Sentenza n. 203 del 1975
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SENTENZA N. 203

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 32, settimo comma, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), promosso con ordinanza emessa il 9 luglio 1973 dal pretore di Segni nel procedimento civile vertente tra Argiolas Luciano e Girolami Nicola, iscritta al n. 426 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22 del 23 gennaio 1974.

Visti gli atti di costituzione di Argiolas Luciano e d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 4 giugno 1975 il Giudice relatore Leonetto Amadei;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giovanni Albisinni, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con atto di citazione 5 luglio 1973 l'avv. Luciano Argiolas conveniva in giudizio davanti al pretore di Segni il sig. Nicola Girolami assumendo che questi, incaricato di formare la lista dei candidati del P.L.I. per le elezioni comunali di Carpineto Romano del 17 giugno 1973, lo aveva indotto ad accettare la candidatura impegnandosi a rispettare l'ordine alfabetico nella compilazione e presentazione della lista e a versargli, in caso di inadempienza dell'impegno assunto, la somma di lire cinquecentomila a titolo di risarcimento danno.

Poiché il Girolami non aveva tenuto fede all'accordo intercorso, se ne chiedeva la condanna al pagamento della somma pattuita. Nello stesso atto di citazione veniva, inoltre, prospettata al giudice la opportunità di sollevare questione di legittimità costituzionale dell'art. 32, settimo comma, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, nella parte in cui non dispone una collocazione imparziale dei candidati nelle liste per le elezioni comunali, in riferimento agli artt. 48 e 51 della Costituzione.

In sede di giudizio il convenuto eccepiva la nullità del contratto, in quanto contrario "al buon costume". L'attore insisteva sulla richiesta del rinvio degli atti alla Corte costituzionale per l'esame preliminare della questione di legittimità costituzionale, già prospettata nell'atto di citazione.

In pieno accoglimento dell'istanza attrice il pretore ha sollevato con ordinanza 9 luglio 1973 la questione di legittimità costituzionale del precitato art. 32, settimo comma, del d.P.R. n. 570 del 1960.

2. - Ai fini della rilevanza della questione il giudice a quo osserva che, qualora venisse riconosciuta l'illegittimità costituzionale della norma impugnata, verrebbe meno "la contrarietà al buon costume" del contratto dedotto, in quanto, questo, sarebbe stato diretto proprio alla realizzazione di un fine costituzionalmente protetto, quello, cioé, della imparzialità nella collocazione dei candidati nelle liste elettorali.

3. - Lo stesso giudice assume che la collocazione non imparziale dei candidati nelle liste elettorali potrebbe influenzare l'elettore limitandone la libertà di scelta e ciò in contrasto con l'art. 48 della Costituzione che vuole il voto libero, non sottoposto a condizionamenti psicologici o di altra natura.

Inoltre, la norma impugnata, lasciando arbitri i gruppi elettorali e, di riflesso, i partiti, di predisporre liberamente l'ordine di lista dei candidati, senza, pertanto, una predeterminazione rigida e uniforme di criteri, determinerebbe una disparità di trattamento tra i candidati stessi, mentre essi, per l'art. 51 della Costituzione, avrebbero diritto di accedere alle cariche elettive in condizioni di assoluta parità, con esclusione di ogni indicazione preferenziale.

4. - Nel giudizio davanti alla Corte si é regolarmente costituita la parte attrice, rappresentata e difesa dall'avv. Umberto Mariotti Bianchi ed é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Le deduzioni della parte attrice ricalcano nella sostanza le argomentazioni svolte nell'ordinanza di rimessione.

L'Avvocatura dello Stato rileva che la questione dovrebbe essere risolta ponendo gli articoli costituzionali di riferimento in correlazione con l'art. 49 della stessa Costituzione. Tale articolo, nell'attribuire ai partiti e alle associazioni politiche il diritto di concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale, darebbe particolare risalto alla loro insostituibile funzione di strumenti attraverso i quali il popolo eserciterebbe il suo potere sovrano. Peculiare aspetto di tale funzione sarebbe proprio quello della presentazione delle liste di candidati alle varie consultazioni elettorali. Ciò legittimerebbe non solo quella prima necessaria selezione dei candidati che i partiti fanno negli atti preliminari alla formazione delle liste elettorali, ma anche la indicazione nelle liste stesse dei capilista, come quelli che, nell'ambito della formazione politica che li esprime, godrebbero di maggiore considerazione e prestigio per la loro spiccata personalità.

D'altra parte l'inconveniente lamentato dal giudice a quo circa gli effetti psicologici che l'elettore potrebbe subire attraverso la collocazione del candidato da scegliere nella lista non verrebbe meno neppure se si accedesse al criterio della formulazione di questa attraverso il sorteggio o l'ordine alfabetico, elementi puramente casuali ed estrinseci. La piena libertà di determinazione dell'elettore sarebbe garantita attraverso il "voto di preferenza", che la legge gli riconosce al di fuori della scelta, attraverso la compilazione della lista, effettuata dalle formazioni politiche.

