Sentenza n. 37 del 1977
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SENTENZA N. 37

ANNO 1977

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), promosso con ordinanza emessa l'11 giugno 1974 dalla Corte di appello di Bologna, nel procedimento civile vertente tra Bertolini Giovanni e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 425 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 309 del 27 novembre 1974.

Visti gli atti di costituzione di Bertolini Giovanni e dell'INPS;

udito nell'udienza pubblica del 9 dicembre 1976 il Giudice relatore Ercole Rocchetti;

uditi l'avv. Franco Agostini, per Bertolini, e l'avv. Pasquale Vario, per l'INPS.

Ritenuto in fatto

Nel corso del procedimento civile vertente tra il signor Giovanni Bertolini e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, la Corte d'appello di Bologna, con ordinanza emessa l'11 giugno 1974, ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata una questione di legittimità costituzionale concernente l'art. 9 della legge 30 aprile 1969, n. 153.

Secondo il giudice a quo, la norma impugnata, che statuisce l'aumento del dieci per cento del loro ammontare per le pensioni aventi decorrenza anteriore al 1 gennaio 1969, sarebbe costituzionalmente illegittima nella parte in cui non dispone che lo stesso aumento spetti anche alle pensioni con decorrenza posteriore se liquidate, (a seguito della opzione consentita dalla legge ed esercitata dall'interessato) col così detto sistema contributivo, e cioè con quello vigente anteriormente al 1 maggio 1968, anziché con quello retributivo in vigore da tale data (art. 5 del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488).

L'illegittimità della norma é stata prospettata sia con riferimento all'art. 3 della Costituzione, per la diversità di trattamento fra situazioni obbiettivamente uguali, sia in relazione all'art. 38 Cost., sotto il profilo che la norma non avrebbe assicurato l'esigenza, avvertita dal legislatore, di apportare un aumento alle pensioni contributive per ovviare all'aumento del costo della vita.

Nel giudizio dinanzi alla Corte si sono costituiti sia l'Istituto nazionale della previdenza sociale che il signor Giovanni Bertolini.

La difesa dell'Ente di previdenza contesta la fondatezza delle censure prospettate nella ordinanza di rinvio, rilevando, innanzi tutto, che la diversità di trattamento non consegue direttamente dalla norma, ma dalla volontà dell'interessato, che ha esercitato l'opzione per ottenere la pensione di importo maggiore.

Comunque, secondo l'Istituto, non sussisterebbe alcuna violazione della norma impugnata, perché la dedotta disparità troverebbe la sua giustificazione nella diversa situazione dei pensionati a seconda del momento in cui fu liquidato il trattamento pensionistico e nel criterio di gradualità cui si é ispirato il legislatore nel disporre l'adeguamento delle pensioni all'aumento del costo della vita.

Invece, per il Bertolini, la esclusione dall'aumento del dieci per cento per i pensionati che, con trattamento decorrente successivamente al 1 gennaio 1969, abbiano optato per la così detta pensione contributiva, costituisce una lacuna dovuta al mancato completo coordinamento delle varie norme che hanno disciplinato la corresponsione della pensione al momento del passaggio dal sistema contributivo a quello retributivo; risulterebbe, infatti, dalla interpretazione degli artt. 9 e 11 della legge n. 153 del 1969 che il legislatore ha disposto un sistema di aumento abbinato per i due tipi di trattamento, lasciando però prive di ogni incremento le sole pensioni contributive con decorrenza successiva al 31 dicembre 1968.

                     All'udienza di discussione le parti costituite hanno ulteriormente illustrato le proprie deduzioni.

Considerato in diritto

1. - Viene posto alla Corte il dubbio che l'art. 9 della legge 30 aprile 1969, n. 153, nella parte in cui limita l'aumento del dieci per cento alle pensioni della previdenza sociale con decorrenza anteriore al 1 gennaio 1969, violi gli artt. 3 e 38 della Costituzione, in quanto non estende tale aumento anche alle pensioni liquidate, col sistema contributivo, in epoca successiva a quella data.

2. - La questione é fondata.

Va innanzi tutto ricordato che, con il d.P.R.27 aprile 1968, n. 488, venne, a far tempo dalla sua entrata in vigore, e cioé dal 1 maggio stesso, mutato il metodo di calcolo delle pensioni, col passaggio dal sistema contributivo (riferito all'ammontare dei contributi versati), a quello retributivo (riferito alle ultime retribuzioni percepite).

