Sentenza n.110 del 1981
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SENTENZA N. 110

ANNO 1981

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI, Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 8 marzo 1968, n. 152 (Nuove norme in materia previdenziale per il personale degli enti locali) promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 13 ottobre 1978 dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia - sul ricorso proposto da Daccaminata Giuseppa contro l'INADEL ed altro, iscritta al n. 585 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 284 del 17 ottobre 1979;

2) ordinanza emessa il 13 luglio 1979 dal Pretore di Brescia nel procedimento civile vertente tra Cassese Irma e l'INADEL, iscritta al n. 774 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8 del 9 gennaio 1980.

Visto l'atto di costituzione di Cassese Irma, rappresentata e difesa dall'avv. Franco Agostini;

udito nell'udienza pubblica del 21 gennaio 1981 il Giudice relatore Antonino De Stefano;

udito l'avv. Franco Agostini per Cassese Irma.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza 13 ottobre 1978 (pervenuta alla Corte costituzionale il 18 luglio 1979) il T.A.R. della Lombardia, Sezione staccata di Brescia, ha sottoposto a giudizio di costituzionalità l'art. 3, secondo comma, della legge 8 marzo 1968, n. 152 (Nuove norme in materia previdenziale per il personale degli enti locali).

La disposizione impugnata concerne, nella forma indiretta, la indennità premio di servizio, prevista al cessare del rapporto a favore dei dipendenti di enti locali, iscritti all'INADEL. Secondo il T.A.R., nel limitare le categorie dei "superstiti" che in caso di morte del dipendente hanno diritto all'indennità, al coniuge e, nell'ordine, ai figli, minorenni e maggiorenni, con esclusione dei genitori, essa è in contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione.

La questione è sorta nel corso di un giudizio promosso, nei confronti dell'INADEL e, altresì, degli "Spedali civili" di Brescia, da Giuseppa Daccaminata, vedova Guerrini, unica "superstite" del figlio Guerrini Giovanni, già dipendente di ruolo del suddetto ente ospedaliero, e deceduto in attività di servizio.

La domanda della Daccaminata che, in seguito alla morte del figlio, le fosse liquidata, quale superstite, la indennità premio di servizio, era stata respinta dall'INADEL, in base al rilievo che il su indicato art. 3, secondo comma, della legge n. 152 del 1968, non comprendendo fra gli aventi diritto alla indennità i genitori dell'iscritto, non consentiva di decidere diversamente.

Impugnando il provvedimento dell'INADEL, la ricorrente sosteneva, in via principale, che la indennità avrebbe dovuto comunque essere corrisposta, se non dall'INADEL, dagli Spedali civili di Brescia, e se non in base all'art. 3, secondo comma, della legge del 1968 - nel caso in cui si fossero riconosciute fondate le obiezioni dell'INADEL - in forza delle disposizioni generali degli artt. 2119 e 2122 del codice civile. A suo dire, infatti, data la natura di "retribuzione differita" propria della indennità premio di servizio, per cui questa era equiparabile alla "indennità di anzianità", gli articoli del codice, nel loro combinato disposto, nonostante la mancata previsione dell'art. 3 della legge n. 152, le avrebbero comunque dato diritto di pretenderla.

In via subordinata, tuttavia, la ricorrente sollevava eccezione di incostituzionalità dell'art. 3, secondo comma, della citata legge, nel caso si fosse ritenuto di decidere la vertenza alla stregua di esso. Nel successivo corso del giudizio, però, dichiarava di rinunciare a tale eccezione.

Sia l'INADEL che gli Spedali civili resistevano al ricorso. Posta la causa in decisione, il T.A.R. emetteva una pronuncia interlocutoria, nella quale, escludendo che i due citati articoli del codice civile potessero invocarsi riguardo alla indennità in questione, riteneva tuttavia che nei confronti dell'art. 3, secondo comma, della legge del 1968, nella parte in cui esclude dalle categorie di "superstiti" aventi diritto alla indennità i genitori del dipendente, dovesse essere sollevata (di ufficio, data la rinuncia della ricorrente a continuare a sostenerla), questione di legittimità costituzionale. A tal fine, contemporaneamente alla decisione interlocutoria, emanava la su ricordata ordinanza, disponendo la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.

