Sentenza n. 111 del 1976
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SENTENZA N. 111

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti promossi con ricorsi dei Presidenti delle Regioni Emilia - Romagna, Lazio e Toscana, rispettivamente notificati il 26 luglio 1974, il 20 e 16 gennaio 1975, depositati in cancelleria il 14 agosto 1974, il 24 e 30 gennaio 1975 ed iscritti al n. 16 del registro 1974 ed ai nn. 2 e 3 del registro 1975, per conflitti di attribuzione sorti a seguito dei decreti del Ministro per le finanze, di concerto con il Ministro per l'agricoltura e le foreste, in data 10 maggio 1974, 14 agosto 1974 e 28 ottobre 1974, sul trasferimento delle foreste demaniali alle predette Regioni.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 10 marzo 1976 il Giudice relatore Guido Astuti;

uditi l'avv. Fabio Alberto Roversi Monaco, per le Regioni Emilia-Romagna e Lazio, l'avv. Enzo Cheli, per la Regione Toscana, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con ricorso notificato il 20 gennaio 1975 la Regione Lazio ha sollevato conflitto di attribuzione contro lo Stato in relazione al decreto emesso dal Ministro per le finanze, di concerto con il Ministro per l'agricoltura, in data 14 agosto 1974, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 20 novembre 1974, n. 302, con cui sono stati trasferiti alla Regione Lazio i beni forestali già statali.

Si afferma nel ricorso che il decreto ministeriale di trasferimento del patrimonio boschivo statale esistente nel Lazio sarebbe illegittimo per omissione, non comprendendo tutti i terreni boschivi statali di spettanza della Regione ai sensi dell'art. 11 della legge n. 281/1970. La norma citata avrebbe previsto, in conformità con il disposto degli artt. 117, 118 e 119 Cost., l'integrale trasferimento, entro due anni dalla sua entrata in vigore, delle foreste statali alle Regioni, parallelamente al conferimento a queste ultime di tutte le attribuzioni nella materia forestale, fatta eccezione dei compiti riservati allo Stato dall'art. 4 del d.P.R. n. 11/1972, per il cui adempimento, peraltro, non sarebbe necessario un patrimonio forestale, ma, al massimo, modeste estensioni di terreno a fini di sperimentazione.

Il decreto impugnato avrebbe contravvenuto a tale complesso normativo sotto molteplici profili:

- per essere stato emanato ben oltre i due anni previsti dalla legge n. 281/1970;

- per essere stato emanato senza un regolare contraddittorio con la Regione interessata;

- per aver trasferito alla Regione appena ha. 7.692 degli ha. 17.730 costituenti il patrimonio boschivo dello Stato nella Regione stessa, impedendo così, da parte di quest'ultima, l'esercizio delle potestà amministrative di sua spettanza;

- per essere privo di adeguata motivazione circa il mancato trasferimento alla Regione di oltre ha. 10.000 del patrimonio forestale esistente nella medesima;

- per aver previsto la spettanza alla Regione dei proventi del patrimonio boschivo trasferito solo a decorrere dalla consegna.

In particolare, la ridotta entità del patrimonio boschivo trasferito alla Regione non potrebbe trovare alcuna giustificazione nella necessità di esentare dal trasferimento i terreni boschivi utilizzati per aziende pilota agrarie, zootecniche, faunistiche, per boschi ed arboreti da seme, per fasce litoranee frangivento, per riserve naturali, per vivai interregionali e pilota e per caserme forestali. Simili conseguenze non sarebbero ricavabili dalla legge n. 281/1970, dal d.P.R. n. 11/1972, dalla legge n. 1322/1965 (Apporto di nuovi fondi all'Azienda di Stato per le foreste demaniali) e dalla legge n. 269/1973 (Disciplina della produzione e del commercio di sementi e piante da rimboschimento). Tale ultima legge, ed in particolare il suo art. 2, penultimo comma, ove vada interpretata nel senso che impedisca il trasferimento alle Regioni dei terreni su cui l'Azienda di Stato per le foreste demaniali abbia impiantato vivai, dovrebbe essere dichiarata illegittima per contrasto con l'art. 119 della Costituzione.

In ogni caso, poi, la effettiva destinazione dei terreni dovrebbe essere accertata con riferimento alla data dell'entrata in vigore della legge n. 281/1970 o quanto meno a due anni da tale data.