Il secondo sistema, in una visione prospettica certamente più favorevole agli interessati, poteva tuttavia riuscire, nei casi concreti, meno favorevole, specie a coloro che, al momento del pensionamento, fruivano di basse retribuzioni.

A tale scopo, con l'art. 14 dello stesso provvedimento innovativo del metodo di calcolo, veniva concessa agli interessati la facoltà di opzione fra i due sistemi, facoltà da esercitarsi entro il termine del 31 dicembre 1970, poi prorogato, con norme successivamente emanate, prima al 31 dicembre 1971 e poi al 31 luglio 1976.

3. - Frattanto, con la legge 30 aprile 1969, n. 153, entrata in vigore il 1 maggio stesso, veniva disposto:

- che, a far tempo dal 1 gennaio del detto anno, la misura massima della percentuale di commisurazione della pensione (liquidata col sistema retributivo) veniva aumentata dal 65 al 74% (art. 11, primo comma);

- che le pensioni liquidate con decorrenza anteriore al 1 gennaio 1969 venivano aumentate del 10%;

- che, infine, coloro che avevano esercitato l'opzione tra i due sistemi di calcolo fra il 1 gennaio e il 1 maggio del 1969, potevano rinnovare l'opzione (art. 53), essendo mutato uno dei valori in riferimento ai quali la scelta era stata operata.

4. - Con tali disposizioni il legislatore si proponeva di risolvere con equità le varie ipotesi che sembravano esaurire la casistica e cioè l'ipotesi di coloro che, pensionati in fra il 1 maggio e il 31 dicembre 1968, avevano scelto fra la pensione contributiva e una retributiva con base massima 65%, e che venivano a fruire dell'aumento del 10%; e l'altra di coloro che, pensionati con decorrenza posteriore, potevano operare la scelta con riferimento a una pensione retributiva riferita alla base massima aumentata al 74%, e che perciò non venivano beneficiati con l'aumento del 10%.

In realtà, però, in quelle disposizioni non veniva adeguatamente valutato il caso di coloro che, pur collocandosi in pensione con decorrenza successiva al 31 dicembre 1968, non potevano, nell'esercizio della facoltà di opzione loro concessa, che seguitare a scegliere il sistema contributivo, perché la pensione con esso liquidata seguitava ad essere maggiore, pur dopo l'elevazione del massimale di base, a quella risultante dal sistema retributivo.

Rispetto a costoro, non risultando produttivo il temperamento introdotto con la facoltà di opzione, la mancata concessione dell'aumento del 10% non trova alcuna valida giustificazione.

Nei loro confronti la norma limitativa, contenuta nell'art. 9 della legge del 1969, veniva infatti a determinare una duplice differenza di trattamento, rispetto ai pensionati con decorrenza anteriore al 1 gennaio 1969, cui era elargito l'aumento del 10%, e rispetto ai pensionati col sistema retributivo, con decorrenza posteriore al 31 dicembre 1968, che fruivano dell'aumento al 74% della base imponibile.

Di fronte alle due anzidette categorie, solo coloro che appartenevano alla terza, costituita dai pensionati con decorrenza successiva al 31 dicembre 1968, e che avevano optato per il sistema contributivo, venivano completamente negletti, in quanto non beneficiavano di nessun aumento.

5. - Ora una tale differenza di trattamento non può non importare, rispetto a soggetti che si trovavano nelle identiche condizioni, una violazione del principio di eguaglianza.

Né una appagante giustificazione della loro discriminazione potrebbe rinvenirsi, come altre volte é stato dalla Corte ritenuto (sentenza n. 128 del 1973), nel fattore temporale, in quanto qui non può parlarsi di una necessaria gradualità da attuarsi nella concessione di benefici importanti oneri finanziari.

Se può ammettersi, infatti, che un trattamento migliorativo possa non essere esteso a soggetti che hanno anteriormente già definito la propria posizione di quiescenza, non può certamente ammettersi che soggetti i quali maturano il diritto relativo in data posteriore possano ricevere un trattamento deteriore rispetto a quelli che quel diritto hanno anteriormente maturato.

La violazione dell'art. 3, primo comma, della Costituzione risulta perciò, nel caso, evidente, mentre nulla é a dire della pur dedotta violazione dell'art. 38, la cui questione resta assorbita.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 9 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (sulla revisione degli ordinamenti pensionistici della previdenza sociale), nella parte in cui esclude dall'aumento del dieci per cento le pensioni aventi decorrenza posteriore al 31 dicembre 1968 e che sono state liquidate secondo le disposizioni vigenti anteriormente al 1 maggio 1968.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 gennaio 1977.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 18 gennaio 1977.