SENTENZA N.20
ANNO 1980
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
composta dai signori giudici
Avv. Leonetto AMADEI Presidente
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo
REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI
DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI
Prof. Livio PALADIN
Dott. Arnaldo MACCARONE
Prof. Antonio
Prof. Virgilio ANDRIOLI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di
legittimità costituzionale degli artt. 29 e 36 della legge 4 luglio 1967, n. 580
(Disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del
pane e delle paste alimentari), promosso con ordinanza emessa il 17 giugno 1977
dal Pretore di Milano, nel procedimento penale a carico di Moja
Sergio ed altro, iscritta al n. 454 del registro
ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 327
del 30 novembre 1977.
Udito
nella camera di consiglio dell'8 novembre 1979 il Giudice relatore Oronzo
Reale.
Considerato
in diritto
1. -
Il giudice a quo afferma
l'esistenza di tale contrasto, e quindi la illegittimità
costituzionale della norma denunciata, negando che esistano valide ragioni di
< utilità sociale > (oltrechè motivi attinenti alla sicurezza, alla
libertà o alla dignità umana) per comprimere l'esercizio della libera
iniziativa esplicantesi nella fabbricazione di pasta
di farina integrale di grano duro destinata al commercio.
Osserva il giudice a quo
che se l'utilità sociale, legittimante la norma, è da ravvisare nella
protezione e incentivazione di specifiche coltivazioni di grano duro dell'Italia meridionale, il motivo è infondato perchè anche
la pasta < integrale > è composta di farina di grano duro; e d'altra
parte non si spiegherebbe perchè la stessa legge n. 580 all'art. l7 consenta il
commercio di < pane integrale >.
Né, a giudizio del giudice
a quo, potrebbe invocarsi, a fondamento di una pronunzia di infondatezza
della questione proposta, la sentenza n.
137/1971 della Corte che dichiarò infondata analoga questione concernente,
pero, il divieto di produzione e commercio della pasta di segala: in quel caso,
infatti, il motivo della protezione delle culture di grano duro poteva reggere.
Ne, sempre a giudizio del Pretore di Milano,
2. - Per meglio
identificare tali motivi
Il Ministero della Sanità
ha risposto comunicando, per quanto di sua competenza, che < non vi sono
ragioni di ordine igienico-sanitario
a fondamento del divieto dell'uso degli sfarinati di grano duro integrale nella
produzione delle paste alimentari >, rilevando < anzi, che in base alle
più moderne acquisizioni della scienza dell'alimentazione, la fibra alimentare
presente nei cereali esplica un'utile azione per la prevenzione di alcune
malattie dismetaboliche e dell'apparato digerente e
pertanto è auspicabile che venga messa a disposizione dei consumatori, oltre
che la pasta avente i requisiti attualmente previsti dalla citata legge n. 580,
anche una pasta integrale >.
Il Ministero
dell'Agricoltura e Foreste ha comunicato che <
l'esclusivo impiego del grano duro nella produzione di paste alimentari secche
discende, in primo luogo, da esigenze di difesa e valorizzazione del
particolare tipo di cultura del grano duro >, produzione tipicamente
italiana di bassi rendimenti unitari, che rappresenta generalmente in alcune
zone la < pressoché sola valida alternativa di coltivazione >; < ne
consegue che il legislatore ha inteso sostenere la domanda di grano duro >,
vietando lo sfruttamento integrale della granella con
conseguente notevole maggior consumo di grano per ogni quantità di pasta
prodotta, e con l'ulteriore utile conseguenza di un maggior residuo di cruscami ad uso alimentare zootecnico.
Ha aggiunto, il detto
Ministero, alcune considerazioni a spiegazione del diverso trattamento dato al
pane (che, come è noto, può essere di farina integrale) fra le quali: il fatto
che il pane integrale < trova, in tradizione di gusto e di utilizzazione di
circoscritte fasce rurali, idonea giustificazione di permissività >, e il
fatto che il pane, prodotto di immediato consumo, consente la < integrale
utilizzazione della granella senza possibilità di
alterazioni organolettiche >, le quali invece si verificherebbero nelle
paste < destinate ad utilizzazioni differite nel tempo >.
3. - La motivazione che il
Ministero dell'Agricoltura e Foreste fornisce del divieto di produzione e
commercializzazione della pasta di farina integrale di grano duro corrisponde a
quella sostanzialmente risultante dalla discussione parlamentare che si
concluse con l'approvazione della legge n. 580 del 1967. Anche allora (pur nella
differente posizione dei Ministeri della Sanità e dell'Agricoltura) la
considerazione prevalente e decisiva fu quella della necessaria difesa della
produzione italiana di grano duro, che avrebbe potuto essere danneggiata e
disincentivata da una integrale utilizzazione dello sfarinato e quindi da una
minore quantità di grano per produrre la quantità di pasta assorbita dal
consumo.
Vero è che già nella detta
discussione parlamentare si era obiettato che la produzione nazionale di grano
duro era insufficiente anche a produrre la pasta secondo le prescrizioni della
legge, tanto che l'Italia era importatrice di forti quantità di grano duro (e
quindi un integrale sfruttamento della farina avrebbe causato non un danno alla
produzione nazionale, ma solo una diminuzione dell'importazione). Il che è
stato confermato alla Corte dal Ministero del Commercio Estero su dati già
pubblicati dal Bollettino ISTAT nel senso che le importazioni di grano duro (in
grandissima prevalenza di provenienza extraeuropea) sono andate sempre
crescendo in quantità e valore, giungendo nel
Sicché la motivazione
della protezione delle culture nazionali ne risulta in fatto
gravemente indebolita.
E' vero ancora che il
Ministero della Sanità, come si è visto, ritiene auspicabile, ai fini di <
un'utile azione per la prevenzione di alcune malattie dismetaboliche
e dell'apparato digerente > che sia messa a disposizione dei consumatori
anche una pasta integrale.
4. - Ma
Con ciò
PER
QUESTI MOTIVI
dichiara non fondata la
questione di legittimità costituzionale degli artt. 36 e 29 della legge 4
luglio 1967, n. 580 (Disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali,
degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari), sollevata dal Pretore di
Milano con ordinanza del 17 giugno 1977 (Reg. ord. n. 454 del 1977) in riferimento all'art. 41 della
Costituzione.
Così deciso in Roma, in
camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta, il 12/02/80.
Leonetto AMADEI – Giulio
GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA –
Guido ASTUTI – Michele ROSSANO – Antonino DE STEFANO – Leopoldo ELIA – Guglielmo ROEHRSSEN – Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI – Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE – Antonio
Giovanni
VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria
il 15/02/80.