Sentenza n.25 del 1981
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SENTENZA N.25

ANNO 1981

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI, Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio sull'ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, comma primo, legge cost. 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione degli articoli 2, 3, comma secondo (Per i tribunali militari indicati nel secondo comma dell'articolo precedente, alla costituzione degli uffici anzidetti provvedono, nei modi stabiliti dalla legge, i comandanti delle forze, presso le quali i tribunali stessi sono costituiti); 7; 8, comma primo, numero 1) limitatamente alle parole: < avente grado di generale di brigata, o grado corrispondente delle altre forze armate dello Stato >, numero 3) limitatamente alle parole: < di cui sedici ufficiali superiori e otto capitani >, nonché alle parole: < nel quale ultimo caso i giudici in eccedenza devono essere anche essi scelti fra gli ufficiali superiori e capitani >, comma secondo limitatamente alla parola: < militare >, comma terzo limitatamente alla parola: < militari >; 9, comma secondo limitatamente alla parola: < militari >; 10; 11; 12; 13; 14, comma primo, numero 3) limitatamente alla parola: < militari > e comma secondo (Almeno due dei tre giudici militari devono essere ufficiali superiori, salvo che trattisi di giudizio a seguito di opposizione proposta contro un decreto penale di condanna); 15; 16; 17; 18; 19; 22; 23; 25, comma secondo (Nei procedimenti a carico di ufficiali generali, le funzioni del giudice istruttore sono affidate a un magistrato militare di grado non inferiore a quello di procuratore militare della Repubblica, designato dal procuratore generale militare della Repubblica. Fino a quando non sia avvenuta tale designazione, provvede il giudice istruttore del tribunale competente); 27; 28; 29; 30; 31; 32; 33; 34; 35; 36; 37; 38; 39; 40; 41; 42; 43, comma primo limitatamente alle parole: < ufficiale di grado non inferiore a generale di corpo d'armata o equiparato >, e alle parole: < di cui dieci ufficiali generali, di grado non superiore a generale di divisione o equiparato >, comma secondo (I giudici militari appartengono: tre all'esercito, due alla marina, due all'aeronautica e uno a ciascuna delle altre forze militari), comma terzo limitatamente alla parola: < militari >, comma quinto (In caso di mancanza, assenza, incompatibilità o altro impedimento del presidente, ne esercita le funzioni l'ufficiale più anziano fra i generali di divisione o equiparati) e comma sesto limitatamente alla parola: < militari >; 44, comma primo limitatamente alle parole: < dei quali due sono ufficiali > e comma secondo (Nel numero dei giudicanti devono essere rappresentate, per quanto è possibile, le forze armate alle quali appartengono gli imputati); 45, comma primo, limitatamente alle parole: < dei quali tre sono ufficiali > e comma secondo (Nei casi preveduti dal comma precedente, almeno uno dei giudici militari, compreso il presidente, deve appartenere alla forza armata dello Stato alla quale appartiene o apparteneva la persona cui si riferisce la deliberazione); 50, comma primo limitatamente alla parola: < militari >; 51 limitatamente, dopo la parola < giudici >, alla parola: < militari >; 54 e 55 del regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022 (Approvazione dell'Ordinamento giudiziario militare) e successive modificazioni (n. 18 reg. ref.).

Vista l'ordinanza 2 dicembre 1980 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha dichiarato legittima la suddetta richiesta;

udito, nella camera di consiglio del 14 gennaio 1981, il Giudice relatore Antonino De Stefano;

udito l'avv. Mauro Mellini per il Comitato promotore del referendum.

