Sentenza n. 38 del 1982
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SENTENZA N. 38

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 107 e 110 cod. proc. pen. (Citazione del responsabile civile) promosso con ordinanza emessa il 15 dicembre 1977 dal Pretore di Milano, nel procedimento penale a carico di Marchesoni Antonio ed altri, iscritta al n. 236 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 164 del 14 giugno 1978.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'11 novembre 1981 il Giudice relatore Arnaldo Maccarone;

udito l'avvocato dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso di lavori lungo un tratto di binario ferroviario presso la stazione FF.SS. di Milano S. Cristoforo, l'operaio De Pasquale Giovanni, dipendente della soc. Loro e Parisini, veniva investito da un convoglio ferroviario, che aveva urtato un carrello elevatore, di proprietà della detta società, adibito ai lavori stessi. Il Di Pasquale riportava la perdita di entrambi gli arti inferiori e veniva quindi istituito procedimento penale a carico di Marchesoni Antonio ed altri due dipendenti delle FF.SS. addetti al convoglio investitore, nonché del dipendente della società responsabile dei lavori sopra indicati, Napolitano Ruggero, contro i quali la parte lesa si costituiva parte civile.

Con ordinanza del 15 dicembre 1977 il Pretore di Milano, su conforme richiesta del difensore dei dipendenti delle FF.SS., ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 107 e 110 c.p.p., nella parte in cui consentono alla sola parte civile, e non quindi all'imputato, di citare il responsabile civile, e cioé nella specie, il legale rappresentante della soc. Loro e Parisini, per pretesa violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione.

Secondo il giudice a quo l'esclusione della autonoma facoltà dell'imputato di citare il responsabile civile, concreterebbe una disparità di trattamento fra le parti del processo penale e inciderebbe sul diritto di difesa dell'imputato stesso, che vedrebbe così limitata la sua possibilità di opporsi alle richieste risarcitorie della parte lesa, nel caso in cui questa, come nella specie, non provveda direttamente alla citazione del responsabile civile.

L'esigenza di riconoscere anche all'imputato il diritto in questione risulterebbe evidente anche a seguito della sentenza della Corte con cui é stata dichiarata la illegittimità costituzionale dell'art. 28 c.p.p. (sent. 55/71) nella parte in cui prevedeva che nel giudizio civile o amministrativo l'accertamento dei fatti materiali che furono oggetto di giudizio penale fosse vincolante anche nei confronti di coloro che ne erano rimasti estranei perché non posti in condizione di intervenirvi per motivi giuridici o di fatto, e dell'art. 27 dello stesso codice (sent. 99/73) nella parte in cui disponeva che, nei giudizi civili o amministrativi, la pronunzia del giudice penale aveva autorità di cosa giudicata, quanto alla sussistenza del fatto, alla sua illiceità e alla responsabilità del condannato anche nei confronti del responsabile civile rimasto estraneo al giudizio penale perché non posto in condizioni di parteciparvi. E ciò senza dire che la duplicità dei giudizi così resa possibile sarebbe contraria ad ogni principio di economia processuale e potrebbe dar luogo a discordanti decisioni nell'accertamento dello stesso fatto.

Né, d'altra parte emergerebbero valide ragioni per poter giustificare l'esclusione censurata poiché se l'imputato, una volta condannato, può agire comunque in via civile nei confronti del responsabile civile, tale via offrirebbe diversa e minore possibilità difensiva rispetto a quella più completa ed immediata consentita dalla presenza del responsabile civile nel procedimento penale.

L'ordinanza ritualmente notificata e comunicata é stata pubblicata nella G.U. n. 164 del 14 giugno 1978.

Si é tempestivamente costituito in questa sede il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato che ha depositato le proprie deduzioni nei termini di legge.

L'Avvocatura, pur ammettendo che, in effetti, la disciplina censurata può condurre ad una diversa valutazione del fatto reato da parte del giudice civile investito del giudizio dopo la conclusione del giudizio penale cui il responsabile civile non abbia preso parte, ritiene di poter affermare che tale anomalia potrebbe generare soltanto un problema di politica legislativa e non già di legittimità costituzionale. Ed invero la ratio dell'intervento del responsabile civile nel processo penale sarebbe da ricercare essenzialmente nello scopo di facilitare il conseguimento del risarcimento dei danni a favore della parte civile per cui si spiegherebbe il diverso trattamento riservato all'imputato, il cui diritto di difesa, comunque, non sarebbe pregiudicato, poiché potrebbe liberamente svolgersi tanto nell'ambito del giudizio penale che in quello del giudizio civile, senza che l'eventuale contraddittorietà dei giudicati possa, almeno sotto tale profilo, avere alcun rilievo.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il giudice a quo censura gli artt. 107 e 110 del c.p.p. in quanto, escludendo che anche l'imputato, oltre alla parte civile, possa chiedere la citazione in giudizio del responsabile civile, sarebbero in contrasto con l'art. 3 Cost. perché porrebbero in essere una disparità di trattamento non sorretta da razionale giustificazione e comunque lederebbero anche l'articolo 24 Cost., risolvendosi in una limitazione del diritto di difesa dell'imputato stesso, costretto ad agire eventualmente in via autonoma nei confronti del detto responsabile, successivamente alla sentenza di condanna conclusiva del giudizio penale, nel quale più completa ed immediata avrebbe potuto invece svolgersi la tutela dei suoi diritti nei confronti del responsabile civile.

