Sentenza n. 217 del 1982
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SENTENZA N. 217

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

ha pronunciato la seguente

 

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 10, n. 14, della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria) e del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario) promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 9 gennaio 1976 dal Tribunale di Perugia nel procedimento civile vertente tra il Comune di Perugia, l'Amministrazione delle finanze e Benemio Gianfranco, iscritta al n. 186 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 99 del 14 aprile 1976;

2) ordinanza emessa il 23 gennaio 1976 dal Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra Valentini Liliana in Chiaperotti ed altri e l'Amministrazione delle finanze, iscritta al n. 453 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 225 del 25 agosto 1976;

3) ordinanza emessa il 9 aprile 1976 dal Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra Ferretti Mario e l'Amministrazione delle finanze, iscritta al n. 589 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 267 del 6 ottobre 1976;

4) ordinanza emessa il 15 giugno 1976 dalla Commissione tributaria di 1 grado di Pavia sui ricorsi proposti da Venini Carolina in Bigatti Valsecchi ed altri, iscritta al n. 628 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 314 del 24 novembre 1976.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 5 maggio 1982 il Giudice relatore Livio Paladin;

udito l'avvocato dello Stato Pietro De Francisci, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con ordinanza emessa il 9 gennaio 1976 - nel corso di un procedimento fra il Comune di Perugia, l'Amministrazione finanziaria dello Stato e il signor Gianfranco Benemio - il Tribunale di Perugia ha impugnato l'art. 10 n. 14 della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (delega legislativa per la riforma tributaria), nonché le norme del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (revisione della disciplina del contenzioso tributario), con particolare riguardo agli artt. 1, 2, 3, 16, 26, 40, in riferimento agli artt. 102, secondo comma, 113, primo e secondo comma, VI disp. trans. Cost., ed agli artt. 2, 3 e 9 del decreto stesso, in riferimento all'art. 108, secondo comma, Cost.

Dopo avere preliminarmente rilevato che allo stato attuale dell'ordinamento la giurisdizione in materia spetterebbe alle commissioni tributarie (secondo l'eccezione proposta dall'amministrazione finanziaria), il Tribunale ha cioè sollevato, in primo luogo, questione di legittimità costituzionale delle nuove norme sul contenzioso tributario: sostenendo che, qualora tale impugnativa fosse accolta, "tutto il sistema della legge ne sarebbe ab imis travolto e tornerebbe operante la giurisdizione del giudice ordinario". Quanto alla non manifesta infondatezza della questione medesima, il Tribunale ha quindi argomentato che il legislatore delegante e quello delegato sarebbero "andati oltre i limiti di una semplice revisione delle preesistenti commissioni tributarie provvedendo, invece, alla istituzione di un giudice speciale con competenza esclusiva".

In pari tempo, però, il Tribunale stesso ha prospettato un ulteriore dubbio di legittimità costituzionale, pertinente alla scelta dei componenti ed alla formazione delle commissioni, in ordine alle quali non sarebbe garantita "l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali"; e ciò in quanto "l'affidamento ai corpi politici locali della scelta di una metà dei componenti, la presenza di avvocati dello Stato in servizio e di alti funzionari dell'amministrazione finanziaria, sia pure collocati fuori ruolo, nonché la possibilità che la metà dei componenti possa essere scelta in base ad elenchi formati da una delle parti contendenti, sono tutti" - si afferma - "elementi atti a suscitare il timore di una insufficiente equanimità, neutralità e indipendenza".

2. - Entrambe le questioni sono state riproposte dal Tribunale di Torino, mediante due ordinanze emesse il 23 gennaio ed il 9 aprile 1976: che impugnano, da un lato, l'"intero contenzioso tributario", come disciplinato dal d.P.R. n. 636 del 1972, in riferimento agli artt. 24 e 102 Cost.; e, d'altro lato, le norme sui componenti le commissioni tributarie, in riferimento all'art. 108 Cost.

In prima linea, però, le ordinanze medesime sollevano anche una diversa questione di legittimità costituzionale, riguardante l'art. 16 del d.P.R. n. 636 del 1972, se interpretato nel senso di precludere l'azione di accertamento negativo davanti all'autorità giudiziaria ordinaria, per preteso contrasto con l'art. 24 Cost.

3. - A sua volta, anche la commissione tributaria di primo grado di Pavia - con ordinanza emessa il 15 giugno 1976 - ha impugnato sia l'intero d.P.R. n. 636 del 1972, in riferimento all'art. 102, secondo comma, della Costituzione, sia le norme sui componenti delle commissioni, in riferimento all'art. 108, secondo comma, della Costituzione. Le norme predette - ad avviso del giudice a quo, che sul punto richiama le osservazioni già svolte dalla Corte di cassazione, mediante l'ordinanza 19 giugno 1975, n. 93953 - non varrebbero infatti a garantire l'indipendenza delle commissioni stesse.