Considerato in diritto

La richiesta di referendum abrogativo, sulla cui ammissibilità la Corte è chiamata a pronunciarsi, è stata dichiarata legittima dall'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, con ordinanza del 2 dicembre 1980, in applicazione dell'art. 32 della legge 25 maggio 1970, n. 352. Essa investe, come si rileva dal quesito, quarantuno articoli dell'Ordinamento giudiziario militare, approvato con r.d. 9 settembre 1941, n. 1022, e successive modificazioni: tutti compresi nei cinquantasei della Parte I (Ordinamento giudiziario militare di pace), che disciplina la composizione ed il funzionamento dei vari organi della giustizia penale militare (tribunali militari territoriali, tribunali militari di bordo, tribunali militari presso forze armate concentrate o presso corpi di spedizione all'estero, tribunale supremo militare). Di alcuni articoli (2,7,10 a 13,15 a 19, 22,23,27 a 42,54,55) si propone al corpo elettorale l'abrogazione dell'intero testo; di altri (3, 8, 9, 14,25,43, 44, 45, 50, 51) l'abrogazione limitata a commi o a parte di commi o anche alle sole parole < militare > o < militari >.

Dei menzionati organi della giustizia penale militare caratteristica comune è che sono composti, esclusivamente (tribunali militari di bordo), prevalentemente (tribunali militari territoriali ed equiparati) o largamente (tribunale supremo militare), da ufficiali in servizio appartenenti alle varie forze armate dello Stato. Ai quali è sempre riservata anche la presidenza del collegio giudicante; e la loro partecipazione a questo ultimo varia in relazione al grado militare dell'imputato ed alla sua appartenenza all'una o all'altra forza armata. Gli articoli e le parti di articoli dell'Ordinamento giudiziario militare, investiti dalla richiesta di referendum abrogativo, sono, direttamente o indirettamente, preordinati appunto all'attuazione di siffatti criteri. Si che < matrice razionalmente unitaria > del quesito referendario, pur nella pluralità di norme che ne costituiscono l'oggetto, appare in modo univoco la proposta esclusione dalla struttura dei tribunali in questione di tali giudici-ufficiali (chiamati < giudici militari > in contrapposizione ai < magistrati militari >, che appartengono al ruolo organico del personale civile della giustizia militare, e nella vigente normativa concorrono anch'essi, sia pure in misura minoritaria, alla composizione dei collegi giudicanti, svolgendo inoltre le funzioni di pubblico ministero e di giudice istruttore). Può, dunque, considerarsi soddisfatta quella imprescindibile esigenza di < omogeneità > del quesito, che la Corte ha affermato nella sentenza n. 16 del 1978, considerando < in primo luogo inammissibili le richieste così formulate, che ciascun quesito da sottoporre al corpo elettorale contenga una tale pluralità di domande eterogenee, carenti di una matrice razionalmente unitaria, da non poter venire ricondotto alla logica dell'art. 75 della Costituzione >. Il che non ricorre nel caso in esame.

Né in esso si riscontra alcuna delle altre ragioni di inammissibilità enunciate dalla Corte in quella occasione. In proposito va ricordato che proprio con la citata sentenza n. 16 del 1978 fu dichiarata inammissibile, fra le altre, la richiesta di referendum per l'abrogazione dell'Ordinamento giudiziario militare, approvato con il r.d. n. 1022 del 1941, nel suo intero testo. La richiesta era stata presentata il 30 giugno 1977, contemporaneamente a quella per l'abrogazione del codice penale militare di pace, approvato con il r.d. 20 febbraio 1941, n. 303.

