Sentenza n.56 del 1980
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N.56

ANNO 1980

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI  Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma primo, del d.l. 27 giugno 1967, n. 460 (disciplina transitoria delle locazioni di immobili urbani), convertito, con modificazioni, in legge 28 luglio 1967, n. 628 e dell'art. 7, comma quarto, della legge 26 novembre 1969, n. 833 (norme relative alle locazioni degli immobili urbani), modificata dall'articolo 56 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, convertito in legge 18 dicembre 1970, n. 1034, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 21 maggio 1975 dal tribunale di Brescia nel procedimento civile vertente tra Gatti Beniamino e Bonetta Mario, iscritta al n. 494 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 320 del 3 dicembre 1975;

2) ordinanza emessa il 6 giugno 1974 dal tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Gasparrini Claudio e l'Istituto Bancario Italiano S.p.A., iscritta al n. 728 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17 del 19 gennaio 1977.

Visto l'atto di costituzione dell'Istituto bancario italiano, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 7 novembre 1979 il Giudice relatore Antonino De Stefano;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

Considerato in diritto

1. - Le ordinanze in epigrafe sottopongono alla Corte le seguenti questioni:

A) se sia costituzionalmente illegittimo per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione l'art. 7 della legge 26 novembre 1969, n. 833, nella parte in cui, in tema di blocco dei canoni di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, attribuendo al conduttore la possibilità di dimostrare le proprie condizioni economiche mediante la produzione di un certificato attestante la sua iscrizione a ruolo, ai fini dell'imposta complementare per l'anno 1969, per un reddito non superiore a sei milioni di lire, negherebbe al locatore la facoltà di fornire la prova della inattendibilità dell'accertamento fiscale (ordinanza del 6 giugno 1974 del tribunale di Roma);

B) se sia costituzionalmente illegittimo per contrasto con gli artt. 3, comma primo, e 24, comma secondo, della Costituzione l'art. 3, comma primo, del d.l. 27 giugno 1967, n. 460, convertito con modificazioni in legge 28 luglio 1967, n. 628, nella parte in cui subordina la proroga dei contratti di locazione di immobili urbani adibiti ad uso di abitazione a un indice di affollamento determinato dividendo il numero dei componenti la famiglia, risultante dai registri anagrafici alla data del 1° gennaio 1967, per il numero dei vani abitabili, in quanto: a) non riconoscerebbe al locatore il diritto di provare che i componenti la famiglia del conduttore, che realmente occupano l'immobile, sono in numero diverso e minore rispetto a quelli risultanti dai registri anagrafici; b) negherebbe rilevanza alle variazioni eventualmente intervenute nella composizione della famiglia del conduttore dopo il 1° gennaio 1967 (ordinanza del 21 maggio 1975 del tribunale di Brescia).

2. - Stante la connessione delle sollevate questioni, i giudizi vengono riuniti per essere decisi con unica sentenza.

3. - Le due ordinanze sono state emesse anteriormente all'entrata in vigore (30 luglio 1978) della legge 27 luglio 1978, n. 392, che ha dettato nuova disciplina delle locazioni di immobili urbani.

Peraltro, la Corte rileva che, in virtù dell'art. 82 della sopravvenuta legge, ai giudizi in corso alla data anzidetta continuano ad applicarsi ad ogni effetto le norme precedenti, come quelle denunciate, sulle quali, quindi, ritiene di portare il suo esame, senza richiedere ai giudici a quibus conferma della rilevanza delle sollevate questioni.

4. - La questione puntualizzata alla lett. A) del precedente n. 1, deferita dal tribunale di Roma, è fondata.

Con la sentenza di questa Corte n. 132 del 1972 è stata già dichiarata la illegittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, di altre norme della medesima legge n. 833 del 1969, come modificate dall'art. 56 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, convertito in legge 18 dicembre 1970, n. 1034, anch'esse nella parte in cui non riconoscono al locatore il diritto di provare che il conduttore gode di un reddito superiore a quello risultante dall'iscrizione nei ruoli dell'imposta complementare per l'anno 1969. E precisamente: l'art. 1, comma secondo (ai fini della inapplicabilità della proroga dei contratti di locazione di immobili urbani adibiti ad uso di abitazione); l'art. 3, comma terzo (ai fini della inapplicabilità della riduzione dei canoni di locazione degli stessi immobili non soggetti a regime di blocco); l'art. 6, comma secondo (ai fini della inapplicabilità della proroga dei contratti di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione).

