Sentenza n. 94 del 1975
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SENTENZA N. 94

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 98 e 99 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), promosso con ordinanza emessa il 3 luglio 1970 dal tribunale di Potenza nel procedimento civile vertente tra la società Filotecnica Salmoiraghi e il fallimento di Barbagli Renato, iscritta al n. 411 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 326 del 19 dicembre 1973.

Udito nella camera di consiglio del 6 marzo 1975 il Giudice relatore Nicola Reale.

Ritenuto in fatto

1. - Con ricorso in data 19 novembre 1966 la società Filotecnica Salmoiraghi chiedeva di essere ammessa al passivo del fallimento di Barbagli Renato, dichiarato dal tribunale di Potenza il 14 ottobre 1966. La domanda era però accolta solo parzialmente dal giudice delegato e pertanto la società ricorrente proponeva opposizione avverso lo stato passivo, ai sensi degli artt. 98 e 99 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare).

Spedita la causa in decisione, il tribunale, con ordinanza in data 3 luglio 1970 (pervenuta alla Corte solo il 13 novembre 1973), sollevava d'ufficio questione di legittimità costituzionale degli artt. 98 e 99 della legge fallimentare, in riferimento agli artt. 101, 102, IO8, 3 e 24 della Costituzione.

2. - L'ordinanza é stata ritualmente comunicata, notificata e pubblicata, ma non vi é stata costituzione di parte né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - Nell'ordinanza si prospetta il dubbio che gli artt. 98 e 99 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. legge fallimentare), nella parte in cui affidano al giudice delegato l'istruzione delle cause di opposizione allo stato passivo da lui predisposto ai sensi degli artt. 95 e seguenti della legge fallimentare (prevedendo altresì che in tale qualità egli partecipi alla decisione delle cause medesime) siano in contrasto:

a) con il principio dell'imparzialità e dell'indipendenza del giudice, desumibile dagli artt. 3, 101, 102 e 108 Cost., in quanto il giudice delegato sarebbe chiamato a riesaminare un provvedimento da lui emesso in una precedente fase giudiziaria, sia pure con cognizione sommaria;

b) con il principio dell'inviolabilità del diritto di difesa, sancito dall'art. 24, comma secondo, Cost., in considerazione del pregiudizio che il creditore potrebbe risentire per il fatto di essere costretto a sottoporre l'accertamento del suo credito ad un organo giurisdizionale di cui fa parte il giudice delegato, che si é pronunziato in senso a lui sfavorevole.

2. - Le questioni, nei termini in cui sono prospettate, non sono fondate sotto alcun profilo.

Per vero questa Corte, con sentenza n. 158 del 18 novembre 1970, ha già escluso che la partecipazione del giudice delegato alla istruzione e alla decisione delle cause di opposizione allo stato passivo comporti violazione dei precetti costituzionali dell'imparzialità e dell'indipendenza del giudice, in base al rilievo che detta partecipazione, mentre risponde all'esigenza di assicurare il rapido svolgimento ed il miglior rendimento dell'attività giurisdizionale, non può pregiudicare la decisione del tribunale, giacché l'appartenenza del giudice delegato all'ordine giudiziario e le garanzie costituzionali che ne assistono lo stato giuridico lo pongono in grado di operare sempre con assoluta obbiettività.

Né priva di rilievo appare la circostanza che la cognizione del giudice delegato nella prima fase del procedimento di verifica dei crediti, che si conclude con il decreto di approvazione dello stato passivo, sia sommaria e certamente non rispondente ai moduli ordinari. Infatti, nel vigente ordinamento processuale civile sono riscontrabili numerose disposizioni che, in relazione ad accertamenti effettuati con cognizione sommaria ed incompleta, affidano il riesame del provvedimento allo stesso giudice che lo ha emesso o ad un organo giudiziario di cui fa parte. Nell'ambito della legge fallimentare, é questo il caso del giudizio del processo civile ordinario, fra gli altri, quello dei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, e di convalida del sequestro.

3. - Quanto si é detto é rilevante anche ai fini dell'altro profilo, prospettato dal giudice a quo, secondo il quale la partecipazione del giudice delegato ai giudizi di opposizione allo stato passivo comporterebbe violazione del diritto di difesa del creditore non ammesso.

Infatti una volta escluso che detta partecipazione pregiudichi l'imparzialità e la libertà della decisione non si vede quale pregiudizio possano risentire le parti private in ordine all'esercizio del diritto di difesa, posto che - com'é pacifico - nessuna limitazione é apposta dalla legge all'esplicazione della loro attività processuale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 98 e 99 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (cosiddetta legge fallimentare), sollevate in riferimento agli artt. 3, 24,101,102 e 108 della Costituzione, dal tribunale di Potenza con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO – Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 29 aprile 1975.