Sentenza n.22 del 1980
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SENTENZA N.22

ANNO 1980

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI  Presidente  

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 58, 59 e 65 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (disciplina delle locazioni di immobili urbani), promossi con ordinanze emesse il 16 novembre 1978 dal giudice conciliatore di Roma, il 3 novembre 1978 dal giudice conciliatore di Castellammare di Stabia, il 4 novembre 1978 dal pretore di Sampierdarena, il 6 e il 9 novembre 1978 dal giudice conciliatore di Bologna, il 20 dicembre 1978 dal giudice conciliatore di Verona, il 27 novembre 1978 dal giudice conciliatore di Genova-Sestri Ponente, il 7 dicembre 1978 dal giudice conciliatore di Modena, il 19 dicembre 1978 dal giudice conciliatore di Ferrara, il 22 gennaio 1979 dal pretore di Udine, il 12 gennaio 1979 dal giudice conciliatore di Faenza, il 10 gennaio 1979 dal giudice conciliatore di Biassono, il 24 gennaio 1979 dal pretore di Rimini, il 23 febbraio 1979 dal pretore di Catania, il 1° marzo 1979 dal giudice conciliatore di Firenze, il 5 marzo 1979 dal giudice conciliatore di Parma, il 28 febbraio 1979 dal giudice conciliatore di Como, il 25 gennaio 1979 dal giudice conciliatore di Collegno, il 10 gennaio 1979 dal giudice conciliatore di Anzola dell'Emilia, il 14 dicembre 1978 dal pretore di Genova, il 20 gennaio 1979 dal giudice conciliatore di Genova-Sestri Ponente, il 16 febbraio 1979 dal giudice conciliatore di Novara, il 23 marzo 1979 dal pretore di Ferrara, il 27 marzo 1979 dal giudice conciliatore di Mirabello, il 24 marzo 1979 dal giudice conciliatore di Mantova, il 2 febbraio 1979 dal giudice conciliatore di Mediglia, il 4 aprile 1979 dal giudice conciliatore di Legnano e dal pretore di Potenza, il 7 aprile 1979 dal giudice conciliatore di Potenza, il 23 marzo 1979 dal pretore di Parma, il 15 marzo 1979 dal giudice conciliatore di Lodi, il 5 marzo 1979 dal giudice conciliatore di Banchette, il 19 aprile 1979 dal pretore di Torino, il 5 aprile 1979 dal pretore di Cosenza, il 16 maggio 1979 dal pretore di Trento, il 14 maggio 1979 dal pretore di Parma, il 17 aprile 1979 dal giudice conciliatore di Castelgoffredo, il 2 aprile 1979 dal giudice conciliatore di Sorrento e il 12 maggio 1979 dal giudice conciliatore di Milano, iscritte ai nn. 636, 641 e 665 del registro ordinanze 1978 ed ai nn. 19, 20, 22, 39, 55, 243, 245, 261, 265, 282, 295, 307, 308, 337, 338, 342, 343, 356, 393, 394, 412, 414, 420, 421, 428, 446, 451, 460, 461, 467, 472, 476, 506, 511, 512, 513, 516 e 529 del registro ordinanze 1979 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 52, 59, 80, 87, 140, 147, 154, 161, 168, 175, 182, 189, 210, 217, 230, 237, 244 e 251 dell'anno 1979.

Visto l'atto di costituzione di Tommasino Antonio nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 7 novembre 1979 il Giudice relatore Brunetto Bucciarelli Ducci;

uditi l'avvocato Guido Parlato, per Antonio Tommasino e il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - Le numerose ordinanze di rimessione, descritte in narrativa, propongono sostanzialmente una medesima questione di legittimità costituzionale, pur prospettandola in riferimento a diversi parametri. I relativi giudizi vanno quindi riuniti e definiti con unica sentenza.

2. - La Corte costituzionale è chiamata a decidere se contrasti con l'art. 3 Cost. il combinato disposto degli artt. 58, 59, n. 1, e 65 della legge sull'equo canone n. 392 del 27 luglio 1978, nella parte in cui attribuisce al locatore il diritto di recesso per necessità di destinare l'immobile ad uso proprio o dei prossimi congiunti relativamente a contratti di locazione di immobili adibiti ad uso di abitazione in corso al momento dell'entrata in vigore della legge, soltanto ove le locazioni fossero già soggette a proroga legale, con l'esclusione del diritto di recesso nei confronti dei conduttori in forza di contratti non compresi nelle proroghe, perchè percettori di un reddito superiore agli otto milioni di lire annue.

