Sentenza n. 10 del 1982
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SENTENZA N. 10

ANNO 1982

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Giuseppe SAJA

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 604 cod. proc. pen. (Provvedimenti da iscriversi nel casellario) promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 7 ottobre 1975 dal Pretore di Vittorio Veneto nel procedimento penale a carico di Artico Giovanni, iscritta al n. 620 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51 del 25 febbraio 1976;

2) ordinanza emessa il 15 dicembre 1975 dal Pretore di Casacalenda nel procedimento penale a carico di Di Maio Stanislao, iscritta al n. 50 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 65 del 10 marzo 1976;

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 24 novembre 1981 il Giudice relatore Edoardo Volterra;

udito l'avvocato dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso del procedimento penale a carico di Giovanni Artico il pretore di Vittorio Veneto, con ordinanza emessa il 7 ottobre 1975, sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 604, secondo comma, codice di procedura penale, nella parte in cui prevede che non siano iscritti nel casellario giudiziale le sentenze e i decreti di condanna concernenti contravvenzioni per le quali é ammessa la definizione in via amministrativa o l'oblazione, a meno che non sia stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena. Secondo il pretore la norma denunziata istituirebbe un regime di evidente disparità di trattamento tra più contravventori, a vantaggio di quelli che incorrono in reati per i quali é ammessa oblazione. Impedendosi al giudice la cognizione di precedenti penali in certe materie viene inibita allo stesso non solo l'applicazione dei criteri di cui all'art. 133 c.p., ma anche la contestazione della recidiva, la cui cognizione é talvolta necessaria, come nel caso in esame, per l'adozione di misure amministrative, talaltra per l'adozione di pene accessorie.

2. - L'ordinanza é stata regolarmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. Dinanzi alla Corte costituzionale é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile per manifesta irrilevanza o comunque infondata.

Secondo l'Avvocatura, risulta dalla stessa ordinanza di rimessione che nel casellario giudiziale era stato iscritto un precedente in termini a carico del sig. Artico, essendogli, in quel caso, stato applicato il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Di tal precedente il Pretore può, quindi, tener conto: il fatto che della nuova condanna, non essendo l'imputato nuovamente meritevole di quel beneficio, non si potrà in un eventuale futuro nuovo processo tener conto, in quanto essa non sarà iscritta nel casellario giudiziale, potrà incidere nel futuro processo (se mai vi sarà), ma non in quello nel corso del quale la questione d'illegittimità costituzionale é stata proposta.

La questione d'illegittimità costituzionale sarebbe, comunque, infondata.

Che il legislatore abbia disposto che non debbono essere iscritte nel casellario giudiziale le condanne concernenti contravvenzioni per le quali é ammessa la definizione in via amministrativa o l'oblazione, non determinerebbe offesa all'art. 3 della Costituzione. Si tratterebbe di reati di ben lieve rilevanza per cui la distinzione operata dal legislatore non sarebbe né arbitraria né irrazionale. Con la norma de qua in conclusione sarebbe stato risolto un problema di politica legislativa ininfluente sul piano della legittimità costituzionale.

3. - Il Pretore di Casacalenda, con ordinanza del 15 dicembre 1975, emessa nel processo penale a carico di Stanislao Di Maio, ha proposto giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 604 c.p.p. in relazione all'art. 3 della Costituzione.

Ad avviso del Pretore l'art. 604 c.p.p., prevedendo che non siano iscritti nel casellario giudiziale i decreti e le sentenze di condanna per contravvenzioni per le quali é ammessa la definizione in via amministrativa o la oblazione, salvo che sia stata concessa la sospensione condizionale della pena, determina una diversità di trattamento con conseguente violazione dell'art. 3 della Costituzione. Tale disparità andrebbe paradossalmente a vantaggio di coloro ai quali il beneficio ex art. 163 c.p. non sia stato concesso, non avendo corso nei loro confronti (benché ritenuti immeritevoli del beneficio della sospensione) la iscrizione della sentenza o del decreto di condanna nel casellario, iscrizione che vale, normalmente, come censura per il cittadino.

