirebbe col penalizzare la mobilità del lavoro, e sarebbe, anche per questo aspetto, irrazionale.

Con l'ord. 23 febbraio 1979 il TAR della Lombardia propone la stessa questione con una prospettiva alquanto diversa cominciando con l'affermare che l'indennità premio e l'indennità di buonuscita dei dipendenti statali avrebbero in realtà la stessa natura non strettamente retributiva e pertanto non potrebbero applicarsi in materia i principi dell'art. 36 Cost., in conformità di quanto ritenuto dalla giurisprudenza della Corte (sent. 82/73). Tuttavia, poiché ai dipendenti statali la indennità di buonuscita (ex art. 7 legge 29 aprile 1976 n. 177 che ha modificato l'art. 3 D.P.R. 29 dicembre 1973, n.1032) é assicurata alla sola condizione di un anno di iscrizione all'apposito fondo; inoltre, poiché per i dipendenti di enti locali l'art. 9 della Legge 7 febbraio 1979, n. 29, anche se limitatamente alla determinata ipotesi di ricongiungimento di trattamenti di quiescenza (trasferimento dal CPDEL - Cassa pensioni dipendenti enti locali - all'INPS) svincolerebbe l'indennità premio di fine servizio dall'anzianità di servizio minima, commisurandola invece agli anni di servizio effettivamente prestati, emergerebbe il contrasto della norma impugnata con il principio di eguaglianza.

Il Pretore di Modena, con l'ordinanza del 19 dicembre 1979, ripropone anche egli la questione svolgendo ampiamente argomenti al riguardo. Il detto giudice afferma in particolare che in base alla vigente disciplina della materia, nessun'altra indennità oltre quella in discussione sarebbe prevista a favore dei dipendenti degli enti locali che cessano dal servizio sicché la stessa sarebbe per costoro l'equivalente dell'indennità di anzianità. Invero le disposizioni di cui alla legge n. 70 del 1975, le quali attribuiscono ai dipendenti degli enti pubblici una indennità di anzianità ragguagliata agli anni di servizio prestati non sono applicabili agli enti locali e tale situazione di discriminazione sarebbe solo attenuata, ma non eliminata dall'art 9 della L. 7/2/1979 n. 29 già menzionata nell'ordinanza del TAR della Lombardia.

Lo stesso Pretore riafferma altresì che il diritto alla indennità in questione sarebbe un diritto soggettivo connesso ad un rapporto di natura previdenziale (il che comporterebbe la propria giurisdizione in materia) e riprende le argomentazioni sopra ricordate relativamente alla discriminazione che la norma impugnata indurrebbe fra dipendenti degli enti locali e dipendenti statali per la diversa regolamentazione della indennità in esame e di quella di buonuscita.

Anche il Pretore di Reggio Emilia, con l'ordinanza 11 dicembre 1979, pone in evidenza la discriminazione fra dipendenti da enti pubblici e da privati, con argomentazioni coincidenti con quelle sopra esposte ed il conseguente contrasto con gli artt. 3 e 36 Cost. ed uguali censure propone il Pretore di Modena con l'ordinanza del 17 marzo 1980, dando peraltro sviluppo alla questione pregiudiziale concernente la propria giurisdizione, sulla base della affermata natura previdenziale dell'indennità in esame, e precisando, nel merito, che, l'attribuzione patrimoniale da corrispondere al lavoratore alla cessazione del rapporto, anche se considerata come meramente previdenziale ed assistenziale assumerebbe rilievo tale nell'economia generale del rapporto di lavoro da escludere che il legislatore possa regolarne l'attribuzione in modi diversi, specie in relazione al periodo minimo di tempo per conseguirla. Né varrebbe in contrario la previsione dell'assegno vitalizio di cui all'art. 5 della Legge n. 152 del 1968 a favore di coloro che non abbiano conseguito il diritto all'indennità premio di fine servizio perché tanto nel pubblico impiego che in quello privato il diritto a pensione (di cui l'assegno sarebbe un limitato equipollente) si aggiunge e non si sostituisce al diritto alla indennità di anzianità.

II Pretore inoltre solleva espressamente la questione di legittimità dell'art. 7 della L. n. 177 del 1976 in quanto tale norma - che riconosce come si é detto il diritto all'indennità di buonuscita ai dipendenti statali alla sola condizione dell'iscrizione da un anno all'apposito fondo - non ha modificato in tal senso anche l'art. 2 impugnato quanto al diritto dei dipendenti degli enti locali all'indennità premio in esame.

