Sentenza n. 31 del 1982
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SENTENZA N. 31

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 184, comma secondo, codice penale militare di pace (Adunanza di militari senza autorizzazione) promosso con ordinanza emessa il 25 febbraio 1976 dal Tribunale militare territoriale di La Spezia nel procedimento penale a carico di Carnovale Stefano ed altri, iscritta al n. 435 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 205 del 4 agosto 1976.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 24 novembre 1981 il Giudice relatore Michele Rossano;

udito l'avvocato dello Stato Franco Chiarotti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso del procedimento a carico di Carnovale Stefano, Colella Angelo, D'Angelo Mario, Di Serio Michele - militari imputati del reato di cui all'art. 184, comma secondo, c.p.m.p. con l'aggravante, solo per il D'Angelo, di cui all'art. 47, n. 2, c.p.m.p. - il Tribunale militare territoriale di La Spezia, con ordinanza pronunciata all'udienza 25 febbraio 1976, ha ritenuto rilevante ai fini della decisione e non manifestamente infondata la questione concernente la legittimità costituzionale dell'art. 184, comma secondo, ipotesi ultima, c.p.m.p., sollevata dai difensori e dal P.M. in riferimento agli artt. 17 e 21 della Costituzione.

L'ordinanza é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 205 del 4 agosto 1976.

Nel giudizio davanti a questa Corte non si sono costituite le parti private.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'avvocato generale dello Stato, con atto depositato il 17 luglio 1976, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata non fondata.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Tribunale militare territoriale di La Spezia ha ritenuto rilevante ai fini della decisione del procedimento e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dalla difesa e dal Pubblico Ministero, se l'art. 184, comma secondo, parte ultima, c.p.m.p. - che punisce con la reclusione fino a sei mesi "il militare che, per trattare di cose attinenti al servizio militare o alla disciplina, arbitrariamente promuove una adunanza di militari o vi partecipa" - sia in contrasto con gli artt. 17 e 21 della Costituzione. Ad avviso del Tribunale dovrebbe approfondirsi l'indagine per accertare se le limitazioni della libertà di riunione (art. 17 Cost.) e di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.), poste dall'art. 184, comma secondo, parte ultima c.p.m.p., trovino effettivamente legittimazione in più penetranti interessi costituzionalmente protetti. La norma suddetta - diretta, come si desume dal termine "arbitrariamente", ad impedire che si formino, comunque, riunioni di militari non autorizzate o disposte da ordini di servizio - rivelerebbe la sfiducia nella autonoma capacità del militare di partecipare consapevolmente alla attività militare con altri soggetti ed apparirebbe diretta ad evitare situazioni di pericolo. La norma censurata sarebbe assolutamente generica quanto al numero dei possibili soggetti attivi, al luogo della riunione, alle finalità dell'oggetto di essa. Dal che deriverebbe che un numero minimo di soggetti (almeno due), che partecipino (anche passivamente e casualmente) ad una riunione, che può avere sede in luogo militare (art. 230, parte ultima, c.p.m.p.) ovvero in luogo pubblico (art. 266 c.p.) o addirittura in abitazione privata, realizzerebbe la fattispecie in esame. Sarebbe, pertanto, condizionato l'esercizio di diritti fondamentali, come quello di riunione garantito dall'art. 17 Costituzione e quello di manifestare liberamente il proprio pensiero, dalla mera discrezionalità del superiore gerarchico sulla base di un semplice sospetto. Ed anzi la norma sarebbe diretta a prevenire una "situazione di pericolo, cioè di mero sospetto di pericolo" in quanto per l'art. 260, comma secondo, c.p.m.p. i reati, per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione militare non superiore nel massimo a sei mesi, e quindi anche quello di cui alla norma in questione, sono puniti a richiesta del comandante. Siffatte previsioni di "meri sospetti di pericolo", che di per se stessi non giustificherebbero la limitazione dell'esercizio dei diritti fondamentali di riunione e di libera manifestazione del pensiero, tanto più dovrebbero ritenersi ingiustificate in quanto gli artt. da 174 a 184 c.p.m.p. predispongono una normativa completa, che consente l'intervento penale allorché nel corso di una qualsiasi riunione di militari si realizzino concreti fatti di danno o di pericolo per la istituzione militare.

2. - Questa Corte deve, innanzitutto, circoscrivere la questione di legittimità costituzionale in relazione allo specifico oggetto del procedimento pendente davanti al Tribunale militare di La Spezia (cfr. da ultimo sentenze n. 42 del 1981 e nn. 137 e 151 del 1980) e consistente nel fatto che quattro militari sono imputati del reato di cui all'art. 184, comma secondo, c.p.m.p. perché nella serata del 7 maggio 1975 avevano partecipato arbitrariamente ad un'adunanza di militari, per trattare di cose inerenti al servizio militare, nella caserma del 3 Reggimento di Artiglieria in Pisa, E, poiché su questa fattispecie concreta (partecipazione arbitraria di quattro militari ad una adunanza di militari, per trattare di cose inerenti al servizio militare, in caserma) deve decidere il Tribunale Militare di La Spezia, non hanno alcun rilievo, nel presente giudizio incidentale di legittimità costituzionale, gli argomenti addotti dallo stesso Tribunale per censurare la disposizione di legge denunciata con riferimento a fattispecie diversa da quella in esame, che riguarda, si ripete, una riunione arbitraria di militari in luogo militare.

