sentenza n. 238 del 1976
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SENTENZA N. 238

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 30 della legge 13 giugno 1942, n. 794 (onorari di avvocato e procuratore per prestazioni giudiziali in materia civile), promosso con ordinanza emessa il 22 aprile 1975 dal pretore di Lucera, nel procedimento civile vertente tra Raffaele Follieri e Michele Costantino, iscritta al n. 308 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 242 del 10 settembre 1975.

Udito nella camera di consiglio del 28 ottobre 1976 i1 Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi.

Ritenuto in fatto

L'avv. Raffaele Follieri vantando crediti per prestazioni professionali giudiziali svolte a favore di Giuseppe Costantino e lamentando che, deceduto nel frattempo il cliente, alcuni dei suoi eredi si erano rifiutati di pagare le quote di debito di loro competenza, otteneva dal pretore di Lucera decreto ingiuntivo nei confronti di detti eredi per le somme rispettivamente dovutegli.

Avverso il decreto ingiuntivo proponevano opposizione tutti gli ingiunti deducendo l'incompetenza per valore del pretore; l'inesigibilità dei crediti per essersi gli eredi avvalsi del beneficio di inventario; l'estinzione dei pretesi crediti per essere stato l'avv. Follieri soddisfatto di ogni sua pretesa da parte degli altri eredi; l'eccessività delle richieste; e comunque che il de cuius oltre l'acconto ammesso dall'opposto gliene aveva versati altri due.

Gli ingiunti deducevano ancora che il loro dante causa aveva risentito danni per l'assistenza in giudizio da parte dell'opposto e spiegavano domanda riconvenzionale per il relativo risarcimento. Infine, dopo che il pretore aveva dichiarato infondata l'eccezione di incompetenza ed inammissibile la domanda riconvenzionale, chiedevano che il giudizio fosse da decidere con sentenza e non con ordinanza.

Resistite tutte le predette eccezioni dall'opposto, il pretore di Lucera, con ordinanza del 22 aprile 1975, sollevava, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 30 della legge 13 giugno 1942, n. 794 nella parte in cui prevede l'applicabilità del rito camerale e la non impugnabilità dell'ordinanza anche nei casi in cui l'opponente non si limiti a contestare il quantum della liquidazione ma sollevi anche altre eccezioni di diritto processuale o sostanziale e tanto più quando sorga la necessità dell'acquisizione di prove cosiddette costituende incompatibili con la sommarietà del procedimento.

Ha ravvisato il contrasto della norma con l'art. 3 della Costituzione nel fatto che il trattamento privilegiato é accordato alla categoria dei professionisti forensi e non anche alle altre categorie di professionisti di cui all'art. 633 del codice di procedura civile; che l'esame é limitato ad un solo grado di giudizio di merito; che per giunta é imposta la trattazione con un rito di eccezionale sommarietà; e che, qualora ci si debba pronunciare sulla competenza per valore, rimane precluso (oltre l'appello, anche) il regolamento di competenza.

Sarebbe ancora violato l'art. 24 della Costituzione perché nel procedimento de quo non é consentita l'acquisizione di prove costituende anche nella ipotesi in cui le stesse si appalesino necessarie.

Davanti a questa Corte non si é costituita alcuna delle parti e non ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri; e pertanto la causa viene decisa in camera di consiglio ai sensi degli artt. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma primo, delle Norme integrative.

Considerato in diritto

1. - Il pretore di Lucera, chiamato a pronunciarsi su una opposizione a decreto ingiuntivo emesso per crediti per prestazioni professionali in materia civile proposta a sensi e per gli effetti di cui all'art. 645 del codice di procedura civile ed all'art. 30, in relazione ai precedenti 28 e 29, della legge 13 giugno 1942, n. 794 (onorari di avvocato e procuratore per prestazioni giudiziali in materia civile), ritiene che "qualsiasi opposizione proposta a norma dell'art. 645 c.p.c. avverso decreti ingiuntivi emessi a norma dell'art. 633, n. 2, citato codice, a favore di avvocati o procuratori, quali che siano i motivi di impugnativa, vada decisa con ordinanza" e che il rito da seguire debba essere "quello in camera di consiglio previsto dall'art. 29 e richiamato dall'art. 30 cpv. citata legge"; e però, tenuto conto della natura delle eccezioni sollevate dagli opponenti, sussisterebbero "gravi dubbi di legittimità costituzionale, rilevanti nella specie, circa l'art. 3 della surrichiamata legge, nella parte in cui prevede l'applicabilità del rito camerale e la non impugnabilità dell'ordinanza anche nei casi (come quello in esame) in cui l'opponente non si limiti a contestare il quantum della liquidazione, ma sollevi anche altre eccezioni di diritto processuale o sostanziale" e "tanto più quando sorga la necessità dell'acquisizione di prove c.d. 'costituendé (es. prova testimoniale) incompatibili con la sommarietà del considerato procedimento".

