Sentenza n.95 del 1981
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SENTENZA N. 95

ANNO 1981

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI, Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 11, 30, 31, 34 e 36 della legge 5 agosto 1978, n. 468 (Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio) promossi con ricorsi delle Regioni Sicilia, Friuli-Venezia Giulia, Valle d'Aosta e Sardegna, notificati i primi tre il 19 ed il quarto il 21 settembre 1978, rispettivamente depositati in cancelleria il 22, il 27 (Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta) e il 28 settembre 1978 ed iscritti ai nn. da 22 a 25 del registro ricorsi 1978.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 18 febbraio 1981 il Giudice relatore Virgilio Andrioli;

uditi l'avv. Giuseppe Fazio, per la Regione Sicilia, l'avv. Gaspare Pacia, per la Regione Friuli - Venezia Giulia, l'avv. Gustavo Romanelli, per la Regione Valle d'Aosta, l'avv. Giuseppe Guarino, per la Regione Sardegna e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso, notificato il 19 settembre 1978 e depositato il successivo 22, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 278 del 4 ottobre 1978, iscritto al n. 22 registro ricorsi 1978, il Presidente della Regione siciliana, rappresentato e difeso, giusta procura autenticata dal notaio Di Giovanni in Palermo il 13 settembre 1978, dagli avv. Salvatore Orlando Cascio e Giuseppe Fazio, e autorizzato con deliberazione 6 settembre 1978 della Giunta regionale, ha chiesto dichiararsi - per violazione degli artt. 1, 19, 20, 25, 36 e 38 dello Statuto siciliano e 127 della Costituzione - l'illegittimità costituzionale degli artt. 31 (giacenza di tesoreria delle regioni), 34 (partecipazione delle regioni) e 36 (disponibilità presso aziende di credito) della legge 5 agosto 1978, n. 468 (riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio).

La Regione ha introdotto il discorso ravvisando nei tre commi, di cui consta l'art. 31, un meccanismo di controllo a doppio riscontro, che per un verso consentirebbe al Tesoro dello Stato di sindacare l'utilizzazione, da parte delle regioni anche a statuto speciale, delle proprie disponibilità finanziarie, e, per altro verso, impedirebbe alle regioni di disporre, nell'ambito del trimestre anche per mutate esigenze amministrative, di somme eccedenti i limiti della giacenza esistente nella cassa del tesoriere, con manifesta violazione del diritto delle regioni alla libera disposizione delle somme di loro spettanza. Più puntualmente, la Regione ha denunciato aa) la violazione degli artt. 20 e 38 dello Statuto provocata dall'assoggettamento all'art. 31 del "contributo di solidarietà nazionale previsto nella legge 27 aprile 1978, n. 182", in quanto più non sarebbe consentito alla Regione di fruire del versamento annuale di tale somma per la esecuzione delle opere pubbliche programmate, che riuscirebbe pregiudicata dalla cadenza trimestrale prevista dal ripetuto art. 31, ab) la violazione degli artt. 19 e 36 dello Statuto, che seguirebbe nell'ipotesi, in cui si comprendesse nella generica previsione ("quanto altro proveniente dal bilancio dello Stato"), di cui al ripetuto art. 31, lo stanziamento di lire 430 miliardi previsto al cap. 4534 dello stato di previsione della spesa del Tesoro con la denominazione "somme occorrenti per la regolazione contabile delle entrate erariali riscosse dalla Regione siciliana", b) il contrasto tra l'art. 36 della legge 468/1978 e gli artt. 1, 20, 36 e 38 dello Statuto nella sottrazione, ad essa Regione, del servizio di cassa in guisa indiscriminata e senza distinzione a seconda della provenienza della disponibilità finanziaria, c) il contrasto tra l'art. 34 della legge 468/1978 e gli artt. 127 della Costituzione e 25 dello Statuto nell'assicurare il primo al Parlamento la possibilità di assoggettamento a sindacato di merito, non consentita dallo Statuto della Regione.