Analogo conflitto di attribuzione é stato sollevato dalla Regione Toscana con ricorso notificato il 16 gennaio 1975 in riferimento al decreto emesso dal Ministro per le finanze, di concerto con il Ministro per l'agricoltura, in data 28 ottobre 1974, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19 novembre 1974, n. 301, con cui sono stati trasferiti alla Regione Toscana i beni forestali già statali.

Il decreto impugnato, avendo trasferito alla Regione solo ha. 84.075 dei 111.253 ha. di patrimonio boschivo già appartenente allo Stato, sarebbe in contrasto, per motivi analoghi a quelli invocati dalla Regione Lazio, con gli artt. 117, 118 e 119 Cost., 11 legge n. 281/1970 e 1 lett. n d.P.R. n. 11/1972. Inoltre, il decreto stesso costituirebbe violazione del giudicato rappresentato dalle sentenze nn. 79 e 219 del 1972, emesse in giudizi vertenti tra le medesime parti ed in cui sarebbe stato affermato dalla Corte costituzionale il principio dell'integrale trasferimento delle foreste alle Regioni.

Anche la Regione Emilia - Romagna ha sollevato conflitto di attribuzione, con ricorso notificato il 26 luglio 1974, avverso il decreto emesso dal Ministro per le finanze, di concerto con il Ministro per l'agricoltura, in data 10 maggio 1974, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 142 del 1 giugno 1974, con cui é stato effettuato il trasferimento alla Regione delle foreste demaniali.

Il decreto impugnato avrebbe trasferito solo ha. 20.246, 48.34 degli ha. 39.206,61 costituenti il patrimonio forestale già appartenente allo Stato nella Regione, e, pertanto, sarebbe illegittimo per gli stessi motivi addotti nei ricorsi proposti dalle Regioni Lazio e Toscana.

Si é costituito, in tutti e tre i giudizi, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto dei ricorsi proposti.

Secondo l'Avvocatura generale dello Stato dalla normativa invocata a fondamento dei ricorsi non potrebbe dedursi l'obbligo di trasferire alle Regioni l'intero patrimonio forestale esistente nelle medesime. Infatti, la norma sul trasferimento delle foreste, di cui alla legge n. 281/1970, sarebbe conseguenziale al trasferimento alle Regioni delle funzioni statali in materia di foreste, previsto dall'art. 117 della Costituzione. Questa conseguenzialità creerebbe un rapporto "trasferimento di funzioni - trasferimento di beni" di completa eguaglianza. Pertanto, una onnicomprensività nel trasferimento dei beni demaniali forestali potrebbe aversi solo se vi fosse onnicomprensività nel trasferimento delle funzioni in materia forestale alle Regioni; ma tale onnicomprensività sarebbe da escludere, avendo l'art. 4 del d.P.R. n. 11 del 1972 confermato la competenza dello Stato in ordine a tutta una serie di funzioni, a cui, in concreto, sarebbero da ricollegare le parti di demanio forestale non trasferite alle Regioni ricorrenti.

Relativamente, poi, alle doglianze proposte dalla Regione Lazio circa la tardività del decreto di trasferimento, il difetto di motivazione dello stesso e la mancanza di un preventivo regolare contraddittorio con la Regione, osserva l'Avvocatura generale dello Stato:

- che la tardività del decreto avrebbe dovuto essere fatta valere entro 60 giorni dalla scadenza del biennio previsto dalla legge n. 281/1970 e che, in ogni caso, la censura sarebbe infondata trattandosi di termine meramente ordinatorio;

- che il difetto di motivazione non potrebbe avere rilievo nei giudizi per conflitti di attribuzione, essendo questi disciplinati come regolamento di competenza, e che, in ogni caso, la censura sarebbe assorbita dal merito;

- che la mancanza di regolare contraddittorio con la Regione costituirebbe, in ipotesi, un vizio di mera forma, inammissibile come tale nel giudizio innanzi alla Corte costituzionale, non essendosi risolto nella violazione di una competenza della Regione.

Egualmente inammissibile sarebbe la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge n. 269/1973 proposta dalla Regione Lazio, in quanto la norma avrebbe dovuto essere impugnata in via diretta entro il termine perentorio fissato dall'art. 2 della legge costituzionale n. 1/1948.

I giudizi erano discussi all'udienza del 4 giugno 1975, e successivamente la Corte, con ordinanza n. 204 del 10 luglio 1975 disponeva che a cura dei Ministeri interessati fossero depositati presso la cancelleria della Corte stessa i documenti e forniti gli elementi relativi ai provvedimenti ministeriali che avevano dato luogo ai ricorsi.