Sulla base delle esposte considerazioni, l'Avvocatura dello Stato conclude per la non fondatezza della questione.

Considerato in diritto

1. - Il pretore di Segni ha deferito alla Corte la questione di legittimità costituzionale dell'art. 32, settimo comma, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali), in riferimento agli artt. 48 e 51 della Costituzione.

La questione non é fondata.

2. - Il comma settimo dell'art. 32 del d.P.R. n. 570 del 1960 stabilisce che nella lista delle elezioni comunali presentata dagli elettori ai sensi del primo comma dello stesso articolo "deve essere indicato di tutti i candidati cognome, nome, luogo e data di nascita e la relativa indicazione deve recare una numerazione progressiva secondo l'ordine di presentazione".

Il giudice a quo ha ritenuto doversi ravvisare nell'ultima parte del comma settimo dell'art. 32 succitato la violazione dell'art. 48 della Costituzione che garantisce al cittadino la libertà di voto e dell'art. 51, in forza del quale tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza.

Si afferma, infatti, che la norma impugnata, nel demandare ai gruppi elettorali la facoltà di predisporre liberamente l'ordine dei candidati da sottoporre al corpo elettorale, non solo inciderebbe, soprattutto da un punto di vista psicologico, sulla libertà di scelta dell'elettore, ma si risolverebbe, anche, in una lesione del diritto di ogni candidato a concorrere alla elezione in condizione di eguaglianza con gli altri.

3. - La Corte osserva che la formulazione della norma non offre, sotto nessun aspetto, motivo di contrasto con i richiamati articoli della Costituzione. Detti articoli si ricollegano senz'altro, come giustamente rileva l'Avvocatura dello Stato, al valore e alla portata dell'art. 49 della Costituzione che riconosce a tutti i cittadini il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.

Il legislatore ordinario ha voluto dare all'art. 49 della Costituzione un contenuto concreto e specifico coll'attribuire alle formazioni politiche un ruolo autonomo in materia di elezioni determinando uno stretto rapporto tra partiti ed elettori. Tale ruolo trova il suo logico e naturale sviluppo nel potere riconosciuto a dette formazioni di designare propri candidati al fine di meglio garantire la realizzazione di quelle linee programmatiche che esse sottopongono alla scelta del corpo elettorale.

Una volta riconosciuta legittima, in linea di principio, la scelta operata dal legislatore di concedere alle formazioni politiche la facoltà di presentare proprie liste di candidati, nessuna rilevanza costituzionale può assumere la circostanza che lo stesso legislatore le ha lasciate libere di indicare l'ordine di presentazione delle candidature.

Le modalità e le procedure di formazione della volontà dei partiti o dei gruppi politici occasionali - che sovente sorgono per le elezioni amministrative in dipendenza di situazioni ambientali - e previste dalle leggi elettorali, non ledono affatto la libertà di voto del cittadino, il quale rimane pur sempre libero e garantito nella sua manifestazione di volontà, sia nella scelta del raggruppamento che concorre alle elezioni, sia nel votare questo o quel candidato incluso nella lista prescelta, attraverso il voto di preferenza. Non si può parlare, pertanto, di costrizione o di influenza psicologica e tantomeno di condizionamento dell'elettore. Il sistema elettorale tende solo a creare un rapporto conoscitivo tra un dato raggruppamento politico e il cittadino elettore, senza incidere in alcun modo sulla piena libertà di questo. In sostanza l'indicazione preferenziale da parte del partito di un candidato, normalmente realizzata attraverso il "capo lista", assume per l'elettore, che intende votare per quel partito, un carattere meramente indicativo, e non già di imposizione di scelta. D'altra parte, sia la scelta effettiva dei candidati, sia il loro ordine di elencazione é fatto interno proprio delle organizzazioni promotrici, estraneo pertanto, al contenuto e allo svolgimento sostanziale delle elezioni.

4. - Non spetta al candidato scelto dalla formazione politica dolersi di quella che sarà la sua collocazione nella lista. L'accettare o non accettare la candidatura alle condizioni stabilite dal gruppo che la offre é pur sempre atto volontario del prescelto che esaurisce i suoi effetti nel rapporto formazione politica e candidato stesso.

Questi é, di conseguenza, libero di accettare o non accettare la candidatura così come gli é stata proposta ed é libero di ritirarla in ogni momento. Ogni eventuale violazione di particolari accordi circa la collocazione nella lista del candidato, é problema che riguarda i soggetti contraenti al di fuori dei contenuti e della portata dell'art. 51 della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 32, settimo comma, del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali), proposta dal pretore di Segni, con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento agli artt. 48 e 51 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 10 luglio 1975.