Nella motivazione del provvedimento di rimessione si osserva anzitutto, in punto di rilevanza, che di essa non potrebbe certo dubitarsi, dati gli effetti decisivi che una declaratoria di incostituzionalità della norma in questione avrebbe, a favore della ricorrente, nel giudizio a quo.

Quanto alla non manifesta infondatezza, al giudice a quo appare ingiustificato, e perciò lesivo del principio di eguaglianza, che nella disposizione impugnata il diritto alla indennità premio di servizio, mentre viene riconosciuto a favore di talune categorie di superstiti (vedova, prole minorenne e anche maggiorenne, se inabile a proficuo lavoro e nullatenente), non venga attribuito, in loro mancanza, ai genitori che versino nelle stesse condizioni. In ciò - sottolinea il T.A.R. - la norma impugnata si discosta dai principi delineati, in materia di riversibilità, dalla legge 22 novembre 1962, n. 1646 (modifiche agli ordinamenti degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro) che all'art. 7, terzo comma, comprende fra i superstiti aventi diritto alla pensione indiretta, in presenza di certi requisiti, i genitori del dipendente, e dalla stessa Corte costituzionale, che in una fattispecie riguardante la riversibilità della indennità di buonuscita ENPAS, di cui all'art. 5 della legge 27 novembre 1956, n. 1407, riconobbe illegittimo, con la sentenza n. 82 del 1973, che essa fosse prevista solo a favore del coniuge e dei figli (in quel caso la questione verteva sulla esclusione dal novero degli aventi diritto dei fratelli e sorelle del dipendente). Principi poi ribaditi, sempre a proposito della indennità di buonuscita ENPAS, dall'art. 7 della legge 29 aprile 1976, n. 177, in forza del quale i genitori superstiti dei dipendenti statali (in mancanza di coniuge e di figli e con precedenza rispetto ai fratelli e sorelle già considerati nella sentenza della Corte costituzionale) sono stati espressamente inclusi tra i beneficiari della indennità.

Non potendo dubitarsi - si osserva nel provvedimento di rimessione - che i due rapporti di impiego, con lo Stato e con l'ente locale, siano sostanzialmente eguali, e che la indennità di buonuscita prevista a favore degli iscritti all'INADEL, abbia natura analoga a quella della indennità prevista a favore degli iscritti all'ENPAS (entrambe assolvendo, allo stesso modo, a funzioni previdenziali e assistenziali) anche sotto questo aspetto, anche, cioè, rispetto al trattamento assicurato ai genitori superstiti del dipendente iscritto all'ENPAS, quello, diverso e deteriore, che la norma impugnata riserva ai genitori superstiti dei dipendenti iscritti all'INADEL riguardo alla indennità premio di servizio, appare irragionevole.

Adempiute le formalità di rito per le notifiche, le comunicazioni, e la pubblicazione del provvedimento di rimessione, nessuna delle parti del giudizio di provenienza si è costituita innanzi alla Corte, né è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

2. - Questione di legittimità costituzionale, nei confronti dell'art. 3 della legge 8 marzo 1968, n. 152, "nella parte in cui non comprende fra gli aventi diritto alla indennità premio di servizio, i genitori a carico dell'impiegato defunto", è stata altresì sollevata, con altra ordinanza, in data 13 luglio 1979, emessa dal pretore di Brescia.

