Sentenza n. 213 del 1975
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SENTENZA N. 213

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 140 del codice di procedura civile, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 1 dicembre 1972 dal pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Fedele Francesco e Griserio Caterina, iscritta al n. 58 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 95 dell'11 aprile 1973;

2) ordinanza emessa il 29 novembre 1972 dal pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Di Lascio Antonio e Maccagno Tommaso, iscritta al n. 87 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 119 del 9 maggio 1973;

3) ordinanza emessa il 29 novembre 1973 dal pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Malpassuto Mario e Blanco Giovanna, iscritta al n. 99 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 126 del 16 maggio 1973;

4) ordinanza emessa l'11 agosto 1973 dal pretore di Lugo nel procedimento civile vertente tra Bolognesi Lino e Taroni Olga ed altro, iscritta al n. 386 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 294 del 14 novembre 1973;

5) ordinanza emessa l'8 ottobre 1973 dal pretore di Napoli nel procedimento civile vertente tra Spina Maria Savina e Acone Emilia, iscritta al n. 127 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 126 del 15 maggio 1974;

6) ordinanza emessa il 18 giugno 1974 dalla Corte di appello di Firenze nel procedimento civile vertente tra Pistelli Maria Grazia ed Emanuela e il fallimento della società SIECA, iscritta al n. 438 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 317 del 4 dicembre 1974.

Udito nella camera di consiglio del 5 giugno 1975 il Giudice relatore Angelo De Marco.

Ritenuto in fatto

1. - I pretori della 8 e 1 sezione della pretura unificata di Torino, con ordinanze, rispettivamente, del 29 novembre e 1 dicembre 1972, pronunziate nel corso di distinti giudizi civili, davanti ad essi pendenti, hanno dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 24, secondo e terzo comma, della Costituzione, dell'art. 140 c.p.c. nella parte in cui consente di ritenere che la notizia dell'avvenuto deposito nella Casa comunale di copia dell'atto da notificare, effettuata con raccomandata con ricevuta di ritorno, perfezioni la notificazione di tale atto con decorrenza dalla data di spedizione della raccomandata e non da quella della ricevuta di ritorno.

La rilevanza é motivata con la gravità degli effetti che, specie nell'ipotesi di termini brevi, possono derivare dalla decorrenza dei medesimi dall'una piuttosto che dall'altra delle due date suddette.

La non manifesta infondatezza é motivata con il richiamo a numerose sentenze di questa Corte con le quali é stato affermato il principio generale che - per il rispetto del diritto di difesa, sancito dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione - i termini processuali debbono decorrere dalla data della conoscenza dell'atto o della situazione processuale da parte dell'interessato.

2. - Con ordinanza 29 novembre 1972 il pretore della 7 sezione della pretura unificata di Torino ha sollevato la stessa questione di legittimità costituzionale dell'art. 140 c.p.c. (in parte de qua) non soltanto in riferimento all'art. 24, comma secondo, ma anche in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

La motivazione, per quanto concerne il riferimento all'art. 24, é identica a quella delle altre due ordinanze di cui sopra, mentre per quanto concerne il riferimento all'art. 3, si pone in rilievo la evidente ed irrazionale disparità di trattamento che risulta dal confronto tra il denunziato art. 140 c.p.c. ed il successivo art. 149 che, nel caso di notificazione a mezzo posta, dispone che la ricevuta di ritorno della raccomandata deve essere allegata all'originale, dal che la giurisprudenza ha tratto argomento per affermare che la notificazione debba considerarsi perfetta dalla data di ricezione della raccomandata.

3. - Con motivazioni sostanzialmente identiche a quelle sopra riassunte, il pretore di Lugo, con ordinanza 11 agosto 1973, ha denunziato a questa Corte l'art. 140 c.p.c. (in parte de qua) in riferimento agli art. 3 e 24 della Costituzione; il pretore di Napoli e la Corte d'appello di Firenze, rispettivamente con ordinanze 8 ottobre 1973 e 18 giugno 1974, lo hanno denunziato in riferimento al solo art. 24.

Dopo gli adempimenti di legge le sei ordinanze di cui sopra, non essendovi stati né costituzione né intervento di parti, sono state portate alla cognizione della Corte nell'odierna camera di consiglio ai sensi dell'art. 26, comma secondo, della legge n. 87 del 1953.

Considerato in diritto

1. - I sei giudizi, come sopra promossi, vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza, data l'identità della questione che ne forma oggetto.

2. - L'art. 140 c.p.c., in tema di notificazioni, stabilisce: "Se non é possibile eseguire la consegna per irreperibilità o per incapacità o rifiuto delle persone indicate nell'articolo precedente, l'ufficiale giudiziario deposita la copia nella casa comunale dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso di deposito alla porta dell'abitazione o dell'ufficio o dell'azienda del destinatario e gliene dà notizia con raccomandata con avviso di ricevimento".

