Sentenza n. 72 del 1977
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SENTENZA N. 72

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale della legge Regione Marche 22 febbraio 1973, n. 6 (Prime disposizioni per la salvaguardia della flora marchigiana), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 13 settembre 1974 dal Pretore di Cagli nel corso di giudizio di opposizione promosso da Giovanni Gasparri, iscritta al n. 462 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3 del 3 gennaio 1975;

2) ordinanza emessa il 16 gennaio 1975 dal pretore di Sassoferrato nel corso di giudizio di opposizione promosso da Vincenzo Gobbi, iscritta al n. 86 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 95 del 9 aprile 1975.

Visto l'atto di costituzione della Regione Marche;

udito nell'udienza pubblica del 10 febbraio 1977 il Giudice relatore Nicola Reale;

udito l'avv. Gabriele Galvani, per la Regione Marche.

Ritenuto in fatto

1. - Con decreto emesso il 26 marzo 1974 in applicazione della legge della Regione Marche 22 febbraio 1973, n. 6, recante "Prime disposizioni per la salvaguardia della flora marchigiana", il presidente di quella Regione ingiungeva a Giovanni Gasparri di provvedere al pagamento della somma di L. 300.000 quale sanzione amministrativa, per aver abbattuto, in violazione della legge suddetta, due querce senza la preventiva autorizzazione dell'autorità forestale.

Avverso tale ingiunzione, il Gasparri proponeva opposizione mediante ricorso al pretore di Cagli il quale, con ordinanza del 13 settembre 1974, sollevava sotto diversi profili e in riferimento all'art. 117 Cost. questione di legittimità costituzionale della già citata legge della Regione Marche.

Comunicata, notificata e pubblicata ai sensi di legge l'ordinanza de qua, si é costituito in giudizio il presidente della Regione chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

2. - La legittimità costituzionale della stessa legge é stata posta in dubbio, sempre in riferimento all'art. 117 Cost. ma sotto profili non del tutto coincidenti con quelli dell'altra ordinanza, anche dal pretore di Sassoferrato con ordinanza emessa il 16 gennaio 1975 nel corso del giudizio di opposizione promosso da Gobbi Vincenzo avverso il decreto in data 5 febbraio 1974 con il quale il presidente della Regione gli aveva ingiunto il pagamento della somma di L. 1.000.000 a titolo di sanzione amministrativa per l'abbattimento di una pianta di alto fusto di rovere secolare senza la prescritta autorizzazione dell'autorità forestale. Anche in questo giudizio é intervenuto il presidente della Regione Marche con atto di deduzioni del 7 febbraio 1975 le cui conclusioni si precisano in una declaratoria di infondatezza delle questioni prospettate.

Considerato in diritto

1. - Le questioni sollevate dal pretore di Cagli e dal pretore di Sassoferrato con le due ordinanze in epigrafe (emesse nel corso di procedimenti di opposizione avverso decreti con i quali il presidente della Regione Marche aveva ingiunto il pagamento di somme di danaro a titolo di sanzioni amministrative per l'abbattimento di alcune piante, in violazione di quanto prescritto dalla legge 22 febbraio 1973, n. 6 della Regione Marche, recante "Prime disposizioni per la salvaguardia della flora marchigiana") hanno tutte riferimento allo stesso testo normativo ed oggetto parzialmente identico: i relativi giudizi vanno quindi riuniti onde dar luogo ad unica decisione.

2. - La citata legge della Regione Marche 22 febbraio 1973, n. 6 (che in corso di causa ha subito, con successiva legge 20 maggio 1975, n. 39, modifiche di dettaglio, non incidenti peraltro sulle disposizioni denunziate alla Corte nella presente causa), vieta, salvo casi determinati e previe autorizzazioni di organi competenti, l'abbattimento di talune specie di piante di alto fusto, anche isolate, o in filari o in piccoli gruppi (artt. 1 e 2) nonché l'abbattimento di altre della stessa specie che siano secolari o di particolare valore naturalistico e ambientale (art. 3). La violazione delle norme suddette é punita, nell'art. 5, con sanzioni amministrative pecuniarie di vario importo, da infliggersi dal presidente della Giunta regionale con decreto motivato, contenente l'ingiunzione al pagamento della somma. Per l'ingiunzione e per l'esecuzione di essa sono dichiarate applicabili le norme di procedura di cui agli artt. 9 e 13 della legge statale 3 maggio 1967, n. 317 "sostituito alle autorità ivi previste il presidente della Giunta regionale" (art. 5 u.c.).

3. - La legittimità costituzionale della legge 22 febbraio 1973, n. 6 della Regione Marche é posta in dubbio anzitutto, con entrambe le ordinanze e in riferimento all'art. 117 Cost., in base all'assunto che la Regione avrebbe con essa regolato la materia dei beni paesistici, mediante tutela della flora quale elemento essenziale del paesaggio, laddove la suddetta materia non rientra tra quelle tassativamente indicate nell'art. 117 Cost.

4. - La censura é priva di fondamento.

Invero, la legge impugnata non riguarda il paesaggio nella integrale ricchezza dei suoi elementi ma, rivolta com'é a salvaguardare la flora, assicura la protezione della natura, intesa come sub- materia rientrante nella materia "agricoltura e foreste", espressamente contemplata dall'art. 117 Cost. fra quelle per le quali le Regioni a statuto ordinario, nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato e dal rispetto dell'interesse nazionale e di quello delle altre Regioni, possono emanare norme legislative. Si noti che il divieto di abbattimento non é mai condizionato dalla circostanza che le piante conferiscono in qualche modo, con la loro presenza, alla tutela del paesaggio, come invece dovrebbe essere se la legge regionale si proponesse di tutelare la flora solo quale elemento costitutivo di esso e non già quale elemento del patrimonio naturale in sé considerato.

