Sentenza n.123 del 1980
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SENTENZA N.123

ANNO 1980

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI  Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio promosso con ricorso del Presidente della Regione Sardegna, notificato il 13 ottobre 1975, depositato in cancelleria il 23 successivo ed iscritto al n. 35 del registro 1975, per conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, sorto a seguito della determinazione 29 luglio 1975, n. 0211, del Ministero dell'agricoltura e delle foreste, avente per oggetto < Convenzione di Ramsar-Saline di Macchiareddu e Stagno di Santa Gilla (Cagliari) >.

Udito nell'udienza pubblica del 16 gennaio 1980 il Giudice relatore Antonio La Pergola;

uditi l'avvocato Marco Vitucci, per la Regione Sardegna e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - Il presente conflitto di attribuzione è sollevato dalla Regione Sardegna con l'impugnare la determinazione adottata il 29 luglio 1975 dal Ministero dell'agricoltura e foreste. Il provvedimento impugnato richiama precedenti determinazioni del Ministero della marina mercantile (nota 5177107 dell'8 luglio 1975 e nota 5176731 del 6 giugno 1975), le quali avevano riconosciuto l'opportunità di vincolare, ai fini della Convenzione di Ramsar, e con la sola eccezione delle aree interessate dal primo lotto funzionale dei lavori per il porto industriale di Cagliari, le zone del demanio marittimo delle Saline di Macchiareddu e dello Stagno di Santa Gilla. Il Ministero dell'agricoltura e foreste aggiunge che tale posizione deve ritenersi definitiva, ed invita in conseguenza il Ministero degli affari esteri a dare comunicazione delle aree così individuate al depositario degli strumenti di ratifica dell'anzidetta Convenzione, perchè, ai sensi di questa, esse siano incluse nell'apposito elenco delle zone umide tutelate. La ricorrente ha così dedotto l'invasione della sfera ad essa costituzionalmente garantita: a) pur essendo il provvedimento in questione connesso con la partecipazione dell'Italia alla Convenzione di Ramsar, il rispetto degli obblighi internazionali da parte della Regione non verrebbe in questione: sia, si dice, perchè detta Convenzione non risulta ratificata (al momento, beninteso, in cui è sollevato il conflitto); sia, e soprattutto, perchè essa non elenca tassativamente nè indica per altra via le aree soggette a vincolo, ma lascia agli Stati contraenti di individuarle discrezionalmente, fissando l'unica condizione che ciascun contraente designi almeno una zona umida del proprio territorio, da salvaguardare ai sensi della Convenzione; b) ciò posto, l'individuazione delle aree nelle quali il vincolo astrattamente previsto dalla Convenzione può esser reso operante competerebbe non allo Stato, ma alla Regione: alla quale, si assume, sono state trasferite le attribuzioni delle due branche dell'amministrazione le quali avrebbero senza titolo interloquito nella specie, il Ministero dell'agricoltura e foreste ed il Ministero della marina mercantile. La Convenzione di Ramsar, si osserva dalla ricorrente, è ispirata ad interessi ecologici ed ornitologici corrispondenti a materie di competenza della Regione. Di qui si fa discendere che il vincolo posto dallo Stato a tutela di tali interessi pregiudica, necessariamente e sotto vario riguardo, l'esercizio dei relativi poteri di autonomia. Ammesso pure, si soggiunge, che nel vincolo siano coinvolti altri interessi di residua competenza statale, la proposta di assoggettamento delle aree in questione al regime previsto in sede internazionale dovrebbe comunque risultare da un'intesa fra Stato e Regione, invece che dalla sola determinazione degli organi centrali; c) infine, il provvedimento impugnato sarebbe totalmente immotivato, e la carenza di motivazione costituirebbe un'autonoma causa di invasione di competenza, comprovando l'omessa valutazione, e così il necessario pregiudizio, degli interessi che ricadono nella sfera costituzionalmente garantita alla Regione.

2. - Il ricorso non è fondato. L'invasione della sfera riservata alla Regione scaturirebbe da una determinazione del Ministero dell'agricoltura e foreste, che la stessa ricorrente assume connessa con la firma, da parte dell'Italia, della Convenzione di Ramsar. Detta Convenzione, relativa alle zone umide di importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, prevede, invero, quel vincolo a tutela delle zone umide, al quale la determinazione impugnata assoggetta lo Stagno di Cagliari (alias, com'è spiegato in narrativa, le Saline di Macchiareddu o lo Stagno di Santa Gilla), e della cui imposizione la Regione si duole. L'assunto centrale del ricorso è che il provvedimento impugnato preclude alla Regione di individuare le zone umide da tutelare, valutando, in virtù e nell'ambito della propria autonomia, gli interessi ornitologici ed ecologici protetti dalla Convenzione in relazione agli altri interessi, dei quali essa e portatrice. Ora, se da un canto il conflitto è così prospettato, dall'altro, pero, si assume che sia < fuori questione > il rispetto degli obblighi internazionali da parte della Regione: e per ciò stesso si assume va subito precisato che nella specie non venga in considerazione nemmeno la competenza dello Stato ad obbligarsi internazionalmente. Nessuno degli argomenti addotti dalla ricorrente può, tuttavia, essere accolto.