4. - L'ordinanza é stata regolarmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.

É intervenuto dinanzi alla Corte costituzionale il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che la questione venga dichiarata non fondata.

La iscrizione nel casellario del decreto o della condanna ubbidirebbe all'esigenza di lasciare traccia ufficiale del precedente penale, ai fini della revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, quando ricorrano le condizioni di cui all'art. 168 c.p. Sarebbe chiaro che tale esigenza non sussiste se il decreto o la sentenza di condanna abbiano, invece, avuto esecuzione. La differenza di trattamento non sarebbe, quindi, irrazionale né arbitraria, anche perché dalla iscrizione nel casellario giudiziale dei decreti o delle sentenze di condanna per contravvenzioni per le quali é ammessa la oblazione o la definizione in via amministrativa, che siano stati condizionalmente sospesi, non derivano neppure le conseguenze che il Pretore ritiene: per reati di così modesto conto non si viene a determinare una riprovazione apprezzabile nella coscienza sociale, riprovazione che, tra l'altro, sarebbe comunque impedita dalla non conoscenza del precedente, posto che di esso non si fa menzione nei certificati del casellario richiesti dai privati (art. 608, n. 4, c.p.p.).

 

Considerato in diritto

 

1. - I due giudizi di cui in epigrafe vanno riuniti e decisi con un'unica sentenza in quanto sollevano analoghe questioni di legittimità costituzionale della medesima norma di legge e in riferimento allo stesso parametro costituzionale.

2. - Nelle due ordinanze in epigrafe viene denunziato per violazione del principio di uguaglianza l'art. 604 primo comma del c.p.p. nella parte in cui non prevede che non siano iscritte nel casellario giudiziale le sentenze e i decreti concernenti contravvenzioni per i quali é ammessa la definizione in via amministrativa o l'oblazione a meno che non sia stato concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena. La norma costituirebbe una situazione di disparità di vantaggio di coloro che incorrono in reati per i quali é ammessa oblazione. Impedendo al giudicante la cognizione di precedenti penali in talune materie, gli verrebbe inibita l'applicazione dei criteri di cui all'art. 133 codice penale e la contestazione della recidiva la cui cognizione può essere necessaria per l'adozione di misure amministrative e anche di pene accessorie.

3. - Va anzitutto rilevato che l'ordinanza n. 50 del 1976 del pretore di Casacalenda non motiva in alcun modo sulla rilevanza. Comunque le questioni di costituzionalità sollevate nell'uno e nell'altro giudizio dalle ordinanze in epigrafe non hanno alcuna influenza sulle decisioni che i giudici a quibus dovranno adottare in merito alle controversie sottoposte alla loro cognizione.

Infatti l'eventuale declaratoria di incostituzionalità dell'art. 604 del codice procedura penale in riferimento all'art. 3 della Costituzione non potrebbe avere riflesso nel procedimento penale pendente avanti il pretore di Vittorio Veneto e parimenti nel procedimento penale pendente avanti il pretore di Casacalenda entrambi in ordine all'infrazione di cui agli artt. 38 e 39 della legge 11 giugno 1971 n. 426.

Risulta pertanto evidente che la soluzione delle questioni costituzionali prospettate nelle citate ordinanze difettano del carattere di necessaria pregiudizialità rispetto alle definizioni dei giudizi di merito come é invece richiesto dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, giudizi ai quali rimangono estranee eventuali controversie sulle iscrizioni ed i certificati del casellario giudiziale. (V. sentenze di questa Corte n. 171 del 1973 e 131 del 1974).

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 604, secondo comma, del codice di procedura penale sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dalle ordinanze in epigrafe, dei pretori di Vittorio Veneto e di Casacalenda.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 gennaio 1982.

 

Leopoldo ELIA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI – Giuseppe SAJA.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 1 febbraio 1982.