Hanno sollevato questione di legittimità dell'art. 2, primo comma lett. c) (previsione di un termine di almeno venticinque anni di servizio per i dipendenti che cessano per dimissioni o per cause diverse da quelle previste nelle lettere a) e b) precedenti dello stesso articolo) il TAR dell'Emilia Romagna nel giudizio fra Brancaccio Nicola e il Comune di Dozza e l'INADEL con ordinanza del 21 maggio 1975; il TAR della Liguria, nei distinti giudizi proposti da Nicoli Dina e Tomasi Margherita contro l'Opera Pia Albergo dei Fanciulli Umberto I e l'INADEL con due identiche ordinanze emesse il 22 novembre 1979; dal Consiglio di Stato nel giudizio promosso da Granelli Antonio contro l'INADEL con ordinanza emessa l'11 aprile 1980; dal Pretore di Torino nel giudizio promosso da Savia Luciano contro l'INADEL ed il Comune di Torino, con ordinanza emessa il 30 marzo 1981; dal Pretore di Bassano del Grappa nel giudizio promosso da Perzin Bruno contro l'INADEL, con ordinanza emessa il 13 luglio 1981.

Con l'ordinanza del TAR dell'Emilia Romagna si propongono censure analoghe a quelle formulate nelle sopra menzionate ordinanze precisandosi che, anche se la norma impugnata riguarda il particolare caso delle dimissioni del lavoratore, ciò non giustificherebbe una così lunga protrazione del termine, dato che le dimissioni rientrerebbero fra le manifestazioni della libertà e dignità del lavoratore e non potrebbero quindi giustificare una lesione dei suoi diritti costituzionalmente garantiti.

Con l'ordinanza del TAR della Liguria, si afferma pregiudizialmente la giurisdizione amministrativa in materia, data la natura retributiva dell'indennità premio, la quale pertanto atterrebbe al rapporto di pubblico impiego e, nel merito, si svolgono argomentazioni analoghe alle precedenti a sostegno della fondatezza della censura.

Con l'ordinanza del Consiglio di Stato, invece si osserva che, a differenza dell'indennità di anzianità, l'indennità premio di fine servizio non può essere ritenuta di natura retributiva, ma va piuttosto qualificata come prestazione dell'Ente collegata alla prestazione del lavoro protratta per un certo termine, per cui, in conformità della sentenza della Corte n. 82/73, non dovrebbero ritenersi illegittime limitazioni del tipo in discussione. Senonché, osserva l'ordinanza, la stessa Corte, con la successiva sentenza n. 184/73, nel dichiarare illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 36 Cost. l'art. 5, ultimo comma, della Legge 26 luglio 1965, n. 965, nella parte in cui veniva ridotta a metà l'indennità "una tantum" liquidata in luogo della pensione per il personale dimissionario degli enti locali, ha affermato espressamente il diritto dei dipendenti locali dimissionari ad un regime del trattamento di quiescenza non deteriore rispetto a quello vigente per gli appartenenti ad altre categorie di lavoratori, esprimendo così, oltre tutto, una generale tendenza perequatrice coinvolgente l'intero settore del pubblico impiego. Sulla base di tale ultimo principio sussisterebbe pertanto un margine di dubbio sulla legittimità costituzionale della norma limitativa di cui all'art. 2 lett. c) della L. n. 152 del 1968, per violazione appunto degli artt. 3 e 36 della Costituzione.

Con l'ordinanza del Pretore di Torino, che pure motiva espressamente sulla propria giurisdizione, con argomenti sostanzialmente analoghi a quelli svolti dai giudici ordinari sopra menzionati che hanno affrontato la questione, si precisa al riguardo che il rapporto previdenziale troverebbe nel rapporto d'impiego non solo un necessario presupposto ma assurgerebbe a ruolo di fonte autonoma di diritti ed obblighi distinti da quelli nascenti dal rapporto d'impiego.

Quanto al merito svolge considerazioni analoghe a quelle sopra riportate a sostegno della illegittimità della norma, con particolare riferimento alla disparità di trattamento che deriverebbe sia dall'art. 7 della L. n. 177 del 1976 sia dall'art. 9 L. 7 febbraio 1979 n. 29, già menzionati nell'ordinanza del TAR della Lombardia.

