Ordinanza n. 16 del 1979
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ORDINANZA N. 16

ANNO 1979

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Giulio GIONFRIDA, Presidente

Dott. Michele ROSSANO

Prof Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso proposto dal Sostituto Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Caltanissetta, iscritto al n. 10 del registro a.r. 1978, per conflitto di attribuzione contro il Ministro di Grazia e Giustizia, sorto a seguito dei provvedimenti di sospensione della pena in data 11 e 22 aprile 1975 emanati dal predetto Ministro nei confronti di Milano Giuseppe.

Udito nella camera di consiglio del 19 dicembre 1978 il Giudice relatore Antonio La Pergola.

Ritenuto che il Sostituto Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Caltanissetta ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Ministro di Grazia e Giustizia, con riguardo al potere, a quest'ultimo conferito dall'art. 589, quinto comma, del codice di procedura penale - nei casi preveduti dall'art. 147, n. 2, del codice penale - deducendo, con ricorso 6 febbraio 1978: che la Procura della Repubblica di Caltanissetta chiedeva, senza esito, al Ministero di Grazia e Giustizia copia del provvedimento di sospensione emesso con riferimento all'esecuzione della pena del pluricondannato Giuseppe Milano, ex art. 589, quinto comma, del codice di procedura penale; che il Ministero, dal canto suo, richiedeva successivamente alla Procura di Caltanissetta di unificare le pene in corso di esecuzione; che detta procura provvedeva allora al cumulo delle pene ed emetteva il conseguente ordine di scarcerazione, sull'assunto che il provvedimento di sospensione fosse stato revocato; che il Milano, arrestato il 2 maggio 1976, proponeva impugnazione avverso l'ordine di carcerazione; che il tribunale di Caltanissetta, decidendo sull'incidente di esecuzione, disponeva, con ordinanza depositata il 30 giugno 1977, la revoca dell'ordine di carcerazione e la immediata scarcerazione del Milano, in quanto i provvedimenti di sospensione, emessi l'11 aprile 1975 e 22 aprile 1975, non erano stati revocati; che tali provvedimenti non sono stati revocati nemmeno in prosieguo di tempo, col risultato che si rischierebbe di vanificare le decisioni dell'Autorità giudiziaria.

Ritenuto, altresì, che il ricorrente deduce: l'incostituzionalità - per contrasto, sotto vari profili, con gli artt. 3, 13, 101,102,111 e 112 della Costituzione - dell'art. 589, quinto comma, del codice di procedura penale che riserva il differimento dell'esecuzione della pena all'esclusiva ed insindacabile competenza del Ministro di Grazia e Giustizia, laddove la materia ricadrebbe nella sfera della giurisdizione; l'illegittimità dei provvedimenti adottati in punto di fatto dal Ministro, perché viziati da incompetenza in senso costituzionale, oltreché da eccesso di potere amministrativo.

Ritenuto che alla Corte viene dunque richiesto di risolvere il conflitto sottoposto al suo esame dichiarando che il potere attribuito nella specie al Ministro di Grazia e Giustizia spetta invece, secondo Costituzione, all'Autorità giudiziaria, e annullando in conseguenza i decreti di sospensione impugnati, e quanti altri successivamente emanati dal Ministro.

Considerato che il ricorrente, assumendo che i poteri riservati nel caso in esame alla competenza del Ministro di Grazia e Giustizia rappresentano un'indebita interferenza dell'Esecutivo nell'ambito della giurisdizione, ne rivendica l'attribuzione agli organi costituzionalmente investiti della funzione giurisdizionale in senso proprio;

che però - come la Corte ha affermato costantemente, e da ultimo nella sentenza n. 52 del 1976 - tra gli organi anzidetti non possono essere annoverati né la Procura della Repubblica, né altro ufficio del pubblico ministero;

che, pertanto, non concorrono i requisiti di ordine soggettivo e oggettivo prescritti per aversi conflitto di attribuzione ai sensi del primo comma dell'art. 37 della legge n. 87 del 1953;

che tali rilievi assorbono ogni altro profilo, pure attinente all'ammissibilità.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 maggio 1979.

Giulio GIONFRIDA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI

Giovanni VITALE - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 10 maggio 1979.