Sentenza n.14 del 1980
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SENTENZA N.14

ANNO 1980

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Avv. Leonetto AMADEI  Presidente  

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 24 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Pensione di riversibilità al coniuge separato per propria colpa), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 28 aprile 1976 del Tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra Colli Rosa e Scapuzzi Angelo e INPS, iscritta al n. 649 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 333 del 15 dicembre 1978;

2) ordinanza emessa il 22 settembre 1978 dal pretore di Genova nel procedimento civile vertente tra Bendinelli Santuzza e INPS, iscritta al n. 596 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45 del 14 febbraio 1979;

Visto l'atto di costituzione di Bendinelli Santuzza nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 ottobre 1979 il Giudice relatore Antonio La Pergola.

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - Le ordinanze di rinvio del Tribunale di Milano e del Pretore di Genova sollevano, sia pure sotto profili parzialmente diversi, la medesima questione di legittimità costituzionale. I conseguenti giudizi possono pertanto essere riuniti e congiuntamente decisi.

2. - L'art. 24 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (< Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale >) così testualmente dispone, con riguardo al trattamento di reversibilità: < non ha diritto alla pensione il coniuge, quando sia passata in giudicato la sentenza di separazione per sua colpa >. Tale disposizione è censurata per asserito contrasto con gli artt. 38, commi primo e secondo, e 3 Cost.

In riferimento all'art. 38, la questione è prospettata sotto un duplice profilo.

Nell'ordinanza del Tribunale di Milano si denunzia la violazione del primo comma di detta norma costituzionale, che riconosce ad ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi per vivere il diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. II diritto alla pensione di reversibilità, si deduce, è sempre e comunque negato al coniuge separato per sua colpa: non importa se egli versi, come accade nella specie sottoposta al giudizio del Tribunale di Milano, nelle condizioni di inabilità al lavoro e di non abbienza contemplate dal citato precetto costituzionale; ma in presenza di tali condizioni - si assume d'altra parte-deve operare il trattamento pensionistico dell'I.N.P.S., che è istituto predisposto al perseguimento dei fini assistenziali e previdenziali, a norma dello stesso art. 38, comma quarto, Cost.

Si lamenta così la lesione di un diritto garantito al soggetto in quanto cittadino, a prescindere dalla sua appartenenza al nucleo familiare del pensionato o dell'assicurato.

Nell'ordinanza di rimessione del Pretore di Genova è invece dedotta la lesione del secondo comma dell'art. 38, nel presupposto che l'assistenza garantita al lavoratore viene, mediante il trattamento pensionistico in questione, necessariamente a riversarsi sulla sua famiglia. II coniuge superstite sarebbe pertanto illegittimamente spogliato di una tutela che, secondo Costituzione, si estende ai componenti del nucleo familiare.

Si deduce, infine, la violazione dell'art. 3 Cost. La norma censurata avrebbe, senza giustificata o razionale connessione con le finalità del regime previdenziale, implicato una disparità nel trattamento dei coniugi superstiti, secondo che essi siano separati per propria colpa o no.

L'istituto della separazione per colpa sarebbe, del resto, scomparso dal nostro ordinamento con l'entrata in vigore del nuovo testo dell'art. 151 del codice civile, che rispecchia il mutato assetto dei rapporti tra i coniugi.

La nuova norma, si soggiunge, prevede soltanto che il giudice, pronunziando la separazione, dichiari, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione. II coniuge cui la separazione è addebitabile, diversamente dal coniuge separato per propria colpa sotto il previgente regime, avrebbe dunque diritto alla pensione di reversibilità. La violazione del disposto dell'art. 3 Cost. è denunziata, in conseguenza, anche sotto il riflesso della diseguaglianza che il legislatore avrebbe introdotto nel trattamento del coniuge separato per propria colpa, e rispettivamente del coniuge al quale è addebitabile la separazione. Si tratterebbe infatti di un'irragionevole disparità di discipline, connessa con la mera ed accidentale circostanza che la pronunzia di separazione sia intervenuta nell'un caso prima, e nell'altro dopo l'entrata in vigore del nuovo diritto di famiglia.