La questione è sorta nel corso di una controversia fra la madre, Irma Cassese, di un dipendente (medico) dell'Ospedale civile di Brescia (iscritto all'INADEL e deceduto in attività di servizio), il dott. Giovanni Acerboni, e (unico convenuto) l'INADEL, promossa in seguito al rigetto, da parte dell'Istituto, della domanda della Cassese per la erogazione in suo favore, quale superstite del dipendente, della indennità premio di servizio.

Secondo il pretore, la norma impugnata "stante la natura di retribuzione differita della indennità di fine servizio, e la funzione previdenziale e assistenziale cui al tempo stesso adempie", contrasterebbe, oltre che con l'art. 3, con gli artt. 36 e 38 della Costituzione. Per il resto, i motivi svolti nella ordinanza del pretore corrispondono sostanzialmente a quelli già prospettati dal T.A.R. della Lombardia nella menzionata ordinanza del 13 ottobre 1978.

In aggiunta ad essi, il pretore osserva tuttavia, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, che la mancata inclusione fra le categorie di superstiti aventi diritto alla indennità premio di servizio, dei genitori degli iscritti all'INADEL, è palesemente irrazionale anche sotto un altro aspetto, e cioè in confronto alle norme della stessa legge n. 152 del 1968 (in cui è contenuta la disposizione impugnata) sull'"assegno vitalizio", altra forma di previdenza, questa, prevista, in favore degli iscritti all'INADEL, nei casi in cui il dipendente non abbia raggiunto l'anzianità, o l'età, necessarie per conseguire la indennità premio di servizio. In forza dell'art. 6 della legge - si osserva in proposito nella ordinanza di rinvio - l'assegno vitalizio è riversibile, oltre che alla vedova e agli orfani, in loro mancanza, anche al padre inabile o ultrasessantenne e nullatenente, ed in mancanza del padre anche alla madre, parimenti inabile o ultrasessantenne e nullatenente. Con la conseguenza che, mentre i genitori dell'iscritto non possono conseguire l'indennità premio di servizio, nei casi in cui questa è maturata, poiché l'art. 3, secondo comma, lo vieta, quando invece la indennità premio di servizio non sia ancora maturata, nulla osta a che essi conseguano in via indiretta l'assegno vitalizio, che pure ha, rispetto alla indennità premio di servizio, identica finalità. Secondo il pretore di Brescia ciò avvalora il sospetto di incostituzionalità della norma impugnata.

Notificata, comunicata e pubblicata l'ordinanza di rinvio, con atto di deduzioni, in data 22 novembre 1979,si è costituita innanzi alla Corte la Cassese, chiedendo che in base alle argomentazioni svolte nella ordinanza stessa, la Corte dichiari fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal pretore di Brescia. A suo avviso, infatti, particolarmente per il profilo della disparità di trattamento fra i dipendenti di enti locali iscritti all'INADEL e gli altri dipendenti privati e pubblici, non sarebbe ipotizzabile altra soluzione. Sia l'indennità di anzianità per i lavoratori del settore privato - si osserva nell'atto di deduzioni - sia la indennità di buonuscita corrisposta dall'ENPAS, vengono assegnate, in mancanza di altri aventi diritto, ai genitori. La esclusione di questi ultimi per la equivalente indennità premio di servizio non è dunque giustificata.

