Sentenza n. 79 del 1982

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SENTENZA N. 79

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

Prof. Leopoldo ELIA

 

Dott. Michele ROSSANO

 

Avv. Oronzo REALE

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

 

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

 

Avv. Alberto MALAGUGINI

 

Prof. Livio PALADIN

 

Dott. Arnaldo MACCARONE

 

Prof. Antonio LA PERGOLA

 

Prof. Virgilio ANDRIOLI

 

Prof. Giuseppe FERRARI

 

Dott. Francesco SAJA

 

ha pronunciato la seguente

 

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge 18 aprile 1975, n. 110 (Nuove norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi), promossi con ordinanze emesse il 16 maggio 1975, l'8 marzo ed il 7 maggio 1976 dal Pretore di Milano, il 30 novembre 1976 dal Tribunale di Milano, il 2 aprile 1977 dal Giudice istruttore del Tribunale di Milano, il 10 maggio 1977 dal Tribunale di Milano, il 21 novembre 1977 dal Tribunale di Bolzano, il 5 dicembre 1978 dal Pretore di Milano (n. 2 ordinanze), il 1 febbraio 1980 dal Pretore di Grottaglie ed il 5 novembre 1979 dal Tribunale di Milano, iscritte rispettivamente al n. 283 del registro ordinanze 1975, nn. 414 e 546 del registro ordinanze 1976, nn. 247, 251 e 327 del registro ordinanze 1977, n. 10 del registro ordinanze 1978, nn. 69 e 70 del registro ordinanze 1979 ed ai nn. 229 e 786 del registro ordinanze 1980 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 228 dell'anno 1975, nn. 177 e 260 dell'anno 1976, nn. 183 e 258 dell'anno 1977, n. 74 dell'anno 1978, n. 87 dell'anno 1979, n. 145 dell'anno 1980 e n. 20 dell'anno 1981.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 12 gennaio 1982 il Giudice relatore Michele Rossano;

udito l'avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

 

Nel corso di cinque procedimenti penali a carico di Mantovani Ramon, De Nicola Paolo, Scalfi Michele, Monzio Compagnoni Carlo, Petruzza Pietro, Lombardi Vito, Barutti Giovanni, Mariotti Agostino, Bartolozzi Sergio - imputati del reato di cui all'art. 4, comma secondo, legge 18 aprile 1975, n. 110, per aver portato fuori delle loro abitazioni, senza giustificato motivo, chiavi inglesi, della lunghezza da 40 a 55 centimetri, pezzi di ferro, bastoni - il Pretore di Milano, con ordinanze 16 maggio 1975, 8 marzo 1976, con due ordinanze 5 dicembre 1978, ed il Tribunale di Milano, con ordinanza 30 novembre 1976, proposero la questione di legittimità costituzionale del citato art. 4, comma secondo, legge n. 110 del 1975 in riferimento agli artt. 13, comma terzo, 17, comma primo, 25, comma secondo, della Costituzione.

Questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 4, comma secondo, legge n. 110 del 1975, in riferimento al solo art. 25 della Costituzione, fu proposta dal Pretore di Milano, con ordinanza 7 maggio 1976, e dal Tribunale di Milano, con ordinanza 5 novembre 1979, nel corso di procedimenti penali contro Croce Maurizio e Danioni Sergio, imputati del reato previsto dal suddetto art. 4, comma secondo, legge n. 110 del 1975 per aver portato fuori dalla loro abitazione, senza giustificato motivo, due chiavi inglesi della lunghezza, rispettivamente, di centimetri 48 e di centimetri 45.

Il Giudice istruttore del Tribunale di Milano, con ordinanza 2 aprile 1977, il Tribunale di Milano, con ordinanza 10 maggio 1977, il Pretore di Grottaglie, con ordinanza 1 febbraio 1980, proposero questione di legittimità del suddetto art. 4, comma secondo, legge n. 110 del 1975, in riferimento agli artt. 13 e 25 della Costituzione, nel corso di procedimenti penali contro Fumagalli Bruno, Ripani Roberto, Parisi Leonardo, imputati del reato previsto dallo stesso art. 4, comma secondo, legge n. 110 del 1975 per aver portato fuori delle loro abitazioni, senza giustificato motivo, una chiave inglese di notevoli dimensioni, una chiave inglese lunga 48 centimetri, una chiave fissa, un blocco di ferro, un nerbo di bue, un bastone.