3. - La questione non è fondata. Anzitutto, la norma censurata non lede, sotto alcuno dei profili prospettati alla Corte, né il, primo né il secondo comma dell'art. 38 Cost. Nel presente giudizio, occorre subito avvertire, viene in considerazione il diritto alla pensione di reversibilità, che ha carattere e contenuto diversi dai mezzi assistenziali e previdenziali previsti nelle citate disposizioni costituzionali, con riguardo vuoi ad ogni cittadino inabile al lavoro e indigente, vuoi al lavoratore, in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia, e disoccupazione involontaria. La pretesa violazione del comma primo dell'art. 38 Cost. starebbe in ciò, che il coniuge superstite è privato di un'assistenza immediatamente ed indistintamente garantita a tutti i cittadini, della quale ricorrerebbero nella specie le condizioni, e sempre nell'implicito presupposto che dalla norma costituzionale discenda, in materia di previdenza e assistenza, un principio generale, operante per ogni forma del trattamento pensionistico. Così non e, tuttavia. L'attribuzione della pensione di reversibilità presuppone, ovviamente, che sussista un legame familiare fra il beneficiario e l'assicurato o il pensionato. D'altra parte, l'art. 38, comma primo, Cost. non impone certo al legislatore di adoperare siffatto trattamento pensionistico anche in quelle ipotesi di inabilità al lavoro e di indigenza, per le quali è con altri appositi mezzi garantita l'assistenza del cittadino da parte degli organi o degli istituti predisposti o integrati a tal fine dallo Stato.

Parimenti, è da escludere che sia violato il secondo comma dell'art. 38. Il giudice a quo erra nell'assumere che qui vi sia un diritto direttamente garantito dalla Costituzione alla famiglia del lavoratore, e che questo diritto la norma censurata abbia poi indebitamente compresso. Titolare del diritto assistenziale, come testualmente configurato nell'art. 38, comma secondo, Cost., e, esclusivamente, il lavoratore; la tutela del nucleo familiare resta affidata alla legge ordinaria. Ciò non toglie che lo strumento normativo della reversibilità si rifletta nella sfera in cui vengono garantiti fondamentali valori del nostro ordinamento costituzionale: tali, appunto, sono la famiglia alla quale deve < in ogni caso > essere assicurata un'< esistenza libera e dignitosa >, in forza del precetto che concerne specificamente la retribuzione del lavoratore (art. 36 Cost.) -il lavoro, l'assistenza e la previdenza sociale. Ma nessuna delle disposizioni dell'art. 38 Cost., che si assumono violate, impedisce al legislatore di definire discrezionalmente L'ambito di applicazione del trattamento previdenziale di cui si discute, e così di escludere dal godimento della pensione di reversibilità il coniuge separato per propria colpa.

4. - Non sussiste, poi, nemmeno la pretesa violazione dell'art. 3 Cost . A questo proposito, giova considerare la posizione riservata al coniuge nella disciplina dettata o richiamata dalla legge che contiene la disposizione impugnata. Al pari dei figli minori, il coniuge superstite - e così il vedovo come la vedova (sentenza n. 6 del 1980) -gode di un trattamento, che non e subordinato alle condizioni prescritte con riguardo agli altri beneficiari. Peraltro, il coniuge concorre soltanto con i figli, e precede nell'ordine stabilito dalla legge le rimanenti categorie di superstiti; ha diritto ad una pensione, il cui ammontare, pari al 60% della pensione già liquidata, o che sarebbe spettata all'assicurato, non subisce riduzioni nell'ipotesi di concorso con i figli, ed è del resto superiore alle aliquote, di varia entità, corrisposte a tutti gli altri aventi diritto, figli inclusi; la sua situazione e, quindi, la meglio protetta, per quel che qui importa osservare, in seno al nucleo familiare del pensionato.

Se dal regime testè descritto è eccettuato il solo caso del coniuge separato per sua colpa, ciò si spiega perchè il legislatore ha giudicato di trovarsi di fronte ad un soggetto, di cui si è rivelata ed acclarata-attraverso il suo stesso contegno, e la conseguente pronunzia del giudice-la disaffezione e l'estraneità alla vita e all'attività lavorativa del coniuge deceduto.

Rispetto al caso della separazione incolpevole, vi è qui un più pronunziato allentamento del vincolo matrimoniale: al punto che, è stato ritenuto, viene a mancare l'interesse della collettività alla tutela pensionistica del coniuge superstite. Ora, questa differenza nel trattamento del coniuge separato per propria colpa e delle altre situazioni in cui versa il coniuge superstite non può ritenersi ingiustificata, ne, dunque, lesiva del principio costituzionale di eguaglianza. Infatti la separazione per colpa è istituto che, in varia guisa, già rileva, secondo il codice civile, anche nella sfera dei rapporti patrimoniali fra i coniugi.