In una successiva memoria la difesa della Cassese insiste affinché la questione di legittimità costituzionale sollevata con l'ordinanza del pretore sia riconosciuta fondata. Facendo ancora richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 82 del 1973, si sottolinea come nella controversia sulla esclusione dei genitori del dipendente da ente locale dalle categorie di "superstiti" a cui va attribuita la indennità premio di servizio INADEL, l'analogia e la omogeneità fra le situazioni rispetto alle quali viene denunciata la violazione del principio di eguaglianza, siano ancor più accentuate ed evidenti. Mentre infatti allora un trattamento di fine lavoro veniva posto in paragone con un trattamento di pensione (rispetto al quale fra i "superstiti" aventi diritto venivano comprese anche le sorelle e i fratelli del dipendente), nell'attuale controversia il paragone si istituisce in relazione alla disciplina vigente della indennità di buonuscita ENPAS, riguardo alla quale non soltanto l'art. 7 della legge 29 aprile 1976, n. 177 (come si rileva nella ordinanza di rinvio) ma già prima l'art. 5 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 (da quella legge modificato) annovera fra i "superstiti" anche i genitori, cosicché quelli che vengono a confronto sono due trattamenti entrambi di fine lavoro. Perciò - se ne conclude - così come nella sentenza del 1973 la disposizione impugnata fu riconosciuta lesiva del principio di eguaglianza, a maggior ragione dovrà esserlo quella ora sottoposta a giudizio di legittimità costituzionale. La giurisprudenza della Corte, che in varie occasioni, riguardo ai trattamenti di pensione, ha ritenuto del tutto omogenee, ai fini dell'art. 3 della Costituzione, le situazioni dei dipendenti dello Stato e quelle dei dipendenti degli enti locali, non lascia dubbi in proposito.

Neanche in questo giudizio l'INADEL si è costituito, né vi è stato intervento da parte del Presidente del Consiglio dei ministri.

3. - All'udienza pubblica la difesa della parte, richiamati gli argomenti svolti nell'atto di deduzioni e nella successiva memoria, ha concluso per la fondatezza della questione.

Considerato in diritto

1. - L'art. 3 della legge 8 marzo 1968, n. 152, con la quale sono state emanate "nuove norme in materia previdenziale per il personale degli enti locali", riconosce, al primo comma, a determinate condizioni, il diritto all'indennità premio di servizio ai "superstiti dell'iscritto che muoia in attività di servizio ovvero entro il triennio dalla cessazione senza aver conseguito, in quest'ultimo caso, l'indennità premio nella forma diretta".

Nel secondo comma lo stesso articolo indica, nell'ordine di precedenza e purché in possesso dei requisiti ivi specificati, "le categorie di superstiti aventi diritto, ai sensi del precedente comma, all'indennità premio di servizio nella forma indiretta"; e cioè: a) la vedova o il vedovo; b) la prole minorenne ed, in concorso con questa, la prole maggiorenne permanentemente inabile a lavoro proficuo, nullatenente ed a carico dell'iscritto alla data del decesso del medesimo.

Con la sentenza n. 115 del 1979 questa Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del suddetto articolo "nella parte in cui non comprende tra le categorie dei superstiti aventi diritto all'indennità premio di servizio nella forma indiretta, rispettando l'ordine di precedenza ivi indicato, i collaterali inabili permanentemente a qualsiasi proficuo lavoro, nullatenenti e conviventi a carico dell'iscritto".

2. - La Corte è ora chiamata dalle ordinanze indicate in narrativa ad accertare se sia costituzionalmente illegittimo il menzionato art. 3, nella parte in cui non comprende tra le categorie dei superstiti aventi diritto all'indennità premio di servizio nella forma indiretta, anche i genitori, ultrasessantenni o inabili a proficuo lavoro, nullatenenti ed a carico dell'iscritto.

La norma è denunciata per contrasto con l'art. 3 della Costituzione dal T.A.R. della Lombardia, Sezione staccata di Brescia; e per contrasto con gli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione dal pretore di Brescia.

3. - Stante la identità della sollevata questione, i giudizi vengono riuniti per essere decisi con unica sentenza.

4. - La questione è fondata.

