Sentenza n. 138 del 1979
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SENTENZA N. 138

ANNO 1979

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Avv. Leonetto AMADEI , Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 17 della legge 8 marzo 1968, n. 152; articolo unico legge 15 ottobre 1969, n. 746 (Nuove norme in materia previdenziale per il personale degli Enti locali) promosso con ordinanza emessa il 23 gennaio 1976 dal tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, sui ricorsi di Mazzoni Umberto, Brunori Bruno e Pinca Bruno, iscritta al n. 315 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 151 del 9 giugno 1976.

Udito nella camera di consiglio del 4 maggio 1979 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen.

Ritenuto in fatto

Nel corso di un giudizio promosso da taluni dipendenti del Comune di Foligno, collocati a riposo fra il 1962 ed il 1965, diretto ad ottenere il trattamento supplementare di fine servizio deliberato da detto Comune con delibere del 1948 e 1949, annullate dal Governo ex art. 6 t.u. n. 383 del 1934, il tribunale amministrativo dell'Umbria ha sollevato questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 17 della legge 8 marzo 1968, n. 152 e dell'art. unico della legge 15 ottobre 1969, n. 746, in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Nell'ordinanza di rimessione emessa il 23 gennaio 1976, si rileva che l'art. 17 della legge n. 152 del 1968 ha, da un lato, sancito il divieto, a decorrere dal 1 marzo 1966, della istituzione di trattamenti supplementari di fine servizio e ha, dall'altro riconosciuto la legittimità dei trattamenti supplementari, istituiti dagli Enti, nella loro autonomia, prima della data predetta, stabilendo però che tali trattamenti "sono mantenuti limitatamente al personale in servizio" alla data del 1 marzo 1966. D'altro canto l'articolo unico della legge n. 746 del 1969, nel dare interpretazione autentica dell'art. 17 anzidetto, ha precisato che "i trattamenti supplementari di fine servizio e pensionistici deliberati dagli organi competenti a favore del personale degli Enti locali entro il 1 marzo 1966 e debitamente approvati dagli organi di tutela, sono mantenuti limitatamente al personale in servizio a tale data, anche nei casi ove per i provvedimenti concessivi di detti Enti sia intervenuto l'annullamento ex art. 6 t.u. 3 marzo 1934, n. 383".

Si osserva nell'ordinanza di rimessione che in tal modo la reviviscenza delle delibere annullate é stata disposta solo a vantaggio del personale che risultasse in servizio alla data del 1 marzo 1966, con esclusione quindi dal beneficio predetto del personale che, a quella data risultasse già collocato a riposo, cosicché ne deriverebbe una disciplina ingiustificatamente differenziata nei riguardi di quest'ultima categoria di personale - nella quale rientrano i ricorrenti che promossero il giudizio a quo - rispetto:

a) al personale, cessato dal servizio, in data antecedente al 1 marzo 1966, da Enti presso i quali risultavano operanti delibere, istitutive dei trattamenti supplementari, non annullate ex art. 6 in quanto tali dipendenti hanno percepito, in applicazione delle dette delibere, il trattamento supplementare e sono, ormai, al riparo da ogni futuro intervento repressivo;

b) al personale, in servizio al 1 marzo 1966, presso Enti nel cui ordinamento é stato disposto l'annullamento di ufficio di delibere istitutive di trattamenti supplementari.

Si osserva nell'ordinanza di rimessione che non sarebbe dato, infatti, scorgere per quale ragione - nel quadro di un regime volto a riconoscere la retroattiva legittimità ai trattamenti supplementari istituiti prima del 1 marzo 1966 - sia stata riconosciuta la inoperatività degli annullamenti di ufficio nei riguardi del personale in servizio al 1 marzo 1966 e non anche di quello cessato prima di tale data.

Nel giudizio non vi é stata costituzione di parti.

Considerato in diritto

1. - Il tribunale amministrativo regionale dell'Umbria ha sollevato questione di legittimità costituzionale della normativa risultante dall'art. 17 della legge 8 marzo 1968, n. 152 e dall'articolo unico della legge 15 ottobre 1969, n. 746, in quanto con essa sarebbe stato sancito il divieto, a decorrere dal 1 marzo 1966, di istituire per il personale dipendente da enti locali trattamenti supplementari di fine servizio e sarebbe stata riconosciuta la legittimità dei trattamenti supplementari istituiti prima della data predetta (ancorché annullati dal Governo ex art. 6 t.u., n. 383 del 1934), per il solo personale in servizio alla data del 1 marzo 1966 e non anche per quello già collocato a riposo a tale data, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, data la disparità di trattamento che ne deriva nei riguardi del personale collocato a riposo anteriormente al 1 marzo 1966 da enti le cui delibere in materia di trattamenti supplementari non siano state annullate dal Governo, nonché nei riguardi del personale in servizio al 1 marzo 1966.

La questione non é fondata.

2. - La legge n. 152 del 1968 ha riordinato profondamente la materia previdenziale per i dipendenti degli enti locali, adottando una disciplina molto più favorevole per il personale e, contemporaneamente, ha risolto definitivamente, con l'art. 17, il problema dei trattamenti supplementari che in precedenza erano stati deliberati da numerosi enti.