L'ordinanza riceveva integrale esecuzione con il deposito degli atti richiesti avvenuto il 6 novembre 1975.

Con successive memorie le Regioni ricorrenti confermavano le proprie doglianze e, quindi, la discussione era nuovamente fissata per l'udienza del 10 marzo 1976.

Considerato in diritto

1. - Con i ricorsi indicati in epigrafe le Regioni Emilia - Romagna, Lazio e Toscana hanno sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione ai decreti emanati dal Ministro per le finanze, di concerto con il Ministro per l'agricoltura e le foreste, in data 10 maggio 1974, 14 agosto 1974 e 28 ottobre 1974, con i quali, in esecuzione del disposto dell'art. 11, quinto e sesto comma, della legge 16 maggio 1970, n. 281, sono stati approvati gli elenchi delle foreste trasferite rispettivamente alle tre Regioni "in quanto facenti parte del patrimonio indisponibile dello Stato", con le conseguenti disposizioni relative alla loro consegna e temporanea gestione.

Secondo l'assunto delle Regioni, i decreti ministeriali dianzi ricordati non comprenderebbero tutte le foreste appartenenti allo Stato il cui trasferimento é stato disposto con l'art. 11 della legge n. 281 del 1970; pertanto, emanando detti provvedimenti, omissivi di una parte dei beni oggetto di trasferimento al patrimonio indisponibile regionale, lo Stato avrebbe violato le attribuzioni delle Regioni, quali risultano dalle disposizioni degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, dall'art. 11 della legge 16 maggio 1970, n. 281, e dall'art. 1 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 1.

I giudizi sono stati riuniti, stante la sostanziale identità delle questioni sollevate, con ordinanza 10 luglio 1975, con la quale la Corte, salva e impregiudicata ogni decisione sulle questioni pregiudiziali e di merito, ha disposto l'acquisizione di atti, documenti ed elementi relativi ai provvedimenti ministeriali che hanno dato luogo ai ricorsi.

2. - Considerando lo speciale contenuto oggettivo di questi ricorsi, si impone, in via preliminare, l'esame di una grave questione di principio, che concerne la loro ammissibilità. Per vero, a norma degli artt. 134 della Costituzione e 39-41 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione tra Stato e Regioni si verifica quando uno dei soggetti assuma che un atto dell'altro ha invaso la propria sfera di competenza costituzionalmente garantita, facendo sorgere in concreto l'interesse a ricorrere "per il regolamento di competenza" (art. 39).

Nella esperienza attuativa, quale si é riflessa nella giurisprudenza di questa Corte, la nozione del conflitto di attribuzione si é in certo senso estesa anche ad ipotesi in cui non tanto veniva contestata l'appartenenza del potere concretamente esercitato, quanto l'esercizio di tale potere, idoneo a determinare una lesione della sfera di attribuzione del soggetto ricorrente. Ma anche in tali ipotesi, oggetto della decisione é stato pur sempre l'accertamento della spettanza di una competenza, con l'eventuale conseguente annullamento dell'atto adottato dal soggetto ritenuto privo del relativo potere, o comunque riconosciuto responsabile di invasione o menomazione della sfera di competenza propria dell'altro. A norma dell'art. 38 (richiamato dall'art. 41), la Corte "risolve il conflitto sottoposto al suo esame dichiarando il potere al quale spettano le attribuzioni in contestazione, e, ove sia stato emanato un atto viziato da incompetenza, lo annulla": contenuto essenziale e principale della decisione é dunque una declaratoria di competenza.

Ora, nelle fattispecie di cui é causa le Regioni non prospettano una invasione della loro sfera di competenza, né chiedono una dichiarazione o delimitazione delle proprie attribuzioni costituzionalmente garantite; oggetto dei ricorsi é invece una effettiva e diretta vindicatio rerum, chiedendosi precisamente l'accertamento della appartenenza di determinati beni forestali, che le Regioni assumono trasferiti alloro patrimonio indisponibile, e indebitamente trattenuti dallo Stato.