In particolare, poi, il Pretore ravvisa una nuova ragione di discriminazione per effetto dell'art. 4 della L. n. 152 del 1968, nella parte in cui stabilisce che per i dipendenti degli enti locali l'indennità premio di fine servizio é pari ad un quindicesimo della retribuzione degli ultimi 12 mesi considerata in ragione dell'80% per ogni anno di iscrizione previdenziale. Ciò porrebbe invero i dipendenti degli enti locali in posizione deteriore rispetto agli altri pubblici dipendenti in favore dei quali l'art. 3 T.U. 29/12/1973, n. 1032 prevede l'indennità di buonuscita in proporzione più elevata, ed alla quale. in attuazione dell'art. 59 D.L. 29 maggio 1979 n. 163 e della L. 13 agosto 1979 n. 374, é commisurata anche l'idennità di anzianità per i dipendenti pubblici non di ruolo. Il Pretore, pertanto, estende la censura di illegittimità anche al citato art. 4 della L. n. 152 del 1968.

Infine con l'ordinanza del Pretore di Bassano del Grappa tesi analoghe a quelle svolte nell'ordinanza del TAR dell'Emilia Romagna a sostegno della censura sono corroborate anche dal riferimento alla sent. n. 65/77 della Corte con cui é stata dichiarata l'illegittimità dell'art. 18 DLCPS 4/4/1947 n. 207 nella parte in cui negava al personale insegnante non di ruolo che avesse optato per il trattamento pensionistico erogato dall'INPS l'indennità di fine rapporto prevista dallo stesso articolo, e poneva così una discriminazione nell'ambito della categoria degli insegnanti.

Nella causa proveniente dal Pretore di Genova (ord. 12 gennaio 1979) si é costituita la parte privata Riva Giselda, rappresentata e difesa dall'avv. Enrico Bastreri - nella causa proveniente dal Pretore di Reggio Emilia (ord. dell'11 dicembre 1979) si sono costituite le parti private Carletti Corrado ed altri, rappresentate e difese dall'avv. Franco Agostini, e nella causa proveniente dal Pretore di Modena (ord. 17 marzo 1980) si é costituita la parte privata Mattei Francesca, rappresentata e difesa dall'avv. prof. Mattia Persiani.

Tutti i difensori delle dette parti hanno tempestivamente depositato le proprie deduzioni con cui condividono e sottolineano le tesi prospettate nelle ordinanze di rinvio concernenti i giudizi cui le stesse sono rispettivamente interessate.

In particolare la difesa di Riva Giselda insiste sulla natura retributiva della indennità premio di fine servizio, in tutto assimilabile all'indennità di anzianità, e prospetta la violazione anche degli artt. 37 e 38 Cost., con riferimento anche alla pretesa irrazionalità del termine di 25 anni di servizio richiesto per l'acquisizione del diritto all'indennità da parte dei dipendenti dimissionari.

La difesa di Carletti Corrado ed altri, riaffermando la fondatezza della questione, evidenzia la disparità di trattamento che si verificherebbe nei confronti dei dipendenti statali, ex art. 7 della L. 29 aprile 1976, n. 177, per motivi analoghi a quelli esposti nell'ordinanza del TAR della Lombardia 23 febbraio 1979 sopra ricordata, e pure la difesa di Mattei Francesca ribadisce le considerazioni svolte nell'ordinanza di rinvio illustrandole ampiamente.

Nella causa proveniente dal Consiglio di Stato si é costituito l'INADEL in persona del Commissario straordinario, rappresentato e difeso dal prof. avv. Giuseppe Guarino, il quale ha depositato tempestivamente le proprie deduzioni.

La difesa dell'Istituto si richiama sostanzialmente alla giurisprudenza della Corte (sent. 82/73), osservando che la differente natura dell'indennità premio di fine servizio e dell'indennità di anzianità escluderebbe la fondatezza della questione sotto il profilo della violazione dell'art. 36, e che la diversità dei rapporti di lavoro posti a confronto giustificherebbe la disciplina limitativa impugnata, la quale rientrerebbe nella sfera discrezionale del legislatore.

Il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, si é costituito nei giudizi relativi alle ordinanze del TAR Emilia Romagna 21 maggio 1975; del Pretore di Genova del 12 luglio 1978; del TAR della Lombardia del 23 febbraio 1979; del Pretore di Genova del 12/1/1979; del Pretore di Modena del 19 dicembre 1979 e del 17/3/1980; del TAR della Liguria del 22/11/1979.

