Sentenza n. 49 del 1975
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SENTENZA N. 49

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 165 del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 16 giugno 1972 dal tribunale di Gorizia nel procedimento penale a carico di Selva Ottone, iscritta al n. 278 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 233 del 6 settembre 1972.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri:

udito nell'udienza pubblica dell'8 gennaio 1975 il Giudice relatore Luigi Oggioni;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso del procedimento penale in grado di appello a carico di Selva Ottone, condannato in primo grado alla pena di 20 giorni di reclusione e 40.OOO lire di multa per il delitto di cui all'art. 570, primo e secondo comma, del codice penale, col beneficio della sospensione condizionale della pena, concesso subordinatamente all'adempimento dell'obbligo del risarcimento del danno in un termine prefissato, a norma dell'art. 165 c.p., il tribunale di Gorizia ha sollevato questione di legittimità costituzionale di quest'ultima disposizione, per preteso contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione.

Il tribunale, a sostegno della censura, osserva che la facoltà di subordinare la sospensione dell'esecuzione della pena inflitta, al risarcimento del danno entro un termine prefissato, favorirebbe quei condannati versanti in condizioni economiche che consentano loro di adempiere all'obbligazione del risarcimento, rispetto a quelli che in tali condizioni non si trovano, creando in tal modo una disparità di trattamento in ragione delle condizioni economiche personali.

L'ordinanza, notificata e comunicata come per legge, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 233 del 1972.

Avanti a questa Corte si è costituito, nei termini, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato proprie deduzioni.

L'Avvocatura osserva che la disposizione impugnata ha la funzione di condizionare il beneficio sia alla verifica dell'effettivo ravvedimento del colpevole attraverso la concreta riparazione del danno cagionato, sia al ristabilimento della pace sociale turbata dal reato, che dall'avvenuto risarcimento consegue.

La descritta funzione costituirebbe una razionale giustificazione della norma, sufficiente per escludere la violazione del principio di eguaglianza, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte in materia.

Secondo l'Avvocatura, comunque, la condizione in esame sarebbe da riguardarsi come un onere patrimoniale imposto per determinati fini, la cui applicazione, inevitabilmente, comporta una diversa possibilità di utilizzazione secondo la diversa condizione economica dei soggetti, sicché l'eventuale impossibilità di adempimento da parte del condannato, realizzerebbe soltanto una disparità di mero fatto, non contrastante con il principio di eguaglianza.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il tribunale di Gorizia, nel sollevare la questione di legittimità dell'art. 165 del codice penale, osserva che la facoltà del giudice di concedere la sospensione condizionale della esecuzione della pena, subordinatamente all'effettiva riparazione del danno cagionato dal reato, comporterebbe una discriminazione a carico di quel condannato, il quale, a causa delle sue condizioni economiche, non fosse in grado di prestare il dovuto risarcimento.

2. - Al riguardo, occorre premettere che il risarcimento assume, nella fattispecie normativa in esame, la funzione di condizione del beneficio e che, come questa Corte ha avuto modo di affermare in analoga precedente occasione (sentenza n. 114 del 1964), la norma rientra fra quelle che impongono oneri patrimoniali per il raggiungimento di determinati fini. Tali norme comportano, inevitabilmente, nella loro applicazione, una diversa possibilità di utilizzazione secondo la diversa condizione economica dei soggetti che quei fini si propongono di conseguire. Ma da ciò non deriva che, in ogni caso, norme di tale contenuto e di siffatta struttura si pongano in contrasto col principio di eguaglianza.

Invero, come la Corte ha anche ritenuto con costante giurisprudenza, la disparità di trattamento vietata dall'art. 3 Cost. può riconoscersi sussistente sotto il profilo in esame quando, rendendo impossibile, al soggetto non abbiente, il soddisfacimento dell'onere patrimoniale imposto dalla legge, costituisca ostacolo al positivo esercizio di un diritto garantito dalla Costituzione, ovvero quando la norma venga a determinare situazioni di privilegio o di svantaggio in difetto di una giustificazione ragionevolmente desumibile da esigenze obiettive.

Nel caso in esame, mentre ovviamente non ricorre la prima ipotesi, è parimenti da escludere la seconda. È, infatti, agevole osservare che la facoltà del giudice di imporre la condizione in esame, risponde ad una apprezzabile esigenza di politica legislativa penale, in quanto costituisce uno strumento diretto, da un lato, a tutelare, con l'interesse della persona offesa, quello, pubblico, alla eliminazione delle conseguenze dannose degli illeciti penali e, dall'altro lato, a garantire che il comportamento del reo, successivamente alla condanna, si adegui concretamente a quel processo di ravvedimento, la cui realizzazione, come si evince dall'art. 164 cod. pen., costituisce lo scopo precipuo dell'istituto stesso della sospensione condizionale della pena, ed è indubbiamente testimoniato, fra l'altro, dalla circostanza, di per sé rivelatrice, dell'effettuato risarcimento del danno. Ed è appena il caso di osservare che tutto ciò costituisce ragionevole giustificazione della fattispecie normativa in esame.

3. - D'altra parte, è da porre in evidenza che lo stesso art. 165, la cui legittimità è qui in esame, riconosce al giudice il potere di subordinare o meno all'adempimento dell'obbligo del risarcimento del danno la sospensione condizionale della pena: ciò come effetto di una valutazione, motivata ma discrezionale, della capacità economica del condannato e della concreta sua possibilità di sopportare l'onere del risarcimento pecuniario. E tale valutazione può intervenire, secondo giurisprudenza della Corte di cassazione, sia nel momento del giudizio di condanna, sia anche nel momento successivo di incapacità che sopravvenga entro il termine fissato per l'adempimento della condizione.

4. - Questi principi forniscono chiaramente al giudice un mezzo idoneo per evitare che si realizzi in concreto un trattamento di sfavore a carico del reo, in funzione delle sue condizioni economiche, ed escludono, pertanto, anche sotto questo profilo, la violazione dell'invocato principio di eguaglianza.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 165 del codice penale, nella parte in cui consente al giudice di subordinare la sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno, sollevata con ordinanza del tribunale di Gorizia del 16 giugno 1972, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 febbraio 1975.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI- Michele ROSSANO.

 

Depositata in cancelleria il  6 marzo 1975.