Sentenza n. 132 del 1975
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SENTENZA N. 132

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dal Consiglio regionale della Toscana l'11 febbraio 1974 e riapprovata il 1 luglio 1974 recante "interventi per il diritto allo studio e delega delle relative funzioni agli enti locali", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 19 luglio 1974, depositato in cancelleria il 27 successivo ed iscritto al n. 12 del registro ricorsi 1974.

Visto l'atto di costituzione del Presidente della Regione Toscana;

udito nell'udienza pubblica del 23 aprile 1975 il Giudice relatore Edoardo Volterra;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri, e gli avvocati Paolo Barile ed Enzo Cheli per la Regione.

Ritenuto in fatto

1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura: generale dello Stato, con ricorso notificato il 19 luglio 1974, ha impugnato la legge della Regione Toscanà approvata l'11 febbraio 1974 e riapprovata il 1 luglio 1974, riguardante "interventi per il diritto allo studio e delega delle relative funzioni agli enti locali".

Il Presidente del Consiglio esordisce con alcuni rilievi in ordine all'ammissibilità del ricorso proposto, poiché la legge impugnata non é identica a quella approvata per la prima volta, distinguendosene nelle disposizioni finanziarie modificate a seguito dei rilievi del Governo. Inoltre i motivi di impugnazione sono diversi da quelli esposti nel telegramma di rinvio, il quale si riferiva esplicitamente soltanto alla mancanza di copertura finanziaria degli oneri derivanti dal provvedimento, motivo considerato "preliminare ed assorbente".

Il Presidente del Consiglio ritiene che il ricorso sia ammissibile, poiché nel telegramma di rinvio sarebbe stato contenuto un implicito invito alla Regione a rivedere anche le altre disposizioni della legge che sono invece rimaste immutate.

Entrando nel merito della questione, secondo il ricorrente la legge impugnata violerebbe l'art. 117, primo comma, della Costituzione e i principi di eguaglianza: l'art. 117 perché, in contrasto con il principi della legislazione statale (e quindi anche con gli artt. 30, 33 e 34 Cost.), il provvedimento distingue tra scuole appartenenti a enti pubblici e privati, in quanto pone sullo stesso piano le scuole materne statali e quelle degli enti locali territoriali, differenziando però queste ultime dalle scuole materne private.

Subordina inoltre l'estensione degli interventi a favore delle scuole materne private alle condizioni, non previste dalla legislazione statale, della parità di trattamento e di insegnamento con le scuole materne statali o degli enti locali territoriali e della collocazione in aree prive di tali scuole materne. Nessuna condizione é invece richiesta per la erogazione di contributi a favore di scuole materne di enti locali territoriali, determinandosi così una disparità di trattamento nell'ambito della scuola materna non statale.

Tanto si discosterebbe dai principi di cui all'art. 31 della legge 24 luglio 1962, n. 1073, confermato dall'art. 32 della legge 18 marzo 1968, n. 444, che prevedono la concessione di assegni, premi, sussidi e contributi a tutte le scuole materne non statali, senza operare distinzioni tra scuole appartenenti a enti pubblici o a privati. La sola condizione stabilita dalla legge é che le scuole accolgano gratuitamente alunni di disagiate condizioni economiche ovvero somministrino la refezione scolastica gratuita.

Infine, per quel che attiene al principio di eguaglianza, la legge impugnata appare censurabile (artt. 2 e 4) perché determina una disparità di trattamento tra gli alunni che frequentano gli istituti statali, i quali soltanto fruirebbero delle provvidenze regionali, e gli alunni delle scuole non statali.

2. - Nel giudizio così promosso si é costituita la Regione Toscana, rappresentata a difesa dagli avvocati Paolo Barile ed Enzo Cheli, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque respinto nel merito.