Si dubita della razionalità della norma denunciata in quanto sacrificherebbe il diritto del locatore non a vantaggio del conduttore economicamente meno dotato, ma di quello con reddito più elevato, con conseguente disparità di trattamento tra locatori, che si trovano, nella ipotesi considerata, tutti in eguale stato di necessita; nonché dell'irrazionale disparità di trattamento tra conduttori, la cui discriminazione a vantaggio, nel complesso, di quelli di essi economicamente più dotati, non appare finalizzata alla tutela del contraente più debole, cui è stato da sempre improntato il regime di proroga legale e la stessa legge sull'equo canone. La questione è sollevata, sostanzialmente negli stessi termini, da tutte le ordinanze sopra indicate, a volte denunciandosi il solo art. 59, a volte l'art. 65, a volte il combinato disposto degli stessi. Talune delle ordinanze prospettano un'ulteriore disparità, sotto il profilo che per i contratti di locazione di immobili adibiti ad uso non abitativo il diritto di recesso spetta in ogni caso (artt. 73, 67, 70, 71 cit. legge).

Altre ordinanze censurando sempre la disciplina differenziata in ordine al diritto di recesso, ora descritta, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, prospettano che il trattamento di favore che ne risulta a vantaggio dei conduttori con reddito superiore agli 8 milioni, nei cui confronti il recesso è escluso, potrebbe essere eliminato abolendo in ogni caso il diritto di recesso dai contratti di locazione in corso ed aventi ad oggetto immobili adibiti ad uso di abitazione.

L'esclusione del diritto di recesso del locatore, per necessita abitativa propria, anche se sfrattato, nei confronti dei conduttori con reddito più elevato (art. 65 cit. legge), è denunciata oltre che per l'irrazionalità sopra delineata, per ravvisata vanificazione sostanziale del diritto di proprietà derivante dalla norma che, reintroducendo, di fatto, in via transitoria, una ulteriore proroga quadriennale dei contratti aggravata, nei casi suddetti, dall'esclusione di ogni recesso contrasterebbe con le garanzie poste dall'art. 42 Cost. a tutela del godimento della proprietà, mentre il regime vincolistico è stato dalla Corte sempre riconosciuto compatibile con detto principio costituzionale (sentenze nn. 3 e 225 del 1976), condizionatamente però al carattere straordinario e provvisorio della proroga ed in un'armonica composizione dei contrapposti interessi L'impossibilità del locatore, che abbia necessità di disporre immediatamente dell'immobile per proprio uso, di rivolgersi al giudice per esercitare il diritto di recesso nei confronti dei conduttori più abbienti, è infine denunciata per il dubbio che risulti irrazionalmente precluso il diritto di agire in giudizio, con violazione degli artt. 3 e 24 Cost.

3. - La questione è fondata e merita accoglimento in relazione alla prima delle censure sopra descritte. Invero, per le ragioni che saranno qui di seguito esposte, appare ingiustificabile la disparità di trattamento tra diversi locatori, tutti versanti nel medesimo stato di necessita, ad alcuni soltanto dei quali la legge consente di ottenere la disponibilità dell'appartamento dato in locazione, mentre il diritto di recesso deve spettare a tutti i locatori che si trovino nelle medesime condizioni di necessità previste dall'art. 59, primo comma, n. 1 citata legge 392 del 1978, a prescindere dalla diversa disciplina legale o contrattuale nella quale esso viene ad operare.

A tale censura ha replicato l'Avvocatura Generale dello Stato deducendo l'impossibilità di esaminare la denunciata violazione del principio costituzionale di eguaglianza, per la non omogeneità delle situazioni comparate, giacché il regime transitorio introdotto dalla legge sull'equo canone diversifica sotto più aspetti la disciplina dei contratti già soggetti a proroga (cit. art. 58) rispetto a quelli non soggetti (cit. art. 65).

Viene rilevato che diverso è il sistema di adeguamento del vecchio al nuovo canone, in un caso realizzato nel giro di un anno, nell'altro in un periodo di circa 6 anni; diverso è il tipo di aggiornamento alle variazioni del costo della vita, accertate dall'ISTAT; e soprattutto diversa è la protrazione della durata contrattuale, più breve nei confronti di coloro che avevano un reddito superiore agli 8 milioni annui (di regola da 3 a 4 anni), più lunga nell'altro caso (da 4 anni e 5 mesi a 5 anni e 5 mesi).

E' stato altresì obiettato, dalla difesa della parte privata, che non avrebbe avuto senso introdurre il diritto di recesso nei confronti dei rapporti locatizi la cui durata era stata libera per non esser stati mai soggetti a proroga legale, proprio nel momento in cui veniva emanata una legge totalmente innovatrice in materia, la quale escludeva per il futuro il regime di proroga della durata contrattuale e, conseguentemente, anche il diritto di recesso del locatore.

E' stato infine osservato che altro è il contenuto normativo dell'art. 58 citata legge, altro quello dell'art. 65 stessa legge, giacché nel primo si dispone che i contratti, da esso richiamati, < Si considerano prorogati >, mentre il secondo non imporrebbe una ulteriore proroga legale, ma si limiterebbe ad estendere coattivamente ai contratti in corso non soggetti a proroga la nuova durata legale minima dei contratti, fissata in quattro anni per le locazioni di immobili urbani adibiti ad abitazione.