In particolare, in quest'ultima norma si riscontra la identica espressione (< quando il conduttore o il subconduttore siano iscritti, ai fini dell'imposta complementare per l'anno 1969, per un reddito superiore ai sei milioni di lire >), adoperata nel quarto comma dell'art. 7 ora denunciato, ai fini della inapplicabilità del blocco o della riduzione dei canoni di locazione dei medesimi immobili.

Alla dichiarazione di illegittimità delle menzionate norme questa Corte allora pervenne, osservando che l'accertamento fiscale trasferito in un procedimento avente carattere e finalità assai differenti, può avere soltanto valore dimostrativo e, come tale, va soggetto all'apprezzamento del giudice: innanzi al quale la tutela del diritto controverso deve essere pienamente garantita dal regolare contraddittorio e dalla ammissione della prova contraria, che rappresentano mezzi essenziali per la ricerca della verità e per l'attuazione della giustizia. Tali ragioni (di poi adottate nella successiva sentenza di questa Corte n. 225 del 1976, per la dichiarazione di illegittimità costituzionale di analoghe norme succedutesi nel tempo) sono egualmente valide per dichiarare adesso la illegittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, del citato art. 7 della legge 26 novembre 1969, n. 833, nella parte in cui non riconosce al locatore il diritto di provare che il conduttore o subconduttore gode di un reddito superiore a quello risultante dall'iscrizione nei ruoli dell'imposta complementare per l'anno 1969.

5. - Del pari fondata è la questione di cui alla lett. B) del precedente n. 1, sollevata dal tribunale di Brescia.

Con l'art. 1 del d.l. 27 giugno 1967, n. 460, convertito con modificazioni in legge 28 luglio 1967, n. 628, l'alternativa, per gli alloggi composti da tre o più vani abitabili, tra cessazione della proroga legale alla data del 31 dicembre 1967 o protrazione del vincolo fino al 30 giugno 1969, veniva messa in correlazione, tra l'altro, con un indice di affollamento inferiore ad uno, nel primo caso, o pari o superiore ad uno, nel secondo. La stessa alternativa era posta, dal successivo art. 2, per il blocco dei canoni di locazione. L'indice di affollamento, a termini del primo comma dell'art. 3 dello stesso provvedimento, veniva determinato dividendo il numero dei componenti la famiglia, risultante dai registri anagrafici alla data del 1° gennaio 1967, per il numero dei vani abitabili. E per famiglia si prescriveva (art. 3, comma secondo) dovesse intendersi la < famiglia anagrafica >, come definita dall'art. 2 del d.P.R. 31 gennaio 1958, n. 136, e cioè < un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, affiliazione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso Comune, che normalmente provvedono al soddisfacimento dei loro bisogni mediante la messa in comune di tutto o parte del reddito di lavoro o patrimoniale da esse percepito >.

Ora, non v'ha dubbio che la consistenza del nucleo familiare possa desumersi con obiettiva certezza da una documentazione proveniente dai registri anagrafici; ma può anche darsi, ovviamente, che la effettiva situazione non coincida, per infedeli dichiarazioni o per intervenuti mutamenti, non denunciati, nella composizione della famiglia o nella convivenza, con quanto figuri negli atti anagrafici. Il che trova conferma, se pur ve ne fosse bisogno, nello stesso ordinamento delle anagrafi della popolazione, che prevede appunto accertamenti d'ufficio, qualora si dubiti della verità dei fatti denunciati o si venga a conoscenza di fatti che comportino la istituzione o la mutazione di posizioni anagrafiche, per i quali non siano state rese le prescritte dichiarazioni (artt. 4 e 5 legge 24 dicembre 1954, n. 1228, e artt. 11 e 13 regolamento di esecuzione approvato con il cit. d.P.R. n. 136 del 1958). La normale coincidenza tra posizione anagrafica e reale situazione familiare ben può, dunque, restare alterata per effetto di negligente od illecito comportamento (omessa o non veridica denuncia) del capo famiglia, o di inerzia od inefficienza dell'ufficiale di anagrafe. Le stesse ragioni innanzi richiamate contro la irrefragabilità delle risultanze fiscali nell'ambito dei rapporti locatizi, valgono, pertanto, per riconoscere al locatore il diritto di fornire la prova contraria anche nei confronti delle risultanze anagrafiche, e per dichiarare in conseguenza la illegittimità, sempre per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, della denunciata norma che ciò non consente.