Di fatto, nelle conclusioni formulate in calce ai tre ricorsi, sostanzialmente conformi, esse chiedono che la Corte dichiari di loro esclusiva spettanza e proprietà tutti i beni già appartenenti al demanio forestale dello Stato, ricadenti nell'ambito dei rispettivi loro territori, e conseguentemente dichiari l'illegittimità in omittendo dei decreti ministeriali in quanto con essi non sarebbero stati individuati tutti i beni forestali il cui trasferimento é stato disposto con l'art. 11 della legge n. 281 del 1970. E si deve infine tener presente che, nelle memorie scritte come nella discussione orale, i difensori delle Regioni hanno insistito nell'affermare che oggetto dei ricorsi sono diritti soggettivi delle Regioni, e che, pur trattandosi di diritti connessi o inerenti a potestà o funzioni pubbliche, non esiste parallelismo tra il trasferimento dei beni forestali disposto con la legge n. 281 del 1970, e il trasferimento delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e foreste attuato, a norma della stessa legge, con il d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11.

3. - Tali essendo i termini formali e sostanziali della contestazione, ritiene la Corte che essa non possa sotto alcun profilo ricondursi allo schema proprio del conflitto di attribuzione.

Anzitutto, non sembra possibile identificare gli atti dello Stato che avrebbero invaso la sfera di competenza delle Regioni nei decreti ministeriali di approvazione degli elenchi delle foreste trasferite alle Regioni, che si assumono illegittimi per omissione. L'atto invasivo o lesivo, quand'anche fosse possibile qualificare come tale un provvedimento incompleto o un comportamento omissivo, dovrebbe pur sempre essere idoneo a produrre un immediata violazione o menomazione di attribuzioni, come, ad esempio, l'indebito rifiuto di adottare un provvedimento necessario affinché una Regione sia posta in grado di esplicare un'attribuzione costituzionalmente ad essa spettante. Nei provvedimenti in questione non si ha, invece, nemmeno una manifestazione definitiva della volontà dello Stato, posto che i tre decreti, nell'art. 6, contengono l'espressa riserva: "con successivi decreti si provvederà... ad eventuali rettifiche o integrazioni"; ed anche la inosservanza del termine stabilito dall'art. 11, sesto comma, della legge n. 281 del 1970, a prescindere dal suo evidente carattere ordinatorio, non appare comunque tale da determinare, di per sé, una diretta lesione o menomazione della potestà normativa o delle funzioni amministrative spettanti alle Regioni in materia di agricoltura e foreste à sensi degli artt. 117 e 118 della Costituzione, potestà e funzioni che ben possono essere esercitate - di massima - nei confronti dei beni forestali ricadenti nelle diverse Regioni indipendentemente dalla loro appartenenza ad enti pubblici o a soggetti privati.

4. - Si deve, d'altra parte, rilevare come nella specie non sussista nemmeno un sicuro parametro costituzionale di riferimento, per la decisione del preteso conflitto. Secondo quanto dispone l'ultimo comma dell'art. 39 della legge n. 87 del 1953, il ricorso per regolamento di competenza deve indicare "le disposizioni della Costituzione e delle leggi costituzionali che si ritengono violate"; in altri termini, la competenza che si pretende invasa o menomata deve essere determinata da una norma formalmente costituzionale. Anche norme di legge ordinaria possono concorrere a configurare il parametro, in quanto integrative o esecutive di norme costituzionali di competenza: ma queste ultime soltanto costituiscono la fonte del potere che si invoca e si assume invaso, e l'interesse a ricorrere per conflitto di attribuzione si concreta precisamente nella difesa dell'integrità delle competenze costituzionalmente garantite a ciascuno degli enti o soggetti confliggenti.

Con i ricorsi in questione si denuncia, invece, l'illegittimità dei decreti ministeriali di individuazione dei singoli beni forestali trasferiti per pretesa violazione del disposto dell'art. 11, quinto comma, della legge ordinaria n. 281 del 1970: il riferimento alle enunciative di ordine generale contenute negli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione non offre un puntuale parametro costituzionale, ed in effetto le pretese delle Regioni ricorrenti potranno trovare eventuale soddisfazione soltanto in sede di interpretazione ed applicazione di detto art. 11 e di altre norme di leggi ordinarie, o di atti aventi valore di legge ordinaria, come il d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11. Questi rilievi sembrano decisivi ai fini di escludere che le contestazioni di cui é causa possano qualificarsi come conflitti di attribuzione.

5. - Non sarà fuori luogo segnalare la differenza rispetto ad altri casi in cui la Corte ebbe già a statuire circa l'appartenenza di beni allo Stato o ad una Regione, ma in occasione di conflitti di attribuzione: tale in particolare quello deciso con sentenza 30 aprile 1959, n. 31, in cui si riconobbe che oggetto del giudizio era "in via principale l'appartenenza allo Stato o alla Regione di una potestà pubblica relativamente ad un bene", la cui disponibilità costituiva "soltanto un presupposto del legittimo esercizio di quella potestà".