Si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri con atto 6 ottobre 1978, depositato il successivo 9, in cui l'Avvocatura generale dello Stato, sulla base di argomentazioni comuni ai ricorsi 23 a 26/ 1978, ha concluso per la infondatezza della questione.

Più particolarmente, l'Avvocatura generale dello Stato ha in linea di massima osservato che il servizio di tesoreria regionale non si estende ad altre funzioni attinenti al governo della liquidità, alla trasformazione e creazione di mezzi di pagamento, alla politica economica nazionale, che sarebbero, a sensi dell'art. 119 Cost., riservate al Tesoro dello Stato, al fine di inferirne l'infondatezza della questione di costituzionalità dell'art. 31, e che all'art. 36 sarebbe da attribuire il significato (non condannato da precetti costituzionali e statutari) di consentire alle Regioni, in attesa della concreta applicazione dell'art. 31, l'acquisizione dei mezzi finanziari in misura tale da mantenere la disponibilità esistente alla data del 30 giugno 1978, al fine di evitare rallentamenti nell'andamento di erogazione delle spese conseguenti all'applicazione del nuovo sistema; in riferimento, infine, all'art. 34, impugnato dalla sola Regione siciliana, ha obiettato che la mancata posizione esplicita, nello Statuto, di un limite di merito sarebbe svalutata dal sopravvenuto art. 5 della Costituzione, in armonia con il quale è da intendere lo Statuto.

Alla pubblica udienza del 18 febbraio 1981, nella quale il giudice Andrioli ha svolto la relazione, l'avv. Fazio per la Regione e l'avvocato dello Stato Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri hanno ampiamente illustrato le già prese conclusioni.

2. - Con ricorso 15 settembre 1978, notificato il 19 e depositato il 27, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 278 del 4 ottobre 1978, e iscritto al n. 23 registro ricorsi 1978, il Presidente della Giunta regionale del Friuli - Venezia Giulia, rappresentato e difeso, giusta procura in calce, dall'avv. Gaspare Pacia e autorizzato per delibera 29 agosto 1978, n. 3436 della Giunta, ha chiesto dichiararsi l'incostituzionalità degli artt. 31 e 36 legge 468/1978, per violazione degli artt. 1 e 4 n. 1 dello Statuto regionale, nonché dell'art. 30 (conti di cassa) della stessa legge nella parte, in cui, attraverso la previsione di onerosi adempimenti, posti a carico di Comuni, Province e Regioni, tendono ad instaurare (anche nel Friuli - Venezia Giulia) un sistema atipico di controllo di merito sugli atti di tali enti, al di là dei casi e fuori delle sedi in cui tale controllo è eccezionalmente consentito, per violazione degli artt. 29, comma secondo, 58 e 60 dello Statuto e 130, comma secondo, della Costituzione. In particolare, la Regione ha individuato a) la violazione dell'art. 1 dello Statuto in ciò che alla personalità giuridica, che ne è assegnata alla Regione stessa, arrecherebbero attentato gli artt. 31 e 36, che mirano a limitare il diritto di detenere e possedere cose proprie, b) la violazione dell'art. 4 n. 1 dello Statuto in ciò che la riserva alla Regione dell'ordinamento degli uffici, ivi prevista, sarebbe offesa dall'attribuzione al Tesoro dello Stato delle facoltà e funzioni, contemplate negli artt. 31 e 36, c) il contrasto tra l'impugnato art. 30 e gli artt. 58 e 60 dello Statuto nell'introduzione, prevista dal primo, di un sistema atipico di controllo di merito al di là dei casi e fuori delle sedi, in cui tale controllo è previsto dagli artt. 29, comma secondo, dello Statuto e 130, comma secondo, della Costituzione.

Nell'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, comune ai ricorsi 22, 24 e 26/1978, l'Avvocatura generale dello Stato ha osservato, con specifico riferimento all'impugnazione dell'art. 30, che questa disposizione mira a soddisfare l'esigenza di unitarietà del quadro informativo sulla finanza pubblica nel suo complesso e non prevede alcun controllo di legittimità o di merito sugli atti della Regione, cui il quadro informativo si riferisce.