Sul primo profilo la Regione osserva che, come riconosciuto dallo stesso ricorrente, i motivi dedotti sono diversi da quelli esposti nel telegramma di rinvio, mancando così quella predeterminazione delle linee essenziali dell'eventuale ricorso alla Corte che é a base dell'art. 127 della Costituzione. Né in contrario potrebbe valere la qualifica di "preliminare ed assorbente" all'unico motivo enunciato, perché essa si risolverebbe in un espediente con cui il Governo potrebbe sempre agevolmente aggirare il dettato costituzionale.

Nel merito, la Regione nega che le norme della legislazione statale richiamate possano considerarsi principi fondamentali suscettibili di vincolare le legislazione regionale, tanto più che, in base alla legge n. 444 del 1968, si distingue, in relazione alla scuola materna, tra stanziamenti assegnati a scuole non statali e stanziamenti riservati alle scuole materne di enti autarchici territoriali (la relativa spesa essendo qualificata come obbligatoria per gli enti pubblici territoriali dall'art. 25). Per quanto poi riguarda i controlli previsti dalle leggi regionali sulle scuole materne private, si afferma che il principio del controllo é espresso da tutta la legislazione scolastica statale, quando si tratti di estendere il trattamento concesso alla scuola pubblica.

La determinazione in dettaglio dei tipi di controllo resta nella sfera di discrezionalità del legislatore regionale.

Infine, per quanto riguarda il principio di eguaglianza, si osserva che scuola pubblica e scuola privata sono istituzioni obiettivamente diverse e diversamente regolate, tanto che la Costituzione, esplicitamente esclude (art. 33, terzo comma) l'esistenza di un diritto della scuola privata al finanziamento pubblico. D'altro canto, anche con riferimento al "diritto allo studio" sanzionato dall'art. 34 Cost., la legislazione statale limita, in moltissimi casi, gli interventi in materia di assistenza alla sola scuola statale, subordinando così le proprie scelte ad una valutazione sia delle condizioni di bilancio sia degli indirizzi di politica generale "entrambi riservati al razionale giudizio e alle determinazioni del legislatore".

3. - La Regione Toscana ha presentato una memoria ampiamente ribadendo le difese suesposte.

Considerato in diritto

1. - Il Presidente del Consiglio impugna per violazione degli artt. 3, 30, 33, 34 e 117 della Costituzione la legge approvata dal Consiglio regionale della Toscana il 1 luglio 1974 recante "interventi per il diritto allo studio e delega delle relative funzioni agli enti locali". La legge era stata preceduta da altra approvata dallo stesso Consiglio regionale l'11 febbraio 1974, di cui il Governo della Repubblica ai sensi dell'art. 127, terzo comma, della Costituzione aveva disposto il rinvio con telegramma 16 marzo 1974, avendo il Consiglio dei ministri "preliminarmente rilevato, circa l'art. 29 concernente copertura oneri derivati da provvedimenti esame, che trattandosi di oneri continuativi provvedimento medesimo avrebbe dovuto precisare i limiti autorizzazione spesa anche per esercizi successivi ed indicare copertura oneri afferenti esercizio corrente o, se necessario, esercizi successivi, non essendo idonea soddisfare precetto art. 81 Costituzione semplice iscrizione bilancio preventivo Regione per il 1974 fini copertura oneri derivanti da applicazione legge. Per tale preliminare e assorbente motivo il Consiglio dei ministri ha rinviato legge predetta a nuovo esame Consiglio regionale ai sensi art. 127 Cost.".

La citata nuova legge 1 luglio 1974 é modificata solo nella parte finanziaria oggetto del rinvio da parte del Governo della Repubblica, rimanendo immutate le altre disposizioni della legge regionale.

2. - Devesi preliminarmente esaminare l'eccezione sollevata dalla difesa della Regione di inammissibilità del ricorso in quanto i motivi di questo enunciati sono diversi da quello esposto nel telegramma di rinvio con palese violazione dell'unitarietà del procedimento di controllo delle leggi regionali disposto dall'art. 127 della Costituzione.

 

L'eccezione é fondata.