3. - La questione, così circoscritta - impregiudicate le altre questioni cui é fatto riferimento nell'ordinanza di rinvio - non é fondata.

I diritti dei cittadini di riunirsi pacificamente e senza armi e di manifestare liberamente il proprio pensiero, proclamati dagli artt. 17 e 21 della Costituzione, hanno portata ed efficacia fondamentali; essi, tuttavia, al pari di ogni diritto di libertà implicano la imposizione di limiti e condizioni per la necessità di evitare che, attraverso il loro esercizio, vengano sacrificati altri beni di rilievo costituzionale (sentenze di questa Corte n. 15 del 1973; nn. 20 e 86 del 1974). Tra questi beni parimenti garantiti dalla Costituzione vanno compresi quelli tutelati dall'art. 52. Questa norma afferma, innanzitutto, il principio che la difesa della Patria é sacro dovere del cittadino. Come questa Corte ha precisato nella sentenza n. 16 del 1973, la formula "sacro dovere" si rinviene nella Carta fondamentale una sola volta, appunto nell'art. 52, per qualificare più fortemente, rispetto a tutti gli altri doveri, quello di difesa della Patria. Tutti gli interpreti riconoscono che il dovere di difesa della Patria é specificazione del più generico dovere dei cittadini di fedeltà alla Repubblica e di obbedienza alla Costituzione e alle leggi (art. 54) e contempla in primo luogo l'obbligo di servizio militare, organizzato nelle Forze Armate, presidio dell'indipendenza e della libertà della Nazione.

In tale contesto, il terzo comma del medesimo art. 52 Cost., secondo cui "l'ordinamento delle Forze Armate si informa allo spirito democratico della Repubblica", non esclude affatto che l'esercizio dei diritti di libertà da parte dei militari debba armonizzarsi con i fini istituzionali delle Forze stesse, al cui raggiungimento é preordinata la loro organizzazione. Pertanto, non é costituzionalmente necessario riconoscere ai militari il diritto di partecipare senza autorizzazione ad un'adunanza per trattare di cose attinenti al servizio militare, là dove si tratti di riunioni destinate a svolgersi - come nella specie - in luogo militare e non nei luoghi pubblici od aperti al pubblico, cui si riferisce in modo specifico l'art. 17 Cost.

La disposizione denunciata risponde all'esigenza di assicurare il regolare svolgimento del servizio militare, che sarebbe compromesso qualora venisse consentito ai militari di radunarsi in luoghi militari senza alcuna limitazione. L'autorizzazione dei superiori si giustifica perché occorre la preventiva valutazione, da parte di essi, dell'oggetto e delle modalità della riunione al fine di evitare ogni possibile pregiudizio al servizio militare.

4. - Va tenuto presente che pure la recente legge 11 luglio 1978, n. 382 "Norme di principio sulla disciplina militare", nell'art. 3, dopo avere affermato che ai militari spettano i diritti che la Costituzione della Repubblica riconosce ai cittadini, stabilisce che, per garantire l'assolvimento dei compiti propri delle Forze Armate, la legge impone ai militari limitazioni nell'esercizio di alcuni di tali diritti, nonché l'osservanza di particolari doveri nell'adempimento dei principi costituzionali.

L'art. 7 della stessa legge pone il divieto di riunioni non di servizio nell'ambito di luoghi militari, salvo quelli degli organi della rappresentanza militare, che sono previste dall'art. 19 e, in ogni caso, devono essere concordate con i comandi competenti.

Il successivo art. 9 prescrive che i militari devono ottenere l'autorizzazione per pubblicare scritti, tenere pubbliche conferenze e manifestare pubblicamente il loro pensiero qualora si tratti di argomenti a carattere riservato di interesse militare o di servizio.

5. - Non ha fondamento l'argomento che l'art. 184, comma secondo, parte ultima, c.p.m.p. - in quanto prevede reato punibile a richiesta del comandante del corpo, ai sensi dell'art. 260 c.p.m.p. - sia diretto a prevenire una "situazione di pericolo, cioè di mero sospetto di pericolo" laddove il legislatore, con gli articoli da 174 a 184 c.p.m.p., prevede e punisce la condotta che, nel corso di una qualsiasi riunione di militari, realizzi eventi di danno o di pericolo per la istituzione militare.

Il titolo III "Dei reati contro la disciplina militare" del libro II c.p.m.p. prevede reati come la rivolta, l'ammutinamento, l'accordo al fine di commettere rivolta o ammutinamento, la cospirazione per compromettere la sicurezza del posto o l'autorità del comandante, che reprimono attività costituenti gravi forme di disubbidienza collettiva.

La norma impugnata punisce fatti di minore gravità, ma anch'essi contrari alla disciplina militare, la cui osservanza é essenziale, nel luogo di convivenza, per lo svolgimento del servizio militare.

Quanto alle argomentazioni addotte dal giudice a quo con riferimento all'art. 260 c.p.m.p. basterà ricordare le pronunzie di questa Corte con le quali é stata ritenuta la legittimità costituzionale della norma in questione (sentenze n. 42 del 1975 e n. 189 del 1976).

La norma censurata, quindi, trovando giustificazione nei principi sopra precisati, non può considerarsi in contrasto con gli artt. 17 e 21 della Costituzione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 184, comma secondo, parte ultima, c.p.m.p. proposta dal Tribunale Militare Territoriale di La Spezia, in riferimento agli artt. 17 e 21 della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 gennaio 1982.

 

Leopoldo ELIA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria l'11 febbraio 1982.