Sentenza n. 86 del 1979
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SENTENZA N. 86

ANNO 1979

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Avv. Leonetto AMADEI , Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 1, terzo comma, della legge 8 agosto 1977, n. 584, recante "Norme di adeguamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici alle direttive della Comunità economica europea" promossi con ricorsi delle Regioni Friuli-Venezia Giulia e Sicilia e delle Province di Trento e Bolzano, notificati il 21, 26 e 24 settembre 1977, depositati in cancelleria il 1 e 3 ottobre 1977 ed iscritti ai nn. 26, 27, 28 e 29 del registro ricorsi 1977.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 18 aprile 1979 il Giudice relatore Antonio La Pergola;

uditi gli avvocati Gaspare Pacia, Salvatore Villari, Marco Vitucci per le Regioni e Province ricorrenti, e il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

La legge 8 agosto 1977, n. 584 "Norme di adeguamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici alle direttive della Comunità economica europea" dispone, all'art. 1, che le leggi emanate dalle Regioni a statuto ordinario e a statuto speciale, nonché dalle Province autonome di Trento e Bolzano nelle materie di propria competenza, devono rispettare ai sensi dell'art. 117, primo comma, della Costituzione, i principi in detta legge stabiliti con riguardo a taluni aspetti della disciplina degli appalti. Avverso tale disposizione hanno promosso questione di legittimità costituzionale le Regioni Friuli-Venezia Giulia, con ricorso 20 settembre 1977, e Sicilia, con ricorso 25 settembre 1977, le Province autonome di Trento e Bolzano, con ricorso 23 settembre 1977. Le ricorrenti lamentano l'invasione della propria competenza legislativa in materia di lavori pubblici. La legge statale avrebbe con la disposizione censurata assoggettato tale competenza ad un limite, che é previsto, non nei rispettivi statuti, ma - con esclusivo riferimento alle Regioni a statuto ordinario - nell'art. 117 della Costituzione. La Presidenza del Consiglio dei ministri si é costituita in giudizio, in data 8 ottobre 1977, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, per sentire dichiarare l'infondatezza della questione. La difesa dello Stato eccepisce che la norma impugnata ha sostanzialmente riprodotto il contenuto di una direttiva della C.e.e. in materia di appalti di lavori pubblici: essa non porrebbe, quindi, altro vincolo alla sfera della competenza legislativa delle ricorrenti, che quello scaturente dagli obblighi comunitari, alla cui osservanza sono tenute tutte le Regioni. Le Regioni Friuli-Venezia Giulia e Sicilia hanno sviluppato le proprie tesi in successive memorie. All'udienza pubblica, la difesa delle ricorrenti e l'Avvocatura generale dello Stato hanno insistito nelle rispettive deduzioni.

Considerato in diritto

1. - Le Regioni Friuli-Venezia Giulia e Sicilia, e le Province autonome di Trento e Bolzano, hanno con i ricorsi in epigrafe promosso la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 8 agosto 1977, n. 584, il quale dispone, tra l'altro, testualmente che: "le leggi emanate dalle Regioni a statuto ordinario e a statuto speciale, nonché dalle Province autonome di Trento e Bolzano nelle materie di propria competenza, devono rispettare, ai sensi dell'art. 117, primo comma, della Costituzione, i principi contenuti nella presente legge in tema di pubblicità degli appalti e del contenuto del bando, dei requisiti per concorrere, del divieto di prescrizioni tecniche di effetto discriminatorio, di ammissibilità di offerte da parte di associazioni temporanee di imprese, nonché di criteri di aggiudicazione di appalti e di comunicazione degli atti agli organi della C.e.e.". Tale disposizione é censurata in quanto lesiva della competenza legislativa costituzionalmente riconosciuta e garantita alle ricorrenti in materia di lavori pubblici. Viene, pertanto, dedotta la violazione, rispettivamente dell'articolo 4, n. 9, dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia; dell'art. 14, lett. g, dello statuto della Regione Sicilia, e, insieme degli artt. 5 e 116 della Costituzione; degli artt. 8, nn. 1 e 17, e 16, dello statuto della Regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e Bolzano. La norma impugnata, col disporre che le leggi delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano devono osservare, al pari delle leggi emanate dalle Regioni a statuto comune, i principi stabiliti da una legge statale, avrebbe subordinato la competenza delle ricorrenti, esclusiva e soggetta soltanto ai limiti statutari, ad un limite ulteriore, privo di fondamento costituzionale. Nessun rilievo - quanto all'asserita violazione della competenza legislativa regionale - avrebbe poi la circostanza, dedotta dall'Avvocatura, che il limite in questione sia posto dal legislatore statale in applicazione di direttive della C.e.e. Anche in questo caso, le ricorrenti sarebbero, in virtù e nell'ambito delle attribuzioni legislative loro proprie, abilitate ad adottare tutte le misure occorrenti all'attuazione interna della direttiva. D'altro lato, il legislatore statuale non potrebbe vincolare la legge regionale all'osservanza di alcuna norma, che non sia meramente riproduttiva delle prescrizioni comunitarie: laddove, si dice, esso ha nella specie dettato una disciplina delle procedure di aggiudicazione degli appalti, che non coincide con le direttive, e ne amplia il contenuto precettivo. Infine, l'autonomia speciale delle ricorrenti sarebbe comunque violata, per la considerazione che il vincolo cui essa é assoggettata dalla legge statale vien fatto discendere dall'espresso e puntuale richiamo dell'art. 117, primo comma, della Costituzione. In questo articolo della Carta costituzionale é previsto che le Regioni a statuto ordinario, nell'emanare norme legislative per le materie di propria competenza, osservino i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato. Siffatto limite sarebbe, nella specie, indiscriminatamente esteso a tutte le Regioni, a statuto sia ordinario, sia speciale, ignorando la differenza che le fonti costituzionali stabiliscono tra le due categorie di enti autonomi: con il risultato che il corrispondente obbligo posto agli organi legislativi delle ricorrenti rimarrebbe sempre riferito ai principi della legge statale, quali che siano i contenuti attuali o futuri delle prescrizioni comunitarie da essa recepite. La Regione Sicilia ravvisa nel richiamo dell'art. 117, primo comma, della Costituzione, l'essenziale "congegno" logico dell'intera legge n. 584 del 1977 ed impugna, unitamente all'art. 1, tutte le altre disposizioni in essa contenute.