Nel corso del procedimento penale, in grado di appello, a carico di Querini Silvano, imputato del reato di cui all'art. 4, comma secondo, legge 18 aprile 1975, n. 110 - per aver portato fuori della propria abitazione, senza giustificato motivo, una pistola tipo scacciacani, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l'offesa alla persona - il Tribunale di Bolzano, con ordinanza 21 novembre 1977, ha proposto la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, commi secondo e terzo, legge n. 110 del 1975, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione.

Le undici ordinanze sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 228 del 27 agosto 1975; n. 177 del 7 luglio 1976; n. 260 del 29 settembre 1976; n. 183 del 6 luglio 1977; n. 258 del 21 settembre 1977; n. 74 del 15 marzo 1978; n. 87 del 28 marzo 1979; n. 145 del 28 maggio 1980; n. 20 del 21 gennaio 1981.

Nei giudizi davanti a questa Corte non si sono costituite le parti private.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato Generale dello Stato, con atti depositati il 16 settembre 1975; il 5 luglio 1976; l'8 ed il 14 marzo 1977; il 12 luglio 1977; il 4 aprile 1978; il 20 marzo 1979; il 17 giugno 1980; il 10 febbraio 1981, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate non fondate.

 

Considerato in diritto

 

 

Gli undici giudizi vanno riuniti e definiti con unica sentenza perché hanno tutti per oggetto questioni di legittimità costituzionale, nella maggior parte identiche, concernenti il comma secondo dell'art. 4 legge 18 aprile 1975, n. 110 (nuove norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi). Il Tribunale di Bolzano ha, inoltre, impugnato il comma terzo dello stesso articolo.

2. - I commi secondo e terzo dell'art. 4 legge n. 110 del 1975 prescrivono:

"Senza giustificato motivo, non possono portarsi fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche, nonché qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l'offesa alla persona.

Il contravventore é punito con l'arresto da un mese ad un anno e con l'ammenda da lire cinquantamila a lire duecentomila. Nei casi di lieve entità, riferibili al porto dei soli oggetti atti ad offendere, può essere irrogata la sola pena dell'ammenda".

3. - Con tutte le undici ordinanze di rinvio é stata proposta la questione di legittimità costituzionale del comma secondo dell'art. 4 legge n. 110 del 1975, sopra trascritto, in riferimento all'art. 25, secondo comma, della Costituzione.

Secondo i giudici a quibus la norma suddetta sarebbe in contrasto con il principio della riserva di legge in materia penale in quanto, per la sua astrattezza e la sua genericità, consentirebbe di comprendere nel suo contesto numerose indefinite attività concrete e non permetterebbe in alcun modo di distinguere i comportamenti leciti da quelli vietati. Il legislatore avrebbe rinunciato al criterio della idoneità delle armi improprie all'offesa e, al fine di ampliarne il concetto, avrebbe fatto ricorso al criterio della utilizzazione dello strumento per l'offesa alla persona, avuto riguardo alle circostanze di luogo e di tempo. In tal modo oggetti in numero indefinito avrebbero potenziale attitudine a divenire armi improprie, data la inesistenza di precisazioni nominative e di parametri sussidiari di riferimento, idonei a far distinguere, con una certa approssimazione, gli strumenti, di cui é lecito il porto, da quelli proibiti. Le circostanze, nella cui sussistenza si realizzerebbe il reato, non solo non sarebbero state predeterminate, ma sarebbero anche del tutto indipendenti dal comportamento anche solo colposo del soggetto e non prevedibili dallo stesso. Quest'ultimo, quindi, commetterebbe un reato che dipende non dalla sua azione o omissione, ma da una situazione posta in essere da altri o accidentale e da una valutazione di tale situazione da parte di altre persone. Inoltre, un comportamento potrebbe divenire illecito per il sopravvenire di circostanze di fatto estranee all'agente. Conseguentemente la norma impugnata non soddisferebbe il principio di tipicità della fattispecie legale cui all'art. 25 della Costituzione.

