Sentenza n. 173 del 1975
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SENTENZA N. 173

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 45, quinto comma, del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (legge tributaria sulle successioni), promossi con ordinanze emesse il 23 marzo 1973 e il 1 febbraio 1974 dalla Corte d'appello di Bologna in tre procedimenti civili vertenti tra Luttichau Ermanno, Lugli Luigi e Tommaso, Mulas Giuseppe e Carlo e l'Amministrazione delle finanze dello Stato, iscritte ai numeri 245 e 315 del registro ordinanze 1973 e al n. 492 del registro ordinanze 1974 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 205 dell'8 agosto 1973, n. 249 del 26 settembre 1973 e n. 7 dell'8 gennaio 1975.

Visti gli atti di costituzione dell'Amministrazione finanziaria dello Stato, nonché l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 6 maggio 1975 il Giudice relatore Angelo De Marco;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri e per l'Amministrazione finanziaria.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza 23 marzo 1973, la Corte d'appello di Bologna ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'articolo 45, comma quinto, del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (legge tributaria sulle successioni), nella parte in cui statuisce la detraibilità dall'asse ereditario, ai fini dell'imposta di successione, dei debiti cambiari alla sola condizione che risultino dai libri di commercio, regolarmente tenuti, del debitore o del creditore.

Rilevato, in linea di fatto, che l'erede di un debitore cambiario non commerciante e, quindi, non tenuto ad avere scritture contabili, non aveva potuto ottenere la detrazione dall'asse ereditario di un debito cambiario del de cuius in quanto la banca presso la quale era stato eseguito il pagamento - secondo la prassi connessa con la meccanizzazione dei servizi - non aveva registrato sul libro giornale le singole cambiali scontate ma l'incasso complessivo giornaliero di tutti i titoli scontati, che, pertanto, non risultavano singolarmente identificati, la Corte d'appello riteneva che data la prassi bancaria di cui sopra, praticamente l'art. 45 richiede una prova che é impossibile fornire.

In conseguenza, la Corte dichiarava rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale di detto art. 45 sotto i seguenti profili:

a) violazione dell'art. 3 della Costituzione, in quanto pone in essere un irrazionale differenza di trattamento fra debiti cambiari verso istituti bancari e debiti cambiari verso imprese di tipo differente in quanto, diversamente da quanto disposto dalla legge n. 1038 del 1969 per quanto attiene ai debiti risultanti da saldi passivi dei conti correnti bancari, non prevede uguale trattamento per i debiti cambiari;

b) violazione dell'art. 24 della Costituzione, in quanto si impedisce la detrazione dall'asse ereditario dei debiti cambiari verso banche, nonostante che all'erede sia riconosciuto il relativo diritto.

2. - Con altre due ordinanze, rispettivamente in data 23 marzo 1973 e 1 febbraio 1974, emanate nel corso di giudizi fra parti diverse, la stessa Corte d'appello ha sollevato la medesima questione sopra specificata, con identica motivazione.

3. - Nei tre giudizi come sopra promossi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che, con gli atti d'intervento chiede che le proposte questioni vengano dichiarate infondate, deducendo, in sostanza, quanto segue:

a) non sussiste l'asserita impossibilità, nel caso di cambiali rilasciate a banche, di procurarsi la documentazione prescritta dall'art. 45, comma quinto, del r.d. n. 3270 del 1923, come ha affermato la giurisprudenza della Cassazione, anche con gli attuali sistemi bancari di registrazioni contabili meccanizzati;

b) i debiti cambiari e quelli risultanti dai saldi dei conti correnti non sono passività omogenee, cosicché legittima é la differente disciplina;

c) il rigore probatorio non va confuso con la potestà di far valere i propri diritti e, quindi, non sussiste la denunziata violazione dell'art. 24 della Costituzione.

Non vi é stata costituzione delle parti private.

Considerato in diritto

1. - I tre giudizi, come sopra promossi, vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza, dato che hanno per oggetto le stesse questioni.

Con le ordinanze di rinvio, infatti, la Corte di appello di Bologna denuncia a questa Corte il quinto comma dell'art. 45 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (legge tributaria sulle successioni) con il quale si dispone che i debiti del de cuius risultanti da cambiali o altri effetti possono essere dedotti dall'asse ereditario, tra l'altro, se risultino annotati nei libri di commercio, regolarmente tenuti, del debitore o del creditore, in quanto, data la meccanizzazione dei servizi adottata dagli istituti bancari, per effetto della quale le singole operazioni riguardanti le cambiali non risultano registrate nei libri delle banche, non ne può essere fornita la prova attraverso d'essi.

