Sentenza n. 60 del 1979
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SENTENZA N. 60

ANNO 1979

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Leonetto AMADEI, Presidente

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 152 disp. att. del codice di procedura civile (nel nuovo testo risultante dall'art. 9 della legge 11 agosto 1973, n. 533) promosso con ordinanza emessa il 23 marzo 1978 dal pretore di Avezzano, nel procedimento civile vertente tra Tortora Antonio e lo I.N.P.S., iscritta al n. 362 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 285 dell'11 ottobre 1978.

Visto l'atto di costituzione di Tortora Antonio, nonché l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 18 aprile 1979 il Giudice relatore Arnaldo Maccarone;

uditi l'avv. Franco Agostini per Tortora Antonio, e il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un procedimento civile promosso da Tortora Antonio per ottenere il riconoscimento del proprio diritto alla pensione di invalidità e, conseguentemente, la condanna dell'I.N.P.S. al pagamento del dovuto, il pretore di Avezzano, con ordinanza del 23 marzo 1978, ha sollevato - in riferimento all'art. 24, primo e terzo comma, Cost. - questione di legittimità costituzionale dell'art. 152 disp. att. cod. proc. civ. (nel nuovo testo risultante dall'art. 9 della legge 11 agosto 1973, n. 533), limitatamente alla parte in cui non prevede che l'assicurato abbiente possa essere condannato al pagamento delle spese processuali, in caso di soccombenza, anche quando la sua pretesa non sia riconosciuta manifestamente infondata e temeraria.

Secondo il giudice a quo la disposizione denunziata, sancendo un indiscriminato esonero dal pagamento delle spese processuali in favore di tutti gli assicurati, senza alcun riguardo alle loro condizioni economiche, contrasterebbe con il terzo comma dell'art. 24 Cost., che garantisce solo ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.

L'illegittimità costituzionale del citato art. 152 assumerebbe, inoltre, ancora più marcata evidenza in relazione all'esercizio del diritto di difesa da parte dell'ente previdenziale. Infatti, venendo a mancare, nella instaurazione dei giudizi, ogni freno per i lavoratori, implicitamente esonerati per disposizione di legge dal benché minimo apprezzamento delle proprie azioni, contro gli Istituti stessi potrebbero essere portati continui e generalizzati attacchi "processuali". Con l'inevitabile conseguenza, per questi ultimi, di non poter approntare una efficace difesa di fronte alla miriade di ricorsi.

2. - Ritualmente notificata, comunicata e pubblicata l'ordinanza de qua ed instaurato il giudizio davanti alla Corte, si é costituito Tortora Antonio, il quale, nelle proprie deduzioni, conclude per la non fondatezza della questione sollevata, contestando - da un lato - che la norma denunziata comprometta le possibilità di difesa degli Istituti previdenziali e rilevando - dall'altro - che il principio enunciato nell'articolo 24, terzo comma, Cost., non impedisce al legislatore ordinario di dettare norme che rendano meno oneroso l'accesso alla giustizia anche a favore di coloro che, pur non essendo in ipotesi "non abbienti" si trovino tuttavia in particolari condizioni di inferiorità.

3. - É intervenuto anche il Presidente del Consiglio dei ministri che ha del pari concluso per la non fondatezza della prospettata questione.

Considerato in diritto

1. - In base all'ordinanza del pretore di Avezzano, la Corte é chiamata a decidere se l'art. 152 disp. att. cod. proc. civ. - il quale nel nuovo testo introdotto dall'art. 9 della legge 11 agosto 1973, n. 533, dispone che il lavoratore soccombente nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali non può essere assoggettato al pagamento delle spese del giudizio, salvo che la pretesa non sia manifestamente infondata e temeraria - nella parte in cui non esclude dal beneficio il lavoratore abbiente, violi: a) l'art. 24, comma terzo, Cost., dubitandosi che la disposizione denunziata, prevedendo l'indiscriminato esonero dal pagamento delle spese processuali a favore di tutti i lavoratori assicurati, senza riguardo alle loro condizioni economiche, oltrepassi i limiti posti dalla Costituzione all'istituto del gratuito patrocinio; b) l'art. 24, comma primo, Cost., dubitandosi che il notevole incremento del contenzioso previdenziale, provocato dalla disposizione denunziata, limiti la possibilità per gli istituti previdenziali di svolgere nel processo una adeguata difesa, con conseguente menomazione della tutela giurisdizionale.

