SENTENZA N. 122
ANNO 1976
REPUBBLICA ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI,
Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel
giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 del r.d.l. 4 ottobre 1935,
n. 1827 (perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale),
promosso con ordinanza emessa il 26 giugno 1973 dal tribunale di Genova nel
procedimento civile vertente tra Mirabella Agatino,
il Registro Navale Italiano e l'Istituto nazionale della previdenza sociale,
iscritta al n. 40 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 69 del 13 marzo 1974.
Visti
gli atti di costituzione di Mirabella Agatino, del
Registro Navale Italiano e dell'Istituto nazionale della previdenza sociale,
nonché l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito
nell'udienza pubblica del 25 febbraio 1976 il Giudice relatore Antonino De
Stefano; uditi l'avv. Massimo Medina, per il Registro Navale Italiano, l'avv.
Sergio Traverso, per l'INPS, ed il sostituto avvocato generale dello Stato
Giorgio Zagari, per il Presidente del Consiglio dei
ministri.
Ritenuto in fatto
Con
ordinanza 26 giugno 1973 il tribunale di Genova ha sollevato d'ufficio
questione di legittimità costituzionale, con riferimento agli artt. 3, 36 e 38 Cost., dell'art. 1 r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827,
"limitatamente al punto in cui nega la tutela previdenziale italiana ai
rapporti di lavoro sorti nel territorio della Repubblica mentre hanno stabile
esecuzione all'estero e mentre il datore di lavoro conserva in Italia la sua
sede o la sua residenza".
L'ordinanza
é stata emessa nel procedimento civile instaurato dall'ing. Agatino Mirabella con citazione 15 marzo 1971, con la quale
esponeva di essere stato alle dipendenze del Registro Navale Italiano (R.i.n.a.) dal 1953 al 1970, prestando la sua attività nei
primi undici anni a Genova, e successivamente, dal 1964 al
A
tali domande si opponeva il R.i.n.a. rilevando che,
per il servizio prestato dal Mirabella in Olanda,
aveva versato i contributi previdenziali secondo la legislazione olandese, come
prescritto dal Regolamento comunitario n. 3, pubblicato nella G.U. della CEE n.
30 del 1958.
L'INPS,
dal suo canto, eccepiva che l'attore non poteva invocare la più favorevole
disciplina previdenziale italiana per il periodo della sua permanenza
all'estero, sia perché era stato trasferito colà non in via temporanea, ma per
lavorarvi stabilmente, sia perché l'efficacia delle leggi sulla previdenza
sociale é limitata al territorio nazionale.
Il
Mirabella sollevava allora eccezione di legittimità
costituzionale, per contrasto con gli artt. 3, 36 e
38 Cost., delle norme
comunitarie in quanto recepite nel nostro ordinamento.
In
luogo di tale questione il tribunale di Genova proponeva d'ufficio la questione
innanzi enunciata, relativa all'art. 1 r.d.l. n. 1827 del 1935, osservando che
essa rendeva superflua quella eccepita dall'attore.
Secondo
il giudice a quo la norma denunciata contrasterebbe con il principio di
eguaglianza, dando luogo a disparità di trattamento pensionistico tra
lavoratori dipendenti anche dallo stesso datore di lavoro, a seconda che il
servizio venga da taluni prestato interamente in
uffici esistenti nel territorio nazionale, e da altri, in parte e stabilmente,
all'estero.
Urterebbe,
altresì, con il combinato disposto degli artt. 36 e
38 Cost., in quanto il
principio, secondo cui la pensione dev'essere
proporzionata alla retribuzione percepita ed ai contributi versati, viene ad
essere violato se si consente il versamento di contributi in misura minore per
il lavoratore inviato a prestare la sua attività all'estero.
L'ordinanza
é stata ritualmente notificata, comunicata e
pubblicata.
Nel
giudizio innanzi alla Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato. Si sono
anche costituiti il R.i.n.a.,
rappresentato e difeso dagli avvocati Marcello C. Bosio
e Massimo Medina; l'INPS, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Giorgi, Sergio Traverso e Gianni Romoli;
e l'ing. Mirabella, rappresentato e difeso dagli
avvocati Luciano Giusta e Maria Luisa Zavattaro Ardizzi.
L'Avvocatura
dello Stato, nell'atto d'intervento depositato il 2 aprile
D'altronde,
l'applicazione della legislazione del Paese in cui l'attività di lavoro viene svolta, discende anche dalle norme della Comunità
economica europea, che vincolano l'Italia come Stato membro, e che sono state
emanate in attuazione dell'art. 51 del Trattato istitutivo.
La
difesa del Mirabella, nelle deduzioni depositate il
21 settembre 1973, insiste per la dichiarazione d'incostituzionalità dell'art.
1 del r.d.l. n. 1827 del 1935, soggiungendo che
Nelle
deduzioni, depositate il 27 ottobre 1973, e in una successiva memoria,
depositata il 12 febbraio 1976, la difesa del R.i.n.a.
eccepisce preliminarmente la irrilevanza della
questione proposta dal tribunale di Genova nei riguardi dell'art. 1 del r.d.l.
n. 1827 del 1935, osservando che, quand'anche tale norma fosse
dichiarata incostituzionale, il rapporto di lavoro svolto dall'ing. Mirabella in Olanda rimarrebbe pur sempre regolato dalla
legge di tale Stato e non da quella italiana, atteso che i regolamenti
comunitari, obbligatori e direttamente applicabili in Italia, assoggettano alla
legislazione previdenziale dello Stato membro i lavoratori subordinati nel suo
territorio. Sostiene altresì la improponibilità nel
presente giudizio della questione di costituzionalità delle norme comunitarie
sui rilievi che tale questione é stata disattesa dal giudice a quo, e che il
giudizio di costituzionalità deve svolgersi nei limiti dell'impugnazione
indicata nell'ordinanza. In via subordinata conclude per la manifesta
infondatezza della questione proposta, negando che sussista il denunciato
contrasto con gli artt. 3, 36 e 38 della
Costituzione.