Nel giudizio proveniente dal TAR Emilia Romagna l'Avvocatura afferma che, mentre l'indennità di anzianità e la pensione costituiscono elementi essenziali del rapporto di lavoro e rappresentano una retribuzione differita, l'indennità in discorso, come quella di buonuscita, attiene ad un organico sistema mutualistico alimentato dai contributi degli associati e dei datori di lavoro ed é a carico dell'Ente competente il che postulerebbe la ragionevole necessità di alcune condizioni per l'attribuzione, in relazione alle quali non sarebbero perciò operanti i principi di cui agli artt. 3 e 36 Cost., come, per quanto riguarda la buonuscita, sarebbe già stato affermato dalla Corte con la sent. n. 82/73.

Nel giudizio relativo all'ord. del TAR della Lombardia l'Avvocatura osserva poi che non potrebbe affermarsi l'omogeneità della situazione dei dipendenti pubblici in genere, per cui sarebbe da escludere sotto questo profilo la fondatezza della censura.

Né diversamente potrebbe concludersi rispetto alla pretesa diseguaglianza in relazione alla disciplina di cui all'art. 9 della L. n. 29 del 1979. Invero, se mai, potrebbe parlarsi di illegittimità di detta norma, derogatoria di quella generale preesistente, la quale, invece, non potrebbe essere viziata da illegittimità per la sopravvenienza di quella deroga.

Comunque la cessazione dal servizio della parte privata sarebbe avvenuta prima della entrata in vigore della L. n. 29 del 1979 per cui la legge impugnata, all'epoca, non poteva in ogni caso essere considerata illegittima.

Ciò posto, l'Avvocatura osserva che opportunamente il legislatore avrebbe previsto la liquidazione dell'indennità di buonuscita col citato art. 9, data la peculiarità della situazione, caratterizzata dal ricongiungimento del trattamento di quiescenza della vecchia gestione della Cassa previdenza dipendenti enti locali (CPDEL) all'INPS, il che richiedeva che fosse garantito ai lavoratori il conseguimento di quanto fino ad allora maturato in relazione agli anni di servizio prestati, a norma dell'art. 4 della L. n. 152 del 1968, e che diversamente sarebbe andato perduto.

Nella causa relativa all'ordinanza del Pretore di Genova del 12/1/1979 l'Avvocatura eccepisce preliminarmente l'irrilevanza della questione perché ove si riconoscesse la natura previdenziale dell'indennità, dovrebbe affermarsi la giurisdizione del Pretore, ma sarebbe altresì scontata l'infondatezza della questione mentre, ove si riconoscesse la natura retributiva dovrebbe escludersi la giurisdizione del Pretore, il quale non potrebbe quindi applicare in giudizio il dettato della Corte. Il Pretore comunque, prosegue l'Avvocatura, non avrebbe assunto una precisa posizione in ordine alla natura dell'indennità e quindi circa la propria giurisdizione, come invece avrebbe dovuto correttamente fare per evidenziare la pregiudizialità delle questioni sollevate.

Quanto al merito insiste nelle argomentazioni già svolte nella causa proveniente dal TAR Emilia Romagna ed in particolare ribadisce che, versandosi in materia retributiva, non potrebbero invocarsi i criteri stabiliti dalla Corte a proposito del diritto alla pensione ed all'assegno vitalizio che invece tale natura rivestirebbero.

Nella causa relativa all'ordinanza del Pretore di Modena del 19 dicembre 1979, l'Avvocatura osserva che lo stesso giudice a quo, affermando la propria giurisdizione, avrebbe ammesso la natura non retributiva della indennità in questione, con ciò aprendo la via alla dichiarazione di infondatezza della questione, e ripete, comunque le argomentazioni già svolte per sostenere l'inconsistenza della censura, insistendo altresì sulla non omogeneità delle situazioni delle varie categorie di dipendenti pubblici.

Nella causa proveniente dall'ord. 17 marzo 1980 del Pretore di Modena, l'Avvocatura riproduce le stesse argomentazioni già svolte in riferimento all'altra ordinanza dello stesso giudice; e pure nella causa derivante dal TAR della Liguria ripete le deduzioni rassegnate in relazione all'ordinanza del TAR Emilia Romagna.