3. - Inconferente, prima di tutto, è il rilievo che, al momento in cui è stata instaurata la presente controversia, la Convenzione di Ramsar non fosse ancora ratificata dall'Italia. La ricorrente trascura che la determinazione, qui considerata, del Ministero dell'agricoltura e foreste è espressamente preordinata all'instaurazione di un vincolo internazionale sulle aree in essa contemplate; essa è stata, dunque, impugnata precisamente in quanto preparatoria, rispetto a quell'atto la ratifica con cui lo Stato ha poi, come si era riservato, manifestato la definitiva volontà di divenir parte della Convenzione di Ramsar. Detta Convenzione firmata per l'Italia il 10 gennaio 1975 è stata infatti resa esecutiva con d.P.R. n. 448 del 13 marzo 1976, e lo strumento di ratifica è stato depositato il 14 dicembre 1976.

Quattro mesi dopo, a norma del suo art. 10, la Convenzione e, infine, entrata in vigore per l'Italia. Gli obblighi internazionali, assunti dallo Stato con il sottoscrivere l'accordo di cui ci occupiamo, sono così ormai perfetti, ed anche internamente efficaci. Ma tutto ciò non toglie anzi implica che il provvedimento impugnato, sebbene emesso di fronte alla semplice firma della Convenzione, ancora soggetta a ratifica, affermasse già la pretesa dello Stato di individuare le zone umide ai fini previsti nella Convenzione stessa: che e, poi, la pretesa di esercitare quella determinata competenza, della quale la Regione rivendica in questa sede l'attribuzione. Se così non fosse, difetterebbe, del resto, un atto statale idoneo a determinare il conflitto di attribuzione, e il presente ricorso non sarebbe nemmeno ammissibile, laddove esso deve ritenersi sicuramente tale. E appena il caso di ricordare, in merito, la giurisprudenza di questa Corte: il regolamento di competenza può essere esperito anche mediante impugnazione di un atto non definitivo, o altrimenti inidoneo a ledere immediatamente la sfera della parte ricorrente, quando l'organo che lo emana abbia con sufficiente chiarezza manifestato l'intento di esercitare come propria l'attribuzione, della quale si controverte (fra le altre, v. sentt. nn. 171/71, 49/72, 81 .

 e 87/73 e più recentemente 72/78).

4. - La Convenzione di Ramsar, si deduce inoltre nel ricorso, non contiene alcuna autentica o tassativa elencazione delle zone umide da tutelare: di guisa che incidendo il vincolo previsto in sede internazionale su materie, si dice, attribuite alla Regione  spetterebbe a quest'ultima, non allo Stato, individuare le zone suddette. Sennonché, l'inconsistenza dell'assunto risulta chiaramente dalle disposizioni della stessa Convenzione, alla quale si riferisce la Regione. Diesse occorre dunque far cenno, per quel che interessa l'indagine della specie.