4. - In tutti i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la Corte dichiari manifestamente infondata la questione riguardante l'intero d.P.R. n. 636 del 1972, dato il precedente costituito dalla sentenza di rigetto n. 215 del 1976

. Sotto gli altri profili, l'Avvocatura dello Stato ha eccepito l'inammissibilità delle questioni relative alla composizione delle commissioni tributarie ed all'azione di accertamento negativo, in quanto sollevate da un giudice ordinario; ed ha comunque concluso per l'infondatezza di tutte le proposte impugnative.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le quattro ordinanze indicate in epigrafe propongono alla Corte questioni di legittimità costituzionale concernenti l'esistenza e la composizione delle commissioni tributarie, istituite dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636. Pertanto, i relativi giudizi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - Al riguardo, va dichiarata anzitutto la manifesta infondatezza dell'impugnativa promossa dal Tribunale di Perugia, dal Tribunale di Torino e dalla Commissione tributaria di primo grado di Pavia, quanto alla pretesa violazione del divieto costituzionale d'istituire giudici speciali, in cui sarebbe incorso il decreto predetto. La Corte si é già pronunciata più volte sul punto, a partire dalla sentenza n. 287 del 1974, là dove si afferma che con quel decreto le commissioni tributarie sono state "revisionate", sulla base della VI disposizione transitoria della Costituzione. Procedendo da tale premessa, la sentenza n. 5 del 1976 ha quindi ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale del decreto medesimo, sollevata in riferimento agli artt. 24 e 102, secondo comma, nonché alla VI disp. trans. Cost. Ed a ciò ha fatto seguito la dichiarazione di manifesta infondatezza, operata negli stessi termini dalla sent. n. 196 del presente anno.

Ora, dalle ordinanze non emergono motivi che possano indurre la Corte a modificare la sua giurisprudenza. E nulla aggiungono, a questi effetti, né l'impugnativa dell'art. 10 n. 14 della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (con cui si delegava il Governo della Repubblica a revisionare la composizione, il funzionamento e le competenze funzionali e territoriali delle commissioni tributarie), né l'improprio richiamo dell'art. 113, primo e secondo comma, della Costituzione (cui fa riferimento l'ordinanza del Tribunale di Perugia).

3. - D'altra parte, una volta risolta in tal senso la questione dell'esistenza delle commissioni tributarie, resta precluso alla Corte - come fu già precisato dalla sent. n. 215 del 1976 - "l'esame di ogni altra questione relativa ad aspetti singoli della disciplina interna di quelle commissioni", qualora sollevata da un giudice ordinario.

Di conseguenza, devono essere dichiarate inammissibili, sia l'impugnativa degli artt. 2, 3 e 9 del d.P.R. n. 636 del 1972 (sulla composizione delle commissioni tributarie), come proposta dal Tribunale di Perugia e dal Tribunale di Torino, sia l'impugnativa dell'art. 16 del medesimo decreto (in quanto escludente l'azione di accertamento negativo, in tema di obbligazioni tributarie, davanti all'autorità giudiziaria ordinaria), come proposta da quest'ultimo giudice a quo.

4. - Quanto, infine, alla questione di legittimità costituzionale del d.P.R. n. 636 del 1972 in riferimento all'art. 108 cpv. Cost., genericamente sollevata dalla Commissione di primo grado di Pavia per il preteso difetto d'indipendenza dei giudici della giurisdizione tributaria, essa deve intendersi circoscritta all'art. 2 del decreto in esame (concernente appunto la composizione delle commissioni tributarie di primo grado) dal momento che ogni altra censura sarebbe irrilevante ai fini del giudizio a quo. Tuttavia, posta in questi termini, la questione risulta manifestamente infondata, perché già decisa dalla Corte - nel senso dell'infondatezza -mediante la ricordata sentenza n. 196 del 1982.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

1) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 10 n. 14 della legge 9 ottobre 1971, n. 825, e del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 - in riferimento agli artt. 24, 102, 113, primo e secondo comma, nonché alla VI disp. trans. Cost. - sollevata dal Tribunale di Perugia, dal Tribunale di Torino e dalla Commissione tributaria di primo grado di Pavia con le ordinanze indicate in epigrafe;

2) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3 e 9 del decreto predetto, in riferimento all'art. 108 Cost., sollevata dal Tribunale di Torino e dal Tribunale di Perugia con le ordinanze indicate in epigrafe;

3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 16 del decreto medesimo, in riferimento all'art. 24 Cost., sollevata dal Tribunale di Torino con le ordinanze indicate in epigrafe;

4) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 del decreto medesimo, in riferimento all'art. 108, secondo comma, Cost., sollevata dalla Commissione tributaria di primo grado di Pavia con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 dicembre 1982.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giuseppe CONSO.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 16 dicembre 1982.