Ritiene la Corte che le argomentazioni ora riportate non possono essere condivise.

In primo luogo va rilevato che la diversità di disciplina posta in luce dalla difesa dello Stato non scalfisce l'elemento fondamentale, comune alle due ipotesi prese in comparazione -quello della pari necessità di tutti i locatori che versino nelle ipotesi di legge-di ottenere la disponibilità dell'immobile dato in locazione a prescindere dalle condizioni economiche dei rispettivi conduttori e delle conseguenti diversità di disciplina contrattuale, irrilevanti rispetto allo stato di necessità.

Di fronte alla pari necessità del locatore, il diritto di recesso non può essere razionalmente concesso dal legislatore nei confronti del conduttore titolare di un contratto già soggetto a proroga a cagione della bassa entità dei suoi redditi, e negato proprio nei confronti dei conduttori che, a cagione del loro reddito annuo superiore agli 8 milioni di lire, non sono stati assoggettati per il passato al regime di proroga, del quale oggi sostanzialmente vengono invece a beneficiare, sia pure in via transitoria.

Invero nel complesso sistema vincolistico improntato alla maggior tutela del contraente più debole, e considerato da questa Corte compatibile con gli artt. 3 e 42 della Costituzione sul presupposto del suo carattere straordinario e provvisorio ed in un'armonica composizione dei contrapposti interessi  l'istituto della necessità come causa di cessazione della proroga legale ha assunto, nella comune interpretazione adeguatrice (cfr. sentenza di questa Corte n. 132/1972), carattere strumentale per la composizione dei contrapposti interessi, prevalendo di regola quelli dei conduttori, che rimangono sacrificati di fronte all'esigenza del locatore-proprietario di ottenere la disponibilità dell'immobile in caso di necessita.

Appare invece intrinsecamente contrastante con il principio di eguaglianza e di ragionevolezza che la legge sull'equo canone, nel disporre un'ulteriore proroga generalizzata di tutti i contratti di locazione di beni ad uso di abitazione, preveda il diritto di recesso nei confronti dei conduttori meno abbienti, e lo escluda verso quelli più abbienti, che appaiono, in ipotesi, meno meritevoli di tutela. Con la conseguenza definita da taluni sul piano pratico aberrante, e verificatasi spesso nella realtà, che il conduttore nei cui confronti è ammessa azione di recesso non può esercitare lo stesso diritto, fondato sulla conseguenziale necessita, per riottenere, in quanto proprietario, la disponibilità del proprio appartamento dato in locazione ad un conduttore che abbia un reddito superiore agli otto milioni annui.

Occorre altresì aggiungere che questa Corte non può condividere la tesi, sopra riferita, secondo cui l'art. 65 citato non realizza, al di là della libera volontà dei contraenti, una effettiva proroga della durata legale dei contratti. Le distinzioni giuridico - formali, che ne sono il presupposto, mentre appaiono insoddisfacenti a spiegare la natura sostanziale del fenomeno che non può non rilevare sul piano delle garanzie costituzionali non costituiscono nemmeno esplicazione coerente di un unico criterio discriminativo perseguito in materia di recesso dal legislatore dell'equo canone. Invero, l'istituto del recesso per necessita, limitatamente alle locazioni di immobili adibiti ad uso non abitativo, è previsto dagli artt. 67, 71 e 73 citata legge, indipendentemente dalla circostanza solo per altri versi rilevante della precedente soggezione o meno di detti contratti al regime di proroga.

Le osservazioni che precedono in ordine alla ravvisata violazione dell'art. 3 Cost., assorbono le censure formulate nei confronti della norma impugnata con riferimento agli artt. 42, secondo comma, e 24 della Costituzione.

Va ancora soggiunto che, conformemente alla indicata natura del diritto di recesso in questione, tale istituto deve trovare applicazione necessaria soltanto limitatamente ai rapporti contrattuali vigenti in virtù di una protrazione imposta autoritivamente dalla legge, e non in relazione alla durata pattuita.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 58,59, n. l, 65 della legge sull'equo canone 27 luglio 1978, n.392, nella parte in cui esclude il diritto di recesso per necessità del locatore dai contratti in corso alla data del 30 luglio 1978 e non soggetti a proroga.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/02/80.

Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo  VOLTERRA – Guido  ASTUTI – Michele  ROSSANO – Antonino  DE STEFANO – Leopoldo  ELIA – Guglielmo  ROEHRSSEN – Oronzo REALE - Brunetto  BUCCIARELLI DUCCI – Alberto  MALAGUGINI – Livio  PALADIN – Arnaldo  MACCARONE – Antonio  LA PERGOLA – Virgilio  ANDRIOLI

Giovanni  VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 27/02/80.