4. - Secondo il solo Tribunale di Bolzano sarebbe in contrasto con l'art. 25, comma secondo, della Costituzione anche il terzo comma dell'art. 4 legge n. 110 del 1975, che prevede la possibilità di infliggere l'esclusiva pena dell'ammenda limitatamente ai casi, di lieve entità, di porto di oggetti atti ad offendere. Il legislatore, nel citato art. 4, avrebbe adoperato il termine "oggetto" con due diversi significati: di regola come sinonimo di strumento, salvo che nel terzo comma, nel quale é contrapposto al termine di "strumento". Questa distinzione tra strumenti ed oggetti, ipotizzata dal legislatore, sarebbe del tutto relativa con conseguente assoluta incertezza del precetto; ed impedirebbe di applicare l'attenuante di cui al comma terzo del menzionato art. 4 quando strumenti, cioè arnesi necessari ad un'arte, ad un mestiere, ad una scienza vengono usati non come tali, ma come oggetti per recare offesa. Tale attenuante sarebbe, quindi, applicabile solo in relazione a oggetti diversi dagli strumenti.

Sussisterebbe, pertanto, pure la violazione del principio di eguaglianza perché situazioni sostanzialmente eguali (porto di strumenti e porto di oggetti diversi dagli strumenti) sarebbero sottoposte dalla norma in esame a diverso trattamento giuridico senza alcuna giustificazione.

5. - Le censure non sono fondate.

Il principio di legalità stabilito dall'art. 25, comma secondo, della Costituzione, secondo cui nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso, implica una stretta riserva di legge, che postula la specificazione del fatto previsto come reato e l'indicazione della pena.

Tale principio, come questa Corte ha più volte affermato, non é stato sempre attuato secondo un criterio di rigorosa descrizione del fatto, dato che, in relazione ai fini che il legislatore deve perseguire, spesso le norme penali si limitano a una descrizione sommaria o all'uso di espressioni meramente indicative, realizzando nel miglior modo possibile l'esigenza di una previsione tipica dei fatti costituenti reato. In taluni casi le norme si avvolgono anche di indicazioni estensive (artt. 600, 601, 602, 705, 708, 710 cod. pen.), in altri di indicazioni esemplificative, più o meno numerose. E in siffatte evenienze é compito dell'interprete attuare il procedimento ordinario di interpretazione anche se diretto ad operare la inserzione di un caso in una fattispecie molto ampia e di non agevole delimitazione (sentenze n. 27 del 1961; n. 120 del 1963; n. 7 del 1965; n. 26 del 1966; n. 71 del 1978).

É con riguardo al bene - elemento essenziale della norma penale - che deve accertarsi lo scopo perseguito dal legislatore. E nella questione in oggetto bene tutelato é l'ordine pubblico, la pacifica convivenza sociale. Ora con la norma impugnata il legislatore - dovendo affrontare il problema dell'ordine pubblico, turbato da numerose, violente manifestazioni in piazza e dai gravi fatti avvenuti nel corso di esse (incendi, danneggiamenti, lesioni in scontri tra gruppi di apposte tendenze politiche) - ha ampliato la nozione di arma impropria, comprendendo in essa non solo gli oggetti specificamente indicati nella stessa norma, ma anche qualsiasi altro strumento chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l'offesa alla persona.