Anche
la difesa dell'INPS, nelle deduzioni depositate il 1 aprile 1974 e nella
successiva memoria depositata il 30 gennaio 1976, eccepisce che la questione
sollevata é ininfluente ai fini del decidere; l'eventuale dichiarazione di
incostituzionalità dell'art. 1 del r.d.l. n. 1827 del 1935 lascerebbe, infatti,
in vigore l'art. 12 del Regolamento CEE, ai sensi del quale i lavoratori degli
Stati membri sono assoggettati alla legislazione del Paese in cui sono
occupati. Inaccoglibile é poi la richiesta, rivolta
alla Corte, di rilevare d'ufficio la illegittimità
costituzionale della legge che ha ammesso nel nostro ordinamento le norme
comunitarie; e improponibile, e comunque infondata, la questione di
costituzionalità nei riguardi di queste ultime o della legge che, ratificando
il Trattato di Roma, ne ha sancito l'efficacia nel nostro ordinamento.
Infondata, infine, la questione sollevata dal tribunale di Genova, non
sussistendo le addotte violazioni dei precetti costituzionali.
Considerato in diritto
1.
- L'ordinanza solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del
r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 (convertito in legge 6 aprile 1936, n. 1155),
nella parte in cui, limitando la sfera d'azione dell'Istituto nazionale della
previdenza sociale (INPS) al territorio della Repubblica, non consente la
tutela previdenziale, ad opera dello stesso Istituto,
dei rapporti di lavoro che, pur sorti in Italia, abbiano stabile esecuzione
all'estero, mentre il datore di lavoro conserva in Italia la sua sede o la sua
residenza. Si assume che la norma contrasti con il principio di eguaglianza
enunciato dall'art. 3 Cost.,
e con il principio, desumibile dagli artt. 36 e 38 Cost., della proporzionalità della
pensione alla retribuzione percepita ed ai contributi versati.
2.
- La questione é irrilevante.
Come
già esposto in fatto, il rapporto di lavoro, da cui trae origine il giudizio a
quo, é sorto e si é svolto inizialmente in Italia per poi proseguire ed aver
termine in Olanda, sempre alle dipendenze dello stesso datore di lavoro di
nazionalità italiana, e cioé il Registro Navale
Italiano (R.i.na.). L'ambito territoriale del
rapporto medesimo é esclusivamente quello della Comunità economica europea, e
nei suoi confronti, pertanto, trovano puntuale applicazione, in tema di tutela
previdenziale, le norme dettate dai regolamenti comunitari, in attuazione dei
principi per la instaurazione della libera
circolazione dei lavoratori, sanciti dall'art. 51 del Trattato istitutivo della
Comunità, ratificato dallo Stato italiano con legge 14 ottobre 1957, n. 1203. E
cioé, i Regolamenti comunitari nn.
3 e 4 per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti (pubblicati nella
Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee n. 30 del 16 dicembre 1958), in
vigore sino al 1 ottobre 1972, e da tale data sostituiti dai Regolamenti
comunitari nn. 1408/71 e 574/72 (pubblicati nella
Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, rispettivamente n. 149 del 5 luglio
1971 e n. 74 del 27 marzo 1972).
In
particolare, la norma applicabile al rapporto in discussione, durante il suo
svolgimento in Olanda, é quella contenuta nell'art. 12 del citato Regolamento
n. 3, la quale stabiliva che "i lavoratori subordinati... occupati nel
territorio di uno Stato membro (della Comunità) sono sottoposti alla legislazione
di tale Stato, anche se risiedono nel territorio di un altro Stato membro o se
il loro datore di lavoro o la sede dell'impresa che li occupa si trovano nel
territorio di un altro Stato membro". É quindi evidente che, in
applicazione di tale norma, anch'essa ispirata al principio di territorialità,
gli obblighi previdenziali del datore di lavoro (R.i.n.a.)
andavano assolti secondo la legislazione olandese, per come imposto dalla
normativa comunitaria. E non é superfluo in proposito ricordare che i regolamenti
comunitari - secondo quanto
3.
- Né può essere accolta la richiesta di parte, a che
Costante
giurisprudenza della Corte (sentenze n. 65 del 1962;
n. 155 del 1963;
n. 29 del 1964;
n. 56 del 1971;
n. 38 del 1973)
circoscrive il giudizio di legittimità costituzionale nei confini fissati
dall'ordinanza di rimessione, per il che non possono
essere prese in considerazione altre questioni proposte dalle parti: in
particolare, l'eccezione di illegittimità costituzionale proposta dalla parte
nel giudizio di merito, e ripresa successivamente dinanzi alla Corte, come
appunto é nella specie avvenuto, non può essere da
questa esaminata se non sia stata accolta nell'ordinanza di rinvio.
Nemmeno ricorrono i presupposti perché
PER QUESTI MOTIVI
dichiara
inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del r.d.l.
4 ottobre 1935, n. 1827, convertito nella legge 6 aprile 1936, n. 1155,
sollevata con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento agli artt.
3, 36 e 38 della Costituzione.
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,
il 7 maggio 1976.
Paolo
ROSSI - Luigi
OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo
Michele TRIMARCHI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo
VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata
in cancelleria il 20 maggio 1976.