Nella memoria 4 febbraio 1981, depositata il successivo 5, la Regione ha obiettato che la normativa impugnata si pone non "a monte" ma "a valle" del servizio di tesoreria e che tale collocazione ne ribadirebbe la illegittimità per riuscire privata essa Regione della disponibilità di somme che alla medesima pertengono.

Alla pubblica udienza del 18 febbraio 1981, nella quale il giudice Andrioli ha svolto la relazione, l'avv. Pacia per la Regione e l'avvocato dello Stato Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri hanno illustrato le già prese conclusioni.

3. - Con ricorso, notificato il 19 settembre 1978 e depositato il 27, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 278 del 4 ottobre 1978, e iscritto al n. 24 registro ricorsi 1978, la Regione autonoma della Valle d'Aosta in persona del Presidente della Giunta, rappresentato, giusta procura speciale autenticata per notar Colombo di Aosta il 6 settembre 1978, dall'avv. Gustavo Romanelli, e autorizzato con delibera 1 settembre 1978, n. 4347 della Giunta, ha chiesto dichiararsi l'illegittimità costituzionale dell'art. 31 legge 468/ 1978 per violazione degli artt. 115 e 116 Cost., e 2,12,14,45,46 e 50 dello Statuto. Conclusioni, nelle quali la Regione ha insistito, con la memoria depositata il 5 febbraio 1981, di contro alle argomentazioni svolte dall'Avvocatura generale dello Stato nell'atto di costituzione 6 ottobre 1978 del Presidente del Consiglio dei ministri, depositato il successivo 9, comune ai ricorsi 22, 23, 25 e 26/1978.

In particolare, la Regione ha articolato il ricorso in due motivi.

Nel primo, dopo aver richiamato a precedente la sentenza 155/1977 di questa Corte, ha ravvisato nei meccanismi descritti nell'art. 31 una sorta di "rubinetto" che, posto nelle mani del Ministro del Tesoro, consentirebbe di bloccare o ritardare il flusso di spesa della Regione in violazione degli artt. 115 e 116 Cost., e, dopo aver richiamato la sentenza 107/1970 della Corte, ha ritenuto violato anche l'art. 2 dello Statuto che attribuisce alla Regione la competenza esclusiva sull'ordinamento degli uffici; ha infine denunciato la violazione degli artt. 14, relativo ai diritti della "zona franca", attualmente tradotti nella devoluzione alla Regione di elevate aliquote dei proventi doganali, 12, che prevede il versamento, da parte dello Stato, di una "quota" dei tributi statali e di "contributi speciali" destinati a "provvedere a scopi determinati che non rientrino nelle funzioni normali della Valle" e, infine, il versamento a favore della Valle dei nove decimi del canone annuale percepito a norma di legge per le concessioni di derivazione a scopo idroelettrico, 50, terzo comma, per il quale "con legge dello Stato, in accordo con la Giunta regionale, sarà stabilito, a modifica degli artt. 12 e 13, un ordinamento finanziario della Regione" (in atto, legge 6 dicembre 1971, n. 1065, di cui la Regione ha preso in particolare considerazione gli artt. 2 a 5), e ne ha dedotto in ipotesi l'incompatibilità delle disposizioni da ultimo menzionate con l'art. 31, che dovrebbe sciogliersi a favore di quelle e, quindi, sancirebbe il difetto di interesse della Regione all'impugnazione, e, in tesi, la compatibilità, in esito alla quale ha denunciato la illegittimità dell'art. 31 perchè adottato senza il previo concerto della Regione e, comunque, diretto a consentire che alla Regione pervenga non già tutto quanto di sua pertinenza, ma sol quel che le spetta nei limiti del previsto fabbisogno finanziario per il trimestre.