6. - La stessa norma è poi censurata dal giudice a quo anche nella parte in cui cristallizza le risultanze anagrafiche < alla data del 1° gennaio 1967 >. Come si è già accennato, proroga dei contratti di locazione e blocco dei relativi canoni, per gli alloggi composti di tre o più vani abitabili, venivano protratti fino al 30 giugno 1969 (anziché fino al 31 dicembre 1967) qualora l'indice di affollamento fosse pari o superiore ad uno: s'intendeva così apprestare più estesa tutela a quei nuclei familiari che disponessero di alloggi appena sufficienti per le loro esigenze abitative.

Concorreva, peraltro, con siffatto requisito (di poi obliterato nelle leggi vincolistiche successive alla legge n. 833 del 1969), anche quello delle modeste condizioni economiche, prescrivendosi all'uopo che il reddito annuo del conduttore e degli altri componenti la famiglia anagrafica non superasse determinati importi (due milioni e cinquecentomila lire per la proroga, tre milioni per il blocco), quali desunti dall'iscrizione nei ruoli dell'imposta complementare per l'anno 1967 (artt. 1, comma terzo, e 2, comma secondo, d.l. n. 460 del 1967, come modificato dalla legge di conversione n. 628 del 1967).

Ma con le già ricordate sentenze di questa Corte n. 132 del 1972 e n. 225 del 1976, relative a successiva normativa vincolistica, non soltanto l'accertamento dell'entità del reddito è stato svincolato dal rigido collegamento con le risultanze fiscali, ma è stata, altresì, dichiarata la illegittimità costituzionale della normativa medesima, nella parte in cui non attribuiva rilevanza alle variazioni di reddito del conduttore eventualmente sopravvenute.

Non vi é, però, ragione che lo stesso principio, valido per l'un requisito (condizioni economiche), non debba egualmente esserlo per l'altro (indice di affollamento): comune, invero, è la considerazione che nei rapporti locatizi i parametri di supporto del trattamento di maggior favore per il conduttore non possano rimanere ancorati ad una determinata data, ma debbano, per non dar luogo ad irrazionali differenze, trovar riscontro anche nella situazione esistente al momento in cui si decide del diritto alla proroga del contratto od al blocco del relativo canone. Non é, dunque, sufficiente, nella fattispecie normativa all'esame della Corte, che il richiesto indice di affollamento sia verificato al 1° gennaio 1967, occorrendo che esso anche successivamente permanga, a giustificare così il perdurare del vincolo. Va, perciò, dichiarata la illegittimità, sempre per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, del denunciato art. 3, comma primo, del d.l. n. 460 del 1967, anche nella parte in cui non attribuisce rilevanza alle variazioni eventualmente sopravvenute nella composizione della famiglia anagrafica del conduttore o sub conduttore dopo il 1° gennaio 1967, fino al definitivo accertamento in sede di merito delle condizioni giustificative del vincolo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 7, quarto comma, della legge 26 novembre 1969, n. 833 (norme relative alle locazioni degli immobili urbani), modificata dall'articolo 56 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745, convertito in legge 18 dicembre 1970, n. 1034, nella parte in cui non riconosce al locatore il diritto di provare che il conduttore o subconduttore gode di un reddito superiore a quello risultante dall'iscrizione nei ruoli dell'imposta complementare per l'anno 1969;

2) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, comma primo, del d.l. 27 giugno 1967, n. 460 (disciplina transitoria delle locazioni di immobili urbani), convertito con modificazioni in legge 28 luglio 1967, n. 628:

a) nella parte in cui non riconosce al locatore il diritto di provare la diversa composizione della famiglia anagrafica del conduttore o subconduttore rispetto a quella risultante dai registri anagrafici;

b) nonché nella parte in cui non attribuisce rilevanza alle variazioni eventualmente sopravvenute nella composizione della famiglia anagrafica del conduttore o subconduttore dopo il 1° gennaio 1967, fino al definitivo accertamento in sede di merito delle condizioni giustificative del vincolo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16/04/80.

Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo  VOLTERRA – Guido  ASTUTI – Michele  ROSSANO – Antonino  DE STEFANO – Leopoldo  ELIA – Guglielmo  ROEHRSSEN – Oronzo REALE - Brunetto  BUCCIARELLI DUCCI – Alberto  MALAGUGINI – Livio  PALADIN – Arnaldo  MACCARONE – Antonio  LA PERGOLA – Virgilio  ANDRIOLI

Giovanni  VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 22/04/80.