2. - Deve preliminarmente osservarsi che l'ordinanza di rimessione, pur affermando la rilevanza delle questioni proposte, non contiene sul punto una espressa motivazione; la valutazione di tale essenziale requisito risulta peraltro implicita nella motivazione adottata, correlata agli atti di causa.

Invero, in base alle risultanze della consulenza tecnica, che aveva escluso nella persona dell'attore in giudizio malattie invalidanti, il pretore avrebbe dovuto rigettare la domanda ed applicare, in ordine alle spese, la disposizione dell'art. 152 disp. att. cod. proc. civ.; ma, avendo rilevato che a suo giudizio lo stesso attore era da considerare abbiente (in una parte della motivazione é detto che il coltivatore diretto, e tale era l'attore, "ricava alti redditi dalla coltivazione della terra e dall'allevamento del bestiame") e che tale circostanza avrebbe escluso l'applicabilità della anzidetta disposizione, ove si fosse ritenuto che essa contrastasse con l'art. 24, comma terzo, Cost., ha affermato la rilevanza del dubbio di costituzionalità della norma da applicare.

3. - Le proposte questioni non sono, peraltro, fondate. L'ordinanza, per sostenere il contrasto della norma in disamina con il terzo comma dell'art. 24 Cost., muove dal presupposto che il beneficio accordato al lavoratore costituisca una forma, sia pure atipica, di patrocinio gratuito, limitato dalla norma costituzionale sopra citata ai non abbienti, sicché confliggerebbe con essa la mancata esclusione dal beneficio stesso dei lavoratori abbienti.

L'assunto non può essere condiviso; il patrocinio a spese dello Stato, volto a consentire a tutti i cittadini la possibilità di agire e di difendersi in giudizio, si differenzia nettamente dal beneficio del quale si discute, che prescinde dalle condizioni economiche del soggetto interessato. In vista della rilevanza sociale della materia previdenziale e assistenziale, il legislatore, disponendo la compensazione delle spese del giudizio in caso di soccombenza del lavoratore, ha voluto porlo al riparo dal rischio processuale, al fine di consentirgli di far valere le sue pretese non temerarie nei confronti degli istituti di previdenza e assistenza.

Il costo del processo può essere gravoso anche per chi non sia povero nei limiti richiesti per ottenere il patrocinio a spese dello Stato e può costituire, anche in tal caso, una remora a far valere le proprie fondate ragioni.

A tale inconveniente, ha voluto porre rimedio la norma denunziata, prescindendo dalle condizioni economiche del lavoratore interessato, al fine di neutralizzare la sua notoria minore resistenza di fronte al rischio processuale (sent. n. 23 del 1973).

4. - Del pari non fondato deve ritenersi il dubbio di costituzionalità riferito al primo comma dell'art. 24 Cost. Su tale punto l'ordinanza di rimessione osserva che la norma di favore determina inevitabilmente un notevole incremento del contenzioso in materia previdenziale e gli istituti di assistenza e previdenza verrebbero a trovarsi in difficoltà per affrontare difese efficaci, sicché ne deriverebbe un reale affievolimento della tutela giurisdizionale dei diritti.

Tale assunto é stato già disatteso con la citata sentenza n. 23 del 1973, ritenendosi che "la mancata ripetibilità delle spese di lite, pur in caso di vittoria, certamente non rappresenta, nei confronti dell'istituto assicuratore (attesa la sua peculiare struttura e connotazione, anche sotto il profilo finanziario), una remora alla difesa avverso pretese di prestazione del lavoratore, che si ritengano infondate e, quindi, una violazione del diritto dell'istituto medesimo alla tutela giurisdizionale".

Tale orientamento va confermato, tenendo anche presente la particolare struttura dei servizi legali degli istituti di previdenza ed assistenza e considerando, d'altra parte, che eventuali difficoltà ed oneri riguardanti il potenziamento di tali servizi costituirebbero pregiudizi di fatto, inidonei a concretare una violazione del precetto costituzionale invocato.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 152 disp. att. cod. proc. civ. (nel nuovo testo risultante dall'art. 9 della legge 11 agosto 1973, n. 533) sollevata, in riferimento all'art. 24, primo e terzo comma, della Costituzione, dal pretore di Avezzano con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 giugno 1979.

Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 4 luglio 1979.