In conformità dello scopo enunciato nel preambolo tutela delle risorse internazionali costituite dalle zone umide e dalla loro flora e fauna, in particolare degli uccelli acquatici nel periodo delle migrazioni stagionali l'art. 1 della Convenzione definisce le caratteristiche di tali zone, e dispone che gli uccelli acquatici sono quelli che da esse dipendono ecologicamente. L'art. 2 detta a sua volta nei numeri dal primo al terzo i criteri secondo i quali ciascuna parte contraente opera, entro il proprio territorio, la scelta e la confinazione delle zone umide, da inserire in un elenco, che, ai sensi dell'art. 8, è affidato ad apposito ufficio; e il numero 4 del citato art. 2 recita poi: < Ciascuna parte contraente designa almeno una zona umida da inserire nell'elenco all'atto della firma della presente Convenzione, oppure al momento del deposito dello strumento di ratifica o di adesione, conformemente all'art. 9 >. Ciò significa che la designazione di almeno una zona umida assurge necessariamente ad elemento integrante della manifestazione di volontà, mediante la quale ogni successivo contraente viene a far parte della Convenzione. Ciascuna parte dell'accordo mantiene tuttavia il diritto di aggiungere zone nuove all'elenco suddetto, o viceversa, < per urgenti interessi nazionali >, di cancellare o restringere una zona, in precedenza designata come umida. Solo che, in quest'ultimo caso, essa dovrà compensare, < nei limiti del possibile, ogni conseguente perdita di risorse in zone umide e, in particolare, dovrà creare nuove riserve naturali per gli uccelli acquatici e per la tutela, nella stessa regione o altrove, di una adeguata porzione dell'habitat originario > (art. 4, n. 2). (E' altresì previsto che la gestione delle zone umide serva a favorire non solo la conservazione ma anche l'incremento della fauna tutelata: art. 4, n. 4). In questo modo, l'instaurazione, le modificazioni, l'estinzione del vincolo, indispensabile per la tutela delle zone umide, e della fauna che ne dipende, sono rimesse alle determinazioni degli Stati contraenti. Lo schema del trattato aperto è nella specie così congegnato, che ogni parte sopravveniente si sottopone alle regole contenute nella Convenzione, mentre gli Stati già venuti a far parte dell'accordo accettano dal canto loro, in anticipo la designazione delle zone umide, fatta unilateralmente da nuovo contraente, allo atto, secondo i casi, della firma, o della ratifica o dell'adesione: le scelte discrezionali, in cui tale designazione si concreta, possono solo formare oggetto di raccomandazione da parte delle conferenze deliberanti a maggioranza semplice di voti, ex artt. 6 e 7 della Convenzione. Le finalità ispiratrici del sistema testè descritto esigono, quindi, che a stabilire quale e quanta parte dei rispettivi territori meriti di essere tutelata siano, in seno ad ogni Stato contraente, gli organi competenti ad apprezzare le esigenze e gli interessi ecologici non di singole regioni, ma dell'intera collettività nazionale. Non vi è dubbio, in alcun caso, che l'individuazione, a norma della Convenzione, di almeno una zona umida senza la quale nessun vincolo o rapporto pattizio può sorgere fra il nuovo aderente e le rimanenti parti dell'accordo spetti agli organi chiamati ad impegnare lo Stato nei confronti degli altri soggetti di diritto internazionale. In definitiva, si tratta della competenza a concludere i trattati, o ad aderirvi; e nel nostro ordinamento costituzionale tale competenza costituisce una necessaria ed esclusiva attribuzione dello Stato, solo sovrano e solo responsabile degli eventuali illeciti internazionali, anche quando e stato in altra pronunzia chiarito l'accordo internazionale riguardi materie attribuite alla Regione (sentenza n. 170/75).

Diversamente, si dovrebbe ritenere che l'ambito costituzionalmente riservato all'autonomia regionale resti, per definizione, escluso dalla sfera, nella quale si svolgono le relazioni esterne dello Stato: con l'insostenibile conseguenza come dice la Corte Suprema degli Stati Uniti, significativamente in un caso per più versi analogo al nostro (Missouri versus Holland, U.S. Supreme Court 1920, 252 U.S. 416) di creare un vuoto, dove, invece, deve risiedere un < potere della massima importanza >  quello, appunto, di stipulare i trattati che < appartiene a qualsiasi governo civile >.

5. - La ricorrente, assume poi, in via subordinata, che l'individuazione delle zone umide nel territorio sardo debba risultare da un'intesa tra organi centrali e Regione. Ma una simile soluzione non trova alcun fondamento nello statuto speciale per la Sardegna, né in altra fonte normativa, che possa rilevare nel presente giudizio. Del resto, quando il legislatore in considerazione dello speciale regime di autonomia concesso all'isola ha previsto un qualche diritto della Regione ad esser sentita, anche con riferimento alla conclusione di accordi internazionali, esso lo ha espressamente sancito. Cosi, infatti, l'art. 52, comma primo, dello statuto sardo recita: < la Regione è rappresentata nell'elaborazione dei progetti dei trattati di commercio che il governo intenda stipulare con Stati esteri in quanto riguardino scambi di specifico interesse per la Sardegna >.

La disposizione testè citata concerne, pero, solo i trattati che ricadono nelle categorie testualmente contemplate, e non copre il caso di specie. In punto di fatto, comunque, il Ministero dell'agricoltura e foreste non ha mancato di sentire la Regione interessata, ed ha anzi provveduto ad eccettuare dal vincolo le aree destinate al primo lotto funzionale dei lavori per il porto industriale di Cagliari.

6. - Resta da considerare l'ulteriore censura, formulata dalla ricorrente sotto il riflesso che il provvedimento impugnato sarebbe lesivo dell'autonomia regionale perchè totalmente immotivato.

L'Avvocatura ne eccepisce l'inammissibilità, deducendo che, con essa, la Regione non rivendica proprie competenze. Anche a voler prescindere da quest'eccezione l'assunto in esame non e fondato, giacché nessun obbligo di motivazione è qui costituzionalmente imposto agli organi statuali.

Peraltro, il provvedimento in questione è stato, in effetti, motivato, mediante il richiamo di altre rilevanti determinazioni del Ministero della marina mercantile e della stessa Convenzione di Ramsar, ai sensi della quale le aree dello Stagno di Cagliari, individuate come zone umide, vengono assoggettate a tutela.