Il citato art. 17 ha posto in essere il seguente sistema: soppressione di ogni trattamento supplementare per il personale entrato in servizio dopo il 1 marzo 1966 (che é la data dalla quale, per l'art. 4, decorre il nuovo trattamento previdenziale); mantenimento ad esaurimento di detti trattamenti supplementari per coloro che erano rimasti in servizio alla cennata data 1 marzo 1966, ma in misura ridotta, e cioé con decurtazione di somme pari all'aumento del trattamento previdenziale apportato con la stessa legge (commi secondo e terzo).

In tal modo il legislatore ha fissato al 1 marzo 1966 la data di applicazione del nuovo ordinamento, dal quale non vengono in alcun modo toccati i dipendenti già cessati dal servizio alla medesima data: nello stabilire questa data il legislatore, come é evidente, ha fatto uso del potere discrezionale che gli é proprio quando determina il momento dal quale una legge deve produrre i suoi effetti.

E questa Corte ha già affermato (sentenza n. 138 del 1977) che "non può contrastare con il principio di uguaglianza un differenziato trattamento applicato alla stessa categoria di soggetti, ma in momenti diversi nel tempo, perché lo stesso fluire di questo costituisce di per sé un elemento diversificatore in rapporto a situazioni concernenti sia gli stessi soggetti come gli altri componenti dell'aggregato sociale": il che é stato affermato anche in tema di trattamento di quiescenza, essendosi ritenute le situazioni dei collocati a riposo legittimamente differenziate in relazione alla data di cessazione dal servizio (sentenze n. 57/1973 e n. 92/1975).

Non é, pertanto, censurabile sotto il profilo dell'art. 3 della Costituzione il disposto della legge n. 152 del 1968 per avere posto a base delle sue norme la differenza fra personale a riposo o in servizio alla data 1 marzo 1966 e per avere applicato soltanto al secondo la nuova normativa.

3. - Tutto ciò premesso, va poi osservato che la legge n. 746 del 1969 ha avuto il solo scopo di eliminare una situazione che si era venuta a creare in sede di interpretazione dell'art. 17 della legge del 1968 e nei riguardi del solo personale ancora in servizio al 1 marzo 1966, in quanto in tale sede era sorto il dubbio se il mantenimento dei trattamenti supplementari a favore dell'or cennato personale si dovesse arrestare dinanzi all'intervento dei provvedimenti di annullamento ex officio degli atti che li avevano deliberati e cioé se si dovesse mantenere il trattamento in questione sol quando la deliberazione istitutiva non fosse stata invalidata. Il legislatore, conformemente all'orientamento che già era stato manifestato in sede di discussione della legge del 1968 (vedi Atti Senato V legislatura, documento n. 468, relazione al disegno di legge d'iniziativa dei Senatori Cengarle e altri, comunicata alla Presidenza del Senato il 6 febbraio 1969) ha accolto la tesi più larga.

Così facendo, la legge del 1969 si é riferita alla stesso personale del quale si era occupata la legge del 1968, cioé, ripetesi, al personale ancora in servizio alla data del 1 marzo 1966, chiarendo la interpretazione esatta della norma ed eliminando la diversità che si era venuta a creare, nell'ambito di questo solo personale, per il fatto che talune delle cennate deliberazioni istitutive erano state annullate ed altre no.

Se così stanno le cose, appare chiaro che la legge del 1969 si é mantenuta nel medesimo ambito della precedente legge del 1968 e che il riferimento alla data del 1 marzo 1966 altro non costituisce che la ripetizione di un dato fondamentale di quella legge, necessaria, peraltro, per identificare l'ambito anche della nuova norma.

Valgono, di conseguenza, anche per la legge del 1969 le stesse considerazioni svolte a proposito di quella del 1968.

4. - Quanto all'altro profilo della questione - disparità di trattamento fra personale cessato dal servizio prima del 1 marzo 1966 da Enti presso i quali erano operanti delibere, istitutive di trattamenti supplementari, non annullate ex art. 6 t.u. n. 383 del 1934 e personale cessato dal servizio da enti le cui delibere furono annullate - non si vede come esso possa risolversi in una censura della normativa impugnata, sostanziandosi nella deduzione di una disparità sorta in sede applicativa e come tale non idonea a dar luogo a fondate censure d'incostituzionalità e che, oltre tutto, non deriva dalle norme impugnate, bensì dalla normativa in precedenza esistente nella materia.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 17 della legge 8 marzo 1968, n. 152 ("Nuove norme in materia previdenziale per il personale degli enti locali") e dell'articolo unico della legge 15 ottobre 1969, n. 746 ("Interpretazione autentica dell'articolo 17, secondo comma, della legge 8 marzo 1968, n. 152, recante nuove norme in materia previdenziale per il personale degli enti locali")' sollevata dal TAR dell'Umbria con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 novembre 1979.

Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI – Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 6 dicembre 1979.