La norma in esame non può considerarsi di contenuto non predeterminato perché chiaramente stabilisce specifici criteri di individuazione delle armi improprie: idoneità degli strumenti all'offesa della persona; non equivocità del proposito di arrecare tale offesa, desumibile dalle circostanze di tempo e di luogo e dalla mancanza di motivi che giustifichino il porto degli strumenti fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa. E spetta ovviamente al giudice l'accertamento della sussistenza, nei singoli casi, dei requisiti previsti dalla legge per l'applicabilità del comma secondo della norma impugnata e per la concessione dell'attenuante di cui al terzo comma della stessa norma. Non sussiste, quindi, il denunciato contrasto dei commi secondo e terzo dell'art. 4 in esame con l'art. 25, comma secondo, della Costituzione.

6. - Quanto alla censura di violazione dell'art. 3 della Costituzione, mossa dal Tribunale di Bolzano, si rileva che il secondo comma dell'art. 4 prevede, nella prima parte, le sanzioni dell'arresto da un mese ad un anno e dell'ammenda da lire 50.000 a lire 200.000 per tutti i casi di porto di armi improprie previsti dal precedente comma secondo. Lo stesso comma terzo sancisce, nella seconda parte, l'esclusiva pena dell'ammenda, da irrogarsi nei casi di lieve entità riferibili al porto dei soli oggetti atti ad offendere.

Il legislatore, con la previsione dell'attenuante di cui al citato comma terzo, ha inteso graduare le sanzioni da comminare per le singole ipotesi di trasgressione, distinguendole a seconda della maggiore o minore gravità del comportamento illecito.

E, poiché il terzo comma prevede solo le sanzioni e l'attenuante, é evidente che i "soli oggetti atti ad offendere", contemplati dallo stesso comma, sono necessariamente compresi tra le armi improprie alle quali si riferisce il comma secondo, che contiene il precetto.

É compito del giudice stabilire - dopo aver accertato che si tratti di arma impropria ai sensi del secondo comma dell'art. 4 impugnato - se ricorrano le condizioni prescritte per l'applicabilità della menzionata attenuante: la natura di solo oggetto atto ad offendere e la lieve entità del caso. Queste particolari condizioni specificate in narrativa escludono che sussista la sostanziale identità di situazioni, ravvisata dal Tribunale di Bolzano. Non é, pertanto, violato il principio di eguaglianza.

7. - Il Pretore di Milano, con ordinanze 16 maggio 1975, 8 marzo 1976 e con le due ordinanze 5 dicembre 1978; il Tribunale di Milano, con ordinanze 30 novembre 1976 e 10 maggio 1977; il Giudice Istruttore del Tribunale di Milano, con ordinanza 2 aprile 1977; il Pretore di Grottaglie, con ordinanza 1 febbraio 1978, sostengono che il citato art. 4, comma secondo, legge n. 110 del 1975 é anche in contrasto con l'art. 13, comma secondo, della Costituzione - che autorizza i provvedimenti provvisori dell'autorità di pubblica sicurezza solo nei casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge - in quanto, con la sua generica formulazione, permette di qualificare armi improprie gli oggetti più diversi, non specificamente indicati, utilizzabili per l'offesa alla persona con riguardo a circostanze di luogo e di tempo non predeterminate, anche del tutto indipendenti dalla volontà o da comportamento meramente colposo del soggetto. Ritengono, quindi, che l'impugnato art. 4 legge n. 110 del 1975 consenta agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria di valutare liberamente la potenziale pericolosità degli oggetti, individuare le modalità del comportamento, idonee a configurare l'ipotesi delittuosa, e procedere all'arresto di chi é nel possesso non giustificato degli stessi oggetti.

8. - Quanto alla violazione dell'art. 13, comma secondo, della Costituzione va osservato che questa Corte, con sentenza 5 luglio 1971, n. 173, dichiarò non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 236 c.p.p., considerando che l'art. 13, comma terzo, della Costituzione autorizza la pubblica sicurezza ad adottare provvedimenti provvisori restrittivi della libertà personale senza l'atto motivato della autorità giudiziaria, richiesto dal secondo comma, e si limita a porre condizioni e garanzie sostanziali e processuali: eccezionalità, necessità, urgenza e tassatività; comunicazione entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria; inefficacia per mancata convalida dell'autorità giudiziaria nelle quarantotto ore. E precisò che gli estremi della necessità ed urgenza, affidati al prudente apprezzamento degli organi di polizia, andavano visti in relazione sia alle esigenze di acquisizione e conservazione delle prove, sia alle qualità morali del soggetto attivo. Ritenne il requisito della tassatività soddisfatto dalla legge, la quale, ai fini dell'arresto, determinava l'entità della pena del delitto e la natura della contravvenzione e prendeva in considerazione i precedenti del soggetto attivo o la sua residenza all'estero.

