Sentenza n.43 del 1980
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SENTENZA N.43

ANNO 1980

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI  Presidente

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 1, terzo comma, della legge 4 febbraio 1977, n. 21 (norme riguardanti i contratti e gli assegni biennali di cui agli artt. 5 e 6 del d.l. 1° ottobre 1973, n. 580) e degli artt. 5 e 6 d.l. 1° ottobre 1973, n.580, convertito con modificazioni in legge 30 novembre 1973, n. 766 (misure urgenti per l'Universita) promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 24 aprile 1978 dal Pretore di Bologna nel procedimento civile vertente tra Poppi Kruta Laura ed altri e l'Università degli studi di Bologna, iscritta al n. 398 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 307 del 2 novembre 1978;

2) ordinanza emessa il 14 aprile 1978 dal Pretore di Milano nel procedimento civile vertente tra Andreoni Vincenza ed altri e l'Università degli studi e il Politecnico di Milano, iscritta al n. 411 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 313 dell'8 novembre 1978.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 24 ottobre 1979 il Giudice relatore Alberto Malagugini;

udito l'avv. dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1.- I giudici a quibus dubitano entrambi della legittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 3, primo comma, e 36, primo comma, Cost. dell'art. 1, terzo comma, della legge 4 febbraio 1977, n. 21, nella parte in cui esclude che ai laureati titolari di contratti quadriennali stipulati con le Università statali o di assegni biennali di formazione scientifica e didattica spettino le quote di aggiunta di famiglia e l'indennità integrativa speciale di cui alla legge 27 maggio 1959 n. 324.

A giudizio del solo Pretore di Milano, la norma denunziata contrasterebbe, altresì, con gli artt. 4,9, primo comma, e 33, primo comma, Cost., ed il dubbio di costituzionalità, con riferimento a tutti i parametri richiamati, investirebbe anche gli artt. 5 e 6 del decreto legge 1° ottobre 1973, n. 580, convertito, con modificazioni, in legge 30 novembre 1973, n. 766, rispetto ai quali l'art. 1 della legge n. 21 del 1977 avrebbe valore interpretativo.

2. - Le due cause, discusse congiuntamente alla pubblica udienza del 24 ottobre 1979, possono essere riunite e decise con unica sentenza, stante la sostanziale identità del loro oggetto.

3. - Preliminarmente occorre verificare se sia ammissibile la questione di legittimità costituzionale che il Pretore di Milano, adito quale giudice del lavoro ex art. 700 c.p.c., ha sollevato dopo che gli enti universitari convenuti avevano proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione.

Sul punto, la Corte ritiene di doversi attenere alle proprie precedenti decisioni, con le quali ha giudicato inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice dopo che, per effetto della proposizione del regolamento preventivo di giurisdizione, egli è stato privato < di ogni competenza a conoscere e a disporre della o sulla questione giurisdizionale > (sentenze: n. 221 del 1972; n. 135 del 1975; n. 118 e n. 186 del 1976; n. 43 del 1977).

La questione sollevata dal Pretore di Milano con l'ordinanza 14 aprile 1978, deve, pertanto, essere dichiarata inammissibile, non essendo quel giudice più legittimato a compiere atti del procedimento dopo che era stato proposto regolamento preventivo di giurisdizione, e non essendo la dedotta questione di costituzionalità riferibile a norma da applicare per il compimento di alcuno degli < atti urgenti > di cui all'art. 48 c.p.c.

4. - Questione di legittimità costituzionale sostanzialmente identica, ancorché limitata all'art. 1, terzo comma, della legge 4 febbraio 1977, n. 21 e in riferimento ai soli artt. 3, primo comma, e 36, primo comma, Cost., viene sollevata, con ordinanza 24 aprile 1978, dal Pretore di Bologna, anch'egli adito quale giudice del lavoro con ricorsi ex art. 700 del codice di procedura civile.

Tale questione che ha, ormai, effetti circoscritti posto che, con il d.l. n. 817 del 1978 convertito in legge 19 febbraio 1979, n. 54, sono state attribuite ai contrattisti ed assegnisti universitari, con decorrenza dal 1° gennaio 1979, le indennità delle quali si discute non è fondata.

L'assunto del giudice a quo, a detta del quale, ritenuti di pubblico impiego i rapporti con le Università sia dei contrattisti che degli assegnisti, violerebbe il principio di uguaglianza la previsione del trattamento economico ad essi riservato, in quanto diverso e meno favorevole di quello garantito agli altri dipendenti dell'Università, non può essere condiviso.