Considerato in diritto

1. - Le ordinanze sopra indicate riguardano questioni identiche o strettamente connesse e pertanto i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - Con le ordinanze del Pretore di Genova del 12 luglio 1978 e 12 gennaio 1979, del TAR della Lombardia del 23 febbraio 1979, del Pretore di Modena del 19 dicembre 1979 e del 17 marzo 1980 e del Pretore di Reggio Emilia dell'11 dicembre 1979, si lamenta che l'art. 2, primo comma della legge n. 152 del 1968, secondo il quale ai fini dell'attribuzione della indennità premio di fine servizio é richiesto un periodo minimo di iscrizione di due anni all'apposito fondo e di servizio effettivo variabile da 15 a 25 anni secondo la causa di cessazione del servizio stesso, sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 36 Cost. per la discriminazione che dette condizioni comporterebbero in raffronto con quelle più favorevoli previste sia per i prestatori di lavoro del settore privato e pubblico ai quali, al termine del rapporto, compete senza limitazioni l'indennità di anzianità e sia per i dipendenti statali, ai quali il diritto alla indennità di buonuscita é assicurato alla sola condizione di un anno di iscrizione all'apposito fondo.

Va premesso che il Pretore di Genova, nel motivare la pregiudizialità della questione di legittimità costituzionale, afferma che ai fini della soluzione di essa si dovrebbe stabilire in questa sede la natura previdenziale o retributiva della indennità premio dalla quale deriverebbe, rispettivamente, l'affermazione o la esclusione della propria giurisdizione; infatti, ove si ammettesse la natura retributiva, oggetto del giudizio sarebbe un rapporto di pubblico impiego, come tale sottratto alla giurisdizione ordinaria, mentre, ove se ne ritenesse la natura previdenziale, si tratterebbe di giudicare in ordine ad un rapporto concernente diritti soggettivi e quindi rientrante nella giurisdizione ordinaria.

L'Avvocatura sostiene invece, per dedurre l'inammissibilità della questione, che il Pretore avrebbe dovuto adottare e non rinviare la decisione sulla giurisdizione, previo accertamento della natura dell'indennità premio.

L'eccezione va disattesa.

Vero é che il Pretore si é posto il problema della propria giurisdizione rinviandone la soluzione all'esito del giudizio di legittimità costituzionale, ma la Corte non può certamente portare il suo esame sulle vicende processuali del giudizio a quo esulando ciò dai suoi compiti.

 

É infatti costante giurisprudenza di questa Corte che, in virtù della separazione fra il giudizio principale e quello di costituzionalità, che si svolge su un piano diverso e per l'oggetto e per le finalità, la soluzione dei problemi di giurisdizione non é necessariamente pregiudiziale rispetto alla denunzia dei vizi di costituzionalità (sentt. 45/62; 58/64; 72/69; 124/75; 201/75).

3. - Passando ad esaminare il raffronto proposto con le ordinanze sopra ricordate fra le condizioni previste per l'attribuzione ai dipendenti dell'INADEL delle indennità di premio di fine servizio che, come si é detto, sarebbero da ritenere irragionevolmente restrittive a danno dei lavoratori stessi rispetto a quelle previste invece per gli altri lavoratori dipendenti, in violazione degli artt. 3 e 36 Cost., deve ritenersi la questione non fondata.

Invero il raffronto tra l'indennità premio e quella di anzianità non é configurabile, ai fini dell'art. 3 Cost., data la sostanziale diversità delle due indennità: quella di premio di fine servizio, ha finalità e struttura previdenziale, in quanto costituita in parte anche dal contributo del beneficiario, mentre l'indennità di anzianità, ad esclusivo carico del datore di lavoro, costituisce retribuzione differita e, come tale, non ha funzione previdenziale ma retributiva. Unico elemento comune é che esse sono attribuite alla cessazione del rapporto di lavoro ed hanno finalità assistenziale, quale é quella di costituire, a favore del beneficiario, un mezzo di sostentamento nel periodo intercorrente tra la cessazione dell'attività e l'attribuzione della pensione (v. sent. n. 82 del 1973). Ma la coincidenza di finalità é inidonea a rendere omogenee attribuzioni strutturalmente diverse.

Tale discorso é valido anche in relazione alla indennità di anzianità prevista dall'art. 13 della Legge n. 70 del 1975, avendo anch'essa struttura retributiva. Né vale opporre che l'indennità premio tiene luogo, per i dipendenti degli enti locali, dell'indennità di anzianità che essi non percepiscono e di questa dovrebbe avere le caratteristiche e le condizioni per beneficiarne, per non creare disparità di trattamento. Ai fini dell'art. 3 Cost., é determinante, per impedire una valutazione comparativa, la diversità strutturale delle indennità raffrontate; se pure sussistano pregiudizievoli conseguenze a carico dei beneficiari dell'indennità premio di servizio, l'inconveniente può essere rimosso soltanto dal legislatore attraverso una revisione e razionalizzazione del sistema.