Nel caso di specie il rispetto del requisito della tassatività risulta dal contenuto dalla norma censurata, che dà rilievo al porto dello strumento "fuori dell'abitazione o delle appartenenze di essa", alla mancanza di giustificato motivo, alla chiara utilizzazione per l'offesa in relazione alle circostanze di tempo e di luogo.

9. - Il Pretore di Milano, con le ordinanze 16 maggio 1975 e 8 marzo 1978, ed il Tribunale di Milano, con ordinanza 30 novembre 1976, hanno denunciato il contrasto del menzionato art. 4, comma secondo, legge n. 110 del 1975 con l'art. 17, comma primo, della Costituzione. Secondo il Pretore ed il Tribunale di Milano la norma impugnata non consentirebbe di stabilire preventivamente la natura di armi improprie per gli strumenti non specificamente indicati dalla legge e, quindi, qualsiasi riunione o assembramento di persone potrebbe realizzare quelle circostanze di luogo e di tempo, in rapporto alle quali ogni oggetto detenuto potrebbe assumere le caratteristiche di arma impropria e legittimare i provvedimenti restrittivi della libertà personale, a discrezione dell'autorità di pubblica sicurezza che valuta la situazione concreta. Il cittadino, quindi, non sarebbe in grado di stabilire preventivamente le condizioni che gli garantiscono il libero incontro con gli altri soggetti.

Non é ravvisabile il contrasto della norma impugnata con l'art. 17, comma primo, della Costituzione - che tutela il diritto dei cittadini di riunirsi pacificamente e senza armi, siano esse armi proprie o improprie - perché, come si é sopra precisato, ritenendo insussistente la violazione del principio di legalità, nel secondo comma dell'art. 4 legge n. 110 del 1975 sono dati idonei criteri di individuazione delle armi improprie, che devono essere strumenti chiaramente utilizzabili, per le circostanze di tempo e di luogo, per l'offesa alla persona.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondate:

a) le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma secondo, legge 18 aprile 1975, n. 110 (nuove norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi) proposte dal Pretore di Milano con ordinanze 16 maggio 1975, 8 marzo 1976, con due ordinanze 5 dicembre 1978 e dal Tribunale di Milano con ordinanza 30 novembre 1976, in riferimento agli artt. 13, comma terzo, 17, comma primo, 25 della Costituzione;

b) la questione di legittimità costituzionale del citato art. 4, secondo comma, legge n. 110 del 1975 proposta dal Pretore di Milano con ordinanza 7 maggio 1976 e dal Tribunale di Milano con ordinanza 5 novembre 1976, in riferimento all'art. 25 della Costituzione;

c) le questioni di legittimità costituzionale dello stesso art. 4, comma secondo, legge n. 110 del 1975 proposte dal Giudice Istruttore del Tribunale di Milano con ordinanza 2 aprile 1977, dal Tribunale di Milano con ordinanza 10 maggio 1977, dal Pretore di Grottaglie con ordinanza 1 febbraio 1980, in riferimento agli artt. 13 e 25 della Costituzione;

d) le questioni di legittimità costituzionale del medesimo art. 4, commi secondo e terzo, legge n. 110 del 1975 proposte dal Tribunale di Bolzano con ordinanza 21 novembre 1977, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 aprile 1982.

 

Leopoldo ELIA - Michele ROSSANO - Oronzo REALE - Guglielmo ROEHRSSEN - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA.

 

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 29 aprile 1982.