Nel secondo motivo del ricorso la Regione si è, in particolar guisa, soffermata sui commi secondo e terzo dell'art. 31 e, segnatamente, sulla espressione: "in armonia", nella quale ha ravvisato, se non un "concerto", un controllo del Tesoro sulla attività regionale, e ciò in contrasto con gli artt. 45 e 46 dello Statuto; ha ravvisato nell'obbligo, alla Regione imposto, di formare il preventivo trimestrale di cassa, di cui all'art. 31, secondo comma, la compressione del potere di autorganizzazione, assicurato dagli artt. 2 e 4 dello Statuto, al quale infligge altra offesa il comma terzo dell'art. 31 con imporre al Presidente della Giunta il rilascio di dichiarazione sottoscritta, attestante "l'ammontare delle disponibilità depositate presso la Tesoreria regionale", non senza in tal modo costringere - ha concluso la ricorrente - la Regione a tenere due distinti servizi, l'uno per le somme provenienti dal bilancio dello Stato e l'altro per le somme di diversa provenienza. Nell'atto di costituzione, comune ai ricorsi 22, 23, 25 e 26/1978, l'Avvocatura generale dello Stato ha replicato che le operazioni descritte nell'art. 31 non possono trasformarsi in strumento di controllo perchè l'art. 31 si limita a garantire che l'accreditamento dei fondi avvenga, conformemente allo spirito informatore della norma, in relazione alle effettive esigenze delle tesorerie regionali, senza determinare alcuno spostamento di competenze e di poteri per essere l'accreditamento dei fondi da parte del Tesoro atto (non discrezionale, ma) dovuto; che la dizione "in armonia" non può confondersi con il "concerto" tra autorità e enti diversi, perchè i preventivi trimestrali sono adottati dalla Giunta regionale senza il consenso di chicchessia; che l'attestazione del Presidente della Giunta è rivolta soltanto ad accertare l'ammontare delle disponibilità depositate presso la tesoreria regionale, senza che derivino alle regioni conseguenze né sul piano degli accreditamenti né sul piano del condizionamento dell'attività amministrativa regionale; ha infine richiamato l'istituto del contratto di conto corrente.

Nella memoria depositata il 5 febbraio 1981, la Regione ha replicato che, se fosse accettabile l'asserto del Presidente del Consiglio dei ministri circa il porsi della normativa impugnata "a monte" del servizio di tesoreria regionale, sarebbero violate (e ciò sarebbe ancor più grave) le norme costituzionali (artt. 12,14 e 50 dello Statuto) che garantiscono alla Regione sia le entrate proprie sia quelle costituite da contributi a carico dello Stato (il che sarebbe confermato dalla sentenza 61/1979 della Corte) e che proprio il richiamo del contratto di conto corrente, effettuato dall'Avvocatura dello Stato, ribadisce l'illegittimità delle norme impugnate per non consentire queste alla correntista regione di disporre degli importi annotati se non sulla base di preventivi trimestrali di cassa.

Alla pubblica udienza del 18 febbraio 1981, in cui il giudice Andrioli ha svolto la relazione, l'avv. Romanelli per la Regione e l'avvocato dello Stato Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri si sono riportati agli scritti.

4. - Con ricorso, notificato il 21 settembre 1978 e depositato il 28, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 278 del 4 ottobre 1978 e iscritto al n. 25 registro ricorsi 1978, la Regione autonoma della Sardegna, in persona del Presidente, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale 11 settembre 1978 per notar Locci di Cagliari, dall'avv. Giuseppe Guarino, e autorizzato con delibera 8 settembre 1978 della Giunta, ha chiesto dichiararsi l'illegittimità costituzionale dell'art. 31 legge 468/1978 per violazione degli artt. 3 a 7, 8, 11, 14 dello Statuto e 32 a 36, 41, 44, 45 d.P.R. 19 maggio 1949, n. 250 e, in subordine, dell'art. 11 (legge finanziaria) della stessa legge per violazione degli artt. 2 a 5 dello Statuto.