Ed é qui il caso di ricordare che questa Corte ha già avuto modo di affermare con la sent. 82/73 - pronunziata in tema di raffronto fra l'indennità di buonuscita corrisposta agli statali e indennità di anzianità attribuita ai dipendenti di enti pubblici - che "se é vero che i rapporti di lavoro ora ricordati presentano punti di identità o di contatto, per cui é ragionevole ritenere che a tutti sia applicabile la tutela costituzionale ex art. 36, le differenze peraltro riscontrabili non possono non giustificare razionalmente che per dati rapporti sia dovuta un'indennità come quella di buonuscita, ancorata alla prestazione del servizio per un dato sia pure lungo periodo e che per altri rapporti siano previste diverse o concorrenti forme di trattamento economico e, specificamente, diverse o concorrenti prestazioni previdenziali". Pertanto deve riaffermarsi che il legislatore nella sua discrezionalità può variamente regolare l'attribuzione di indennità che non siano, come nella specie, costituzionalmente garantite.

4. - D'altra parte é evidente la non pertinenza dei riferimenti specificamente operati in talune delle dette ordinanze (TAR Lombardia, Pretura Modena) alle ipotesi particolari previste dall'art. 9 della legge 7 febbraio 1979, n. 29 in virtù del quale, nel caso del ricongiungimento del trattamento di quiescenza erogato dalla Cassa di previdenza per i dipendenti degli Enti locali (CPDEL) con quello a carico dell'INPS, l'indennità premio di fine servizio é svincolata da qualsiasi periodo minimo di servizio, risultando puramente e semplicemente collegata alla durata del servizio prestato. Trattasi, invero, indipendentemente dai motivi che ne costituiscono la "ratio", di una disciplina particolare che si contrappone e deroga a quella prevista invece in via generale circa l'attribuzione dell'indennità premio, e che come tale non può costituire parametro utile ai fini di stabilire una eventuale disparità di trattamento addebitato alla norma di carattere generale.

Come questa Corte ha già infatti avuto modo di affermare, una questione di legittimità costituzionale per violazione del principio di uguaglianza in presenza di norme generali e di norme derogatorie in tanto può porsi in quanto si assuma che queste ultime, e cioè le norme derogatorie, poste in relazione alle prime, e cioè alle norme generali, manifestino un contrasto col detto principio. Quando invece si assume a termine di raffronto del giudizio di eguaglianza la norma derogatrice, la questione così posta ha in realtà per oggetto la norma generale regolatrice della fattispecie "iudicanda" che si vorrebbe sottratta alla disciplina appunto generale con essa dettata (sent. n. 2/82). Il che contrasta con l'oggetto e la funzione essenziale del giudizio di legittimità costituzionale in riferimento all'art. 3 Cost., cioè il riequilibrio del sistema mediante il ripristino della normativa più generale, ritenuta valida ed ingiustificatamente derogata da quella particolare.

5. - Quanto sopra si é detto circa la non proponibilità del raffronto fra le indennità testé esaminate, esclude la fondatezza del riferimento in via più generale, pure contenuto in alcune ordinanze di rinvio, alla diversità di trattamento che la censurata normativa istituirebbe a danno dei dipendenti pubblici rispetto ai lavoratori dipendenti privati.

Sono evidenti infatti, come la giurisprudenza di questa Corte ha chiaramente affermato, (sentt. 5/71; 49/76) le differenze di organizzazione, di strutture e di finalità esistenti fra i due ordinamenti del pubblico impiego e dell'impiego privato, tali da escludere l'omogeneità delle situazioni raffrontate e conseguentemente, anche sotto tale profilo, la fondatezza della censura riferita alla pretesa violazione dell'art. 3 Cost.

6. - La natura previdenziale dell'indennità di cui si tratta esclude poi la possibilità di riferimento all'art. 36 Cost., che, come già ritenuto da questa Corte (sent. 82 del 1973), non comprende ogni e qualsiasi prestazione connessa al rapporto di lavoro ma solo quelle controprestazioni che siano sinallagmaticamente collegate alla prestazione d'opera e proporzionate alla quantità e qualità di essa.