Basta ricordare che il coniuge separato per sua colpa perde il diritto al mantenimento. mentre il coniuge incolpevole lo mantiene integro. Il legislatore ha inteso così di conferire rilevanza all'istituto della separazione anche nel regime pensionistico, quando ha riconosciuto il diritto alla reversibilità del coniuge separato senza colpa ed ha adottato l'opposta soluzione nel nostro caso: non vi è stato un irragionevole od arbitrario esercizio della discrezionalità legislativa, che questa Corte possa censurare sotto il profilo ora considerato.

Altrettanto deve ritenersi, se si ha riguardo alla pretesa discriminazione fra il coniuge separato per sua colpa prima dell'entrata in vigore del nuovo diritto di famiglia, ed il coniuge separato secondo l'attuale ordinamento.

Si assume nell'ordinanza di rinvio che, una volta espunto l'istituto della separazione per colpa dal testo dell'art. 151 del codice civile, sia venuto a cadere il presupposto logico perchè la norma censurata continui a ricevere applicazione: e questo, prosegue il giudice a quo, se non si voglia addirittura ritenere che la norma stessa sia stata implicitamente abrogata, per incompatibilità con la sopravvenuta disciplina dei rapporti fra i coniugi. L'assunto non ha, pero, fondamento. L'art. 151 del codice civile dispone, anche nel nuovo testo, che il giudice possa dichiarare a quale dei due coniugi sia addebitabile la separazione, < in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio >. La dichiarazione, resa in tal senso dal giudice nel pronunziare la separazione, produce, fra le altre conseguenze, quella di privare il coniuge che ne è colpito del diritto al mantenimento. Permane allora una evidente e razionale giustificazione per differenziare il trattamento pensionistico del coniuge superstite, secondo che nei suoi confronti sia intervenuta, o no, la dichiarazione di addebitabilità della separazione, attualmente prevista dal codice civile. Posto ciò, si deve escludere-non essendo intervenuta una contraria statuizione del legislatore- che il coniuge, al quale e addebitabile la separazione, abbia diritto alla pensione di reversibilità.

Il trattamento al quale egli è soggetto è sempre quello disposto per il coniuge separato per sua colpa prima della riforma del diritto di famiglia.

Nemmeno qui, dunque, ricorre la denunziata violazione dell'art. 3 Cost.

5. - In conclusione: i principi costituzionali invocati nella presente controversia non esigono che il coniuge separato per sua colpa riceva la stessa tutela pensionistica del coniuge incolpevole. Spetta d'altronde al legislatore stabilire come al coniuge colpevole possano essere corrisposti un assegno o una pensione alimentari, e perciò condizionati allo stato di bisogno.

Sarebbe, anche questa, una soluzione ispirata al criterio, tenuto fermo dal codice civile, di riconoscere al coniuge separato per propria colpa, e ora al coniuge cui è addebitabile la separazione, il diritto agli alimenti.

Soluzione del resto accolta, già prima della riforma del diritto di famiglia, in altro settore dell'ordinamento pensionistico, negli artt. 81, comma quarto, e 88, commi quarto e quinto, del t.u. 29 dicembre 1973, n. 1092 (< Trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato >). Tali norme prevedono, a favore del coniuge separato per sua colpa, un assegno alimentare, ne determinano l'importo, e regolano il concorso fra il beneficiario e gli altri superstiti del dipendente o del pensionato statale.

Analoghe disposizioni soccorrerebbero utilmente agli organi legislativi nella disciplina del nostro caso.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, in riferimento agli artt. 38, commi primo e secondo, e 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 24 della legge 30 aprile 1969, n. 153, sollevata con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/02/80.

Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo  VOLTERRA – Guido  ASTUTI – Antonino  DE STEFANO – Leopoldo  ELIA – Guglielmo  ROEHRSSEN- Oronzo REALE - Brunetto  BUCCIARELLI DUCCI – Alberto  MALAGUGINI – Livio  PALADIN – Arnaldo  MACCARONE – Antonio  LA PERGOLA – Virgilio  ANDRIOLI

Giovanni  VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 15/02/80.