Più in particolare, la Regione, dopo aver ricordato gli artt. 7, che definisce propria della Regione la finanza, 8 dello Statuto che ha per oggetto le sue entrate, rappresentate da quote del gettito dei tributi statali, e gli artt. 32 a 36 delle norme d'attuazione dello Statuto (d.P.R. 19 maggio 1949, n. 250), ne ha inferito che la quota delle entrate tributarie, di spettanza della Regione e quindi "proprie" della stessa, non passa per l'Amministrazione statale del Tesoro, ma deve essere versata direttamente dall'organo ricevitore in favore della Regione negli stessi termini stabiliti per il versamento allo Stato, e non può, quindi, nè deve essere intaccata dalla legge o dall'atto amministrativo dello Stato; ha poi richiamato gli artt. 44 e 45 dello Statuto, dai quali risulta che la Regione dispone di una propria ragioneria e di un proprio servizio di tesoreria (disciplinato quest'ultimo dalla legge regionale 7 luglio 1975, n. 27), e, infine, l'art. 41 del d.P.R. 250/1949, per il quale le disposizioni vigenti sulla contabilità generale dello Stato si applicano alla Regione solo "in quanto applicabili"; ha invocato a precedente la sentenza 107/1970 della Corte, per la quale le norme sulla contabilità generale dello Stato valgono nella Regione subordinatamente "al mancato esercizio della potestà legislativa regionale in materia"; in particolare guisa ha insistito nel dedurre in via principale che le entrate, che non transitano per il bilancio dello Stato, non sono previste nell'art. 31 e, pertanto, la violazione delle invocate norme assunte a parametri rifletterebbe soltanto i "contributi straordinari dello Stato per particolari piani di opere pubbliche e di trasformazioni fondiarie", pur considerate nell'art. 8 dello Statuto, e in via subordinata che l'incostituzionalità dell'art. 31 deriverebbe dal potere, riconosciuto dalla richiamata sentenza della Corte alla Regione, di legiferare autonomamente in tema di contabilità in virtù del potere di dettare l'ordinamento degli uffici e di avere una propria finanza; ha denunciato la violazione dell'art. 45 delle norme d'attuazione, per le quali la Regione ha un proprio servizio di tesoreria.

La Regione ha, seppure in via prudenziale, investito anche l'art. 11 della legge per l'ipotesi in cui si assume che la disposizione si riferisca anche alle leggi regionali e non alle sole leggi dello Stato.

Nell'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, comune ai ricorsi 22 a 24 e 26/1978, l'Avvocatura generale dello Stato, in aggiunta ai già riassunti rilievi di ordine generale, ha definito infondata la interpretazione dell'art. 11 offerta dalla Regione perchè la disposizione persegue il solo fine di precisare che alla legge finanziaria previstavi non si applicano le limitazioni stabilite dall'art. 81, terzo comma, della Costituzione per la legge di approvazione del bilancio.

Nella memoria depositata il 5 febbraio 1981, la Regione ha insistito nel richiamare a precedenti le sentenze 155/1977 e 107/1970 della Corte, ha contestato la prospettazione dei procedimenti e atti, previsti nell'art. 31, nel quadro del servizio di tesoreria, delineata dall'Avvocatura dello Stato; ha osservato che l'applicazione dell'art. 31 si risolve in mera modificazione di dati contabili a favore dell'Amministrazione centrale e a carico delle amministrazioni locali senza alcun positivo risultato sostanziale e, per contro, con l'effetto di prolungare i tempi amministrativi e di creare incertezze sul momento dell'effettiva riscossione delle entrate; ha concluso che l'impugnata normativa incide sulla stessa autorità amministrativa delle Regioni, il cui potere di programmare la loro attività è compromesso dall'obbligo di tenere il conto corrente e dalle decisioni ministeriali di svincolo, non sempre corrispondenti, nei tempi e nelle quantità, alle richieste regionali.

Alla pubblica udienza del 18 febbraio 1981, in cui il giudice Andrioli ha svolto la relazione, l'avv. Guarino per la Regione e l'avvocato dello Stato Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri hanno illustrato le già prese conclusioni

Considerato in diritto

I quattro ricorsi, stante la connessione delle prospettate questioni, esigono contestuale decisione.