Gli odierni ricorsi non hanno invece per oggetto alcuna contestazione circa le rispettive competenze dello Stato o delle Regioni, le quali sono completamente fuori discussione; e le pretese delle Regioni ricorrenti in ordine all'appartenenza e titolarità dei beni forestali non compresi negli elenchi approvati con i decreti ministeriali, di cui si denuncia l'illegittimità per omissione, vengono prospettate con riferimento alla asserita violazione della legge n. 281 del 1970, non di norme costituzionali sulla competenza, o sull'attribuzione di detti beni.

6. - La difesa della Regione Lazio ha osservato che "l'attribuzione alle Regioni del patrimonio forestale già statale riveste carattere strumentale rispetto alla funzione primaria di tutela forestale trasferita alle Regioni in virtù degli artt. 117 e 118 Cost."; che, trattandosi di diritti strettamente connessi ed anzi inerenti a potestà pubbliche delle Regioni, ne seguirebbe "la competenza esclusiva di codesta Corte a conoscerne".

A prescindere dalla palese contraddittorietà tra questo argomento e quelli già ricordati circa l'inesistenza di collegamento o parallelismo tra il trasferimento delle foreste al patrimonio indisponibile delle Regioni disposto con la legge n. 281 del 1970, ed il trasferimento alle Regioni stesse delle funzioni amministrative attuato con il d.P.R. n. 11 del 1972, si deve rilevare che la funzione primaria di tutela forestale, così come le altre funzioni amministrative in materia di agricoltura e foreste, trasferite alle Regioni a statuto ordinario ai sensi degli artt. 117 e 118 della Costituzione, non possono dirsi, allo stato, oggetto di lesione da parte di atti del Governo invasivi della sfera di competenza garantita dalla Costituzione a queste Regioni.

La sicura conferma di questi concetti é offerta dalle risultanze della disposta istruttoria, le quali dimostrano con chiara evidenza come una eventuale declaratoria o delimitazione, da parte di questa Corte, delle competenze trasferite alle Regioni e riservate allo Stato, non sarebbe comunque idonea a dirimere il preteso conflitto, in ordine alla concreta attribuzione alle Regioni o allo Stato delle diverse categorie di beni che si assumono oggetto di trasferimento ed illegittimamente non inclusi negli elenchi delle foreste trasferite. Dalla documentazione prodotta in giudizio emerge infatti che ai fini dell'interpretazione ed attuazione del disposto dell'art. 11, quinto comma, della legge n. 281 del 1970, saranno indispensabili approfondite indagini, di diritto e di fatto, per la identificazione delle "foreste che a norma delle leggi vigenti appartengono allo Stato", a cui si riferisce l'art. 11.

Tra i numerosi beni tuttora posseduti dallo Stato, o per esso dalla Azienda statale per le foreste demaniali, oggetto di generica rivendicazione da parte delle Regioni ricorrenti, alcuni sono sicuramente foreste, o pertinenze di foreste, per altri invece viene contestato che siano qualificabili come tali: basti ricordare, solo ad esempio, il complesso immobiliare della storica abbazia di Vallombrosa. Alla A.S.F.D., nel corso dei tempi, lo Stato non ha affidato soltanto l'amministrazione e gestione di boschi e compendi silvo - pastorali, ma anche quella di molti altri beni rurali aventi diversa natura (aziende agricole e zootecniche, con gran numero di capi di bestiame; altri beni immobili ed impianti connessi ad attività non forestali). D'altra parte, per la concreta individuazione di diverse categorie di beni, classificati come "patrimoniali indisponibili" non per caratteri naturali, ma per virtù di specifica destinazione a funzioni o servizi pubblici, si renderanno necessari precisi accertamenti di merito, anche di carattere tecnico, i quali potranno bensì essere effettuati nelle competenti sedi amministrative e giurisdizionali, ma certo esorbitano dalla competenza di questa Corte, quale giudice nei conflitti di attribuzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibili i ricorsi per conflitto di attribuzione proposti contro lo Stato dalle Regioni Emilia - Romagna, Lazio e Toscana, in relazione ai decreti di cui in epigrafe emanati dal Ministro per le finanze, di concerto con il Ministro per l'agricoltura e le foreste, in data 10 maggio 1974, 14 agosto 1974, 28 ottobre 1974.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.

Luigi BROSIO - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 6 maggio 1976.