Sentenza n. 62 del 1979
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SENTENZA N. 62

ANNO 1979

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Leonetto AMADEI, Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 22, 51, commi settimo e ottavo, e 55 della legge regionale della Toscana 4 luglio 1974, n. 35, promosso con ordinanza emessa il 23 ottobre 1976 dal pretore di Grosseto, nel procedimento civile vertente tra Bellandi Alessandro e il Comune di Castiglione della Pescaia, iscritta al n. 703 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4 del 5 gennaio 1977.

Udito nella camera di consiglio del 19 aprile 1979 il Giudice relatore Livio Paladin.

Ritenuto in fatto

Nel corso di un procedimento di opposizione avverso una ingiunzione di pagamento per violazione dell'art. 22 della legge 4 luglio 1974, n. 35, della Regione Toscana, il pretore di Grosseto ha sollevato - con ordinanza emessa il 23 ottobre 1976 - questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 22, nonché degli artt. 51 e 55 della predetta legge regionale.

Il giudice a quo sostiene, in primo luogo, che l'art. 51, settimo ed ottavo comma, della legge toscana n. 35 del 1974 (intitolata "Difesa della fauna e regolamentazione dell'attività venatoria") violerebbe gli artt. 3 e 117 Cost., non prevedendo che le ingiunzioni comunali di pagamento delle somme dovute per le infrazioni alle norme regionali sulla caccia siano vidimate e rese esecutive dal pretore.

In secondo luogo, nell'ordinanza di rinvio si impugnano gli artt. 22 e 55 della medesima legge - in vista degli articoli 3, 5, 25, secondo comma, e 117 Cost. - dal momento che essi implicherebbero la coesistenza, per gli stessi fatti, di sanzioni amministrative previste da disposizioni legislative regionali e di sanzioni penali tuttora comminate dalle corrispondenti disposizioni legislative statali.

In terzo luogo, si assume che l'art. 51, sesto, settimo ed ottavo comma, sarebbe illegittimo anche per contrasto con l'art. 24 Cost., in quanto disporrebbe l'esecutività dell'ingiunzione concernente il pagamento di una maggiorazione del dieci per cento, da parte di coloro che non abbiano tempestivamente versato l'ammontare della relativa sanzione, negli stessi casi in cui gli interessati propongano ricorso dinanzi all'autorità giudiziaria.

In quarto luogo, si censurano ancora una volta gli articoli 22 e 51, in riferimento agli artt. 3 e 117 Cost., poiché "non enunciano i criteri di applicazione delle sanzioni pecuniarie tra il minimo ed il massimo previsti", e nemmeno statuiscono "l'obbligo delle amministrazioni comunali di indicare i criteri ai quali in concreto si sono attenute".

Nel giudizio davanti a questa Corte, nessuna parte si é costituita né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - Il giudice a quo contesta variamente, tanto sul piano sostanziale quanto sul piano processuale, la legittimità costituzionale della disciplina sanzionatoria stabilita dalla legge regionale toscana n. 35 del 1974, allo scopo di proteggere la fauna e di regolamentare la caccia.

Da un lato, cioè, la disciplina in questione si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, 5, 25, secondo comma, e 117 Cost., sia che la clausola abrogativa di "tutte le norme statali in materia di caccia" - contenuta nell'art. 55 - venisse riferita alle stesse norme penali allora vigenti in materia, sia che tali norme coesistessero con quelle regionali, determinando una duplicità di sanzioni - penali ed amministrative - in ordine alle medesime infrazioni venatorie: dal che risulterebbe - specificamente - l'illegittimità delle sanzioni amministrative previste nell'art. 22, per violazione del quale si era provveduto all'ingiunzione che aveva dato luogo al procedimento di opposizione davanti al pretore di Grosseto. Parallelamente, il pretore osserva inoltre che l'art. 22, come pure l'art. 51 della legge toscana sulla caccia, lascerebbe libere le amministrazioni comunali di fissare ad arbitrio la misura di ciascuna sanzione, fra il minimo ed il massimo determinati nell'articolo stesso; sicché ne verrebbero congiuntamente lesi la norma generale di eguaglianza dei cittadini ed i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, cui le norme legislative regionali si debbono attenere.

D'altro lato, il giudice a quo argomenta che l'art. 51, settimo ed ottavo comma, violerebbe l'art. 3 Cost. nonché i più specifici principi desumibili dalla legislazione statale in materia di riscossione delle entrate patrimoniali, anche in quanto configurerebbe l'ingiunzione come un "titolo esecutivo di piena efficacia", prescindendo dal visto pretorile. Del pari, le disposizioni del sesto, del settimo e dell'ottavo comma dell'art. 51 sarebbero incompatibili con il diritto di agire in giudizio, garantito dall'art. 24 Cost., là dove impongono il pagamento della somma dovuta, maggiorata del dieci per cento per chi non abbia tempestivamente assolto la sanzione, pur quando sia pendente opposizione dinanzi all'autorità giudiziaria.

Ma le questioni così proposte all'esame della Corte sono tutte infondate.