1. - Nessuno dei motivi, nei quali si articola il ricorso, con cui la Regione siciliana ha investito gli artt. 31, 34 e 36 legge 468/1978, merita accoglimento.

aa) La violazione degli artt. 20 e 38 dello Statuto, cui fornirebbe esca l'assoggettamento all'art. 31 del contributo di solidarietà nazionale previsto nella legge 27 aprile 1978, n. 182, sarebbe validamente prospettata sol se fosse lecito interpretare l'art. 3 della legge 182/1978 nel senso che il contributo sia da versare alla Regione dallo Stato in unica soluzione e all'inizio dell'anno successivo a quello cui si riferisce, ma è sufficiente scorrere il testo della disposizione ("il contributo di cui all'art. 1 viene versato alla Regione nell'anno successivo a quello cui si riferisce ...") per cogliere la fallacia del presupposto interpretativo, sia sin troppo evidente essendo che lo Stato adempie al debito sol che versi alla Regione l'importo dovuto nel corso dell'anno successivo a quello cui il contributo si riferisce. "Lo Stato verserà annualmente alla Regione" - dispone del resto l'art. 38, primo comma, dello Statuto - "a titolo di solidarietà nazionale, una somma da impiegarsi, in base ad un piano economico, nell'esecuzione di lavori pubblici". Tale adempimento non viene posto in forse dall'applicazione dell'art. 31, per modo che la censura in esame è destituita di base.

ab) La censura di violazione degli artt. 19 e 36 dello Statuto, che deriverebbe dal ricomprendere nella generica previsione dell'art. 31 ("quanto altro proveniente dal bilancio dello Stato") lo stanziamento di lire 430 miliardi previsto al cap. 4534 dello stato di previsione del Tesoro con la denominazione "somme occorrenti per la regolazione contabile delle entrate erariali riscosse dalla Regione siciliana" non può ritenersi fondata in quanto il gettito delle entrate stesse viene già riscosso direttamente dalla Regione. Infatti, la regolazione contabile - attuata per fini puramente interni nell'ambito dello Stato - evidenzia che tali entrate - a differenza di quelle alla Regione fornite dallo Stato per il contributo ex art. 38 dello Statuto speciale - non provenendo sostanzialmente dal bilancio dello Stato, non sono, per loro natura, soggette al meccanismo di cui all'art. 31 predetto.

b) Quanto all'art. 36 la Corte conferma le ragioni che l'hanno indotta a giudicare, nella sentenza 94/1981, infondata l'impugnazione proposta dalla Regione Veneto; trattasi di norma transitoria adottata dal legislatore statale al fine di evitare scoperti in pregiudizio di coloro che intrattenessero rapporti con le aziende di credito esercenti servizio di cassa per le Regioni alla data di entrata in vigore della legge, con il consentire alle Regioni (e agli enti pubblici, di cui all'art. 32) di mantenere presso dette aziende disponibilità provenienti dal bilancio dello Stato, per un periodo non superiore a sei mesi dalla data di pubblicazione della legge e per una consistenza pari a quella posta in essere alla data del 30 giugno 1978.

c) La circostanza, infine, che lo Statuto siciliano, a differenza degli Statuti speciali di altre Regioni (Sardegna, Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli- Venezia Giulia), non preveda il sindacato di merito da parte del Parlamento nazionale su atti legislativi della Regione che sarebbe consentito, in contrasto con i richiamati parametri, dall'art. 34, non giova a dire illegittimo l'impugnato testo. L'ultimo comma dell'articolo in questione ("Qualora il Governo riscontri la mancata attuazione della armonizzazione prevista dal precedente comma può promuovere la questione di merito per contrasto di interessi ai sensi del quarto comma dell'art. 127 della Costituzione") va infatti inteso in conformità con le previsioni della Costituzione e degli Statuti speciali, riguardanti il controllo preventivo delle leggi regionali: riferendolo dunque alle Regioni ordinarie, nonché alle sole Regioni differenziate i cui Statuti speciali contengano disposizioni corrispondenti a quella stabilita dal comma finale dell'art. 127 Cost.