L'attinenza all'agricoltura della tutela del patrimonio naturale in tutti i suoi elementi costitutivi (e, quindi, anche della flora) é generalmente riconosciuta e trova comunque specifica conferma nell'art. 4 lett. h, d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, sul trasferimento alle regioni a statuto ordinario delle funzioni statali in materia di agricoltura e foreste.

Tale disposizione, infatti, pur ribadendo la competenza degli organi statali in ordine agli interventi per la protezione della natura fa espressamente salvi "gli interventi regionali non contrastanti con quelli dello Stato". Il che assicura lo svolgimento di una politica ecologica, che non potrebbe riuscire proficua se non poggiasse sulla base di un'organica programmazione, valevole per l'intero territorio nazionale o per gran parte di esso e attuata mediante interventi spesso eccedenti i singoli ambiti regionali e che risultino atti alla prevenzione di danni provenienti da eventi naturali o dall'opera dell'uomo. Ma, per converso, lascia all'autonomia delle regioni margini sufficienti per la tutela di quella parte dell'ambiente più strettamente collegato con gli interessi dell'agricoltura e foreste e contenuta, mediante interventi settoriali e limitati, entro il territorio di ognuna di esse, come appunto nel caso di specie. A tali concetti ha sostanzialmente già acceduto questa Corte con sentenza n. 142 del 1967. A suffragare, infine, l'esattezza della soluzione va rilevato che, per l'ultimo comma dell'art. 1 della legge regionale, non si applicano le disposizioni di essa ai boschi e ai vivai, la cui disciplina é invece contenuta nella legislazione statale.

L'oggetto della legge impugnata non può quindi essere ritenuto estraneo alle competenze regionali quali risultano dall'art. 117 Cost.

5. - Le altre censure formulate dal pretore di Cagli con l'ordinanza n. 462 del 1974 sempre in riferimento all'art. 117 Cost., ma sotto altri profili, sono invece fondate.

Il giudice a quo esprime il dubbio che il legislatore regionale abbia violato la riserva di legge statale in materia processuale richiamando, nell'art. 5 u.c., l'art. 9 della legge statale 3 maggio 1967, n. 317, anche per la disciplina del procedimento di opposizione all'ingiunzione di carattere giurisdizionale. Si assume nell'ordinanza che detta disciplina apporta rilevanti deroghe alle ordinarie norme del processo civile, e che quindi la Regione ampliandone con la legge denunziata il campo di applicazione avrebbe introdotto "una norma innovativa nell'ambito processuale che le é indubbiamente precluso dalla Costituzione". Ed inoltre, poiché la legge statale richiamata esenta i procedimenti di opposizione dall'imposta di bollo e dalla formalità di registrazione della sentenza (art. 9 comma sesto) il legislatore regionale avrebbe esteso una esenzione fiscale in materia estranea alle sue competenze. Orbene, il già richiamato art. 5 della legge regionale denunziata, dopo aver previsto che il verbale di accertamento delle violazioni importanti sanzioni pecuniarie da parte degli organi di cui all'art. 8 é suscettibile, entro quindici giorni dalla notifica, di ricorso alla Giunta regionale (secondo la modifica di cui alla legge regionale 20 maggio 1975, n. 39), stabilisce, nel penultimo comma, che la sanzione sia applicata dal presidente della Giunta con decreto motivato contenente l'ingiunzione al pagamento della somma. L'ultimo comma - come si é già accennato - dispone, infine, che "si applicano, per l'ingiunzione di cui al comma precedente e per l'esecuzione di essa, le norme di procedura stabilite dalla legge dello Stato 3 maggio 1967, n. 317, artt. 9 e 13, "sostituito alle autorità ivi previste il presidente della Giunta regionale".

I primi tre commi dell'art. 9 riguardano i requisiti e le modalità di emanazione dell'ingiunzione e terminano con la affermazione che la stessa costituisce titolo esecutivo. Con che si perviene al momento terminale del procedimento amministrativo che la Regione é legittimata a regolare autonomamente.

I successivi commi del predetto art. 9 hanno invece diverso oggetto poiché riguardano il procedimento di opposizione alla ingiunzione che é di indubbia natura giurisdizionale e riguarda quindi una materia per cui la Regione non ha competenza legislativa. Infatti, come questa Corte ha anche di recente statuito, "spetta solo alla legge dello Stato disciplinare in modo uniforme per l'intero territorio nazionale, e nei confronti di tutti, i mezzi e le forme di tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi" (sent. n. 81 del 1976).

Ne consegue l'illegittimità costituzionale del richiamo all'art. 9 della legge n. 317 del 1967 per il giudizio di opposizione all'ingiunzione, che riguarda, ovviamente, anche i già accennati aspetti della disciplina in oggetto e, cioè, l'esenzione dall'imposta di bollo e dalla formalità di registrazione della sentenza.

E in tali sensi va ritenuta la fondatezza della questione sollevata dal pretore di Cagli.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 5, ultimo comma, della legge Regione Marche 22 febbraio 1973, n. 6 (Prime disposizioni per la salvaguardia della flora marchigiana) limitatamente alla parte in cui fa rinvio all'art. 9 della legge statale 3 maggio 1967, n. 317 per la disciplina del procedimento di opposizione all'ingiunzione che sia stata emessa dal presidente della Regione Marche ai sensi del penultimo comma del medesimo art. 5;

b) dichiara non fondate le altre questioni di legittimità costituzionale della citata legge Regione Marche 22 febbraio 1973, n. 6 sollevate, in riferimento all'art. 117 Cost., dal pretore di Cagli e dal pretore di Sassoferrato con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 maggio 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 12 maggio 1977.