Con costante giurisprudenza (sentenza n. 8 del 1967, numero 147 del 1972 e recentemente n. 123 del 1975) la Corte, ha affermato che il procedimento previsto dall'art. 127 della Costituzione per l'impugnativa delle leggi regionali viziate di incostituzionalità ha carattere unitario e che non possono distinguersi in esso, come due fasi autonome e separate, il rinvio al Consiglio regionale per il riesame della legge e l'eventuale impugnativa di questa per vizio di costituzionalità avanti la Corte.

Precisa la citata sentenza n. 147 del 1972 che l'atto motivato del Consiglio dei ministri di rinvio di una legge al Consiglio regionale, con il quale rileva vizi di legittimità costituzionale della legge medesima ed invita il predetto Consiglio a considerarli e rimuoverli in sede di nuova approvazione, "ha una sua componente di volontà in relazione ad un comportamento immediatamente successivo (rinvio) o futuro ed eventuale (ricorso per illegittimità costituzionale alla Corte). E come tale non é istantaneo, ma perdurante, sia pure in date condizioni... per cui appare... come predeterminazione da parte del Governo delle linee essenziali dell'eventuale ricorso alla Corte e del conseguente giudizio di legittimità".

É evidente pertanto l'esigenza che i motivi del rinvio e quelli della eventuale successiva impugnativa debbano essere, almeno nelle loro linee essenziali, predeterminati ed enunciati nell'atto di rinvio e che il Consiglio regionale debba essere posto, sin dalla fase del rinvio, nella condizione di conoscere i vizi di legittimità del suo provvedimento legislativo riscontrati dal Governo, e di poterli così esaminare ed eliminare nella successiva eventuale rielaborazione ed approvazione della legge.

Ciò non si é affatto verificato nella specie in esame ove l'atto di rinvio indicava espressamente soltanto l'illegittimità costituzionale dell'art. 29 della legge regionale in riferimento all'art. 81 della Costituzione, mentre il ricorso alla Corte denuncia la violazione degli artt. 117,3,30,33 e 34 della Costituzione (vizi questi non enunciati e nemmeno menzionati nell'atto di rinvio) e in base a motivi di cui nel predetto atto non vi é traccia.

3. - Non é da accogliersi la tesi sostenuta dall'Avvocatura dello Stato che la qualifica di "preliminare ed assorbente" data dal telegramma di rinvio all'unico motivo finanziario invocato "implicitamente invitava la Regione a rivedere anche le altre disposizioni della legge" da essa emanata. I due aggettivi usati non costituiscono certo enunciativa di vizi di legittimità costituzionale, ma possono solo interpretarsi come una forma di riserva espressa in modo generico e non concreto che comunque, il Governo, iniziata la procedura di rinvio, non avrebbe più potuto in alcun modo sciogliere.

Non é parimenti da accogliersi l'affermazione della medesima Avvocatura circa la non identicità delle leggi regionali 11 febbraio e 1 luglio 1974, risultando invece indiscutibilmente l'identità formale e sostanziale dei due testi, salve le modifiche finanziarie apportate agli artt. 29 e 30 per adeguare le legge medesima al contenuto dei rilievi espressi dal Governo nell'atto di rinvio. Comunque, come esattamente osserva la difesa della Regione, ove la legge regionale lò luglio 1974 dovesse considerarsi una legge nuova rispetto alla precedente 11 febbraio, il Governo non avrebbe potuto impugnarla avanti la Corte se non con previo rinvio della legge al Consiglio. L'omissione della fase di rinvio renderebbe quindi, anche sotto questo profilo, inammissibile il ricorso in esame.

4. - Devesi quindi dichiarare inammissibile il ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri per mancata corrispondenza fra i motivi invocati nell'atto di rinvio al Consiglio regionale e quelli enunciati nel ricorso stesso.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri contro il Presidente della Regione Toscana per la dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge regionale 1 luglio 1974, avente per titolo: "intervento per il diritto allo studio e delega delle relative funzioni agli enti locali".

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 maggio 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 28 maggio 1975.