2. - Si assume, anzitutto, dal pretore, che la particolare sommarietà del procedimento camerale e la non appellabilità dell'ordinanza (sostanzialmente, sentenza) si risolverebbero in un privilegio accordato alla categoria dei professionisti forensi e che tale trattamento di favore non avrebbe un adeguato fondamento logico e pertanto non potrebbe giustificarsi nei casi in cui il giudice debba esaminare eccezioni diverse da quelle relative al quantum che non sempre possono essere di facile e pronta soluzione.

Tale trattamento peraltro non é esteso alle altre categorie di professionisti di cui all'art. 633 del codice di procedura civile; l'esame sarebbe limitato ad un solo grado di giudizio di merito; la trattazione sarebbe imposta con un rito di eccezionale sommarietà; ed infine, qualora il giudice, come nella specie, si debba pronunciare sulla competenza per valore, sarebbe precluso il regolamento di competenza.

Si avrebbe quindi, sotto vari profili, la violazione con la norma denunciata, dell'art. 3 della Costituzione.

3. - Si assume altresì che la norma denunciata sia in parte qua in contrasto con l'art. 24, comma secondo, della Costituzione.

Posto che il procedimento in oggetto non consente l'acquisizione di prove "costituende" (interrogatorio, giuramento, prova testimoniale, ecc.) si avrebbe, secondo il pretore, un'ingiustificabile menomazione del diritto di difesa a danno della parte opponente, posta nella pratica impossibilità di provare, salvo ammissione della controparte, il proprio assunto (e così i fatti estintivi o modificativi dell'obbligazione a suo carico nascente dalla prestazione professionale).

4. - La questione di legittimità costituzionale, come sopra proposta, non é fondata.

Giova al riguardo tener presente che secondo l'orientamento della giurisprudenza (di cui si é fatta carico questa Corte nella sentenza n. 22 del 1973, con cui sono state dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 28, 29 e 30 della legge n. 794 del 1942 sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24, comma secondo, della Costituzione, con ordinanze dei tribunali di Genova e di Velletri) il procedimento speciale de quo é previsto per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti spettanti ad avvocati e procuratori per prestazioni giudiziali in materia civile, e per l'esame e la decisione delle opposizioni proposte a norma dell'art. 645 del codice di procedura civile contro decreti ingiuntivi emessi per i detti crediti, e sempre che da parte del convenuto o dell'opponente non venga contestata l'esistenza del rapporto di patrocinio; in tale procedimento vanno osservate le comuni norme circa l'onere della domanda e della prova, a cui rigorosamente é correlato l'esercizio della potestà giurisdizionale sotto il profilo istruttorio e quello decisorio; nello stesso procedimento, di indubbia natura contenziosa, sono ammissibili le indagini volte all'accertamento dei fatti dedotti dalle parti e le prove, in particolare quelle orali, per interrogatorio formale e per testimoni e il tutto da svolgersi nelle forme compatibili con la natura camerale del procedimento, ed ovviamente in attuazione del principio generale della idoneità degli atti processuali al raggiungimento del loro scopo; ed infine delle ragioni addotte dalle parti e delle risultanze istruttorie il giudice necessariamente tiene conto nel decidere la controversia e su di esse ha l'obbligo di motivare, in modo succinto ma esauriente, nel provvedimento conclusivo.

Stante ciò, non sussistono le asserite violazioni degli artt. 3 e 24 della Costituzione perché il relativo trattamento a favore dei professionisti legali, é previsto solo per un determinato e limitato settore del contenzioso tra professionista e cliente, e per questioni, che, essendo relative a prestazioni giudiziali in materia civile e di solito semplici, possono essere decise dal giudice con facilità, e quindi non appare arbitrario né irrazionale che tale trattamento non sia stato esteso a tutti i professionisti di cui all'art. 633 del codice di procedura civile; perché é di conseguenza (e d'altronde manca la tutela costituzionale del doppio grado di giurisdizione) che il procedimento si esaurisca in unico grado; perché nei casi di eccezione di incompetenza del giudice adito in opposizione e di domanda riconvenzionale (casi relativamente ai quali, nella specie é per altro intervenuta una precedente pronuncia del pretore) non dovrebbe ritenersi precluso il regolamento di competenza ed é da ammettersi che, ricorrendo date condizioni si abbia un separato giudizio ordinario per l'esame e la decisione della domanda riconvenzionale; e perché, in conclusione, le garanzie della difesa in giudizio sono assicurate e ciò considerando il problema sia dal punto di vista delle parti che da quelle del giudice.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 30 della legge 13 giugno 1942, n. 794 (onorari di avvocato e procuratore per prestazioni giudiziali in materia civile), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 novembre 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 6 dicembre 1976.