Quest'ultima con la stessa sentenza venne dichiarata inammissibile per la netta < eterogeneità > delle disposizioni contenute in quel codice (alcune delle quali, oltre tutto, < si saldano con le corrispondenti disposizioni costituzionali >) e per la conseguente < irriducibile pluralità delle questioni > su cui l'elettore sarebbe stato costretto ad esprimere un unico voto. Per l'Ordinamento giudiziario militare la Corte osservò preliminarmente che la richiesta referendaria determinava < problemi almeno in parte diversi da quelli concernenti il codice penale militare di pace >, non riscontrando nel relativo quesito una < radicale disomogeneità >, tale da imporre senz'altro un giudizio di inammissibilità. Rilevo, invece, la Corte, la essenziale unitarietà della materia dei giudizi penali militari, pur distribuita tra il codice penale militare di pace e l'ordinamento giudiziario propriamente inteso; e la corrispondenza in via di principio della esistenza di siffatti complessi < alle comuni esigenze della difesa della Patria, dell'obbligatorietà del servizio militare e dell'indefettibile esistenza delle forze armate, quali sono attualmente affermate e garantite dall'art. 52 della Costituzione >. Per cui già da questo nesso era agevole per la Corte trarre argomenti atti a far concludere che i due referendum dovessero riconoscersi < congiuntamente preclusi >. Ma alla medesima pronuncia la Corte perveniva considerando per sè solo il problema dell'ammissibilità di un voto popolare abrogativo della <intera giurisdizione militare >, e con ciò anche di quelle < disposizioni a contenuto vincolato > ad essa relative, < che non possono venir modificate o rese inefficaci, senza che ne risultino lese le corrispondenti disposizioni costituzionali >. Tra le quali disposizioni a contenuto vincolato veniva innanzi tutto in rilievo l'art. 1 del testo approvato con il r.d. n. 1022 del 1941 (< La giustizia penale militare è amministrata: 1° dai tribunali militari; 2° dal tribunale supremo militare >); con esso infatti osservava la Corte si enuncia il principio base sul quale si fonda l'intero ordinamento giudiziario militare. La richiesta obiettivamente considerata mirava, pertanto, ad eliminare la totalità degli organi della giustizia militare, la cui esistenza e, invece, voluta e garantita dalla Costituzione (art. 103, comma terzo, e VI disp. trans.).

Il confronto con la precedente richiesta referendaria dimostra che quella, su cui la Corte deve ora pronunciarsi, non si espone alle censure allora formulate. La richiesta in esame, infatti, non investe l'intero ordinamento giudiziario militare, limitandosi solo agl'indicati articoli o parti di essi (tra i quali non figura il citato art. 1): come la Corte, del resto, aveva già allora in ipotesi prospettato, contrapponendo al < complesso normativo > i suoi < singoli modificabili disposti >, e configurando, in alternativa al precluso referendum s’oppressivo della intera giurisdizione militare, un referendum < richiesto per privare di efficacia norme riguardanti aspetti determinati, sia pure importantissimi >, della giurisdizione stessa. Il comune principio che si ricava dalla serie delle singole disposizioni da abrogare e come già innanzi detto la partecipazione degli ufficiali delle forze armate ai collegi giudicanti, in veste di presidenti e di giudici. Non e, dunque, più in giuoco la stessa esistenza dei tribunali militari, ma solo un aspetto, sia pure peculiare, della loro attuale struttura. Ben vero che esso affonda le sue radici nella tradizione della cosiddetta < giustizia di capi >, storicamente affermatasi negli ordinamenti militari; il che spiega la figura dei militari giudici (ai quali, peraltro, nella maggior parte dei Paesi, si vanno oggi sempre più affiancando o addirittura sostituendo giuristi di formazione e di professione, con qualifica di magistrati). Ma ciò non conferisce necessariamente alle relative norme il carattere di disposizioni a contenuto costituzionalmente vincolato. Non si può, in altri termini, sostenere che l'art. 103, comma terzo, della Costituzione, riferendosi ai tribunali militari, ne abbia inteso costituzionalizzare quella particolare composizione che risulta dalle disposizioni di cui si chiede l'abrogazione. Conclusivamente, anche sotto questo profilo la richiesta dev'essere, pertanto, dichiarata ammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione di 41 articoli dell'Ordinamento giudiziario militare, approvato con r.d. 9 settembre 1941, n. 1022, nei termini indicati in epigrafe, dichiarata legittima con ordinanza del 2 dicembre 1980 dell'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/02/81.

Leonetto AMADEI – Giulio  GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI.

Giovanni VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 11/02/81.