É pertanto fuori dell'ambito dell'art. 36 Cost. ogni diversa prestazione che non presenti i caratteri anzidetti e di cui, per giunta, sia esclusa, come nella specie, la natura retributiva.

7. - Per quanto concerne la dedotta disparità di trattamento rispetto alle condizioni più favorevoli stabilite per l'attribuzione dell'indennità di buonuscita erogata dall'ENPAS, si osserva che, pur apparendo le due indennità equivalenti sia per finalità che per struttura, non é tuttavia possibile istituire il raffronto per la diversità di regolamentazione dei rapporti cui esse accedono. Invero, come é stato già rilevato con la sent. n. 26 del 1980, "non sussiste, sia riguardo al trattamento economico in attività di servizio sia riguardo al sistema contributivo preordinato al trattamento di quiescenza, quella parità di situazioni che é il presupposto per la valutazione della legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, di una diversità di disciplina".

Né la dedotta valutazione comparativa può essere limitata a singole disposizioni dei due diversi sistemi, anche se possa risultarne una diversità di trattamento, in quanto le norme particolari considerate non possono essere avulse dal sistema cui ineriscono. In tal caso la disparità di trattamento può essere eliminata soltanto dal legislatore, che, nella valutazione globale dei diversi sistemi, può scorgere le eventuali discordanze esistenti e porvi rimedio.

E nella materia in disamina appare evidente l'esigenza, già sottolineata da questa Corte nella citata sentenza n. 26 del 1980 di una razionalizzazione dei sistemi mediante un riordino dell'intera materia, nel segno di una sostanziale perequazione.

É appena il caso di rilevare che le conclusioni cui si perviene non sono in contrasto con quanto ritenuto e deciso nella sent. n. 115 del 1979 con la quale é stato affermato il diritto dei collaterali inabili a proficuo lavoro e a carico dell'iscritto al fondo di previdenza di percepire nella forma indiretta l'indennità premio di servizio in conformità di analoga statuizione, adottata con la sent. n. 82 del 1973 per i collaterali degli iscritti all'ENPAS.

In quella decisione é stata affermata la equivalenza per finalità e struttura dell'indennità di buonuscita per i dipendenti statali e del premio di servizio per i dipendenti dagli enti locali ma la ragione della ritenuta violazione dell'art. 3 Cost. é stata ravvisata nel deteriore trattamento - nell'ambito del sistema normativo che regola l'attribuzione del premio ai dipendenti degli enti locali - riservato senza giustificato motivo, ai collaterali rispetto agli altri congiunti dell'iscritto, cui é riconosciuto il diritto a conseguire il premio di servizio nella forma indiretta.

8. - Con l'ordinanza 12 luglio del l978 del Pretore di Genova, si ravvisa in particolare nell'art. 3 della L. n. 152 del 1968 una disparità irrazionale di trattamento rispetto alla disciplina dettata dall'art. 2122 c.c., in quanto la disposizione censurata esclude dal diritto all'indennità premio la madre vivente a carico del lavoratore, mentre la norma di raffronto prevede la corresponsione dell'indennità di anzianità ai parenti entro il terzo grado.

Poiché trattasi, nella specie, di attribuzione della indennità alla madre dell'iscritto, alla quale la sentenza di questa Corte n. 110/81 ha riconosciuto il diritto a percepirla concorrendo determinate condizioni, limitatamente a questa parte, gli atti vanno restituiti al giudice a quo perché riesamini la rilevanza della proposta questione in relazione alla sussistenza appunto delle condizioni di cui alla citata sentenza di questa Corte.

9. - Il TAR dell'Emilia Romagna con l'ordinanza 21 maggio 1975 come pure il TAR della Liguria con due ordinanze in pari data del 22 novembre 1979, il Consiglio di Stato con ordinanza 11 aprile 1980, il Pretore di Torino con ordinanza 30 marzo 1981 ed il Pretore di Bassano del Grappa con ordinanza 13 luglio 1981, richiamando i termini minimi di iscrizione e di servizio previsti per il conseguimento dell'indennità premio di fine servizio da parte dei lavoratori iscritti all'INADEL dimissionari (rispettivamente anni due ed anni venticinque), prospettano il contrasto di tale normativa con gli artt. 3 e 36 Cost., lamentando l'eccessiva lunghezza, specialmente del secondo termine, che mal si concilierebbe con la natura delle dimissioni da considerarsi quali manifestazioni della libertà e dignità del lavoratore. Ed al riguardo fanno riferimento all'indennità di anzianità, che spetta in ogni caso alle stesse condizioni indipendentemente dalle dimissioni del lavoratore, ribadendo anche sotto tale profilo che sarebbe illegittimo porre condizioni così limitative. Il Pretore di Torino, prospetta poi un ulteriore profilo di illegittimità, censurando in particolare l'art. 4 comma primo della legge n. 152 del 1968, che stabilirebbe per la indennità premio una misura inferiore a quella prevista per l'indennità attribuita ai dipendenti statali.