Valgono, in proposito, le stesse argomentazioni, sulla cui base la Corte, con la citata sentenza n. 115 del 1979, ebbe a riconoscere che la esclusione dei collaterali dal novero degli aventi diritto all'indennità premio di servizio nella forma indiretta, concretava una ingiustificata disparità di trattamento rispetto ad altre categorie di superstiti. Posto che l'indennità premio di servizio (al pari dell'indennità di buonuscita per i dipendenti statali) "assolve precipuamente una funzione previdenziale ed assistenziale, ponendosi accanto alla pensione e ad altre indennità o prestazioni, nell'ambito del trattamento di quiescenza previsto in favore del personale collocato a riposo o comunque cessato dal servizio, e di dati superstiti", non può, ove non sussistano valide ragioni, attribuirsi ad alcune categorie di superstiti il diritto tanto alla pensione quanto all'indennità, e ad altre, che si trovino in eguale relazione assistenziale con il defunto ed in eguale stato di bisogno, solo il diritto alla pensione, ma non anche il diritto all'indennità.

L'art. 7, comma terzo, della legge 22 novembre 1962, n. 1646, riconosce, in caso di morte del dipendente da ente locale, al padre, o, in mancanza, alla madre, il diritto alla pensione, purché abbiano un'età superiore ad anni sessanta, oppure siano inabili al lavoro proficuo, siano nullatenenti e risultino a carico del deceduto, e sempre che non sopravvivano né il coniuge, né figli aventi diritto al trattamento di quiescenza. Il denunciato art. 3 della legge n. 152 del 1968, d'altro canto, non li comprende tra le categorie dei superstiti aventi diritto all'indennità premio di servizio. Nelle stesse condizioni di inabilità, nullatenenza e vivenza a carico, invece, sia gli orfani maggiorenni del dipendente, sia, nel prescritto ordine di precedenza, i suoi collaterali hanno diritto tanto alla pensione quanto all'indennità. Si riscontra, perciò, nella cerchia dei superstiti quella ingiustificata disparità di trattamento in danno di una categoria rispetto ad altre, su cui la Corte ha già fatto leva per le dichiarazioni di illegittimità costituzionale operate con le sentenze n. 82 del 1973 e n. 115 del 1979.

Merita, altresì, rilievo, a conferma della constatata disparità di trattamento, quanto rappresentato nell'ordinanza del pretore di Brescia, e cioè che i genitori dell'iscritto all'INADEL, mentre sono esclusi dall'indennità premio di servizio in forma indiretta, a tenore del denunciato art. 3 della legge n. 152 del 1968, possono, per effetto dell'art. 6 della stessa legge, conseguire, al pari degli altri superstiti e nell'ordine di precedenza ivi indicato, la riversibilità dell'assegno vitalizio corrisposto, ai sensi dell'art. 5 della medesima legge, all'iscritto cessato dal servizio senza aver maturato il diritto all'indennità in parola.

Va, pertanto, dichiarata la illegittimità, per contrasto con il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, dell'art. 3 della legge n. 152 del 1968 nella parte in cui non comprende tra le categorie dei superstiti aventi diritto all'indennità premio di servizio nella forma indiretta i genitori ultrasessantenni o inabili a proficuo lavoro, nullatenenti ed a carico dell'iscritto. Quanto all'ordine di precedenza in cui si collocano tali superstiti rispetto alle altre categorie, non può razionalmente essere che quello indicato, ai fini del trattamento di quiescenza e di riversibilità, dal citato art. 7 della legge n. 1646 del 1962, il quale colloca il padre o, in mancanza, la madre, dopo il coniuge e gli orfani e prima dei collaterali.

Resta, in conseguenza della dichiarata illegittimità costituzionale, assorbito il riferimento fatto nell'ordinanza del pretore di Brescia anche agli artt. 36 e 38 della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 8 marzo 1968, n. 152 (Nuove norme in materia previdenziale per il personale degli enti locali), nella parte in cui non comprende tra le categorie dei superstiti aventi diritto all'indennità premio di servizio nella forma indiretta, rispettando l'ordine di precedenza indicato dall'art. 7 della legge 22 novembre 1962, n. 1646, i genitori ultrasessantenni o inabili a proficuo lavoro, nullatenenti e a carico dell'iscritto.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 1981.

Leonetto AMADEI – Giulio  GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 25 giugno 1981.