Identica motivazione è d'altronde adottata dal successivo decreto ministeriale del 1° agosto 1977, che rettifica la confinazione, ma conferma il valore internazionale dell'anzidetta zona umida, rilevandone la piena e puntuale rispondenza, sia per le caratteristiche dell'area biogeografica interessata, sia per i risultati delle indagini ornitologiche condotte in loco dai biologi, ai criteri di definizione delle zone umide, stabiliti, in conformità della Convenzione di Ramsar, dalla Conferenza internazionale di Heiligenhafen (2-6 dicembre 1974).

7. - Vi è un'ultima osservazione, che soccorre nel concludere per l'infondatezza del presente ricorso. Il provvedimento impugnato non potrebbe considerarsi lesivo della competenza regionale, quand'anche si negasse che esso vada ascritto alla competenza, propria degli organi centrali, di impegnare internazionalmente lo Stato. Nemmeno allora, infatti, l'individuazione e la salvaguardia delle zone umide verrebbero, come assume la ricorrente, a ricadere in alcuna delle materie elencate dallo statuto sardo, e delle corrispondenti attribuzioni della Regione. Giova in proposito por mente alla legislazione in vigore quando l'atto censurato nel ricorso è stato emesso: il Ministero dell'agricoltura e foreste ha in quel momento agito nel presupposto che nessun ostacolo di ordine costituzionale impedisse di ritenere operante, anche riguardo alla Sardegna, la riserva di competenze a favore degli organi centrali in tema di interventi per la protezione della natura, < salvi gli interventi regionali non contrastanti con quelli dello Stato >, posta dall'art. 4, lettera h), del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11 (< Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di agricoltura e foreste, di caccia e pesca nelle acque interne e dei relativi personali ed uffici >). Proprio questa riserva di legge è richiamata, con riferimento al nostro caso, dal successivo decreto del Ministero dell'agricoltura e foreste 1° agosto 1977, sopra citato; e di essa la Corte ha in altre occasioni ritenuto la legittimità, riconoscendo il rilievo nazionale degli interessi, perseguiti dal legislatore nel configurarla (sentt. nn. 71/67, 142/72, 145/75 e 175/76). Vero è che, più di recente, l'art. 6 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, emesso in attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382, include, tra le funzioni amministrative trasferite alle Regioni a statuto ordinario in materia di agricoltura e foreste, < gli interventi di protezione della natura, compresa l'istituzione di parchi e riserve naturali e la tutela delle zone umide >.

Sennonché, sempre il decreto n. 616, sotto il titolo V < assetto e utilizzazione del territorio >, e nella disposizione appositamente dedicata agli interventi per la protezione della natura (art. 83, comma secondo), rimette la disciplina generale delle riserve naturali dello Stato già esistenti ad una legge statale, e fa altresì salva, al terzo comma, la potestà per il governo, < nell'ambito delle funzioni di indirizzo e di coordinamento, di individuare i nuovi territori nei quali istituire riserve naturali >. D'altra parte la Regione Sardegna non può oggi invocare, in materia, più larghe attribuzioni di quelle spettanti alle Regioni ordinarie, in assenza di norme di attuazione statutaria che definiscano diversamente l'ambito delle funzioni ad essa trasferite. Il legislatore ha voluto lasciar ferma la competenza dello Stato, delimitando correlativamente le funzioni trasferite alle Regioni, in ordine, appunto, a quella prima e delicata fase dell'intervento degli organi pubblici per la protezione della natura, che consiste nell'individuare le aree da tutelare, tenendo conto degli interessi e delle esigenze ecologiche nazionali.

Siffatta attribuzione, si deve allora ritenere, residua agli organi centrali, com'é previsto dalle norme che reggono il trasferimento delle funzioni amministrative alle Regioni; nella specie, essa si atteggia come piena ed esclusiva, per l'altra considerazione che il provvedimento impugnato è stato posto in funzione di un vincolo internazionale sulle zone umide da esso individuate: vincolo, che spettava allo Stato di instaurare, mediante trattato.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che spetta allo Stato il potere di vincolare, per la tutela del patrimonio faunistico e ambientale ai fini della Convenzione di Ramsar, le zone del demanio marittimo delle Saline di Macchiareddu e dello Stagno di Santa Gilla. 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17/07/80.

Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA -  Edoardo  VOLTERRA – Guido  ASTUTI – Michele  ROSSANO – Antonino  DE STEFANO – Leopoldo  ELIA – Guglielmo  ROEHRSSEN - Brunetto  BUCCIARELLI DUCCI – Alberto  MALAGUGINI – Livio  PALADIN – Arnaldo  MACCARONE – Antonio  LA PERGOLA – Virgilio  ANDRIOLI

Giovanni  VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 23/07/80.