Da questo dato di fatto, secondo il giudice a quo, deriverebbe la illegittimità di tale norma: a) per violazione dell'art. 3 della Costituzione sotto il duplice profilo di una irrazionale disparità di trattamento tra debiti cambiari verso banche e debiti cambiari verso imprese diverse e di una del pari irrazionale disparità di trattamento tra debiti cambiari e debiti costituiti da saldi passivi di conti correnti per i quali, per effetto della legge n. 1038 del 1969, é ammessa la detrazione mediante specifica documentazione rilasciata dalla banca creditrice; b) per violazione dell'art. 24 della Costituzione, in quanto nella situazione di fatto sopra specificata, si impedirebbe la detrazione dei debiti cambiari verso le banche, nonostante che all'erede sia riconosciuto il relativo diritto.

2. - Chiariti come sopra i termini delle questioni controverse é necessario, anzitutto, stabilire quali siano il contenuto e le finalità dell'art. 45 della legge tributaria sulle successioni, considerato nel suo complesso.

Tale norma, nel mentre riconosce che debbono essere ammessi in detrazione dall'asse ereditario i debiti certi e liquidi legalmente esistenti nel momento dell'apertura della successione, dispone in quali forme ed in quali modi ne debbano essere dimostrati i requisiti sopra elencati della legalità, della certezza, della liquidità, della esistenza al momento dell'apertura della successione.

Sono, all'uopo, richiamati tutti i mezzi legali di prova più rigorosi contemplati nell'ordinamento all'evidente fine di evitare eventuali frodi, facilmente ipotizzabili, come risulta in modo evidente dal secondo comma, laddove si esclude, in deroga a quanto disposto dal codice civile, che la data delle scritture private sia certa dal giorno della morte o della fisica impossibilità di scrivere di colui o di coloro che risultino averle sottoscritte.

Nel quadro di questa esigenza di rigore probatorio, per i debiti di commercio esercitato nello Stato e per quelli risultanti da cambiali o altri effetti all'ordine, quando almeno una delle parti sia commerciante, dal quinto comma - che é quello la cui legittimità costituzionale é contestata - é ammessa, in via sussidiaria, la possibilità che la loro esistenza sia provata con la produzione dei libri di commercio regolarmente tenuti a norma di legge.

Si é detto in via sussidiaria, in quanto il comma in esame dispone che la prova attraverso i libri di commercio é ammessa per quei debiti "quando non si trovino nelle condizioni previste nei capoversi precedenti", ossia quando non possono essere provati con atto pubblico o scrittura privata di data certa.

É chiaro, peraltro, che questa disposizione, costituendo una deroga del sistema probatorio, cui si informa in tutto il suo contenuto l'art. 45, é di stretta interpretazione e non consente estensioni analogiche.

3. - Alla stregua di quanto precede, le questioni sollevate con le ordinanze di rinvio non possono ritenersi fondate, in quanto:

a) In tanto i debiti cambiari - che non siano documentabili negli altri modi preveduti dai commi primo e secondo dello stesso art. 45 - possono essere provati con le scritture dei libri di commercio, in quanto tali libri siano "regolarmente tenuti a norma di legge".

Ove tale condizione non sussista, sia che si tratti di banche sia che si tratti di imprese di tipo diverso, vien meno l'efficacia probatoria in entrambe le ipotesi.

Conseguentemente la dedotta violazione dell'art. 3 della Costituzione per disparità di trattamento tra debiti cambiari verso istituti bancari e debiti cambiari verso imprese diverse non sussiste.

b) L'articolo unico della legge 24 dicembre 1969, numero 1038, ammette, bensì, la deduzione dall'asse ereditario dei debiti derivanti da saldo passivo di conto corrente bancario, ma richiede, all'uopo, come prima condizione, la dimostrazione dell'integrale svolgimento del conto a partire dal 31 dicembre dell'anno anteriore all'apertura della successione o dall'ultimo saldo attivo, risultante da dichiarazione dell'istituto di credito autenticata o da estratto notarile, redatto sulla base delle registrazioni operate, anche per riassunto, sui libri inventari e giornale dello stesso istituto di credito.

Poiché questa condizione, per quanto riguarda i debiti cambiari non può essere osservata, anche sotto questo profilo non sussiste la denunziata violazione dell'art. 3 della Costituzione.

c) La osservanza dei limiti posti dalla legge nel sistema probatorio é ispirata alla tutela della certezza dei rapporti giuridici, nell'interesse generale della collettività cosicché non possono costituire per il singolo violazione del principio di difesa sancito dall'art. 24 della Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 45 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 (legge tributaria sulle successioni), "nella parte in cui statuisce la detraibilità dall'asse ereditario, ai fini dell'imposta di successione, dei debiti cambiari, alla sola condizione che essi risultino dai libri di commercio, regolarmente tenuti, del debitore o del creditore", questione sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dalla Corte di appello di Bologna con le ordinanze di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 giugno 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO – Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 3 luglio 1975.