Data l'identità della questione, i ricorsi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.

2. - Una riflessione s'impone prima di ogni altra possibile indagine del caso in esame. Indubbiamente, la legge n. 584 del 1977 é stata emanata in vista dell'applicazione di una direttiva comunitaria. Essa infatti detta "Norme di adeguamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici alle direttive della Comunità economica europea". La disposizione censurata contiene, poi, la statuizione secondo la quale, "in caso di accertata inattività degli organi regionali, che comporti inadempimento agli obblighi comunitari, si applica il disposto dell'art. 1, terzo comma, n. 5, della legge 22 luglio 1975, n. 382". Quest'ultima norma di legge prevede, a sua volta, la facoltà del Consiglio dei ministri, con le modalità ed alle condizioni ivi prescritte, di adottare i provvedimenti relativi in sostituzione dell'amministrazione regionale inadempiente. La direttiva, alla quale il legislatore ha qui inteso di adeguare il regime degli appalti di opere pubbliche - e che esso ha evidentemente presupposto, anche se non richiamato espressamente - é in effetti quella adottata dal Consiglio della C.e.e. il 26 luglio 1977 (71/305/C.e.e.), allo scopo di coordinare le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici. La relazione al relativo disegno di legge, presentata alla Camera dei deputati il 23 ottobre 1976 (doc. n. 652 della VII legislatura), avverte che la normativa proposta dai ministri competenti era, appunto, diretta ad "introdurre" la citata direttiva "nell'ordinamento giuridico italiano". Si può del resto osservare che le sopra richiamate prescrizioni comunitarie attendevano da fin troppo tempo di essere rese efficaci nel nostro ordinamento. La direttiva 71/305 imponeva agli Stati membri di adeguarsi ad essa entro il termine di un anno dalla sua notificazione, venuto a scadere il 29 luglio 1972. L'inosservanza di detto termine da parte delle autorità italiane, e la conseguente infrazione dell'obbligo comunitario loro imposto, sono state denunziate dalla Commissione con ricorso alla Corte di giustizia della C.e.e., e da quest'ultima accertate con sentenza in causa 10/76, pronunziata il 26 settembre 1976. Nella citata pronunzia del giudice comunitario si legge che, secondo la stessa Commissione ricorrente, le esigenze della direttiva sarebbero state soddisfatte dal disegno di legge già presentato dal nostro Governo alla Camera dei deputati (n. 3279 della VI legislatura): senonché, tale disegno non era stato allora tradotto in atto definitivo ed efficace dagli organi legislativi. Esso é stato tuttavia ripresentato, in un testo invariato, nella successiva legislatura, ed é quello stesso approvato con la legge n. 584 del 1977.