2. - Le questioni non sono fondate.

Per quanto riguarda la pretesa violazione del principio di eguaglianza va ricordato che, come questa Corte ha avuto più volte occasione di affermare, la parte civile, proponendo la propria azione risarcitoria, che é una vera e propria azione civile tendente a realizzare in connessione col giudizio penale gli interessi civilistici, si inserisce nel giudizio stesso, collocandovisi in posizione accessoria rispetto alla esigenza dell'accertamento dei reati, cui corrisponde l'esercizio del magistero penale. Coordinata all'esercizio di tale azione accessoria é l'eventuale citazione del responsabile civile, soggetto secondario del rapporto processuale, tenuto in solido con l'imputato al risarcimento del danno nei casi previsti dalla legge. La presenza del responsabile civile é così collegata ad un oggetto del tutto diverso da quello cui é preordinato il processo penale, di talché la regolamentazione relativa, per quanto attiene alla sua citazione razionalmente riflette la diversità delle situazioni, aderendo al carattere dell'azione civile, subordinata alle scelte della parte lesa che può liberamente rivolgere la propria domanda o verso il solo imputato o anche nei confronti del responsabile civile. L'imputato non ha invece, come tale, richieste di natura civilistica da avanzare in quella sede e potrà, se mai, rivalersi, nei limiti consentiti, nei confronti del responsabile civile in via di regresso ove abbia adempiuto l'obbligazione di risarcire il danno derivante dalla sentenza di condanna. Ma ciò, ovviamente, riguarda soltanto il rapporto fra coobbligati in solido, a termini dell'art. 1299 c.c.. Si é pertanto fuori del campo di applicazione del principio di eguaglianza che, per costante giurisprudenza, esige che a situazioni eguali si applichi una eguale regolamentazione, salvo differenziazioni razionalmente stabilite; e si é chiarito che nella specie le situazioni raffrontate sono diverse e che, comunque, la diversità di disciplina é giustificata dalla diversità delle situazioni.

3. - Le cennate caratteristiche differenziali della partecipazione dell'imputato e della parte civile al giudizio valgono pure ad escludere che la mancata possibilità di citazione del responsabile civile da parte dell'imputato assuma una portata lesiva dell'invocato diritto di difesa, poiché non avendo l'imputato pretese da far valere in sede di giudizio penale nei confronti del responsabile civile, non é ipotizzabile una limitazione del diritto stesso in relazione alla preclusione censurata.

Né vale in contrario richiamare la giurisprudenza della Corte indicata nell'ordinanza di rinvio. Infatti con la sentenza n. 55/71 l'illegittimità dell'art. 28 c.p.p., nella parte in cui disponeva che nel giudizio civile o amministrativo l'accertamento dei fatti materiali che furono oggetto di un giudizio penale fosse vincolante nei confronti di coloro che rimasero ad essi estranei perché non posti in condizioni di intervenirvi, é stata riconosciuta in base alla fondamentale esigenza della garanzia del contraddittorio; esigenza che appariva chiaramente elusa e che invece, nella specie, non sussiste, date appunto la già delineata natura secondaria ed eventuale della partecipazione del responsabile civile, e la possibilità di esperire contro di lui le eventuali azioni di regresso da parte dell'imputato.

Analogo criterio ha informato la dichiarazione di illegittimità dell'art. 27 c.p.p., pronunziata con la sent. n. 99/73, nella parte in cui stabiliva l'efficacia vincolante del giudicato penale, quanto alla sussistenza del fatto, alla sua illiceità ed alla responsabilità del condannato, nei confronti del responsabile civile rimasto estraneo al giudizio perché non posto in condizioni di parteciparvi.

Con tale decisione si é invero riconosciuta la lesione del diritto di difesa del responsabile civile in relazione alla cennata disposizione in quanto produceva conseguenze di irreparabile gravità giacché investiva la posizione del responsabile civile nella sua totalità, precludendogli ogni possibilità difensiva in ordine ai fondamentali elementi ora accennati, mentre la mancata partecipazione dello stesso al giudizio penale non opera limitazioni di tal natura nei confronti dell'imputato che, si ripete, non ha in quella sede pretese da far valere contro di lui. Come osserva l'Avvocatura, potrebbe, se mai, ipotizzarsi un problema di opportunità legislativa, per quanto riguarda il collaterale ausilio che potrebbe venire all'imputato per eventuali apporti difensivi ad opera del responsabile civile, i quali, peraltro non sono certo idonei a compromettere, per la loro mancata acquisizione, il diritto di difesa che, come é ormai pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, deve ritenersi osservato quando le modalità stabilite, pur adeguandosi alle caratteristiche del procedimento, non vanifichino o rendano estremamente difficoltoso l'esercizio del diritto stesso.

Né d'altra parte il possibile formarsi di giudicati contrastanti può costituire lesione del diritto di difesa dell'imputato, non incidendo tale eventualità sulla possibilità di far valere in giudizio le proprie ragioni e di farsi assistere dal difensore, nel che appunto si sostanzia il diritto stesso.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 107 e 110 del codice di procedura penale, nella parte in cui non consentono all'imputato la facoltà di chiedere la citazione del responsabile civile, sollevata con ordinanza del Pretore di Milano del 15 dicembre 1977 in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 gennaio 1982.

 

Leopoldo ELIA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 16 febbraio 1982.