La giurisprudenza della Cassazione, argomentando dal fatto che l'art. 140 non richiede che la ricevuta di ritorno della raccomandata debba essere allegata all'originale dell'atto da notificare, ritiene che la notifica debba reputarsi perfetta con la spedizione della raccomandata.

Secondo l'ordinanza di rimessione, la decorrenza dei termini processuali dal momento della spedizione della raccomandata e non da quello del suo recapito, comprometterebbe gravemente il diritto di difesa del convenuto, a danno del quale possono verificarsi preclusioni o decadenze. La norma sarebbe quindi in contrasto con l'art. 24, comma secondo, della Costituzione.

Inoltre, poiché l'art. 149 c.p.c. dispone, al contrario dell'art. 140, in caso di notificazione a mezzo posta, che la ricevuta di ritorno della raccomandata debba essere allegata all'originale, con la conseguenza che la notifica va considerata perfetta solo alla data della ricezione della raccomandata, la norma violerebbe anche l'art. 3 della Costituzione, non trovando alcuna razionale giustificazione la disparità di trattamento tra chi riceva la notificazione ai sensi dell'art. 140 c.p.c. e chi la riceva ai sensi dell'art. 149.

3. - Entrambe le censure non hanno fondamento.

Per quanto riguarda l'art. 24 della Costituzione va affermato infatti che, nell'ambito del processo civile, ai fini della garanzia di difesa del destinatario delle notificazioni per ufficiale giudiziario deve ritenersi sufficiente che copia dell'atto pervenga nella sfera di disponibilità del destinatario medesimo. Ed é ovvio che, ove questi si allontani, sia un suo onere predisporre le cose in modo che possa essere informato di eventuali comunicazioni che siano a lui dirette.

Nel caso previsto dall'art. 140 appare sufficiente al detto fine l'affissione alla porta, mentre l'avviso di ricevimento aggiunge al minimo richiesto dal diritto di difesa un ulteriore elemento di garanzia.

Le precedenti decisioni della Corte, indicate dai giudici a quo, non sono pertinenti, in quanto riguardano casi diversi e non occorre indugiare in un dettagliato esame di esse poiché, nel rispetto del diritto di difesa e del principio di ragionevolezza, non esistono impedimenti di ordine costituzionale a che le modalità delle notifiche siano diversamente disciplinate, in relazione ai singoli procedimenti e agl'interessi che attraverso essi debbono trovare tutela.

Tali interessi - in riferimento ai quali questa Corte ebbe a dichiarare la parziale illegittimità costituzionale dell'art. 169 c.p.p. - sono diversi nel procedimento penale e in quello civile, nel quale il diritto di difesa di ciascuna parte va contemperato con quello dell'altra, cosicché, con riguardo alle notifiche, a ragione vengono tenuti presenti non solo gli interessi del destinatario dell'atto, ma anche le esigenze del notificante, sul quale possono gravare oneri di notifica entro termini di decadenza.

4. - Per quanto riguarda l'asserita violazione dell'art. 3 della Costituzione, per la diversa e più favorevole disciplina - per il destinatario dell'atto - che sarebbe stata dettata dall'art. 149 c.p.c. a proposito delle notificazioni a mezzo posta, é da rilevare che la disciplina delle notificazioni per posta, quale risulta dagli artt. 6, 8 e 9 del r.d. n. 2393 del 1923 e dagli artt. 170 e segg. del r.d. n. 689 del 1940 (nonché dall'art. 149 c.p.c.), dimostra proprio il contrario di quanto affermato nelle ordinanze di rimessione.

Nel caso di notifica per posta, infatti, la ricevuta di ritorno riguarda l'unica operazione predisposta perché l'atto pervenga nella sfera del destinatario ed equivale alla relata che l'ufficiale giudiziario appone in calce all'originale dell'atto qualora questo si notifichi ai sensi dell'art. 140 c.p.c. Se il destinatario é irreperibile o il plico venga rifiutato, si ha affissione di avviso presso la casa del destinatario e se ne fa menzione nella ricevuta di ritorno (così come nel caso dell'art. 140 se ne fa menzione nella relata dell'ufficiale giudiziario), ma manca completamente il secondo avviso di cui all'art. 140 c.p.c.

La notifica a mezzo posta, quindi, non prevede per il destinatario maggiori garanzie di quelle previste dall'art. 140; con la conseguente palese infondatezza anche dell'eccezione d'illegittimità costituzionale sollevata sulla base di tale erroneo presupposto.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 140 del codice di procedura civile, sollevata con le ordinanze di cui in epigrafe, in riferimento agli art. 3 e 24 della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 15 luglio 1975.