2. - Neppure il ricorso della Regione Friuli - Venezia Giulia merita accoglimento.

a) La denuncia di violazione dell'art. 1 dello Statuto, da cui sarebbero affetti gli artt. 31 e 36, pecca di apriorismo perchè l'attribuzione della personalità giuridica implica il riconoscimento, all'ente che ne è beneficiario, della capacità di essere soggetto di rapporti giuridici, ma non getta luce sulla concreta consistenza e sussistenza dei rapporti medesimi.

b) La riserva, alla Regione fatta dall'art. 4 n. 1 dello Statuto, dell'ordinamento degli Uffici e degli Enti dipendenti dalla Regione medesima, non basta a imprimere fondatezza all'impugnazione degli articoli 31 e 36: sia perchè lo stesso art. 1 avverte che la potestà legislativa nel settore degli Uffici e degli altri Enti dipendenti e nelle altre tredici materie compete sì alla Regione, ma "in armonia con la Costituzione, con i principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato, con le norme fondamentali delle riforme economico - sociali e con gli obblighi internazionali dello Stato", nonché "nel rispetto degli interessi nazionali e di quelli delle altre Regioni"; sia perchè le norme impugnate, pur incidendo sulle disponibilità liquide della competente tesoreria regionale, non escludono affatto che la tesoreria medesima rimanga soggetta alla potestà legislativa regionale (anche in base alla specifica disposizione dell'art. 33 della legge 19 maggio 1976, n. 335).

Quanto poi all'art. 30, la circostanza che esso imponga ai Comuni, alle Province ed alle Regioni di trasmettere al Ministro del tesoro una serie di dati non implica affatto gli atipici controlli di merito sulle spese degli enti autonomi, che sono censurati dal ricorso regionale. Detti dati vanno infatti utilizzati dal Ministro stesso, al solo scopo di presentare al Parlamento le annuali relazioni sul fabbisogno dell'"intero settore pubblico".

3. - Diversa sorte va riservata al ricorso della Regione della Valle d'Aosta nella parte in cui si è dedotta la violazione dell'art. 50, comma terzo, dello Statuto della Regione e delle disposizioni della legge 6 dicembre 1971, n. 1065 (revisione dell'ordinamento finanziario della Regione Valle d'Aosta), con cui conflitta l'impugnato art. 31.

Sulla base dell'art. 50, terzo comma, dello Statuto, per il quale "entro due anni dall'elezione del Consiglio della Valle, con legge dello Stato, in accordo con la Giunta regionale, sarà stabilito, a modifica degli artt. 12 e 13, un ordinamento finanziario della Regione", sono state emanate dapprima la legge 29 novembre 1955, n. 1179 (ordinamento finanziario della Valle d'Aosta), il cui art. 16 disponeva che "esso resterà in vigore fino alla data di attuazione del regime di zona franca previsto dall'art. 14 dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta. Le eventuali successive modifiche alla presente legge saranno adottate con legge ordinaria, d'accordo con la Giunta regionale", e poi la vigente legge 6 dicembre 1971, n. 1065, il cui art. 18 statuisce che "la presente legge ha effetto dalla data di inizio dell'anno finanziario 1971. Da detta data cessa di avere effetto l'ordinamento finanziario di cui alla legge 29 novembre 1955, n. 1179, fermo restando il disposto dell'art. 14 della legge stessa".

L'art. 5, quarto e quinto comma della legge 1065/1971, che, in una con gli artt. 2 a 4 della stessa legge, è coinvolto nell'impugnazione, dispone che "L'intendenza di finanza di Aosta provvederà mensilmente, mediante ordinativi su ordini di accreditamento emessi senza limiti di importo, a corrispondere alla Regione le quote dei proventi ad essa spettanti - a norma dell'art. 3, primo comma, e dell'art. 4 - sulla base dei versamenti in conto competenza e residui effettuati nella coesistente sezione di tesoreria provinciale e dei versamenti di cui al secondo comma. La stessa intendenza provvederà altresì a corrispondere annualmente alla Regione, mediante ordinativi su ordini di accreditamento emessi senza limiti di importo, il provento di cui all'art. 3, secondo comma, determinato con le modalità ivi indicate".