3. - Premesso ciò, occorre stabilire se la competenza legislativa delle ricorrenti risulti lesa dalla disposizione censurata. Si deve anzitutto rilevare che, sempre ai sensi dell'art. 1 della legge citata, di cui la Corte é chiamata ad occuparsi, "in mancanza di legge regionale", la stessa legge dello Stato viene "osservata in tutte le sue disposizioni". L'intero ed organico corpo delle norme che si trova nella legge n. 584 del 1977 é, dunque, immediatamente applicabile nell'ordinamento italiano. Alle Regioni é consentito di modificarne o derogarne il contenuto, sempre nell'ambito delle loro attribuzioni legislative; solo che, nell'esercizio di questa competenza, esse sono tenute a conformarsi a quelle disposizioni della legge anzidetta, le quali pongono principi in tema di pubblicità degli appalti e di contenuto del bando, di requisiti per concorrere, del divieto di prescrizioni tecniche di carattere discriminatorio, di ammissibilità di offerte di associazioni temporanee di imprese, nonché di criteri di aggiudicazione di appalti, e di comunicazione degli atti ad organi della C.e.e. Con riferimento a tali ultime disposizioni, l'Avvocatura dello Stato ha affermato che esse hanno sostanzialmente recepito la direttiva comunitaria; le ricorrenti hanno invece sostenuto che si tratta di legislazione di principio, la quale diverge, o comunque sconfina dalle prescrizioni comunitarie, e per questa via interferisce indebitamente nella sfera di competenza legislativa loro garantita. Ora la disciplina delle procedure di aggiudicazione degli appalti di opere pubbliche, dettata dalla legge in esame, se pure non riproduce puntualmente le prescrizioni comunitarie, si é però ad esse adeguata. La conformità del relativo disegno di legge alla direttiva 71/305/C.e.e. non é stata contestata dalla Commissione che ha promosso il giudizio deciso con la citata sentenza della Corte di giustizia della C.e.e.; ed anche il testo poi approvato dalle nostre Camere aderisce in larga e sostanziale misura alle prescrizioni degli organi comunitari. Fin qui, la norma censurata rimane in un ambito, che deve ritenersi riservato alla competenza degli organi centrali. La legge statale che la contiene risponde all'esigenza di evitare ulteriori inadempienze degli obblighi scaturenti dal Trattato istitutivo della C.e.e.; mentre non preclude ad alcuna Regione di regolare la materia dei lavori pubblici nella sfera della propria competenza legislativa, essa impone a tutte le Regioni il limite, che risulta dal sostanziale contenuto della direttiva comunitaria: e questo limite, secondo la costante giurisprudenza della Corte, può legittimamente operare, mediante legge ordinaria dello Stato, anche nei confronti di Regioni a statuto speciale o Province autonome, quali sono le ricorrenti.

4. - Resta però il fatto che la disposizione in esame vincola all'osservanza dei principi in essa indicati indiscriminatamente tutte le Regioni "ai sensi" - così é testualmente statuito - "dell'art. 117, primo comma, della Costituzione". Le ricorrenti deducono, qui, che la lesione della loro sfera di competenza sussiste, sotto un autonomo profilo, a prescindere dall'asserita non coincidenza tra la direttiva comunitaria e la legge statale posta per darvi esecuzione nell'ordinamento interno. Il legislatore centrale, si assume, ha preteso di estendere a tutte le Regioni, precisamente attraverso l'espresso richiamo all'art. 117, primo comma, della Costituzione, un limite - quello derivante dai principi di una legge dello Stato - che invece grava soltanto sulla competenza delle Regioni a statuto ordinario, ed in nessun caso é previsto con riguardo alla competenza esclusiva, della quale le ricorrenti sono investite in materia di lavori pubblici. Sotto questo profilo la questione é fondata. Il titolo, in base al quale le ricorrenti sono nella specie tenute al rispetto della legge statale non risiede - va precisato - nell'art. 117, primo comma, della Costituzione: ma, evidentemente, in tutte quelle norme della Costituzione o degli statuti speciali, dalle quali discende che, non diversamente dalle Regioni a statuto ordinario, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano devono, nell'esercizio della loro competenza legislativa, rispettare gli obblighi derivanti dal Trattato istitutivo della C.e.e., resi operanti nell'ordinamento italiano. La sfera riservata alle ricorrenti sarebbe, al contrario, sicuramente lesa, se la legge statale disciplinasse la materia dei lavori pubblici, fuori dal nesso che essa ha in questo caso con la direttiva comunitaria, della quale regola l'applicazione: ed anche, occorre aggiungere, quando manchi il necessario supporto di altri idonei titoli limitativi delle competenze regionali. Nella specie, il riferimento all'art. 117, primo comma, della Costituzione avrebbe, quindi, potuto essere omesso dal legislatore, senza che per questo venisse compromesso il fondamento costituzionale della norma censurata. L'art. 117, primo comma, della Costituzione é stato invece richiamato in detta norma come titolo giustificativo dell'altro vincolo, di cui si dolgono le ricorrenti, e che é diverso ed ulteriore rispetto al limite derivante dagli obblighi comunitari. Ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, tuttavia, soltanto le Regioni a statuto ordinario sono vincolate a rispettare i principi della legislazione statale, nelle materie in questa disposizione elencate. La competenza legislativa delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano non incontra un tal limite, né può, dunque, esservi assoggettata dal legislatore ordinario.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma terzo, della legge 8 agosto 1977, n. 584 "Norme di adeguamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti alle direttive della comunità economica europea", limitatamente alla parte in cui la disposizione censurata statuisce "ai sensi dell'art. 117, primo comma, della Costituzione".

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 1979.

Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI.

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 26 luglio 1979.