Ma al riguardo deve ripetersi che le situazioni comparate non sono omogenee, data la già illustrata natura retributiva della indennità di anzianità e la natura previdenziale dell'indennità premio di fine servizio. Né, per le ragioni già dette, la diversità delle situazioni può essere eliminata come vorrebbero i giudici a quibus, dalla qualificazione di indennità di fine rapporto che le accomunerebbe.

E d'altra parte, come pure si é già ricordato, l'art. 36 Cost. é inapplicabile in materia previdenziale, così come questa Corte ha già ritenuto con la citata sentenza n. 82/73.

Inoltre, anche sotto altro profilo, pure prospettato, deve escludersi la dedotta irrazionalità della previsione che esige il termine di venticinque anni di servizio per la concessione della indennità ai dipendenti dimissionari. Ed invero non vi é un modello cui riferirsi per saggiare in assoluto la ragionevolezza della norma e va comunque considerato che sussistono altre situazioni normative che contengono analoga previsione, ritenuta da questa Corte costituzionalmente legittima (v. sent. n. 119/79).

Con l'ordinanza del Consiglio di Stato in particolare si propone il contrasto della detta norma con gli artt. 3 e 36 Cost. richiamando tra l'altro la sent. n. 184/73, la quale ha ritenuto illegittima la riduzione a metà dell'indennità "una tantum" ai dipendenti degli enti locali di cui all'art. 5 della legge n. 965 del 1965 ove siano dimissionari.

Il richiamo tuttavia é inconferente poiché, data la natura previdenziale dell'indennità di cui si tratta, non operano né l'art. 36, applicato dalla Corte con la sent. n. 184/73, stante la natura retributiva dell'indennità allora esaminata, né l'art. 3, stante la non omogeneità delle indennità raffrontate.

10. - Con ordinanza del Pretore di Modena 17 marzo 1980 é stata poi sollevata questione di legittimità dell'art. 7 della legge n. 177 del 1976 in quanto non ha provveduto a modificare l'art. 2 della citata legge n. 152 del 1968, nel senso di estendere anche a favore degli aventi diritto alla indennità premio le più favorevoli condizioni di un solo anno di iscrizione, previsto per le erogazioni dell'ENPAS, e si porrebbe così in contrasto con l'art. 3 Cost.

Ma la infondatezza della censura appare evidente alla luce delle considerazioni innanzi svolte in ordine alla legittimità del diverso regolamento normativo della indennità premio di fine servizio rispetto a quella di buonuscita corrisposta dall’ENPAS ai dipendenti statali.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionali dell'art. 2, primo comma, della Legge 8 marzo 1968 n. 152 sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost., con le ordinanze del Pretore di Genova del 12 luglio 1978 e del 12 gennaio 1979, del Pretore di Reggio Emilia dell'11 dicembre 1979, del TAR della Lombardia del 23 febbraio 1979, del Pretore di Modena del 19 dicembre 1979 e del 17 marzo 1980.

Dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, lett. C) della detta legge n. 152 del 1968, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 36 Cost. con le ordinanze del TAR dell'Emilia-Romagna del 21 maggio 1975, del TAR della Liguria del 22 novembre 1979, del Consiglio di Stato dell'11 aprile 1980, del Pretore di Torino del 30 marzo 1981 e del Pretore di Bassano del Grappa del 13 luglio 1981.

Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 della ripetuta legge n. 152 del 1968 sollevata in riferimento all 'art. 3 Cost. con l'ordinanza del Pretore di Torino del 30 marzo 1981.

 

Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 della legge 29 aprile 1976 n. 177, sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. con l'ordinanza del Pretore di Modena del 17 marzo 1980.

Ordina la restituzione al Pretore di Genova degli atti relativi alla questione di legittimità dell'art. 3 della ripetuta Legge n. 152 del 1968 sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., con ordinanza 12 luglio 1978.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 1983.

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE – Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALUGINI - Livio PALADIN –  Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO

Giovanni VITALE - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 10 marzo 1983.