In riferimento alla disposizione, che per contestualità di esposizione si è riprodotta in extenso, la Regione ha posto l'alternativa della coesistenza della medesima con l'art. 31 e, quindi, della carenza d'interesse della stessa Regione alla impugnazione ovvero della incompatibilità delle due disposizioni per basarvi la violazione dell'art. 50, terzo comma, dello Statuto, provocata dall'essere l'art. 31 stato adottato in difetto dell'accordo della Regione.

La Corte non può non accogliere la seconda alternativa poiché, mentre l'intendenza di finanza di Aosta, ai sensi dell'art. 5, deve procedere - mensilmente o alla scadenza dell'anno - a corrispondere alla Regione gli importi ad essa spettanti, diverse sono la sequenza e la cadenza temporale scandite dall'art. 31.

Pertanto, va dichiarata la fondatezza della questione di legittimità - per violazione dell'art. 50, terzo comma, dello Statuto e in relazione all'art. 5, quarto e quinto comma, legge 6 dicembre 1971, n. 1065 - dell'art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 468, adottata senza l'accordo con la Regione Valle d'Aosta.

L'accolta censura, prospettata nelle ultime battute del primo motivo del ricorso della Regione, assorbe tutte le altre censure adunate nello stesso mezzo e nel secondo motivo; il che rende superflua la ripetizione degli argomenti dalla Corte incentrati sulla interpretazione dei commi terzo e, soprattutto, secondo dell'art. 31 nella sentenza 94/1981 e al n. 1 della presente motivazione.

4. - Il nucleo centrale del ricorso della Regione autonoma della Sardegna si sostanzia in ciò che in virtù del combinato disposto degli artt. 7 e 8 dello Statuto e degli artt. 32 a 36 delle norme d'attuazione del medesimo, di cui al d.P.R. 19 maggio 1949, n. 250, la quota delle entrate tributarie di spettanza della Regione deve essere direttamente versata dall'organo ricevitore alla Regione negli stessi termini stabiliti per il versamento allo Stato e che tale meccanismo non può coesistere con le procedure delineate nell'art. 31. Il contrasto deve risolversi in danno di quest'ultima norma non solo e non tanto perchè l'art. 41 del d.P.R. 250/1949 ammonisce che le disposizioni vigenti sulla contabilità generale dello Stato si estendono alla Regione sarda solo "in quanto applicabili", quanto perchè gli artt. 32 a 36 dello stesso decreto potevano essere modificati sol nel rispetto dell'art. 56 dello Statuto, che è stato invece tenuto in non cale nella confezione della legge, di cui fa parte l'art. 31.

La dichiarazione di fondatezza della questione di legittimità dell'art. 31, per violazione degli artt. 7 e 8, più a monte, 56 dello Statuto in relazione agli artt. 32 a 36 d.P.R. 19 maggio 1949, n. 250, si impone e rende superflui l'esame degli altri motivi d'illegittimità dell'art. 31 adunati dalla Regione e lo scrutinio della legittimità dell'art. 11 della legge 5 agosto 1978, n. 468, della quale la stessa ricorrente ha suscitato sospetto sol in via prudenziale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i quattro ricorsi iscritti ai nn. 22 a 25 registro ricorsi 1978,

1) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 34, 31 e 36 della legge 5 agosto 1978, n. 468, sollevate dalla Regione siciliana, con ricorso notificato il 19 settembre 1978 (n. 22 registro ricorsi 1978), in riferimento agli artt. 127 della Costituzione e 1, 19, 20, 25, 36 e 38 dello Statuto della Regione siciliana;

2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 30, 31 e 36 della legge 5 agosto 1978, n. 468, sollevate dalla Regione Friuli - Venezia Giulia, con ricorso notificato il 19 settembre 1978 (n. 23 registro ricorsi 1978), in riferimento agli artt. 130, secondo comma, della Costituzione e 1, 4 n. 1, 29, secondo comma, 58 e 60 dello Statuto della Regione Friuli - Venezia Giulia;

3) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 468, per quanto concerne la Regione Valle d'Aosta;

4) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 468, per quanto concerne la Regione Sardegna.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 aprile 1981.

Leonetto AMADEI – Giulio  GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria l'8 giugno 1981.