2. - Va ricordato, anzitutto, che questa Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittimo - con la sentenza n. 79 del 1977 - l'art. 55 della legge regionale toscana n. 35 del 1974, "nella parte in cui, statuendo che cessano di avere applicazione tutte le norme di leggi statali in materia di caccia..., non esclude dall'effetto abrogativo le norme... aventi natura penale"; sicché le sanzioni amministrative già previste dalla legge stessa, prima dell'entrata in vigore della legge statale 27 dicembre 1977, n. 968 (contenente nuovi principi e disposizioni per la disciplina della caccia), non rendevano inoperanti le sanzioni penali vigenti in materia, ma si aggiungevano ad esse. In linea generale, tuttavia, la Corte ha precisato più volte (a partire dalla sentenza n. 21 del 1957) che "all'infuori delle sanzioni penali ve ne sono... altre che la Regione può dettare, quali le sanzioni civili e amministrative, e anche le sanzioni di carattere specificamente pecuniario, purché non convertibili...". E ciò si giustifica in particolar modo nel caso dell'art. 22 della predetta legge regionale, dal momento che esso proibisce ed assoggetta ad apposite sanzioni amministrative l'abbattimento o la cattura di un numero di capi superiore a quello contestualmente indicato quanto a determinate specie di selvaggina, in termini che non trovano riscontro in alcuna disposizione legislativa statale penalmente sanzionata.

Non si può ritenere, d'altronde, che le sanzioni pecuniarie comminate dall'art. 22 siano così poco definite da risultare lesive dell'art. 3 Cost., nonché dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi ordinarie dello Stato (compromettendo così, per questa parte, la legittimità dello stesso art. 51). Per sé considerato, indipendentemente dalle specifiche applicazioni di cui devono rispondere le singole amministrazioni comunali, l'art. 22 non stabilisce nulla che lo renda difforme dalla generalità delle corrispondenti disposizioni legislative statali; ed anzi mantiene il divario fra il minimo ed il massimo delle sanzioni, entro una misura tale da non prestarsi ad alcuna censura d'irragionevolezza.

3. - Non contrasta con la norma generale d'eguaglianza, né con i principi informatori delle leggi statali vigenti in materia, nemmeno il disposto per cui "l'ingiunzione costituisce titolo esecutivo", contenuto nell'ottavo comma dell'art. 51 (che il pretore di Grosseto impugna in collegamento con il comma precedente). A torto, infatti, il giudice a quo presuppone che l'intera disciplina legislativa fondamentale, in tema di assolvimento delle sanzioni pecuniarie, debba essere tuttora ricercata nel regio decreto 14 aprile l910, n. 639: con particolare riguardo al principio stabilito dall'art. 2 cpv., secondo cui "la ingiunzione é vidimata e resa esecutoria dal pretore". Nell'esaminare quali siano gli attuali principi del settore, non si può non tener conto che l'immediata esecutività delle ingiunzioni é stata affermata dall'art. 9, terzo comma, della legge 3 maggio 1967, n. 317, quanto al "sistema sanzionatorio delle norme in tema di circolazione stradale e delle norme dei regolamenti locali"; ed é ribadita, quanto al "sistema sanzionatorio delle norme che prevedono contravvenzioni punibili con l'ammenda", dall'art. 8, terzo comma, della legge 24 dicembre 1975, n. 706 (cui ora fa espresso richiamo l'art. 32 della legge n. 968 del 1977, quanto alle "infrazioni amministrative" per violazione delle leggi sulla caccia). Queste nuove norme legislative, la cui legittimità costituzionale non é qui in discussione, alterano completamente i termini ed escludono l'attualità della questione proposta dal pretore di Grosseto, con riferimento agli artt. 3 e 117 della Costituzione.

A torto, inoltre, l'ordinanza di rimessione asserisce che la disciplina in esame avrebbe reso incontestabile l'esecutività delle ingiunzioni stesse, senza attribuire nessun peso ai ricorsi eventualmente proposti in sede giurisdizionale. Nell'impugnare in tal senso il sesto, il settimo e l'ottavo comma dell'art. 51, il giudice a quo non ha considerato che tali disposizioni non possono venir correttamente interpretate e valutate, separandole dal nono comma: alla stregua del quale, "entro il termine ultimo previsto per il pagamento, l'interessato può ricorrere dinanzi all'autorità giudiziaria competente ai sensi dell'art. 3 del t.u. 14 aprile l910, n. 639". Ciò significa che la legge regionale toscana sulla caccia non ha inteso interferire per nulla nel procedimento giurisdizionale di opposizione alle ingiunzioni di pagamento; e, specificamente, non ha derogato in nessun modo all'art. 3, secondo comma, del regio decreto in questione, per cui "l'autorità adita ha facoltà di sospendere il procedimento coattivo".

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 55 della legge 4 luglio 1974, n. 35, della Regione Toscana, sollevata dal pretore di Grosseto con l'ordinanza indicata in epigrafe e già decisa da questa Corte con la sentenza n. 79 del 1977;

b) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 22 e 51 della legge predetta, sollevate dal pretore di Grosseto, in riferimento agli artt. 3, 5, 24, 25, secondo comma, e 117 Cost., con l'ordinanza indicata in epigrafe

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 giugno 1979.

Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 4 luglio 1979.