Infatti, quand'anche la premessa dalla quale muove il Pretore di Bologna fosse assolutamente indiscutibile ed i rapporti in esame fossero da qualificarsi entrambi di pubblico impiego in contrasto con l'orientamento del Consiglio di Stato (Sezione prima, parere n. 515/75 del 30 aprile 1976) che per gli assegnisti ha escluso finanche l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con le Università , non potrebbe da ciò solo dedursi l'obbligo del legislatore di equiparare rigidamente, in ogni sua componente e con i medesimi meccanismi, il trattamento retributivo dei contrattisti ed assegnisti a quello degli altri dipendenti nella specie, docenti dell'Università, quasi che non fossero legittimamente ipotizzabili nell'ambito del pubblico impiego trattamenti retributivi differenziati in ragione delle peculiari caratteristiche dei rapporti ai quali ineriscono.

Vero è che il trattamento retributivo del quale si discute si diversifica da quelli spettanti al restante personale universitario non soltanto per la mancata previsione, qui censurata, di talune indennità (l'assegno integrativo e l'aggiunta di famiglia), ma anche perchè diversa è la determinazione della stessa retribuzione base.

Il trattamento complessivo così differenziato si giustifica con il rilievo che si tratta di rapporti limitati nel tempo e caratterizzati, per quanto concerne i contrattisti, dalla compre senza di esigenze di formazione scientifica del contrattista stesso e di doveri di prestazioni nell'interesse dell'Università, con un impegno, per quest'ultimo aspetto, limitato a metà della giornata, per tre giorni settimanali e consistente in attività di assistenza agli studenti, di controllo del loro profitto e di esercitazioni senza peraltro sostituire i docenti nello svolgimento dei corsi e nella valutazione degli studenti (art. 5 d.l. 1° ottobre 1973, n. 580, convertito in legge 30 novembre 1973, n. 766). Si tratta, all'evidenza, di un rapporto con caratteristiche peculiari non riscontrabili nei rapporti dell'Università con gli altri suoi dipendenti e tali da escludere quella sostanziale eguaglianza di situazioni dalla quale soltanto può dedursi la irrazionalità e quindi l'illegittimità di trattamenti differenziati.

Relativamente agli assegnisti e, poi, agevole osservare che secondo il modello legislativo (restando estranea al presente giudizio la valutazione della sua applicazione pratica eventualmente difforme) la concessione dell'assegno è finalizzata esclusivamente alla formazione scientifica e didattica dei giovani laureati senz'obbligo di prestazioni lavorative nell'interesse dell'Università stessa.

E' da escludere, pertanto, che differenziazioni parziali nascenti in un sistema normativo complessivo non soltanto retributivo  fortemente differenziato possano, di per sè, ritenersi contrarie al principio di uguaglianza.

Neppure sussiste violazione dell'art. 36, primo comma, Cost.

Basterà ferma la distinzione sopra fissata ricordare che l'esigenza di una retribuzione < sufficiente > non comporta certamente l'obbligo di meccanismi di adeguamento particolari, tanto meno per figure di lavoratori < transitori > come i contrattisti. La stessa durata temporale del contratto e la possibilità concretamente verificata con la legge n. 21 del 1977 di maggiorazioni dell'originario importo dei contratti (nonché degli assegni) sta a dimostrare che il legislatore ben può adeguare la retribuzione alle variazioni nel costo della vita con interventi adottati di volta in volta senza essere vincolato all'adozione di meccanismi automatici.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 6 del decreto legge 1° ottobre 1973, n. 580, convertito con modificazioni, in legge 30 novembre 1973, n. 766, e dell'art. 1, comma terzo, della legge 4 febbraio 1977, n. 21, per contrasto con gli artt. 3, 4, 9, primo comma, 33, primo comma e 36, primo comma, Cost., sollevata dal Pretore di Milano con ordinanza 14 aprile 1978;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, terzo comma, della legge 4 febbraio 1977, n. 21, in riferimento agli artt. 3 e 36, primo comma, Cost., sollevata dal Pretore di Bologna con ordinanza 24 aprile 1978.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 02/04/80.

Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo  VOLTERRA  – Michele  ROSSANO – Antonino  DE STEFANO – Leopoldo  ELIA – Guglielmo  ROEHRSSEN – Oronzo REALE - Brunetto  BUCCIARELLI DUCCI – Alberto  MALAGUGINI – Livio  PALADIN – Arnaldo  MACCARONE – Antonio  LA PERGOLA – Virgilio  ANDRIOLI

Giovanni  VITALE – Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 14/04/80.